Bentornati! La nostra pietra miliare 65 verrà celebrata oggi con un articolo davvero lungo su quello che per molti è il miglior Zelda bidimensionale. Figlio del mio progetto iniziato l’anno scorso del volermi giocare e finire tutti gli Zelda esistenti (eccetto i CDi, per ovvi motivi), A Link to the Past è stato un gioco arduo da portare a termine, ma su cui ho davvero molto da dire, per cui, divertitevi con la lettura, se lo avete giocato. Per il resto, parleremo di Capsized, Battleship e il redivivo Spider-Man Collection! =) Buona lettura! ^_^
The legend of Zelda – A Link to the Past
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Dalla mia recenzione di Adventures of Link ne è passato di tempo, e parte di questo è stato effettivamente speso a giocare al suo seguito, A Link to the Past. Molto altro, del tempo intercorso, è stato invece speso a rimuginare sul perchè questo terzo Zelda non è riuscito a prendermi come pensavo avrebbe fatto.
Dopo l’uscita di Zelda e Zelda II, i fan Nintendo non aspettavano che il terzo episodio della saga, che iniziò a venire pensato per NES nel 1988 e poi si materializzò all’orizzonte nel tardo 1991 in Giappone, Settembre 1992 in Europa, per Super Nintendo. Molto più articolato e complesso dei due giochi precedenti, A Link to the Past è il primo Zelda con una ricca storia di fondo, molteplici personaggi secondari individuali (invece di copie degli stessi personaggi presenti in Adventures of Link) e infine, con la Master Sword come la si conosce oggi. Infatti, nonostante in Hyrule Fantasy ci sia la distinzione tra la prima, seconda e terza spada, queste sono chiamate Sword, White Sword e Magical Sword, e il Adventures of Link, la spada è sempre la medesima.

Era una notte buia e tempestosa… Le migliori favole iniziano così, no?
Dicevamo della storia: l’introduzione ci narra del passato di Hyrule, in cui le tre dee creatrici del tutto alla fine della loro opera, lasciarono nel Sacred Realm la prova del loro potere sotto forma della Triforza, un tringolo d’oro composto da tre triangoli equilateri minori, onniscente e onnipotente. Questa Triforza avrebbe esaudito i desideri di chiunque la toccasse. Bramosi di potere, gli hyliani iniziarono una guerra per entrare nel Sacred Realm, ma nonostante molte persone provarono ad entrare nel regno proibito, nessuno vi ritornò mai. Quando un giorno malvagità iniziò a sprigionarsi da queste terre, sette saggi, su ordine del Re di Hyrule, decisero di sigillare il Sacred Realm per garantire la pace. Il sigillo avrebbe dovuto rimanere per sempre, ma presto la storia di questa guerra divenne leggenda e mito, e nessuno se ne ricordò più.
E’ in questo scenario che il mago Agahnim si manifesta presso la corte di Hyrule, usurpa il trono del re e inizia a imprigionare nel Sacro Reame discendenti dei sette saggi. Una di queste è Zelda, che mentre ancora in prigionia chiede l’aiuto di Link per salvare lei, e tutto il Regno di Hyrule.
Il gioco inizia quando Link esce di casa mentre c’è una tempesta e si reca al Castello, dove salva la Principessa e riceve il compito di trovare tre medaglioni per recuperare la Spada Master, con cui è possibile sconfiggere il male, in questo caso Agahnim. Link si avventura prima nel Palazzo dell’Est, poi nel Palazzo del Deserto e infine nella Torre di Hera per recupare i medaglioni. Infine si dirige nei Boschi Perduti, dove dopo un pò di peregrinare troverà la Spada Master. Ma è tardi, le guardie incantate dal mago cattivo hanno trovato Zelda (nascosta in un vicino monastero) e l’hanno portata al loro capo. Link lo affronterà, ma verrà trasportato anche lui nel Sacro Reame. Lì scopre la triste verità, ovvero che il Sacro Reame è stato corrotto dal potere del male portato lì da Ganondorf, un ladro in cerca di potere, il cui cuore squilibrato ha trasformato le Golden Lands in una triste versione Oscura di Hyrule chiamata Dark World. Lì, Link decide di liberare le sette discendenti dei sette saggi della vecchia Hyrule, per rafforzare il sigillo scioltosi, e una volta fatto ciò, affrontare di nuovo Agahnim. Il ragazzo, dopo tanto peregrinare, riesce a salvare le sette ragazze e sconfiggere Agahnim, solo per scoprire che costui altro non era che un burattino nelle mani di Ganon stesso, che si manifesta alla morte del mago come sua anima malvagia e fugge verso la Grande Piramide al centro del Dark World. Link lo rincorrerà e sconfiggerà, liberando la Triforza ed esprimendo il desiderio che tutto venga riportato ad uno stato precedente l’intromissione di Ganon nelle faccende di Hyrule tramite Agahnim.

