Grind Cafè # 1

Benvenuti, benvenuti, alla mia nuova rubrica su horror e dintorni. Come potreste aver notato, io ho una certa predilezione per i film horror in generale, siano slasher, classici con vampiri e roba simile, torture movie, etc. Visto che tendo a parlarne parecchio, ho pensato “perché non fare una rubrica apposita?” E perché non esordire nel momento dell’ anno più appropriato, il giorno di Hallows’ Eve ? Sì, non sono certamente il primo a fare cose del genere, ma me ne fotte il giusto, e poi l’idea mi diverte non poco. 🙂

Ad ogni modo, ogni numero della rubrica comprenderà due film, ed avrà un “tema”, così per dire: un numero potremmo parlare di classici Hammer, un altro di slasher infimi, un altro di horror nipponici, un’ altro ancora di b movies anni ’50 coi ragni giganti…. Una cosa che non cambierà sarà il mio modo di parlare dei film: generalmente non starò a parlare dei dettagli, come produzione o scenografia, vi darò solo la mia impressione sul film, e farò un resoconto, stilando una lista delle caratteristiche interessanti o meno della pellicola. Ma vi avverto, spesso parleremo di parecchie puttanate. XD

In questo numero, il tema è: Hammer Films.

Erano 20 anni e passa che la Hammer aveva smesso di produrre film, e nel 2007 la casa cinematografica britannica è tornata, sotto nuova gestione, ma noi italiani abbiamo dovuto attendere l’attuale 2011 per vedere nelle nostre sale Blood Story, rifacimento di Let Me In (Lasciami Entrare), ed entro l’anno dovremo riuscire a vedere The Resident, ma con tutto il bene che voglio a Christopher Lee, non basterà avere lui nel film per farmelo andare a vedere, visto che dalla premessa e dalla risposta della critica non sembra proprio nulla di che.

Ho visto Blood Story senza informarmi nel dettaglio, non mi aspettavo nulla, tantomeno di veder apparire il logo “Hammer” a schermo, e lì ho pensato “ganzo, vediamo che son riusciti a fare”. Beh, sicuramente è la cosa meno horror che potevano fare. Non ho visto Let Me In, ma anche senza paragonarlo all’originale pellicola svedese, Blood Story è più un film sul bullismo e bambini psicotici che guardacaso ha un vampiro tra i personaggi, piuttosto che un horror. (lasciando stare che di film horror veri e propri in questi ultimi anni ce ne sono stati proprio pochi pochi) Ha dei bei momenti, ma ci sono troppi filler e momenti involontariamente comici per non far finire il titolo nel cassetto dei film “horror poco horror”, oltre a quello dei “remake inutili di film manco troppo vecchi”.

Personalmente sono più interessato a vederli reinterpretare i loro stessi personaggi, il che avverrà visto che Simon Oakes, il delegato amministrativo della Hammer attuale, ha detto, e cito “sono in fase di studio diversi rifacimenti di alcuni film iconici della Hammer che segnarono il cinema dell’orrore del periodo anni ’50-’60”. Devo dire che mi piacerebbe vedere veri film horror con veri vampiri, veri lupi mannari, veri mostri, non pretendo che siano identici a quelli degli anni ’50/’60/’70, sennò tante vale che mi riveda i film, ma che riescano a modernizzare le classiche icone senza snaturarle del tutto.

Detto ciò, diamo inizio alla macabre danze disseppellendo due classici Hammer, uno dedicato al Baron Victor Frankenstein, ed uno al vampiro per eccellenza, il “caro” vecchio signore delle tenebre Dracula. Iniziamo con “The Doc”.

Anno: 1969

Titolo italiano: Distruggete Frankestein

Nazione: Regno Unito

Durata: 1 ora e 38 minuti

Regia: Terence Fisher

Quinto film del ciclo Hammer dedicato al personaggio del dottor Frankenstein, ma fortunatamente non richiede affatto di aver visto il precedente film (o tutti i film precedenti ad esso), visto che a parte il personaggio del barone Victor Frankenstein, i personaggi e le trame dei singoli film non sono legati tra di loro.

