Ed eccoci, qui ed ancora qui, con un Weakly dedicato principalmente all’anticipata prima parte della trilogia filmica de Lo Hobbit, curato da Peter Jackson ed uscito giusto ieri nelle sale italiane, anche in uno scintillante 3D in alta definizione. Ma non si vive di soli mezzuomini, nani, troll, e Gollum, per cui trova spazio la recensione di un’altra uscita cinematografica recente, il gelido The Grey, e quella di Guitar Hero: On Tour, versione DS del famoso franchise di giochi musicali. Buona lettura!
The Hobbit – An Unexpected Journey
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Dopo tanta attesa, soprattutto per fan come me, è finalmente arrivato il gran giorno in cui la visione dell’ultima oepra cinematografica firmata Peter Jackson può essere discussa su questo blog. Lettura dello Hobbit, come libro e come fumetto, sono avvenuti in preparazione di questo evento, e…beh, parliamo in breve della trama del fim e poi giù di pareri! =)
L’inizio del film riesce a ricollegare bene il Signore degli Anelli di Peter Jackson e questo film. Osserviamo infatti il vecchio Bilbo (Ian Holm) intento a scrivere il suo libro, mentre sta preparando la sua 111esima festa di compleanno. All’inizio, viene descritto il Regno di Erebor, di re Thror e dell’alleanza con gli uomini di Dale e con re Thranduil (Lee Pace), re degli elfi della foresta. Allo stesso modo viene descritti di come attratto dallo splendore, si presenti a Erebor il drago Smaug e di come i nani furono costretti a fuggire e gli elfi non aiutarono i nani nella lotta al drago. All’improvviso arriva Frodo che vede Bilbo nella scrittura del libro e inizia a chiedergli degli avvenimenti intorno al suo “oro del drago”, ed è lì che Bilbo inizia la vera narrazione di come Gandalf sia venuto a trovarlo con la compagnia di Nani e della sua partenza improvvisa il giorno dopo. Nel film è Bilbo stesso a decidere di partire, non Gandalf a risvegliarlo il mattino dopo la dipartita dei nani e “spingerlo fuori dalla porta”, come si suol dire.

I nani invadono casa di Bilbo, che non ne è molto contento
Dopo averli raggiunti e aver viaggiato un pò a Bilbo viene raccontata la storia di Thorin, di come durante la battaglia di Moria il grande orco di Gundabag Azog abbia ucciso suo nonno e di come lui gli abbia tagliato il braccio e vinto la battaglia (anche se Moria rimase in mano agli orchi). Inoltre Bilbo e Gandalf parlano degli altri maghi della terra di mezzo (Saruman il bianco, i due maghi azzurri di cui Gandalf ha dimenticato i nomi e Radagast il bruno) e qui il film taglia proprio verso quest’ultimo e di come, affannandosi a capire cosa succede agli animali e le piante della foresta, si avventura proprio alla vecchia fortezza di Dol Guldur. Lì viene attaccato da un Nazgul e si difende rubandogli l’arma, ma quando poi un’ombra si manifesta davanti a lui, fugge terrorizzato.
Frattanto, Bilbo ed i nani vengono derubati dei loro pony da tre troll delle montagne e nonostante provino a lottarli, vengono tutti catturati. Per guadagnare tempo, Bilbo cerca di confondere i troll sul come preparare i nani, e anche se dopo un pò viene scoperto, è comunque abbastanza tempo per permettere a Gandalf di distruggere una roccia che preveniva ai raggi del sole di pietrificare i troll. Una volta tolti di mezzo, Thorin e soci scoprono la caverna dei troll dove Gandalf ottiene Glamdring, Thorin Orcrist e Bilbo una lama elfica che in futuro diverrà Pungolo.

L’incontro con i tre Troll è reso benissimo!