Link che cammina allegramente per le steppe di Hyrule. Un’immagine che vedrete frequentemente durante il gioco!
Il grande passo in avanti A Link to the Past lo fa nel gameplay. Scartata la visuale laterale in favore del ritorno a quella a vista d’uccello del primo episodio, Zelda si espande in lungo, in largo e in profondità. Il mondo di Hyrule, dopo il vuoto forzato dei giochi NES, diventa vivo, vario e vasto. Link stesso, diventa agile e attrezzato, con un assortimento di movenze (per la prima volta in diagonale) e mosse (il famoso attocco a vortice) sempre più vario e vasto e usabile. Gli oggetti dell’avventura rimangono per lo più gli stessi della prima, tra archi, boomerang, bombe e martelli, ma gli oggetti magici ritornano dal secondo episodio, con lanterne, bastoni magici e amuleti potentissimi. La spada stessa diventa un’arma molto più potente, che adesso non solo colpisce nemici davanti a Link, ma anche quelli posti in diagonale.
La più grande innovazione di A Link to the Past, però, è il mondo in cui si svolge l’avventure. Hyrule, vasta almeno quanto quella di Hyrule Fantasy, se non di più, non è più una distesa vuota, ma un luogo densamente popolato e ricco di segreti da scoprire. Anche se i luoghi davvero abitati sono pochi, confrontato alle otto e più città di Adventures of Link, questi sono davvero densi e ricchi di personaggi unici da scoprire. Kakariko è l’unica vera e propria città del gioco, e molte persone abitano nella città o negli immediati dintorni, come un venditore ambulante, un suonatore di flauto e suo padre, due vecchi fabbri e via discorrendo. A nord di Kakariko ci sono i Boschi Perduti, in cui vagano banditi intenti a derubarvi, mentre a sud ci sta un gran deserto, pieno di mostri di fango e al cui ingresso risiede un misterioso bandito. Al centro della cartina si erge possente il Castello di Hyrule, in cui dimorava la famiglia reale, ora fortezza di Agahnim. A nord di questo, ci stanno il monastero in cui si nascondeva Zelda e un cimitero, e ancora più a nord le montagne e una casa con dei boscaioli, quest’ultima vicino al limitare dei Boschi Perduti. A sud del Castello ci sta la casa in cui Link abita con lo zio, e ancora più a sud una vasta zona di praterie e acquitrini. A est del Castello di Hyrule ci sta una vasta zona collinosa, e ancora più ad est le rovine di un antico tempio, il Palazzo dell’Est, in cui ci dovremo avventurare agli inizi della nostra avventura. A sud del tempio, ci sta il maestoso Lago Hylia, più grande bacino d’acqua di Hyrule, il cui fiume funge anche da acqua nel fossato del Castello di Hyrule stesso. A nord del Palazzo dell’Est, oltre alla casa di una strega che preparerà utili pozioni per Link, ci sta la fonte del fiume, nonchè una grande cascata chiamata “Cascata dei Desideri” e un lungo percorso fluviale pieno di Zora. Inoltre, ulteriormente a Nord, ci sono altre montagne, le più elevate di Hyrule in assoluto. In mezzo a tutte queste aree che vi ho descritto, ovviamente, ci sono mille altri sentieri che vi dirigeranno a caverne segrete, grotte e quant’altro. Questo il Light World. Il Dark World è il mondo duale di questa Hyrule che vi ho appena descritta, un luogo oscuro, in cui l’acqua sembra verde e pestilenziale, la terra è infertile e l’erba secca e divelta. Mostri terribili e molto più forti di quelli che si incontrano nel Light World lo pattugliano, e le zone in cui Link può trovare rifugio sono poche. Le zone principali del mondo sono anche diverse. Il Castello di Hyrule, per esempio, qui viene sostituito dalla Grande Piramide, fortezza inaccessibile di Ganon. Kakariko è una città fantasma e un rifugio per ladri. Il deserto è una oscura e tenebrosa palude. Il lago Hylia è parzialmente essiccato e ghiacciato. La zona di rovine che forma il Palazzo dell’Est è un districato labirinto di cespugli spinosi, e le montagne a nord sembrano talmente piene di lava da esplodere da un momento all’altro. Gli stessi Boschi Perduti, per quanto sempre lì e sempre labirintici, qui sono più tenebrosi che mai, con scheletri e teschi sparsi ovunque.

