The Weakly Hobbyt #101

The Weakly Hobbyt #101

100 numeri di Weakly ed ancora non mi riesce fare un’intro decente, com’è sta cosa? XD Beh, abbiate pazienza, prima o poi migliorerò, per ora vi limito a darvi il solito benvenuto domenicale al solito numero “polpettone” colmo di principi, manga, regni, agenti segreti, musica, triforze ed…. elfi. Buona lettura!


“..Scordatevi la Persia dei gatti, dei tappeti e delle tapparelle…”

(A cura di Wise Yuri)

prince of persia

Recentemente ho ripreso a mano la serie di Assassin’s Creed, che ho incominciato ad apprezzare dal 2 capitolo, e dopo aver già tentato (qualche anno fa) di giocare il primo (e discusso) gioco della serie, ho deciso che era venuto il momento di ri-iniziarlo e finire sto benedetto gioco una volta per tutte. e devo dire, a giocarlo mi è venuto in mente un’altro titolo Ubisoft, ovvero il reboot della serie Prince Of Persia, chiamato semplicemente Prince Of Persia, e spesso anche Prince Of Persia 2008 per distinguerlo dall’originale. Anch’esso provato tempo fa, ripreso e finito recentemente dal sottoscritto, ed il titolo che oggi recensisco.

Non a sproposito ho parlato di Assassin’s Creed sopra, perchè in origine la Ubisoft aveva progettato il titolo originale come un nuovo Prince Of Persia, ma poi ne ha fatto una serie a parte. Personalmente ho sempre considerato la serie degli Assassini un seguito spirituale di quella del Principe, ma purtroppo questo reboot è più sul livello del primo AC che su quello dei seguiti, e con quest’ultimo ha fin troppo in comune. Ma andiamo per gradi.

Versione giocata: X-Box 360.

In quanto reboot, questo Prince Of Persia ignora la trilogia iniziata con Le Sabbie del Tempo (il quale a sua volta poteva essere considerato un reboot), e presenta una storia ed un principe diverso (ma anch’esso senza un nome vero e proprio) da quello pizzettato della quadrilogia PS2/X-Box/GC. Stavolta il Principe è più una specie di nomade/vagabondo con vesti stranamente di lusso (ad indicare che era un nobile, od una persona di alto rango in generale), e nel suo vagabondare nel deserto alla ricerca della…. sua asina perduta, incontra Elika, la principessa del regno degli Ahura, una stirpe che si dedica da sempre a mantenere il dio del caos Ahriman sigillato nell’Albero della Vita. Ma come prevedibile, Ahriman non rimane ancora per molto nella sua prigione magica, in quanto viene liberato e corrompe tutto il regno con l’oscurità. Quindi tocca al nuovo “prince ” riportare la luce sulla terra grazie alle sue doti atletiche e le abilità magiche di Elika.

Mentre l’ossatura del gameplay rimane pressapoco quella tipica della serie – tra salti a muro, camminate sui muri stile matrix, aste dalle quali slanciarsi, etc.- , questo reboot introduce due elementi relativamente nuovi: un partner ed un sistema di combattimento “nuovo”. L’elemento davvero nuovo per la serie è la presenza di Elika, che vi segue e vi presta i suoi poteri magici sia per le sezioni platform che per i combattimenti. E purtroppo questa nuova entrata si rivela essere uno dei problemi principali di Prince Of Persia 2008, se non il più grosso difetto del gioco, che a molti dovrebbe essere già noto. Va però detto che l’introduzione di un sistema di collaborazione tra due partner/personaggi non è di per sè sbagliato (Enslaved: Odissey To The West è un buon esempio di come può essere realizzata questa meccanica), anzi è un’ottima idea se realizzata bene. Appunto, se realizzata bene.

Prince of persia 2008 wheels

In questo caso significa rendervi la vita troppo facile, perchè i poteri che Elika possiede letteralmente annullano quasi del tutto un qualsiasi possibile livello di sfida. Esempi pratici? Cadete di sotto? Elika vi prende e vi riporta coi piedi sull’ultima piattaforma incontrata. Vi serve un aiutino per coprire distanze maggiori con i salti? Elika. State per essere finiti durante un combattimento e riuscite a sbagliare pure il QTE per evitare il colpo? No problemo, Elika vi salverà sempre il culo impedendo che il nemico vi accoppi. Non vi ricordate di che colore è il vostro dildo? Elika. Sul serio, vi fa da badante per tutto il gioco, e non credo ci sia modo migliore di descrivere come il gioco tratta il videogiocatore: come un bambino scemo che se lasciato da solo sarebbe capace di infilarsi un intero pugno nel naso, o peggio. “Quindi impediamogli di farsi male a prescindere” questo pare essere stato il motto del team di sviluppo. C’è una certa differenza tra venire incontro al giocatore, e letteralmente prenderlo per mano come in questo caso, impedendo che si crei un senso di sfida, tanto non c’è modo di morire o fallire. Si tratta solo di perdere tempo e tempo, nient’altro.

