Gamers Vs. Games

Casual Vs Hardocore.

Giocatori dal cuore duro contro giochi occasionali.

E’ ormai storia assodata che l’uomo, davanti a ciò che non capisce, preferisce muovere guerra piuttosto che comprendere. D’altronde è più facile criticare che accettare i difetti. Che si parli di religioni, pensieri politici, differenze di etnia, gusti musicali e quant’altro.

Ma abbandoniamo il discorso ontologico, per focalizzarci su quello videoludico, in quanto la mia principale branca di “studio”. E riprendiamo in parte i preconcetti e le basi gettate sul precedente articolo dedicato a Gurren Lagann.

Ultimamente si fa un gran vociare per quanto riguarda il futuro del videogame: il nuovo mercato aperto da Nintendo, i futuri motion controller Sony e Microsoft, non ci sono più i giochi di una volta, non esistono più le mezze stagioni, si stava meglio quando si stava peggio e via discorrendo.

Io stesso in prima persona, partecipando o semplicemente osservando un discreto numero di forum, ho notato la generale tendenza da parte di un gran numero di persone, di riempirsi la bocca di paroloni come i sopracitati “hardcore”, “casual” “fanboy” e via discorrendo coi più biechi termini che la lingua inglese abbia mai prodotto in campo. Tutti, dal giocatore navigato di vecchia data, all’ultimo inetto arrivato.

Tuttavia, unendo queste esperienze  “teoriche”, a quella sul campo (in qualità di commesso in un negozio di videogiochi), ho potuto notare una certa discrepanza in riguardo.

Facciamo un attimo un passo indietro, e soffermiamoci sulla semantica di questi “insulti” che abbiamo nominato prima.

Un gioco viene definito Casual quando è:

Dedicato a un pubblico di massa, con un target di età molto vasto. Possiede un gameplay accessibile, con regole semplici e non richiede particolare impegno. Infine non necessita di tempi particolarmente lunghi per essere portati a termine. La parola d’ordine è “divertimento“. [fonte en.wikipedia]

Contrariamente, un gioco Hardcore dovrà:

Essere dedicato a un pubblico di nicchia, magari con un range d’età compreso nella fascia 16-22. Dovrà possedere un gameplay di difficile apprendimento e avere un elevato livello di sfida. Necessiterà inoltre di parecchio tempo per apprendere tutte le meccaniche, ma non solo, dovrà chiedere al giocatore proprio di “entrare” nell’ottica di determinate meccaniche di gioco. il gioco dovrà sempre essere una “sfida“. [fonte en.wikipedia]

Bene, esaurite queste premesse cosa abbiamo capito?

Io, in tutta sincerità, un bel N-I-E-N-T-E.

Questo perchè? Tutti senz’altro sono a conoscenza che al GameStop ritiriamo i giochi usati. E sta tutto qui il perchè.

In questi giorni ho ritirato un sacco di giochi che da molte persone sono stati etichettati come veri e propri vessilli del giocatore duro e puro di questa generazione (Batman Arkham Asylum, Street Fighter IV,God of War III, Uncharted 2, Assassin’s creed 2,BlazBlue, Splinter Cell Convinction, call of duty di tutti i tipi, Bioshock assortiti, Metal gear in tutte le salse, esperimenti più singolari come Heavy Rain). Per fare un po’ di conversazione, ma anche appunto per studiare un po’ questo pazzo pazzo mondo dei videogames, chiedo sempre il motivo  per cui ritiro un gioco, così magari da poterne consigliare altri. Le risposte ricevute  sono agghiaccianti, ma la tendenza più diffusa è:

“Non preoccuparti per la Game Protection, tanto il tempo una settimana di finirlo, e te lo riporto, e ne prendo un altro.”

Me lo riporta e ne prende un altro? Ma stiamo parlando dello stesso gioco che tutti i così detti “Hardcore Gamers” premiano e sfottono chi non lo ha giocato? Quello pluri premiato da Metacritic e compagnia varia? Quello con una longevità e difficoltà ai limiti della frustrazione che costringono il cervello agli straordinari?

Se è così, allora perchè me lo riporta?

L’unica risposta che mi sono potuto dare è che non esiste gioco Hardcore o Casual, ma è il giocatore a fare la differenza. E’ il giocatore ad essere occasionale o dal cuore duro, ma questo indipendentemente da quello che gioca.