Il film inizia con il dottor Frankenstein che prende di sorpresa un uomo, attaccandolo con un seghetto. Nel frattempo un ladruncolo capita per caso nel laboratorio sotterraneo di Frankenstein, colmo di alambicchi, liquidi dai colori bizzarri che ribollono in ampolle, ed uomini congelati in teche. Il dottore si accorge che c’è qualcuno nel suo laboratorio, e silenzioso si avvicina e prova a strangolare il ladro, ma questo fugge e Frankenstein è costretto a scappare per non essere catturato dalla polizia. Perciò si sposta e va ad alloggiare in una pensione di famiglia di un’altra città; la pensione è gestita da una ragazza, Anna Spangler, ed il ragazzo di questa, il dottor Karl Host, lavora in un manicomio, ma contrabbanda narcotici per poter pagare le esose spese mediche della madre. Frankenstein casualmente trova una piccola scatola di cocaina caduta a Karl, e sfrutta questa occasione per tenerli in pugno e con il loro aiuto costruire un nuovo laboratorio, necessario a Victor per effettuare un trapianto di cervello. Nello specifico il barone necessita della materia grigia del suo ex-collega Brandt, il quale aveva scoperto un importante segreto riguardo al trapianto di cervelli, ma che impazzì prima di poterlo rivelare a Frankenstein.

Due motivi per amare questo film: un intreccio intrigante e Peter Cushing. Anche se la trama, l’intreccio e il resto del cast avessero fatto cagare gli armadilli, sarebbe bastato Cushing a risollevare il film; fortunatamente non è questo il caso, ma la performance dell’attore britannico è ancora stupenda dopo 30 anni e passa. Se penso ad un cattivo freddo, calcolatore, bastardo, ma di classe, penso alla sua interpretazione di Victor Frankenstein, ossessionato dal suo lavoro, capace di tutto pur di portare a termine i suoi esperimenti, che se ne fotte altamente di chi deve uccidere o stuprare per ottenere quello che vuole. Inoltre, è anche sarcastico e divertente.

Un esempio è quando lui e quattro uomini che lavorano nel manicomio si trovano nella stessa stanza della pensione, e dopo averli sentiti parlare di Brandt e di sè come ciarlatani, Frankenstein chiede loro se sono medici. Questi rispondono di no, e Victor gli offende, dicendo che se fosse per gente come loro che ostacola il progresso, adesso starebbero a leccare delle ossa e pulirsi le mani su pelli di animali. Modo molto “british” di dargli dei cavernicoli. 🙂 É quel tipo di personaggio malvagio, ma interessante, come il moderno Enigmista della serie Saw: anche se il resto fa abbastanza schifo, basta lui a tirare avanti baracca e burattini.

Parlando di personaggi, impossibile non accennare all’ispettore di polizia ed al suo vice, la coppia comica del film: l’ispettore ha un accento buffo, e durante tutto il film a sniffarsi medicine perchè emofobico ( o almeno il film fa intendere questo, il personaggio non sopporta la vista del sangue), e per coronare il tutto, non è poi molto sveglio. Il suo vice è quello col cervello e con le intuizioni giuste, ma gli tocca dar ragione a quella testa vuota, ed ha la faccia di chi deve ingollare per forza tutte le stronzate che gli toccano, col sospiro pronto. 🙂

Sebbene faccia questi paragoni, Frankenstein Must Be Destroyed non è affatto un film di guano con Peter Cushing: la sua performance è essenziale, ma anche il resto del cast è ottimo e credibile, la violenza ed il sangue sono presenti nella dose giusta, ed inoltre, c’è un feeling molto realistico quando vediamo Frankenstein operare, molto più affascinante di più o meno tutte le uccisioni da slasher che vanno di moda attualmente.

Un horror vintage di classe, con ottimi personaggi, un intreccio interessante, ed uno dei migliori personaggi malvagi di sempre. Senza esagerazione, un “must see”, ancora di più se ne avete le palle piene di film horror che non sono film horror.

Anno: 1968

Titolo italiano: Le Amanti di Dracula (seriamente?!)

Nazione: Regno Unito

Durata: 1 ora e 32 minuti

Regia: Freddy Francis

Seguito di Dracula: Prince Of Darkness, il film inizia con il ritrovamento del cadavere di una ragazza, dentro la campana della chiesa di Keinenberg, che ha sul collo i segni inequivocabili del morso di un vampiro, e poi abbiamo un timeskip di un anno. Dracula è morto, intrappolato nel ghiaccio dal film precedente, ma i cittadini continuano a sentire il male provenire dal suo castello. Monsieur Muller, il vescovo della città, arriva in visita e vede che non solo la gente di paese ha ancora timore del Conte, ma anche Kurt, il prete locale, è terrorizzato da questo male ancora palpabile. Perciò Muller decide, portando con sè il prete, di andare al castello, dove recita un esorcismo e lascia una croce incastrata sul portone.