Ecco la cartina del Mondo Luce, in cui a Hyrule tutto va bene. La sua vastità è indiscussa!
Questa Dualità dei Mondi è un elemento fortissimo in A Link to the Past, che rende il gioco più magico e più oscuro di ogni altro gioco della serie fino ad ora. Hyrule nel capostipite era deserta e piena di mostri, e in Adventures of Link ancora più piena di pericoli, ma mai si sentiva una tale sensazione di stare sull’orlo del totale crollo nell’abisso oscuro quanto la si sente in A Link to the Past. I personaggi nel Dark World sono orrende trasmutazioni delle loro contrparti del Light World, trasformati dall’aura oscura in mostri rappresentati le loro caratteristiche (Link stesso viene trasformato in un coniglio, finchè non ottiene la Perla Lunare che gli permette di mantenere la sua forma originale), ma stesso gli abitenti del Light World, o per lo meno quelli che si rendono conto di ciò che sta succedendo, sembrano disperati e ansiosi.
Non tutto è buio però, e Hyrule riesce anche ad essere un luogo bello e affascinante per il quale viaggiare. Specialmente le zone intorno a Kakariko, i Boschi Perduti, il Lago Hylia e la Cascata dei Desideri sono artisticamente incredibilmente ispirate ed esteticamente stupende. La palette di colori usata per rappresentare bidimensionalmente la Hyrule del Light World è satura e piena di colori vivi, e il mondo è esattamente come ce lo si aspetta da un gioco dell’epoca d’oro dei Videogames.
I labirinti presenti nel gioco sono molteplici. Dopo aver salvato Zelda dalle segrete del Castello (1), dobbiamo scortarla fuori da esso attraverso le fognature fino al monastero di cui sopra (2). Dopo ciò a Link viene chiesto di recuperare tre amuleti per avere accesso alla Spada Master. Il primo si trova nel Palazzo dell’Est (3), un tempio a tema terreno con Armos Knights come nemici principali. Il secondo si trova nel Palazzo del Deserto (4), un tempio a tema desertico/sabbioso pieno di sabbie mobili e mostri di fango. L’ultimo si trova nella Torre di Hera(5), un dungeon che ci inizia ad introdurre al Dark World. Dopo aver recuperato la Spada Master, ci verrà chiesto di tornare al Castello di Hyrule, esplorandolo questa volta per intero e affrontando Agahnim (6). Una volta nel Dark World, inizierà la ricerca per i discendenti dei sette saggi. Questi si trovano:
- La prima nel Palazzo dell’Oscurità, controparte del Palazzo dell’Est, in cui Link troverà il Martello.
- La seconda nel Palazzo della Palude, un tempio a tema acquatico, non troppo difficile a dire il vero.
- La terza nella Foresta degli Scheletri, o meglio, nei labirinti che si trovano al di sotto di questa zona corrispondente ai Boschi Perduti. Questo tempio è labirintico e con molteplici ingressi e uscite, che me lo hanno fatto apprezzare e odiare al contempo.
- La quarta nella Città dei Ladri, un complesso sotterraneo di tunnel e trappole sotto quella che nel Light World è Kakariko.
- La quinta è nel Palazzo del Ghiaccio, il labirinto più ostico del gioco secondo me, pieno di pinguini malefici e sei piani sequenziali da affrontare.
- La sesta è nella Palude della Miseria, corrispondente del Dark World del Deserto dei Misteri, un luogo che mi ha lasciato a bocca aperta la prima volta che l’ho visto, tanto era artisticamente ispirato.
- La settima, ovvero Zelda stessa, si trova nel Turtle Rock, un gigantesco ammasso roccioso scolpito a mò di Tartaruga, nel quale Link deve affrontare pozzi di lava e nemici davvero difficili, oltre che un intricato sistema di tubature tra le quali navigare.

Ecco una zona molto particolare del Dark World. Andando di sopra parteciperete ad una delle più belle subquest del gioco!
Alla fine di questi sette dungeon (che hanno portato il numero complessivo a 13), Link deve affrontare la Torre di Ganon, corrispettiva della Torre di Hera, alla fine della quale affronterà Agahnim. Ganon stesso non ha un suo dungeon, ma semplicemente attende l’arrivo di Link nella Grande Piramide (in cui, nella versione GameBoy Advance da me giocata) si trova anche il Labirinto della QuadriSpada. Quattordici dungeon, per un gioco davvero molto molto lungo.