Ora, chiariamo subito che un gioco non deve essere per forza di cose ultradifficile e punitivo per stimolare il giocatore, perchè è vero, non è necessario bastonare il videogamer con sfide impossibili per dare sapore al titolo. Ma qui ci troviamo di fronte all’estremo opposto, con una facilità letargica e noiosa, incapace di darvi un qualsiasi stimolo. L’unico modo in cui il gioco vi “punisce” è quando vi ritrovate costretti a rifarvi le solite sezioni perchè avete sbagliato un salto, in quanto venite riportati alla prima piattaforma stabile su cui avevate messo piede, il che può significare venir riportati molto indietro se non c’erano “punti fermi” durante la traversata. Non è difficile, è frustrante, un trial and error che non da nessuna soddisfazione.

Il tutto è poi accentuato dal fatto che, come con il primo Assassin’s Creed, ci troviamo di fronte ad un titolo con così poco contenuto effettivo, sufficiente giusto per una demo, ripetuto ad libitum per dare l’illusione di trovarsi di fronte ad un titolo completo. In parole povere, nella prima ora circa di gioco avete visto il 90 % di quello che il gioco ha da offrirvi, e per tutta la durata di questi farete le stesse identiche cose, con differenze minimali e spesso insignificanti. Un’esempio è la varietà dei nemici, risibile: il mondo di gioco è diviso in 4 grandi sezioni, divise a loro volta in 4 luoghi ciascuna, ed ogni sezione è sotto il controllo di un Corrotto, un boss insomma.

Prince of Persia da prince

Ovvero cercare di fare un Principe sbruffoncello ma simpatico, senza riuscire nel “simpatico”.

Il problema risiede nel fatto che oltre ai quattro Corrotti, ed un tipo di nemico che appare ogni tanto mentre esplorate, non ci sono altri tipi di nemici, ed i Corrotti -aspetto estetico a parte, ovvio- per la maggior parte non sono così differenti tra di loro, hanno tipo qualche attacco diverso, ma a conti fatti sono la solita solfa. Vi lascio immaginare il piacere nel dover combattere ben 5 volte (sì, gli trovate in ogni area a proteggere il suolo fertile che voi dovete risanare, e dovete combattergli ogni volta) ogni corrotto. C’è da dire che ad ogni combattimento successivo esibiscono qualche attacco in più, ma ciò significa solo più QTE a cui tener bada…. o no, visto che tanto non c’è modo di perdere. Solo dei diversivi per rendere ancora più noiosi e frustranti i combattimenti.

Prima avevo accennato come il sistema di combattimento fosse reminescente di quello del primo Assassin’s Creed (uscito giusto l’anno prima di questo Prince Of Persia, e non sembra un caso che entrambi i titoli siano stati sviluppati da Ubisoft Montreal), ed in parte lo è, “in parte” perchè le basi sembrano riprese dal suddetto titolo, ma sono state apportate alcune modifiche ed aggiunte per non fare una cosa proprio identica. In primis qui i combattimenti sono sempre 1 contro 1, e sono più dinamici. il principe può attaccare, schivare, usare il suo guanto per afferrare i nemici, parare o usare la magia di Elika, ed i boss spesso mutano forma, richiedendo che usiate un tipo di attacco specifico per annullare la trasformazione. Inoltre qui è possibile eseguire delle combo vere e proprie, ma sebbene su carta il tutto sembri ganzo ed interessante, pad alla mano ci troviamo di fronte ad un sistema di combattimento limitato e poco profondo che stanca presto, come in Assassin’s Creed, appunto. Una piccola nota positiva è che le battaglie casuali possono essere evitate, se riuscite a raggiungere il vortice da cui apparirà il nemico e colpirlo con la spada e così impedendo la battaglia. Per la cronaca, ci sono anche un pugno di sparuti puzzle, ovvero i classici “gira le leve”, non sono orribili ad essere onesti, ma neanche nulla che valga la pena lodare, soliti enigmi triti.

Passiamo ora al platforming, cioè il cuore dei Prince Of Persia. Gli elementi classici ci sono più o meno tutti, e ci sono delle piccole novità come lo scivolare giù dai muri o arrampicarsi sui soffitti con il guanto, od anelli da usare come supporti per la scalata, ma il level design è noioso e privo di ispirazione, ed estremamente ripetitivo, e le aree stesse non si distinguono moltissimo tra di loro, con un continuo senso di deja-vu, perchè beh, potreste essere benissimo in due zone diverse del mondo di gioco, ma state facendo sempre la solita roba, e dopo aver visto un paio di “varianti”, avete letteralmente visto tutto. Oltre al doppio salto fattibile con l’aiuto di Elika (e la sua capacità di salvarvi sempre il culo), ci sono dei poteri da acquisire per interagire con delle speciali lastre, e qui arriviamo ad un’altra novità inserita per farvi odiare ancora di più il gioco, il che a sua volta ci porta ad un altro problema del titolo, ma andiamo per gradi.