In un misto di terrore ed ubriachezza, Kurt, che era rimasto indietro, cade rotolando su delle rocce, spaccando il ghiaccio in cui Dracula riposa, e ferendosi alla testa. Il sangue della ferita scivola sulla pietra ed arriva a bagnare le labbra del conte, e ancora una volta, Drac is back, e subito mette sotto il suo potere il prete. Poi cerca di entrare nel suo castello, ma trova la porta sigillata dal crocifisso, e ordina Kurt di dirgli chi è stato a fare questo. Dracula quindi parte per Keineberg, con l’intenzione di fare di Maria, nipote di Muller, un vampiro, e vendicarsi del vescovo.

Personalmente preferisco la serie di Frankenstein della Hammer rispetto a quella, sempre loro, di Dracula, ma anche questo film si merita ampiamente lo status di film di culto che riceve dai fan, un horror di qualità, con bei personaggi, un antagonista a dir poco iconico, scenari gotici nebbiosi e tetri, e la classica lotta tra bene e male, resa in maniera meno scontata di quanto possa suonare.

A questo riguardo, i film di Dracula hanno sempre un tema religioso, nel senso che il conte, il quale ovviamente simboleggia il male, è distrutto da simboli ed oggetti sacri, come croci, acqua santa, e da preghiere, oltre che dalla luce del sole, la quale, non penso di dire nulla di nuovo, simboleggia il bene. Fin qui direi ci siamo tutti. La cosa interessante sta nel fatto che l’eroe del film, Paul, un ragazzo che vuole la mano di Maria, è ateo. “Beh?” In primis, c’è il fatto che informa la famiglia di Maria di questo durante la cena, e non so voi, ma dire che sei ateo, nella casa di un vescovo, nel 1968, non è il miglior modo per farvi amare da un uomo di chiesa. E poi, siccome non crede in dio, non vedo perché dovrebbe credere in un non-morto dai denti aguzzi che va in giro a succhiare sangue alla gente, e affrontare Dracula con oggetti di un culto a cui non credi…. è un pò come andare in guerra con un fucile da soft-air.

Paul alla fine trova la sua fede e sconfigge Dracula (non è uno spoiler, è una tradizione che dracula venga ucciso e resuscitato in ogni film), il che è abbastanza ridicolo (e aggiungerei un pochino ignorante) per uno spettatore moderno, ma visto che parliamo sì di un classico, ma anche di un film dei tardi anni ’60, è una cosa perdonabile. I personaggi sono gradevoli, c’è un buon mix di scene normali, come quella in cui i ragazzi bevono e scherzano al pub, alternate a quelle tetre e horror, che vertono solitamente sul caro vecchio Dracula. Christopher Lee è più che famoso ed idolatrato per la sua performance del conte transilvano, considerata seconda solo a quella iconica di Bela Lugosi, e non posso fare altro che concordare: il dracula di Lee è fantastico, parla poco (per scelta dall’attore, che aveva rifiutato i dialoghi ridicoli che gli avevano dato, non scherzo), ma quando parla non ci sono cazzi per nessuno, e quando non parla la sua presenza scenica è enorme. Se c’è, lo “sentite” eccome.

La scelta di parlare poco, e con poco intendo massimo una ventina di frasi, rende il personaggio più credibile e meno dozzinale, rispetto a tanti cattivi che fanno girare la lingua fin troppo e finiscono per risultare comici. Cos’altro è rimasto da dire? Le ambientazioni gotiche sono per-fe-tte, e in questa caso c’entra il fatto che la Hammer è una casa cinematografica inglese, il che significa che gli basta bighellonare un pò per trovare veri castelli nebbiosi, invece di dover fare modellini plasticosi o roba del genere.

Se volete ricordarvi o scoprire come è fatto un vampiro vero, questo film è un buona scelta (come la serie hammer nel suo complesso) se non ve la sentite di dissotterrare puppasangue degli anni ’30, se volete qualcosa di vintage ma non troppo. Ad ogni modo, un altro classico della Hammer, degno di essere guardato da ogni appassionato al genere. Un consiglio valido per entrambi i film recensiti: vedeteli in lingua originale sottotitolata, non ho mai sentito il doppiaggio italiano dei film Hammer, ma in questi casi nulla batte il doppiaggio originale inglese.

É davvero tutto per questo numero, buon Halloween, buon divertimento, eccetera eccettera, alla prossima!

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