Le musiche composte per questo gioco sono anch’esse niente male. Dal tema di Kakariko a quello dell’Overworld di Hyrule, c’è una ricchezza melodica particolare, e seppure non siamo ancora ai livelli di successivi giochi, in cui ogni zona ha una melodia quasi unica (mi riferisco a Ocarina of Time, Wind Waker), il processo è iniziato. Le mie preferite sono il tema dell’Overworld del Dark World e il tema di Hyrule Castle.
Per i curiosi che sono andati già a spiare il mio voto di chiusura, devo iniziare a spiegarne il perchè. A Link to the Past è un gioco davvero unico, vasto e curatissimo. Ciononostante non è riuscito a catturarmi quanto avrei sperato che facesse. Periodi di gioco intenso si sono alternati a periodi di piatta totale, in cui la motivazione di continuare a giocare era prossima allo zero, e questa ha determinato, in ultima analisi, la mia sensazione che A Link to the Past, per quanto tecnicamente un bel gioco, non è riuscito a fare breccia nel mio cuore come tanti altri Zelda prima di lui. Hyrule è viva e misteriosa, ma non ha attecchito. Il Dark World è vasto e pieno di pericoli, ma non è riuscito a incuriosirmi. Gli ultimi livelli li ho fatti in maniera molto forzata, e per quanto abbia apprezzato tantissimo dungeon come Turtle Rock o Misery Mire, non sono riusciti ad incantarmi totalmente.
Per questo il mio voto non è alto come ce lo si aspetta. Ma, prima che qualcuno gridi allo scandalo o similia, ricordate. Il voto è comunque estremamente positivo. A soli tre gradini dal voto massimo che do ai giochi. E spero vivamente che giunti qui, abbiate letto nella recensione tutti gli elogi che do ad A Link to the Past. E’ un capolavoro di game design e una pietra miliare nella storia dei videogame. Ma, soggettivamente, non è riuscito a incantarmi quanto altri Zelda.

Siamo a poco dalla fine del gioco, e Link si trova in cima alla Grande Piramide del Dark World!
Sono aperto a parlarne nei commenti, ovviamente. A questo punto, però, mi sembra inutile dire che A Link to the Past (il cui sottotitolo originale, Kamigami no Toraifōsu, La Triforza degli Dei, non venne tradotto letteralmente per questioni religiose…quanto ODIO la religione!) è uno Zelda che consiglio a chiunque. Giocatelo, godetevelo, innamoratevene come io non sono riuscito a fare.
Ci sentiamo più in basso! 😉
Voto Personale: 8,5/10
A Space Oddity
(A cura di Wise Yuri)
Versione del titolo giocata: Steam
Giocatori: 1-2
Genere: Platform/Shooter
Supporto pad X-Box 360: Sì.
Salve a tutti, torniamo ancora una volta in campo indie games. E nello specifico, in quello dei platformer 2D. Stavolta abbiamo Capsized, un platform/shooter che fa grande uso delle leggi fisiche. Detto così non sembra nulla di particolare, lo so. Ma se vi dicessi che il titolo ha un feeling “Metroidesco”? Ora che ho la vostra attenzione, proseguiamo parlando della premessa del titolo.
Capsized vi mette nei panni di un astronauta la cui navetta è precipitata su un pianeta alieno, ed il vostro obiettivo è quello di trovare gli altri membri dell’equipaggio, sparsi chissà dove, riparare l’astronave e tornare a casa, cosa facile a dirsi e molto meno a farsi, visto che il pianeta è colmo di vegetazione quanto lo è di indigeni ed animali ostili.
Togliamo il discorso “Metroid” di torno, almeno non ci ritorniamo: Capsized non è un clone degli episodi 2D della serie Metroid, se cercate qualcosa del genere c’è Shadow Complex per XBLA, ottimo clone di Super Metroid, ma il gioco della Alien Trap non è un Metroid wannabe o nulla di simile. Spesso i critici hanno affermato che il titolo ricorda un pò Metroid, e non è un affermazione sbagliata, visto che abbiamo sempre un personaggio solo in un ambiente alieno ostile, ed il design di alcuni nemici è un diretto omaggio alla serie Nintendo (come dei mostri simil-Metroid e delle statue aliene simili a quelle dei Chozo).