Lì vengono raggiunti da Radagast che dice a Gandalf di ciò che ha visto a Dol Guldur e gli consegna la lama morgul lì recuperata. Quando all’improvviso la compagnia viene assaltata da degli orc e warg, Radagast aiuta la loro fuga fungendo da diversivo mentre Gandalf, Bilbo ed i nani fuggono verso Imladris. Thorin non è contento di questa meta, ma Gandalf gliela impone. Lì giunti, si ristorano mentre Gandalf incontra in segreto Galadriel, Elrond e Saruman per parlare di questo Necromante visto da Radagast. Gandalf crede sia Sauron, e giustifica il suo interesse nella spedizione di Thorin per evitare che l’oscuro signore si possa mai alleare con il drago Smaug. Galadrial tende a credergli, ma Elrond e Saruman sono scettici, e dicono che tre troll scesi dalle montagne, un paio di orchi per le vie di Eriador ed una lama che potrebbe come potrebbe non essere la lama del Re-stregone di Angamar non sono ancora prove sufficienti. Gandalf si dice comunque favorevole di aiutare Thorin, che durante il consiglio lascia Imladris. Galadriel dice a Gandalf che comunque dovrebbe investigare la questione, se ne è così certo. Thorin e soci intanto sono già nelle montagne nebbiose e vengono quasi uccisi da una lotta tra giganti delle montagne. Quando cercano rifugio in una grotta, Bilbo vuole lasciare il gruppo e tornare a casa, ma prima che possa accadere, vengono catturati da dei Goblin.
Portati davanti al loro re, Thorin scopre che Azog è ancora vivo e che ha messo una taglia sulla sua testa. Proprio quando il re Goblin vuole ucciderli per aver scoperto Orcrist con loro, appare Gandalf che salva i nani e fugge con loro dalle montagne.

Imladris si conferma uno dei luoghi più belli della Terra di Mezzo
Bilbo in tutto il caos si è perso e osserva come Gollum, di cui ancora non sa nulla, uccide un orchetto e perde il suo anello. Bilbo lo recupera e segue la creatura sperando di trovare un’uscita dalla montagna, ma Gollum si rende conto di venire seguito e minaccia di mangiarlo. Quando i due convengono che avrebbero deciso l’esito del loro imminente futuro con un gioco di indovinelli, i due iniziano la loro sfida mentale. Bilbo, con la scorretta domanda “Cosa ho in tasca?” vince la sfida proprio quando Gollum si rende conto di aver perso l’anello. La creatura lo insegue quando Bilbo cade e l’anello gli cade sul dito, rendendolo invisibile. Bilbo in questo modo tenta di uccidere Gollum, ma per pietà rimette la lama nel fodero e invece raggiunge i nani (che ormai pensano Bilbo sia tornato a casa). La ricomparsa di Bilbo li stupisce, e Thorin vuole sapere come ha fatto a raggiungerli. Gandalf nota l’anello che Bilbo si mette in tasca e invece dice che per ora è meglio scappare e pensare alle storielle in un secondo momento. Poco dopo, infatti, vengono raggiunti da Azog ed i Warg e mentre i nani si mettono in salvo su degli alberi, questi iniziano a sradicarli e farli cadere in una rupe. Quando Azog si rivela, Thorin prova a combatterlo, ma viene gravemente ferito dal warg bianco di Azog e quasi decapitato. Bilbo lo salva buttandosi suicidamente sull’orco che stava per decapitarlo, e pochi attimi dopo il gruppo viene salvato dalle acquile e portate sulle carroccia, dove Thorin si scusa per la scarsa fiducia in Bilbo ed il gruppo per la prima volta vede, molto da lontano, Erebor, la montagna solitaria. In questa vediamo, come scena finale, Smaug, ricoperto nell’oro della montagna, lentamente svegliarsi.

Bilbo trova l’anello, e nulla sarà più lo stesso
Dal libro al film, come sempre, vanno fatti alcuni cambiamenti all’andatura e alla rappresentazione di certi momenti. Conscio di ciò, mi viene da dire che Lo Hobbit – Un Viaggio Inaspettato riesce bene nella sua conversione da un medium all’altro. Certo, ci sono momenti che per me potevano fare meglio, semplicemente perchè dalla lettura del libromi sembrava non difficile trasformarli in film così come erano, ma di tutto contro, mi viene da dire che leggendo un libro, ovviamente, ciascuno di noi ha una diversa interpretazione delle cose, e come Lo Hobbit lo interpreto io non è necessariamente come lo interpreta Pete Jackson.
Partiamo quindi dalle cose che del film NON mi sono piaciute.