Per accedere a questi poteri, dovrete raccogliere un certo numero di sfere di luce. Fin qui, tutto ok, non è certamente una cosa strana il raccogliere dei collezionabili. “Dov’è il problema?” Le sfere si trovano sparse nelle aree, ma non appaiono finchè non le avete purificate, il che significa dover tornare continuamente sui passi appena fatti perchè all’improvviso appaiono le sfere. E questo già basterebbe, ma per rendere il backtracking ancora più eccessivo e lobotomico, il numero di sfere richiesto per ogni potere è esagerato e solo per il primo potere dovrete passare -o meglio, ripassare- al setaccio minimo due aree, e per ogni potere il numero di sfere richiesto raddoppia. Dei 4 poteri poi due sono letteralmente identici (vi fanno rimbalzare di lì e là entrambi), uno vi fa correre su superfici particolari ignorando la gravità, ed uno vi fa spiccare il volo, durante il quale dovete spostarvi per evitare gli ostacoli.

Abituatevi a questa scena, la rivedrete MOLTE volte.

Abituatevi a questa scena, la rivedrete MOLTE volte.

Per farvi capire, il primo potere richiede 70 sfere, e ogni area contiene 45/50 sfere circa, ma senza uno specifico potere non potrete mai prenderle tutte fin da subito. Poi per ogni potere se ne servirà il doppio ogni volta, ma se detto così può risultare poco efficace come esempio, immaginate di avere uno di quei topi bianchi da laboratorio, e invece di metterlo in piccolo labirinto con il formaggio alla fine, collegare 5 labirinti identici che il topo dovrà necessariamente attraversare per arrivare al formaggio. Perchè è esattamente così che vi sentite, come un roditore che spasima facendo lo stesso breve percorso infinite volte, alla ricerca di un pezzo di formaggio che in questo caso manco esiste. Analogia a parte, la raccolta di questi collezionabili non doveva essere necessaria per proseguire, ma d’altronde come avrebbero fatto ad allungare ancor di più la broda? 😀

Se avrete la pazienza di annoiarvi e rischiare il coma cerebrale con Prince Of Persia 2008, beh, alla fine del gioco avrete la beffa più grandi di tutte…. ovvero che non c’è una fine. A dir la verità il gioco termina, ma il finale – oltre ad essere una beffa in quanto praticamente mandate a vaffanculo tutto il lavoro fatto fino ad allora, e non dico altro per non finire nello spoiler- è inconcludente, e se volete vedere l’epilogo dovete comprarlo a parte per 10 euro/800 Microsoft Points. Se proprio volete prolungare la noia e lo stato lobotomico a cui questo gioco inevitabilmente porta. Questo è l’esempio madre di come la pratica dei DLC venga usata male, per fare ancora più soldi (soprattutto) con schifezze come questa, secondo la filosofia “Perchè vendere un gioco intero a prezzo pieno, quando possiamo far pagare 60 euro per un prodotto incompleto?” .

Trama e personaggi. La trama non è nulla di che, ma serve il suo scopo, peccato che avrebbe funzionato meglio con personaggi caratterizzati meglio, tra nemici e protagonisti ci ritroviamo di fronte a tanti clichè neanche sviluppati bene, l’unica eccezione è Elika, che rimane il personaggio meglio caratterizzato, ma non abbastanza da risollevare quella che è una caratterizzazione mediocre. Il principe poi è uno sbruffoncello con un carattere giullaresco che non perde un’occasione di snocciolare pessime battute ed oneliner che dovrebbero essere divertenti, ma non lo sono. Ha dei momenti in cui è addirittura simpatico e un pò più comprensivo, ma non bastano per controbilanciare i dialoghi banalotti di cui è pieno il gioco.

L’unico aspetto del titolo che mostra cura è quello tecnico, con un’ottima grafica in cel-shading ed una colonna sonora azzeccata ed a tono con lo stile arabeggiante da “Mille ed una notte”. Molto buona anche la direzione artistica, con scenari sufficientemente vari, tra palazzi reali, mulini a vento, verdi valli, sotterranei, prigioni, e via dicendo.

Commento finale: Prince Of Persia 2008 è uno dei quei giochi molto belli da vedere, ma che passate le prime due ore vi faranno venir voglia di giocare a qualcos’altro, senza esagerare. Una veste grafica curata non basta a sopperire all’estrema povertà del contenuto offerto dal gioco, che quasi subito diventa mortalmente ripetitivo, noioso, ed a sorpresa pure frustrante, considerata la abissale facilità del titolo e la mancanza di un qualsiasi senso di sfida. Le ciliegina sulla torta sono la forzata raccolta di un numero eccessivo di collezionabili, che porta il backtracking (ed il tedio) a livelli insopportabili, ed il fatto che il gioco manca dell’epilogo (venduto come DLC). Trama e dialoghi molto banali non aiutano, e finite per fregarvene di tutto, e volete solo vedere i crediti per poter dire “l’ho finito, addio”.