Il gioco offre due modalità, la Campaign (aka Modalità Storia) e quella Arcade, che comprende a sua volta modalità come il deathmatch contro bot, la sopravvivenza contro orde infinite di nemici, o la possibilità di sfidare un altro giocatore in splitscreen. Ho provato un pò alcune modalità dell’Arcade, carine, ma è chiaro che sono state aggiunte verso la fine dello sviluppo, e che il 90% della cura è stata riposta nella modalità principale, cioè quella per single player. Ed è questa la parola che userei per descrivere sinteticamente Capsized: cura.
Infatti molta cura è stata riposta dai ragazzi della Alien Trap Games in questo progetto, a cominciare dalla ricca grafica 2D, lo stile artistico può piacere o meno, ma quando vedete livelli colmi di dettagli come creature aliene che si muovono sullo sfondo di cunicoli e caverne, beh non si può affermare che sia stato fatto un “lavoretto d’ufficio”. Anche la colonna sonora è minimale ed azzeccata in quanto aiuta a farvi sentire persi chissadovè nello spazio, a lottare per la vostra sopravvivenza in totale solitudine, avanzando con la paura di fare nuove ed ostili scoperte.
Anche e soprattutto nel gameplay si nota la cura riposta dal team di sviluppo, che ha deciso di preferire la qualità alla quantità, proponendo una dodicina di livelli ben curati invece di cinquanta tirati via solo per poter dire “quanta roba ti abbiamo messo nel gioco, eh?”, ed offrendo varietà per ognuno di essi: in alcuni dovete semplicemente raggiungere l’uscita, in altri dovete distruggere dei nemici o delle statue, ed altro, ma anche quando l’obiettivo è lo stesso, il buonissimo level design differenzia il livello e vi impedisce di dire “eh, non sarà mica un problema, l’ho già fatto prima, me la cavo in poco tempo”. O meglio, potete pensare che sia facile visto che l’obiettivo è lo stesso, fino a quando non venite uccisi brutalmente da nemici volanti e/o estremamente aggressivi, e su questo il gioco non scherza, se vi aspettavate degli idioti messi lì per farsi macellare da voi, beh ripensateci.
L’esplorazione e il platforming sono divertenti, ma devono essere fatti con cautela, perché (come scritto poco sopra) i livelli sono ricolmi di creature ostili che non hanno proprio voglia di sentirsi cacciate, e preferiscono cacciare voi, costringendovi a fare attenzione quando esplorate una nuova parte del livello. E sto parlando del livello di difficoltà normale, badate bene. XD C’è da dire che il gioco è davvero impegnativo, ma siamo lontani da difficoltà impossibili, basta semplicemente metterci dell’impegno e non cazzeggiare, e con un pò di prove affinerete le vostre abilità e infine ce la farete. Cosa importante è che il gioco è sì impegnativo, ma da tanto impegno viene altrettanta soddisfazione, quindi alla fine “il gioco vale la candela”.
A vostra disposizione per sopravvivere avrete fin da subito un rampino gravitazionale, un jetpack, una torcia ed un fucilino standard, ai quali si possono aggiungere armi trovabili nel livello, e bonus come vite extra (dimenticavo, avete un numero limitato di vite a vostra disposizione), scudi temporanei, carburante per il jetpack, ed altro. Le funzione delle armi e la torcia mi sembrano ovvie, ma il rampino è utilissimo in quanto serve sia per beh, arrampicarsi a superfici di vario tipo, sia per trasportare oggetti ed eventualmente nemici, ed è utile per risolvere delle piccole parti puzzle. La fisica è importante sia per muovere gli oggetti sia per il combattimento: un masso piccolo potrete prenderlo con il rampino e può fare da peso su un interruttore a pressione, ma può essere anche lanciato contro un nemico per danneggiarlo od ucciderlo. Ma non vi aspettate di fare la stessa cosa con oggetti molto pesanti od ingombranti, che a malapena riuscirete a spostare trascinandoli. Oppure potete cercare di atterrare su un nemico mentre cadete da una grande altezza, danneggiandolo con la forza aerodinamica accumulata nella caduta (sto cercando di spiegarlo come meglio posso, se sto dicendo una cazzata correggetemi pure).
I controlli sono rapidi e reattivi, perfettamente funzionali, l’unica nota che devo fare è che il salto non è rilegato ad un tasto, ma alla direzione “Su” della tastiera/levetta analogica. Sebbene a leggere così sembri un difetto, giocandolo non è affatto un impedimento, suona strano su carta che un platform usi “su” per saltare, ma in pratica non è un infelice scelta di design o nulla.