La scena del Bianco Consiglio, secondo me, poteva essere resa meglio. E’ puro fan service averla nel film, e questo è chiaro, ma visto che Tolkien non dice quando il Bianco Consiglio è avvenuto, è lecito immaginarlo durante il tempo in cui Gandalf, Bilbo e soci erano ad Imladris. Dato che c’erano già, e visto che i personaggi presenti erano comunque già noti dal Signore degli Anelli, potevano anche a sto punto metterci dentro Glorfindel, Cirdan e Celeborn (che tutti e tre erano anche già apparsi, seppure solo in camei, nel film della trilogia). Così invece il Bianco Consiglio sembra solo una casuale accozzaglia di due regnanti elfi e due maghi e basta.
Anche tutto il passaggio dalla scoperta della caverna dei troll a Imladris non mi è particolarmente piaciuto, e questo va detto è colpa della improvvisa intrusione di Radagast nelle faccende del gruppo di Bilbo, Thorin e compagnia bella. Vorrei anzitutto che mi venisse spiegato come abbia fatto Radagast ad arrivare così stesso da Rhosgobel ai territori intorno Imladris, in secondo luogo cosa ci facesse lì comunque, visto che dubito Gandalf gli avesse comunicato un luogo d’incontro. La slitta trainata da lepri è un pò ridicola, ma sicuramente si addice al personaggio, e il fatto che fornisca loro un diversivo dall’attacco di Orc non mi dispiace.

Il Bianco Consiglio è un fan service solo mezzo riuscito
Ancora una cosa che non mi è particolarmente piaciuta è l’inclusione forzata di Azog. Nel libro, Azog è morto da tempo, e colui che probabilmente potrebbe ricoprire il suo ruolo è Bolg, figlio di Azog. Nei libri Azog è stato ucciso da Dain II dei colli ferrosi, figura per ora assente dal film, e Bolg a fine libro si vuole vendicare nella battaglia dei cinque eserciti sia della morte del padre, che del Re Goblin (ucciso nel film come nel libro da Gandalf).
Tolto queste critiche, per il resto c’è solo da meravigliarsi. Come al “solito”, parlando di film fantasy, le scene panoramiche sono davvero maestose e stupende e ci sono pochi film che riescono a catturare lo stesso spirito di meraviglia tanto quanto questi film di Peter Jackson. Come anche il Signore degli Anelli, lo Hobbit ci presenta con viste di tutto rispetto, da Dale ad Erebor, da Imladris (ancora più bella qui che nel Signore degli Anelli!) a Dol Guldur; è tutto così stupendo e al contempo realistico, che ci si vorrebbe poter teletrasportare! A fare da cornice a questi scenari è una colonna sonora di tutto rispetto, che per il 50% riprende temi dal Signore degli Anelli, per lo più remixandoli, ma alcuni anche identici, e per il 50% crea nuovi temi, di cui quello principale sicuramente di tutto rispetto. Howard Shore si conferma uno dei migliori componisti musicali di questa era filmica.

Le viste panoramiche del film sono di tutto rispetto: ecco Dol Guldur!
I personaggi del film sono allo stesso livello: da quelli che ritornano come Gandalf ed Elrond, al nuovo Bilbo e ai tredici Nani, non ho visto nessun personaggio fuori luogo o fuori ruolo. Alcuni nani hanno sicuramente ricevuto più tempo su schermo di altri, ma tutto sommato il mix ci sta. Thorin è sicuramente il migliore dei nani del film, un personaggio che mi ricorda in non pochi momenti Aragorn stesso, seppure con un senso dell’onore e cocciutagine tutta sua. In tutto e per tutto però un personaggio a 360 gradi, credibile e dalla grande presenza scenica. Anche il suo confronto finale con Azog, per quanto non presente affatto nel libro, riesce a dare al film una discreta chiusura. Dei nani, i migliori resi su schermo sono indubbiamente Balin, Bofur, Kili e Fili. Nessuno, tuttavia, è da buttare, e sinceramente è molto bello il tentativo da parte di Pete Jackson (parzialmente riuscito) di rendere ogni nano diverso dall’altro, sia come aspetto che come carattere. Nel libro non vengono molto dettagliati d’altro, quindi Pete aveva carta bianca, e gli è riuscito un quadro abbastanza buono.
Radagast il Bruno, a sua volta, è un personaggio molto riuscito. L’interpretazione di Silvester McCoy è eccentrica come il personaggio, ma ottima come mimica e caratterizzazione generale. Lo script lo vede incorrere in un’apparizione fuori luogo, ma tolto quello, il personaggio è riuscito bene.