Probabilmente sviluppato in un periodo di tempo davvero ristretto (come il primo Assassin’s Creed e praticamente tutta la serie), co risultati inenarrabili, il titolo Ubisoft è indubbiamente uno dei peggiori giochi di questa generazione di console, un reboot di cui si poteva fare decisamente a meno a prescindere, quel tipo di gioco che lo giocate e vi domandate con che coraggio si possa vendere una roba del genere (a prezzo pieno, poi), una demo allungata con il nulla. Una perdita di tempo, soldi, un vero e proprio spreco. Anche solo il video promozionale fatto da Maccio Capatonda per Prince Of Persia: I Due Troni (che tra l’altro devo ancora giocare) è un miglior impiego di tempo, e già che ci sono vi lascio con quello, perchè con questo reboot “you incazz yourself black” davvero. 🙂

P.S. Non penso l’avrei mai detto, ma personalmente ho preferito il primo Assassin’s Creed a questa schifezza, il che credo sia paragonabile al preferire una martellata in testa ad una coltellata allo stomaco.

The legend of ZELDA – Ocarina of Time
Part 1
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)

The legend of ZELDA - Ocarina of Time - Part 1

Visto che di Ocarina of Time a quanto pare non ho ancora parlato abbastanza dal mio lungo articolo a riguardo sul Weakly Hobbyt 86, torniamo a parlarne quest’oggi e settimana prossima, analizzando però a questo giro i manga che sono stati scritti e disegnati basandosi sul capolavoro Nintendo.

L’avventura di Link inizia nello stesso luogo del videogioco: la Foresta Kokiri. Qui incontriamo Link, unico kokiri senza fata, che vive lì con i suoi amici in particolare la suonatrice di Ocarina Saria ed il suo rivale nonchè capo della banda kokiri, Mido. Ma la tranquillità del bosco ha una fine quando nell’albero entra il parassita Gohma; con le sue ultime forze, il protettore della foresta manda Navi a chiamare Link per salvarlo. Questo giusto quando Mido stava pensando di segare il pavimento della sua casa sull’albero; inutile dire che Link cade su Mido proprio durante la messa in atto dello scherzo. Così Link si avvia con Mido (che subito nota l’appassimento dell’erba e degli alberelli) verso l’Albero Deku. Lì il parassito si rivela e dice loro che vuole “la pietra”; Link e Mido coraggiosamente si avventano all’interno dell’albero e sconfiggono Gohma (il nostro eroe con la fionda, Mido con la Spada Kokiri). Purtroppo, per l’Albero Deku è tardi, e prima di perire narra a Link di Ganondorf, il re dei ladri gerudo, e di come voglia impossessarsi della triforza. Da quindi a Link il compito di viaggiare verso Hyrule e sconfiggere questo gerduo insieme alla principessa del destino, Zelda. Come ultimo gesto, gli da la Pietra Sacra del bosco, lo smeraldo kokiri, e Mido gli da la spada. Infine, Link da l’addio a Saria, che come ricordo ai giorni passati insieme a giocare, gli da la sua Ocarina. Così, Link si avventura lungo la steppa hyliana.

The legend of ZELDA - Ocarina of Time - Manga Part 1

Gohma si annista nell’Albero Deku…

Lungo la steppa, viene trovato dal carro di Talon che porta Latte a Hyrule, e si fa dare un passaggio. A Hyrule, incontra una bambina che lo salva dai casini quando non paga del cibo, e che gli chiede di giocare insieme per quel giorno. Stranamente, la bambina viene sia cercata da una Shiekha, che attaccata da delle guerriere Gerudo, dalle quali Link la difende. A fine lotta, però, il giovane non trova più questa bambina, e decide di andare al castello per incontrare la principessa Zelda. Quando la incontra, nota che era proprio la bimbina con cui ha giocato il giorno prima. Lì Link incontra anche Ganondorf, e Zelda gli spiega il suo incubo premonitore, in cui vede Hyrule percorsa da oscure nubi e regnata dal male. I due vogliono proteggere la triforza e il regno Hyruliano da Ganondorf; anche Impa, la guardia personale di Zelda (che poi era la shiekha incontrata da Link il giorno prima) vuole aiutarli nella missione e manda Link verso la montagna della morte dove i Goron tengono in possesso la seconda pietra sacra, necessaria per proteggere la triforza.
Link, suonando l’ocarina e attirando l’attenzione di una cavallina, si dirige verso la montagna della morte. Lì incontra Darunia, che gli spiega quanto i Goron sono in crisi per il fatto che Ganondorf ha sigillato la porta verso la Caverna dei Dodongo. Link aiuta il popolo mangia-pietra a sconfiggere il temibile Infernosauro e si guadagna la loro fiducia e il Rubino Goron, seconda pietra sacra.
Quando riporta indietro la cavallina, di cui scopre il nome (Epona), incontra anche Malon, la sua padrona ed i due si promettono di giocare insieme. Questo se non fosse che piomba su di loro dal nulla Kepora Gebora, un gigantesco gufo, che porta Link verso il Regno Zora. Lì viene a sapere che è sparita la custode del Zaffiro Zora, la Principessa Ruto, che è stata avvistata l’ultima volta nei dintorni dell’altare dedicato a Jabu-Jabu. Link esplora la zona, e viene ingoiato dal protettore degli Zora. All’interno della sua bocca/pancia, trova sia la principessa, che salva dai guai, che la terza pietra sacra. Quando i due sconfiggono il terribile mostro elettrico Barinade, che si era annidato nel corpo di Jabu-Jabu, Ruto da a Link la pietra come regalo di fidanzamento. Link non ha la più pallida idea di cosa sia un fidanzamento, ma ringrazia la principessa e torna al castello di Hyrule, per trovarlo in fiamme.