Così come un giocatore occasionale in un fine settimana, giocando 2 orette al giorno nel tempo libero, può finirsi Dante’s Inferno a livello di difficoltà normale (che nell’accezione data sopra DOVREBBE rientrare nella seconda categoria) per buttarsi su qualcos’altro la settimana seguente, un giocatore di vecchia data può buttarsi su qualcosa di più “semplicistico”come un Wii Sports Resort, imparando i modi migliori per ottenere i punteggi più alti, allenarsi per poter battere gli amici e così via.

D’altronde sia Dante’s Inferno, che comunque il primo Super Mario Bros e Tetris, non sono stati concepiti per rientrare nella prima definizione di giochi che vi ho dato? Intrattenere, divertire

Tutto questo per dire che non esistono stereotipi di giochi duri o giochi occasionali, è il giocatore a fare la differenza, andando in conclusione a parare nella, a me tanto cara, figura del Conscious Gamer, teorizzata dal grandissimo Marco Accordi Rickards, che per riportare le sue parole:

“è colui che fa un uso appassionato, intelligente e informato del medium videogioco. Sa che il Videogioco non è solo una forma di intrattenimento, ma anche un mezzo di espressione artistica del pensiero, capace di veicolare messaggi, idee ed emozioni. Per questa ragione, il conscious gamer è ontologicamente differente ed equidistante dal casual gamer e dall’hardcore gamer. Dal primo si discosta perché segue il mondo dei videogiochi, fa acquisti ponderati e conosce il substrato culturale del medium videoludico; dal secondo perché rifiuta la ghettizzazione insita nel sentirsi parte di una ristretta elite autoreferenziale di detentori della sapienza videoludica.”

Per approfondimenti:

http://metalmark.wingsofmagic.it/?page_id=26

e i relativi link all’indirizzo sovrastante.

Perchè il videogioco non è solo un passatempo o una semplice passione, ma qualcosa di più.

4 Risposte to “Gamers Vs. Games”

  1. Dunther Says:

    E arriviamo alla solita conclusione: il problema sono le persone.

    Interessante la definizione del Conscious Gamer, mi ci rispecchio anche se (inutile negarlo) io SONO parte di una ristretta elite detentore di sapienza videoludica 😀 almeno in parte…
    Ma è il MetalMark che scriveva su ONM per caso? *-*

  2. wanicola Says:

    yessa, proprio lui

  3. Celebandùne Gwathelen Says:

    Un bell’articolo, che, come diceva già Dunther, porta tutto di nuovo alla questione vero e propria di tutto: è il giocatore che fa la differenza, sono le persona che o sanno chi e cosa sono, e non se ne rendono conto.

    Io, nel mio continuo non sapere, credo di poter dire di essere conscio di quello che gioco, in quanto tendo ad informarmi sempre il più possibile prima di dire X piuttosto che Y.

    Un discorso diverso secondo me va fatto sulle due definizioni da te trovate su Wikipedia. Esempio lampante è ICO: è facile da giocare, breve, ha regole semplici e non richiede particolare impegno “fisico” per finirlo.
    Eppure è tutt’altro che “casual”; si, ti diverti, ma una cosa è “finire” quel gioco, un’altra è “capirlo”, per quello serve un livello di coscienza e, ne sono convinto, una serie di esperienze che devi aver vissuto nella vita reale, in mancanza delle quali, ICO rimane “solo” un gioco. Quando, in realtà, è molto altro. Stesso discorso vale per una ristretta cerchia di altri giochi (Zelda-Ocarina of Time e Wind Waker, Shadow of the Colossus, in maniera minore anche la fine di Ar Tonelico), che, lo spero, diventi spesso più ampia e variegata.

    Quel che voglio sottintendere è che, come già detto, il gioco non è definibile. Dante’s Inferno è causal? Probabile, ma chi vi dice che qualcuno di noi anche in quello non riesca a vedere qualcosa di molto hardcore? Wii Play è casual? Certo, ma cosa ci impedisce di giocare per ANNI al gioco dei carri armati pur di ottenere il miglior punteggio? Total War è hard core? Possibile, ma se lo riesce anche a giocare mio cugino di 12 anni, non vuol forse dire che ha la stessa ACCESSIBILITA’ di un qualsiasi Soul Calibur?

    Insomma, pensiamo a ste cose, anche la Gioconda è solo una tela ad olio, tuttavia chiunque la osservi, a dipendenza di cosa ha vissuto, di cosa conosce, del rapporto che ha col media “quadro” la vive in maniera diversa. E’ solo una “banalissima” signora su uno sfondo collinoso, ma non per questo non diciamo che sia arte.

    *hint hint*


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