Anche i vari camei, da parte di Elijah Wood ed Ian Holm (Frodo e il vecchio Bilbo), Elrond e Galadriel (Hugo Weaving e Cate Blanchet) e addirittura anche Lindir sono riusciti bene, ed in particolare mi ha colpito Lee Pace nel ruolo di Thranduil, davvero una figura che sembra eterea. Fare il casting di personaggi elfici è sicuramente difficile, ma Pete Jackson riesce sempre a stupirmi. Plauso anche all’interpretazione del Re Goblin, un personaggio reso benissimo, Azog invece era solo “okay”.

Gandalf e Radagast condividono diverse scene non esistenti nel libro
I tre attori che però hanno rubato totalmente la scena sono Martin Freeman nel ruolo di Bilbo, Andy Serkis in quello di Gollum (e un plauso a WETA digital, si sono di nuovo superati da soli) e Ian McKellen in quello di Gandalf. C’è poco da dire, la mimica di Freeman è stupenda, la bravura di attore di Andy Serkis spero ormai consolidata e Ian McKellen, beh, ha guadagnato il titolo di “Sir” non per niente. Le loro performance sono perfette, capaci di rubare la scena in ogni spezzone di film in cui compaiono, e anche quando quello che fanno è solo un richiamo a ciò che c’era di bello nel Signore degli Anelli, lo ritengo comunque all’altezza della loro fama.
Cosa dire? Ho visto il film in 3D con 48 Frame al Secondo ed è stata un’avventura stupenda, l’immagine è nitidissima, gli effetti speciali ciononostante ancora meravigliosi, e la fluidità dei momenti incredibile. Sinceramente non capisco tutte le critiche che vengono mosse al HFR, per me sono cavolate infondate basate sul non voler perdere la vecchia granulosità dell’immagine. Per me, i 48 FPS sono il futuro.
Anche il 3D è riuscito abbastanza bene, per quanto sono ancora convinto che presto o tardi la gente si stancherà di questo gimmick.

Galadriel e Mithrandir sono stupefatti anche loro dalla casa di Elrond
Altre critiche che ho sentito sul film dicono che sia lento, ingigantito e si senta la mancanza di personaggi femminili.
Sicuramente il film ha un inizio abbastanza lentino, i primi trenta o quaranta minuti sono solo introduttivi. Ciononostante non mi sembra sia una cosa che poteva essere evitata: ci sono 13 nani e diversi altri personaggi da introdurre, e in più va trovato un inizio alla vicenda. Il libro catapulta Bilbo subito nell’azione, cosa che in un film risulta confusionaria. Inoltre, una volta partito, il film non annoia mai, o con un pò di azione o con viste panoramiche mozzafiato, Lo Hobbit riesce sempre a intrattenere e stupire. In particolare la lotta tra i Nani ed i Goblin sotto le Montagne Nebbiose è stupenda.
Per quel che riguarda l’ingigantimento, beh, si, c’è poco da nascondersi, tradurre un libro in tre film è un pò una forzatura, ma se si considera che vi verranno introdotte e aggiunte anche cose delle appendici dello Hobbit e del Signore degli Anelli, forse la cosa si comprende. Mi sento di dire che questa critica deve venire rinviata a Luglio 2014, quando vedremo il finale della trilogia.
Per quel che riguarda la mancanza di personaggi femminili…beh, mi chiedo se questi critici abbiano letto il libro. Forzare un personaggio femminile nello hobbit sarebbe stata la peggior cosa da fare, per quanto mi dispiace per le donne che ci leggono, ma questo film è il racconto di un’avventura di una compagnia maschile, forzarci una donna al suo interno sarebbe stata la rovina del film. Non in tutti i film ci deve essere una storia d’amore per farlo funzionare, e Lo Hobbit ne è la dimostrazione.

Andy Serkis ruba la scena a tutti, nella sua interpretazione priva di difetti di Gollum
In conclusione, avete pochi motivi per non andare a vedere Lo Hobbit. Poteva essere migliore? Si, ma ciò non toglie che anche così è un film che vale tutti i soldi del biglietto!