The legend of ZELDA - Ocarina of Time - Manga Part 1

Castel Hyrule brucia; la felicità di aver ricevuto lo Zaffiro Zora dura poco…

Hyrule è sotto assolto delle truppe non-morte di Ganondorf, dalle quali Impa sta proteggendo Zelda e contro le quali combatte anche Link (con poco successo). Impa e Zelda sono costrette a fuggire, ma nella fuga a Zelda cade l’Ocarina del Tempo, che è Link a recuperare. Poco dopo, quando i due sono lontani, compare anche Ganondorf sulla scena. Link lo affronta, ma i poteri magici del re gerudo sono superiori e mette Link KO. Da svenuto, a Link cade l’Ocarina regalatagli da Saria, che Ganondorf prende. Rinvenuto, Link prende l’Ocarina del Tempo e si dirige verso il Tempio del Tempo e ne apre il portale grazie alle tre pietre e prende a sè la spada master.
Nel momento successivo, si ritrova adulto, con Hyrule conquistata dai gerudo di Ganondorf e con una nuova missione da compiere, dataglid a Rauru, saggo della Luce, ovvero quella di risvegliare i saggi protettori di Hyrule. Rauru gli spiega anche che Link è un hyliano, il cui padre era un soldato per il re di Hyrule, morto in battaglia, mentre la madre, gravemente ferita, era riuscita solo a portarlo davanti all’Albero Deku, prima di perire. Link quindi si avventura fuori da Hyrule, sconfiggendo gli sgherri non-morti di Ganondorf rimasti lì in lotta contro una flebile resistenza hyruliana. Si dirige al Castello, solo per ritrovarvi una fortezza oscura e fluttuante, chiama Torre dei Diavolo, residenza di Ganondorf e dei suoi sgherri.
Deluso, Link va verso Kokiri, suonando l’ocarina, attirando non poche attenzioni e facendo capire finalmente a Ganondorf che quella che ha lui non è l’Ocarina del Tempo. Giunto a Kokiri, Link vede il cambiamento accaduto nei suoi sette anni di coma. La sua città è piena di mostri vegetali di vario genere, e quando vi arriva salva un giovane Kokiri, che identifica presto come Mido, il suo vecchio rivale e antagonista di giochi. Mido, che sa poco di quello che succede al di fuori della foresta, pensa che questi cambiamenti siano colpa di Link di quando lasciò la foresta. Dice inoltre che Saria stessa è scomparsa dalle parti del Tempio della Foresta. Insieme, i due vi si avventurano e come un tempo, sconfiggono mostri e lupi vari che abitano il tempo caduto in rovina. Lì, viene teso loro un imboscata dal Phantom-Ganon, che li sconfigge quasi, se non fosse che Mido trova l’Arco delle Fate, che lancia a Link (poco prima di svenire per una craniata), col quale l’eroe punisce mortalmente il fantasma. Saria viene risvegliata come saggia della foresta, riconosce ovviamente Link, e dichiara che lo aiuterà come potrà nella sua lotta contro Ganondorf. Alla fine, Link e Mido si lasciano in buoni rapporto, con Link che non ha intenzione di rivelare a Mido la sua vera identità, in modo che ora i due saranno sempre amici.

The legend of ZELDA - Ocarina of Time - Manga Part 1

Nel manga, Link e Volvagia erano amici prima dell’occupazione di Hyrule da parte di Ganondorf.