Concludendo, Capsized è un ottimo connubio tra platform e shooter, con alcuni elementi puzzle ed un utilizzo convincente di leggi fisiche nelle meccaniche di gioco, che offre ottima esplorazione quanto ottima azione e nemici impegnativi, con un livello di sfida alto ma che vi ripaga dell’impegno e della perseveranza. In aggiunta, possiede una buona longevità, mi ci sono volute circa 11-13 ore per finirlo (e con punteggi di fine livello miseri, chi vorrà ottenerne di ottimi dovrà sudare non poco). Un ottimo gioco dai ragazzi della Alien Trap (per i quali è il primo vero progetto) , che fa ben sperare per il loro prossimo progetto, Apotheon, il quale dovrebbe essere un action rpg ispirato ai Castlevania (presumerei a quelli fatti nello stile di Symphony Of The Night, che in gergo vengono chiamati Metroidvania) con un stile grafico fatto sullo stile della ceramica greca (aka vasi).
Se amate l’idea di un platform con forti componenti esplorative e shooter, beh, Capsized è un titolo forse un pò piccolo, ma innegabilmente molto ben curato (e che segue la filosofia “qualità > quantità”), e che effettivamente vale i vostri soldi. Potrete prenderlo su Steam (aspettando uno sconto) o potete attendere la release per X-Box Live Arcade, prevista per dicembre di quest’anno, la quale avrà nuovi livelli, oltre ai classici achievements e leaderboards. In ogni caso, ve lo consiglio. 🙂
Ed ora atterriamo in ambito cinema di serie E, con un film della…. Hasbro?!
By Hasbro.
(A cura di Wise Yuri)
Pensandoci bene, ancora non riesco a credere che abbiano fatto un film sul gioco Battaglia Navale, ma se sono qui a scriverne deve essere vero, considerato che l’ho visto proprio qualche giorno fa, visto che il biglietto veniva 3 cucuzze ed ogni tanto c’è bisogno di qualcosa per spegnere un pò il cervello e fare un salutare “riavvio”. Sarà un articolo cortino, visto che non ritengo valga la pena parlare nel dettaglio di questa americanata incredibile.
Devo dire che sebbene sia una cagata in piena regola, va anche detto che Battleship è stato molto più piacevole del previsto e perlomeno riesce nell’intrattenere, tra esplosioni, mecha enormi sparamissili, alieni in tute ipertecnologiche, scene ridicole, comicità tutto sommato carina. Credetemi, si può fare di peggio, per esempio quest’anno c’è stato World Invasion, la solita merdata “alieni invadono terra, esercito deve riuscire a salvare l’umanità”, ma che è riuscito ad eliminare un buon 80 % di divertimento e/o semplice intrattenimento caciarone prendendosi fin troppo sul serio.
la trama ha come protagonista un minchione che si arruola nell’esercito su consiglio del fratello, nel tentativo di raddrizzare la sua vita e non sprecare le sue abilità e conoscenze. Ma siccome il nostro protagonista ha la maturità di un 12enne ed è leggermente psicolabile, la sua permanenza in marina è compromessa ben presto. Cosa ci vuole quindi per redimere il protagonista e renderlo un pò meno schizzato (più maturo è impossibile, accontentiamoci), rendendolo nel processo un eroe? Ma un invasione aliena, prima fatta con navi giganti e poi con truppe di fanteria che sembrano aver rubato l’armatura al protagonista di Dead Space, combattuta appunto con navi da guerra, come una vera Battaglia Navale a turni. XD
Il film è ridicolo in maniera indefinibile, è un’americanata classica ed una vaccata di film, ma non ha paura di esserlo e questo aiuta molto a rendere Battleship un film perfetto da vedere per intrattenervi, premesso che lasciate il cervello sul comodino, ogni tanto ci vogliono anche film del genere. Il mio momento preferito del film è decisamente l’intervento del reparto geriatrico della marina, eguagliato solo da quando la nave aliena spara dei beyblade incadescenti, che armi terribili delle girelle robotiche in fiamme. Chiudendo l’articolo, c’è da dire che la colonna sonora è stata molto carina, grazie soprattutto alla presenza della classica Thunderstruck AC/DC, e che nel cast c’è Rihanna, che ha fatto un lavoro decente. Cosa strana che NON sia stato girato in 3D, visto che c’erano tonnellate di momenti perfettamente sfruttabili, con primi piani di cannoni che sparano ed altre cose. Ed è tutto, se cercate una puttanata divertente che non ha paura di affermare senza timore “mi ispiro ad un gioco da tavolo Hasbro”, con alieni, robot/navi giganti che esplodono, recitazione mediocre, clichè di film militari a profusione, arresto per burrito, razzismo alla buona, Battleship può andare se noleggiato o visto cacciando pochi quattrini. 🙂
Spider-Man Collection 37
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Le mie speranze del numero scorso non sono state deluse. Preparatevi ad una tetrade di storie davvero niente male. Iniziamo!