Voto Personale: 8,5/10
…From The Land Of The Ice and Snow
(A cura di Wise Yuri)
Fresco fresco (più di così non si può) dalle sale cinematografiche ho per voi la mia recensione/impressione di The Grey, film drammatico/survival con Liam “Ras Al Ghoul” Neeson.
la premessa è semplice: un gruppo di operai che lavorano in un impianto petrolifero salgono sull’aereo che gli dovrebbe riportare a causa, ma una turbolenza fa precipitare l’aereo nelle foreste dell’Alaska, in cui i pochi sopravvissuti all’incidente cercheranno disperatamente di sopravvivere anche all’ambiente ed al branco di lupi grigi che li ha presi di mira. Premessa semplice e diretta, che va benissimo per un film di sopravvivenza, e che non richiede maggior complessità per funzionare.
A capitanare il team di sopravvissuti c’è il cacciatore addetto all’uccidere i lupi (potenziale minaccia per gli operai dell’impianto in una terra fredda e deserta), John Ottway, interpretato da Liam Neeson (meglio noto per i suoi ruoli di Oscar Schindler in Schindler’s List e quello di Ras ‘Al Ghoul nella trilogia di Batman diretta da Christopher Nolan), che si improvvisa leader e cerca di dare al gruppo un’ordine, un’idea su cosa fare per arrivare al giorno dopo. Ovviamente, non tutti sono d’accordo sulle scelte e sulle idee, e le diatribe interne sono normali, ma sono rimasto sorpreso dalla bontà della caratterizzazione dei personaggi (oltre ad Ottway che è il personaggio principale ed il suo centro focale), che purtroppo si perde in alcuni punti -con esagerazioni evitabili- ma che rimane complessivamente molto buona, rende i dialoghi credibili e l’interazione tra i personaggi molto più realistica della media. Il che è ottimo, visto che film del genere non si basano su sequenze d’azione (comunque le poche presenti nel film non sono malaccio), ma sulla caratterizzazione dei personaggi, e sull’atmosfera generale, che vi fa sentire stanchi, con l’anima a pezzi, e costretti a affrontare situazioni orribili, ed ad accettare il fatto che tutto è diventato una battaglia per la sopravvivenza. Ed il film in questo riesce bene. Il tono serio è abbastanza consistente ed appropriato.
Altro elemento importante del film è la lotta “uomo contro lupo”: i lupi il più grande pericolo per il gruppo di sopravvissuti, in quanto il branco gli trova tra i relitti e decide di cacciarli, e come potete immaginare, un lupo artico nel suo habitat non è che si faccia problemi ad attaccare qualsiasi cosa entri nel suo territorio, ancor più se si tratta di un piccolo gruppo di uomini feriti e senza molte possibilità di difesa. I lupi sono interamente realizzati in CG (computer grafica), ma devo ammettere che hanno fatto un lavoro eccezionale (e sfruttato bene il grande budget a disposizione), con risultati al limite del fotorealistico. Se non fossi un appassionato di cinema che si intende di costumi, attrezzature, pupazzi, etc., difficilmente avrei notato che i lupi sono completamente digitali. Tanto di cappello.
Ma non è tutta computer grafica quel che luccica, e ci sono dei difetti, alcuni piuttosto pesanti sull’esperienza complessiva, ed altri minori. Il più grande secondo me è che c’è un pò troppa esposizione (in certi punti l’unica domanda che vi verrà spontanea è “quand’è che il prossimo personaggio farà un soliloquio pre-morte o roba del genere?”), oltre ad un personaggio davvero esagerato e troppo sopra le righe per un film del genere (lo stereotipo del messicano deliquente, che in un certo punto del film taglia la testa da un lupo morto con il coltello a mò di trofeo e la lancia via in segno di sfida al branco, sono cose che mi aspetto da un film di Tarantino, non da uno di sopravvivenza e con un tono serio), ed un tema religioso – a volte sottointeso, a volte più esplicito – che è davvero forzato e superfluo, tanto valeva mettere una scritta nella neve “sponsorizzato dal cristianesimo, a prescindere”. Questa cosa è legata anche ad alcune scene (una però davvero bella, con un suo senso e peso emotivo), ed ai due flashback ricorrenti nel film, che sono fin troppo ricorrenti, a dir la verità. Per esempio, se decidete di vedere questo film, la tagline scritta nel poster, cioè “Vivi e muori in questo giorno”, preparatevi a sentirla fin troppe volte, tante che non potrete più a fine film. Il finale poi è abbastanza ridicolo, ma ho visto di peggio.