Nel prossimo capitolo, troviamo Link nel cratere della morte a combattere con riluttanza il lavadracoide Volvagia. Questa riluttanza porta Link a cadere nel cratere, e venire salvato da Shiek, un shiekha che dice di essere un cantastorie. Link gli narra che Volvagia un tempo era un piccolo drago trovato al mercato di Hyrule e comprato per alcuni soldi, prima di incontrare Zelda. I due erano amici, e ora Link se lo trova contro, in questa sua versione più grande e spaventosa. Shiek gli dice che l’unico modo di liberarlo da questa maledizione, è ucciderlo. Link vede il danno che il lavadracoide ha fatto al villaggio dei Goron e Shiek gli narra di quanto male potrà ancora fare a Hyrule e Kakariko, le vicine città, e convince Link a combattere il suo vecchio amico. Link esegue e a malincuore uccide Volvagia. A fine scena, mentre Link si lascia alle spalle la montagna della morte deciso a non perdonare più Ganondorf, vediamo Shiek inginocchiato davanti a Ganondorf, che gli riferisce del fallimento di Volvagia. Ganondorf gli da il compito di tenere d’occhio Link e di continuare a cercare la principessa Zelda.
Nell’ultimo capitolo della prima parte del manga, Link è in viaggio per Kakariko. Lì trova sia Epona, cavalla dedicata a Ganondorf che però rivedendo Link rimane al suo fianco, che Impa, che gli insegna a combattere. Mentre sono lì, però, dal pozzo di Kakariko si libera un demone che assume le sembianze oscure di Link, che Link prende a combattere e sconfigge. A demone sconfitto, Impa buca le orecchie di Link per dargli gli orecchini che lo qualificano come Uomo all’interno del rito di iniziazione della tribù shiekha. Link, con Epona, si dirige quindi in cerca della principessa Zelda e degli altri saggi…

The legend of ZELDA - Ocarina of Time - Manga Part 1

Link sconfigge la sua ombra e Impa finalmente lo riconosce come l’eroe del tempo che il popolo hyliano da sette anni aspettava.

Personalmente il manga mi è piaciuto molto. Non è magari all’altezza del volume singolo su A Link to the Past, che sì era stato accorciato nella sua parte finale, ma che aveva guadagnato una co-protagonista degna di tale nome, ma è comunque, per quel che mi riguarda, un’ottima reinterpretazione della storia. Anche in Ocarina of Time la storia da narrare è lunga, e nonostante i volumi siano addirittura due, Akira Himekawa si concedono pochi momenti di sviluppo dei personaggi. Questi momenti sono quelli in cui più il manga devia dal videogioco e, sinceramente, sono anche i meglio riusciti. Tranne forse la parte su Volvagia; sicuramente da a Link un motivo extra per avercela con Ganondorf, ma sembra molto una scena deus-ex-machina, visto che non era stata minimamente accennata prima e inserita un pò a forza nella vicenda. Comunque questo, per ora, è l’unico momento del genere nel manga e tutto il resto degli avvenimenti si sposa abbastanza bene con l’arco narrativo generale che il manga vuole raccontare.
I disegni sono belli per tutta la durata dell’albo, e sia Link che Navi che Zelda assumono nuova vita con i tratti delle due mangaka giapponesi.
Ci sono momenti in cui sia la trama che i disegni diventano un pò confusionari, in tipico stile manga, ma tutto sommato la lettura è piacevole e ne vale davvero la pena.
Parleremo settimana prossima del secondo volume e ne tireremo le somme!

Voto Personale: 9/10

Alpha Protocol

(A cura di Alteridan)

Non si vedono molti videogiochi ambientati nel torbido mondo dello spionaggio: esclusi vari tie-in dei film di James Bond e alcuni giochi di ruolo multiplayer di dubbia qualità, noi poveri videogiocatori amanti degli agenti doppiogiochisti abbiamo poche opportunità di tuffarci in storie fatte di complotti e gadget ultratecnologici.

Fortunatamente a colmare questo vuoto ci ha pensato Chris Avellone assieme ai suoi colleghi della software house Obsidian Entertainment, spalleggiati da Sega.

Il mio nome è Thorton. Michael Thorton.

Il protagonista che impersoneremo è il giovane Michael Thorton, ex analista della CIA da poco arruolato nella segretissima organizzazione degli Stati Uniti dedita allo spionaggio chiamata Alpha Protocol. Questa agenzia è talmente segreta che la stragrande maggioranza dei vertici americani è ignara della sua esistenza, in modo tale che se l’Alpha Protocol dovesse in qualsiasi modo divenire di dominio pubblico non ci sarebbero prove che la colleghino al governo.

Spesso un calcio rotante risolve molti problemi.

L’avventura di Mike inizia in un lettino di infermeria in una struttura non identificata, ignaro di ciò che lo circonda dovrà presto fuggire dalla stanza e cercare di lasciare al più presto la struttura. Questo non è altro che un espediente narrativo su cui strutturare il tutorial, il quale insegnerà al giocatore le basi del gameplay.