- Spidey Cops Out! da Amazing Spider-Man 112del 9/72: In questo episodio, Peter, ancora scosso per la scomparsa di sua zia, dopo aver affidato Gibbon alle autorità, continua la sua folle ricerca per New York City, e per questo fugge ad alcune lotte, causando il Bugle a diffamarlo un’ennesima volta, dandogli del codardo. Pete intanto incontra MJ e Mss. Watson, che gli dicono che forse May è stata costretta a scrivere quella lettera in cui diceva di andarsene. Il giovane non ci vede più, e inizia a interrogare i malviventi, che per qualche motivo hanno una forza superiore al normale donatagli, così poi si scopre, da una piccola armatura rinforzante. Ma a Spidey rimane poco per pensare. Uno dei bruti lo colpisce forte in testa con una mazza di legno, lui li stende e un’attimo dopo, tra i palazzi, compare Dottor Octopus!
- They Call The Doctor…Octopus! da Amazing Spider-Man 113del 10/72: In questa puntata, uno Spidey malmesso prova a combattere un Dottor Octopus più in forma che mai (e che non abbiamo visto dai tempi della morte di George Stacy, se non ricordo male), e la lotta presto si mette male. Doc Ock mette in difficoltà il nostro eroe, che riesce a malapena a riempire gli occhiali di Ock di ragnatela quando questi lo riesce a smascherare. L’identità segreta di Pete è sicura, ma la battaglia è persa e la sua maschera pure, raccolta da Randy Robertson, figlio di Joseph Robertson del Bugle, e presto finita nelle mani di JJJ, che l’appende in ufficio. Mentre Doc Ock quindi organizza i suoi prossimi colpi criminali, Pete torna a casa esausto e sviene. Gwen lo ritrova lì e chiama il Dottor Bromwell, che diagnostica un’ulcera duodenale allo stressato supereroe. Nonostante la richiesta del dottore di starer attento, Pete non può rimanere con le mani in mano con la scomparsa di May e la ricomparsa di Ock, quindi recupera una maschera sostitutiva in un negozio di costume e torna a combattere Octavius, questa volta grazie all’esoscheletro dello sgherro che lo ha malmenato nello scorso numero. Octavius viene prest steso, quando appare sul luogo un nuovo losco figuro…Testa di Martello!!
- Gang War, Shmang War! What I Want to Know is… Who the Heck is Hammerhead? da Amazing Spider-Man 114del 11/72: Episodio col titolo più lungo fino ad ora, da ciò che ricordo. In questa puntata Spidey e Hammerhead fanno a pugni, solo per permettere a Octavius di fuggire nel trambusto. Spidey viene colpito di striscio da una pallottola in testa e sviene. Si risveglia prigioniero di Testa di Martello, per scoprire che costui ha preso il posto di Kingpin nella malavita organizzata, e sta facendo a lotta con Octavius per lo strapotere nel ghetto. Hammerhead offre a Spidey di diventare suo socio se lo aiuta ad eliminare Octavius, ma il giovane ovviamente non accetta e anzi gli piazza una ragnospia addosso dopo che scopre che Octavius vive con una vecchia in una villa verso la quale Hammerhead e i suoi sgherri stanno per dirigersi. Quando Hammerhead lascia la casa per andare da questa Villa, Spidey rapidamente si libera delle sue guardie e segue il boss mafioso, per entrare nella villa. Lì, però, riceve un vaso di fiori in testa (che lo mette temporaneamente KO) da nessun’altri che…zia May!

Ecco la splendida copertina di Amazing Spider-Man 114!