A conti fatti, The Grey è un film drammatico di sopravvivenza con una caratterizzazione non male, un peso emotivo ben calcolato, con una buona regia, recitazioni convincenti, un ottimo comparto tecnico, alcune scene davvero coinvolgenti (come quella in cui l’aereo precipita, davvero resa bene) ma che inciampa in alcuni momenti davvero esagerati (o terribilmente telefonati) che cozzano contro il tono serio dell’opera, una certa tendenza al prolisso (più del previsto per un film del genere), un eccessivo riuso dei flashback, ed un sottotema religioso superfluo ed a tratti pretenzioso. Da applaudire la cura riposta nella realizzazione dei lupi (fatti in una CG fantastica) e la caratterizzazione sopra la media, ma al film avrebbe giovato un pizzico in meno di esposizione, una lunghezza minore, un paio di personaggi in meno, e la rimozione del sottotema religioso, il quale cerca di dare al film una sorta di ricercatezza in più, ma finisce per ottenere l’effetto opposto.
Commento finale? Non male, non male davvero, se volete vedere un film del genere sopravvivenza/drammatico, questo vale la visione e mi è piaciuto non poco, ma avrei davvero fatto a meno del benedettissimo sottotema religioso, il ritmo è quello di film del genere (quindi non vi aspettate 1 ora di azione e basta, avete sbagliato davvero categoria), e se siete come me, una volta visto sarete a posto fino al prossimo per quanto riguarda il genere survival, ma questo dipende dalle vostre preferenza. Pollice non alto, ma decisamente non verso il basso, come sempre, a voi la scelta! 🙂
Guitar Hero On Tour
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Il mio primo approccio di qualsiasi tipo ai giochi musicali, credo, fosse nel 2004 o giù di lì quando mi presi, incuriosito e convinto che fosse un bel gioco, Donkey Konga. Per quanto non rimasi affatto deluso, e anzi mi divertii un casino con esso, mi resi presto conto che il trend dei giochi musicali era appena iniziato e che presto ne avrei viste delle belle.
Qualche tempo dopo, vedo la scatola di Guitar Hero On Tour per DS con tanto di adattatore per la chitarra da mettere nel port GBA, in un supermercato a 15€. Rapido sguardo con la mia ragazza che era con me all’epoca e pochi minuti dopo siamo alla cassa, ognuno con i suoi 7,50€ in mano, a goderci un titolo per DS di quelli che non avevo mai provato prima e che ritenevo fossero abbastanza abbordabili da permettere sia ad un conscious gamer come me che ad una giocatrice più occasionale come la mia ragazza di giocarci.

L’interfaccia di gioco interattiva è sullo schermo touch, mentre le note vengono mostrate sull’altro.
Guitar Hero On Tour è la versione portatile del famoso marchio Guitar Hero, che permette al giocatore di “giocare in playback” le canzoni rock/metal/genere con molte schitarrate di un numero niente male di band mondiali famose. Per fare questo, sul DS, c’è bisogno di un add-on che trovate nelle immagini qui sotto, da inserire nello slot per GBA del DS o DSLite, e che ha quattro tasti per schiacciare quattro note che compariranno su schermo durante le sessioni di gioco. Per “suonare” una nota, tuttavia, non basta semplicemente premere il tasto relativo, ma bisogna anche “schitarrare” le corde virtuali presenti sul Touch Screen del DS con un plettro/stilo fornito dal gioco (abbastanza comodo a dire il vero) o con il vostro stilo per DS standard o custom preferito. Su speciali note, inoltre, vibrare le corde su e giù con lo stilo da extra punti, molto utili ai fini di gioco.
Ovviamente esistono combinazioni di tasti, le note lunghe di cui sopra (in cui si “vibrano” le corde) e così via che rendono il gioco extra difficile. Inoltre è calorosamente consigliato suonare quante più note senza errore di fila possibili, per avere moltiplicatori di punteggio sempre più elevati.
A darvi ulteriori punti extra sono particolari sequenze di note che, se suonate senza errori, vi caricheranno una barra a lato dello schermo. Una volta piena, questa può essere attivata urlando o soffiando nel microfono del DS. Quando attiva, il moltiplicatore del valore delle note raddoppia, dandovi il doppio dei punti che ricevereste normalmente. Se, per esempio, per aver concatenato una sequenza normale di note senza errori, sarete arrivati ad un moltiplicatore di x3, attivando il così chiamato “Star Power” il moltiplicatore sarà x6, e così via. Funzionalità molto utile, anche se a tratti è un pò difficile da attivare, perchè concentrati come sarete sul non mancare neanche una nota, “urlare” sarà difficile e/o a volte uscirà non voluto per altri motivi legati alla rabbia o frustrazione per delle note che avete mancato.