Già dai primi minuti di gioco, Alpha Protocol si presenta come un gioco di ruolo dalla spiccata impronta action: da buon agente della CIA, Mike è addestrato nell’uso di diverse armi da fuoco, nella lotta libera, nella furtività e nell’uso di diversi gadget tecnologici. Spetterà poi al giocatore scegliere le abilità su cui far specializzare Michael, investendo i punti esperienza ricevuti al completamento delle missioni.

Tempo di risposta

Da buon gioco di ruolo che si rispetti, soprattutto se uscito dalle sapienti mani di Chris Avellone, Alpha Protocol da un peso rilevante ai dialoghi. Rispetto ad altri giochi, sia moderni che del passato, Alpha Protocol sfrutta un sistema innovativo per la scelta delle risposte da far pronunciare al protagonista: il giocatore ha un limite di tempo entro cui scegliere l’argomento da trattare o l’atteggiamento da far tenere a Mike, non sarà quindi possibile leggere prima tutte le risposte e poi scegliere quella più adatta alla situazione, in primo luogo perché le risposte non sono scritte (ad esempio potremmo far sì che Mike tenga un atteggiamento minaccioso o investigativo) e in secondo luogo perché il giocatore ha solo cinque secondi per effettuare la propria scelta.

Questo meccanismo ha il duplice scopo di mantenere sempre alto il livello dell’azione, con dialoghi serrati tra i personaggi, e di simulare coerentemente la realtà: nessuno di noi ha mai assistito ad un dialogo tra due o più persone dove gli interlocutori attendono anche diversi minuti per rispondersi.

Tic tac, Michael. Il tempo scorre.

Il sistema di dialoghi ha certamente molti pregi ma ha anche un difetto piuttosto evidente: conoscendo solo l’argomento, il giocatore non potrà mai sapere di preciso cosa dirà Mike e ciò potrebbe portare a situazioni in cui ciò che il giocatore vuole far dire al suo avatar non è ciò che l’avatar effettivamente dice, facendo sì che l’esperienza ruolistica ne risenta.

Miglior sceneggiatura originale

Alpha Protocol, come qualsiasi buon gdr che si rispetti, pone l’accento soprattutto sulla trama e sull’interazione con i personaggi non giocanti. Se dal punto di vista dei dialoghi Obsidian ha cercato di svecchiare la formula classica, si può dire lo stesso per quanto riguarda la trama e le opportunità offerte al giocatore per influenzare lo sviluppo narrativo della stessa.

Il giocatore verrà costantemente messo di fronte a scelte le cui conseguenze potrebbero presentarsi anche dopo varie ore di gioco, ripercorrendo il poco seguito esempio del gioco di ruolo polacco The Witcher, eliminando quindi il trick di metagame del caricamento del salvataggio precedente la scelta.

In ogni hub avremo a disposizione un rifugio sicuro da cui accedere all’equipaggiamento e assistere ai briefing di ogni missione.

Parlando strettamente delle trama, ci troviamo dinanzi ad un intreccio narrativo complesso come ci si aspetterebbe da una spy story: Mike dovrà investigare su alcune piste riguardanti il traffico illegali di armi in Medio Oriente, ma la situazione si rivelerà molto più torbida del previsto e ben presto l’agente Thorton si ritroverà immischiato in una cospirazione internazionale che lo porterà in diversi punti del globo, tra cui varie località italiane. Come da tradizione Obsidian, la trama complessivamente si attesta su livelli che farebbero impallidire anche alcune delle produzioni hollywoodiane più celebri: la cura riposta nello sviluppo e nella caratterizzazione dei personaggi è senza ombra di dubbio magistrale, non si scade mai in banali stereotipi.

Un bug col gioco

Obsidian è però tristemente famosa anche per qualcos’altro: la scarsa ottimizzazione dei giochi che sviluppa e purtroppo Alpha Protocol non fa eccezione.

Il problema più fastidioso è senza ombra di dubbio il sistema di controllo: sia che giochiate con un pad che con mouse e tastiera, Michael Thorton in alcuni casi potrebbe non fare ciò che voi vorreste. Mi spiego meglio: gli sviluppatori hanno avuto la geniale idea di utilizzare lo stesso tasto sia per far mettere in copertura il protagonista sia per fargli sferrare attacchi corpo a corpo, ciò significa che sistematicamente quando vorreste far riparare Mike dietro un muro questi inizierà a dare calci al vento e viceversa. Non è tutto, durante le sezioni in cui bisogna usare un fucile di precisione la visuale sarà completamente ingovernabile: il mirino si sposta troppo velocemente anche al minimo spostamento del mouse o dell’analogico rendendo di fatto quasi impossibile mirare. Fortunatamente tali sezioni sono poche e alcune sono completamente opzionali. Peccato che tale problema possa essere riscontrato casualmente anche durante i minigame di hacking e scassinamento.

Scassinare questa serratura sembra facile, chissà se il mouse sarà collaborativo.