- The Last Battle! da Amazing Spider-Man 115 del 12/72: In questo albo il caos non è poco. Assistiamo ad una grande guerra tra gang, tra gli uomini di Octavius (quelli dei tempi de “Il Coordinatore”) e la ganga mafiosa di Hammerhead, in uno showdown nella casa di Octavius che sa davvero molto di film di hollywood degli anni 50/60. Quando Spidey si sveglia, ovviamente zia May è già di nuovo lontana e con Octavius, e al giovane tocca trovarla per la casa in cui si è scatenata una gigantesca sparatoria. Completamente altrove, Gwen Stacy si trova casualmente al Bugle quando Ned Leeds e Robertson si dirigono nella Villa in cui sospettano sia May Parker (e Octavius). La ragazza segue i due giornalisti, speranzosa di fare ammenda con May. Torniamo nella villa, dove, dopo aver lottato con Octavius, Hammerhead lotta con Spidey e gli svela di aver preso qualcosa di molto importante dalla stanza dei comandi del supercriminale, qualcosa che lo renderà molto influente presto. Spidey è a terra, ma si riprende quando vede Ock con sua zia, ed i due arcinemici tornano a lottare, con Octavius che viene infine steso e consegnato alla giustizia (mentre Testa di Martello fugge). A fine albo, May rischia quasi di uccidere Spider-Man, se non fosse per l’intervento della polizia, e l’arrivo di Gwen, Robertson e Leeds. La situazione, però, torna a farsi strana quando May dice a Peter (che si è rapidamente cambiato) che vuole rimanere nella villa di Ock per farne da badante.
Altrove, Testa di Martello è in un aereo di prima classe che sogghigna.
Albo davvero niente male, con una trilogia che finalmente non fa sembrare sempre Spidey al centro dell’attenzione, ma anzi vede protagonisti Doc Ock e Testa di Martello che si prendono a mazzate per il controllo del piccolo impero criminale che New York offre. La vicenda stessa, per quanto contenga la folle variable di zia May che è scomparsa e poi troviamo domestica a casa di Octavius, è davvero interessante e raccontata bene.
Fuori dall’azione tornano anche il Dottor Warren (preoccupato per i voti calanti di Peter) e Flash Thompson, che fa arrabbiare non poco Gwen Stacy per i suoi continui sfottò su Parker. Gwen è un personaggio abbastanza centrale in questa vicenda, anche per via della sua “colpevolezza” nella fuga folle della zia, e Peter dovrebbe davvero sentirsi felice di avere una ragazza così impegnata nella sua vita.
E’ da un pò che non parliamo più dei disegni della serie: come potete intuire, sono migliorati annata dopo annata, e siamo ormai a degli standard davvero alti. La suddivisione della vignetta è ancora molto statica, con riquadri rettangoli e qualche rara intera pagina, ma decisamente meglio strutturata che in passato, con vignette che si adattano al contenuto e non viceversa. Anche il modo di raccontare, nonostante ancora molto simile a un “ti prendo per mano e ti racconto ciò che non riesco a disegnare”, è migliorato tanto dal primo remoto Spider-Man Collection, e le vicende sono piacevoli da leggere e seguire.
Per questa settimana è di nuovo tutto, ci sentiamo la prossima con degli intriganti “What if..?”! A settimana prossima!
Voto Personale: 8/10
Fate gli auguri alle vostre mamme se non lo avete già fatto, e passate un piacevole resto di domenica! =) A settimana prossima! 😉
6 giugno 2012 alle 19:17
-The legend of Zelda – A Link to the Past
Mi sorprende un po’ che non ti abbia colpito appieno, forse preferisci gli Zelda in 3D 🙂 . Comunque sia, io ci giocai da molto piccolo (fu il mio secondo gioco), ma non riuscivo a finirlo perché mi ero bloccato in alcuni dungeon del dark world (tipo quello della palude, il dover passare dietro la cascata l’ho capito solo da adulto). Però stranamente si potevano affrontare un po’ tutti in ordine sparso, quindi buona parte li avevo portati a termine.
-A Space Oddity
Mi fa piacere che ti abbia convinto, io ho provato la demo ma onestamente non mi trovo tanto bene col gameplay, che ho trovato macchinoso, mentre la grafica non mi dice granché. Però boh, le critiche sono buone quindi prima o poi dovrò prenderlo per forza…magari lo mettono in qualche Humble Bundle, chissà 🙂
-By Hasbro.
WTF, un film sulla battaglia navale?! Niente da aggiungere, grazie per avermi fatto scoprire questa cosa assurda.
14 novembre 2012 alle 20:13
Che A Link to the Past non mi abbia preso stupisce anche a me, ma che ci posso fare? E’ un gioco tecnicamente superbo, pieno di contenuti e dal gameplay eccezionale, ma non mi ha divertito quando Link’s Awakening (che sempre 2D è!) o Ocarina of Time/Majora’s Mask!
Non te lo so spiegare!