Ecco un DS Lite con il Guitar Grip. E’ possibile usarlo anche sul DS normale.
Il gioco stesso presenta al giocatore una selezione niente male (ma sicuramente migliorabile) di opzioni. La principale è la modalità Carrieria in cui il nostro rocker e la sua band deve avanzare tra una serie di canzoni (quattro) in ogni livello prima di arrivare ad una canzone “boss” da completare con il minor numero di errori possibili. Se una canzone viene suonata bene almeno per una certa percentuale di note, o senza errori per un certo intervallo di tempo, si vince e si va alla prossima “canzone”, altrimenti, con troppi errori, si perde la canzone, che viene lasciata quindi a metà. In questo modo, al giocatore vengono presentati cinque tornei da cinque canzoni, per un totale di venticinque canzoni in totale. Ognuna è inoltre disponibile in quattro livelli di difficoltà diversi, e ognuno, fidatevi, è calibrato per bene, con quello di base davvero lento e facile per giocatori navigati, e quello avanzato rapidissimo e pieno di sfide.
La selezione di canzoni stesse non è male; si va dai Blink-182 agli Smash Mouth, da Santana agli Europe, dai Red Hot Chili Peppers ai Maroon 5, passando per innemerevoli altri gruppi o cantanti rock/pop. Bisogna dire con tristezza che alcune tracce sono delle cover (ben nascoste), ma circa l’85% dei brani sono originali. E in genere ci troviamo davanti a tracce orecchiabili, ma, soprattutto, intriganti da suonare.
A questa intrigante e abbastanza longeva modalità carriera con le sue 25 canzoni via via più difficili, si aggiunge una modalità in cui si può sfidare un altro chitarrista giocato dalla CPU, di cui bisogna battere il punteggio. In questa “battaglia all’ultima schiatarrata” ogni sequenza particolare di note suonate senza errori vi procura un bonus o un power up che o dona più punti a voi stessi, o infastidisce in qualche modo l’avversario, con una corda che salta (e che bisogna aggiustare con lo stilo), l’audio che viene a mancare, e via discorrendo. Inutile dire che gli stessi power up possono capitare al vostro avversario, che quindi ve le scatenerà addosso a voi. Inutile dire che questa modalità dona al gioco quel tocco extra di sfida, che è sempre ben accetto, considerando che la modalità carriera finisce abbastanza in fretta, e le 25 (+ 1 bonus che si sblocca “completando” la modalità sfida) canzoni finiscono presto la loro attrattiva.

Le chitarre possono essere cambiate in aspetto. Si gioca con il DS in posizione verticale.
Due parole sull’add-on di Guitar Hero; considerando il gioco, è una buona soluzione su come “suonare la chitarra” su un portatile, ma ha i suoi difetti. Essendo una periferica da aggiungere nel port per GBA, se non è inserita allo startup della console, non viene riconosciuta se viene aggiunta dopo. Inoltre se per caso, perchè siete presi dalla jam session o perchè il DS vi sta scivolando di mano, l’addon si dovesse leggerente staccare durante una canzone, il gioco freeza e vi toccherà resettare. L’addon stesso poi è grandicello e non semplificherà la vita di chi gioca per ore alla propria console, rendendo la vita non semplice poichè la posizione di alcune dita è scomoda e in partocolare mi è capitato più e più volte che il mignolo e anulare della mano con cui giocavo iniziassero ad addormentarsi.
Tolti questi difetti, però, il cosìddetto Guitar Grip è ben fatto e credo sia la migliore soluzione possibile che poteva venire in mente a quelli di Vicarious Visions per la transizione di Guitar Hero su portatili. La difficoltà del compito è elevata e la soluzione tutto sommato ben riuscita.
Pareri conclusivi sul gioco? Per quanto non possa confrontarlo con le edizioni casalinghe del franchise, che non ho giocato, ritengo che sia un buon gioco musicale, divertente, che forse ha qualche problema di longevità, ma che per il resto riesce ad appassionare non poco. Io lo giocai per ore a giorni, ma Guitar Hero On Tour si adatta anche molto bene per una schitarrata durante la pausa pranzo o simili. Niente male, niente male.
Voto Personale: 8/10
Rocking out, a settimana prossima!
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