Altro difetto riguarda lo sbilanciamento generale di armi e abilità: il ramo di abilità che riguarda il camuffamento consente di completare interi livelli passando in mezzo ai nemici completamente invisibile (sì ci sono proprio delle abilità che rendono Mike invisibile per svariati secondi, in barba al realismo), inoltre la semplice pistola è l’arma che fa più danni in assoluto e come se non bastasse il ramo di abilità corrispondente comprende un potere che stoppa il tempo e consente di marchiare più nemici per poi headshottarli contemporaneamente una volta che il tempo riprende a scorrere, come se non bastasse tale abilità ha un tempo di ricarica ridicolo.

Completano il quadro un’ingiustificata pesantezza dell’engine grafico in alcune missioni, nonostante la relativa pochezza delle ambientazioni, un’ia estremamente deficitaria, compenetrazioni varie di poligoni e, in alcuni casi, crash al desktop.

Il ragazzo è intelligente ma non si applica

Alpha Protocol è un gioco fatto di costanti alti e bassi: raggiunge il massimo con una sceneggiatura da oscar, degli ottimi personaggi e alcune interessanti idee di gameplay per poi colare a picco con una realizzazione tecnica quasi al limite della decenza.

Intendiamoci, non è ingiocabile ma i numerosi problemi potrebbero far storcere il naso ai giocatori più esigenti. Tuttavia, se siete pazienti, vi piacciono le storie di complotti e spie, e siete soprattutto disponibili a passare sopra ai suoi numerosi difetti troverete nel lavoro di Obsidian Entertainment un bel gioco che vi intratterrà per poco più di un decina di ore.

Per tutti gli altri, semplicemente non è il gioco che fa per voi.

Voto personale: 6/10

Guitar Hero On Tour – Modern Hits
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)

Guitar Hero On Tour - Modern Hits

Concludiamo la serie di recensioni che riguardano il mondo di Guitar Hero – On Tour. Dopo l’uscita davvero rapida dei primi due titoli, uno di fila all’altro, la Vicarious Vision si prese un pò più di tempo questa volta, quasi otto mesi, prima di rilasciare Modern Hits. Siamo di fronte ad un nuovo cash-in? Hmmm…non al 100%.

La prima cosa che il giocatore noterà all’avvio di Modern Hits è il pesante ritocco dell’interfaccia grafica. Questa è stata modernizzata, e sinceramente dopo il Copy-Paste di Decades, l’ho trovata ben fatta e intuitiva. Nulla che cambi il mondo da così a così, ma piccole migliorie che la rendono più “toccabile”. Anche la modalità principale di Modern Hits ha ricevuto dei ritocchi, secondo me in meglio. In precedenza si andava da un concerto all’altro affrontando le quattro canzoni in sequenza, e solo “passandole” si poteva poi accedere l’ultima canzone del “concerto”, che quindi se passata rendeva possibile l’accesso al blocco di canzoni successivo.
Qui le cose sono un pò meno lineari; per iniziare, le “venues” non sono comprensive di tutte e cinque le canzoni delle rispettive “categorie”, e stesso le categorie non esistono più. Niente divisione delle canzoni per decadi, semplicemente si passa da un locale all’altro, con gli stessi che diventano mano mano più prestigiosi. Per passare al prossimo locale, bisogna racimolare in ogni “concerto” richieste dai fan. Queste possono includere battaglie contro altre band, condizioni come suonare 100 note di fila in maniera perfetta, o anche raggiungere un moltiplicatore delle note x6, e via discorrendo.
L’esperimento è, secondo me, riuscito, e riesce a rendere la modalità single player più varia di quanto non l’avevamo vissuta in On Tour e Decades. Considerando, poi, che sono usciti tre giochi nel giro di un anno circa, un pò di cambiamento ci voleva, soprattutto considerando che tra il primo ed il secondo gioco le differenze sono minime.

Guitar Hero On Tour - Modern Hits

Il cuore del gioco è rimasto assolutamente invariato, solo con nuove canzoni.

Altra aggiunta piacevole di Modern Hits è la possibilità di suonare le canzoni non solo con le note come sono pensate per chitarra, ma anche suonando il basso. L’esperienza è diversa e bisogna esercitare l’orecchio ad un tipo diverso di nota e/o di suono, ma l’esperimento è piacevole anche in questo caso, e l’aggiunta non fa che aumentare la longevità del titolo, che è una cosa sempre buona e giusta.

La canzoni proposte in Modern Hits, come potete immaginare, sono per lo più hit del momento. Per citarne alcune che conoscevo già prima di giocarci, abbiamo When you’re Gone di Avril Lavigne, Bohemian Like You dei Dandy Warhols, In the Shadows dei Rasmus, Violet Hill dei Coldplay, Chelsea Dagger dei Fratellis, Via le Mani dagli Occhi dei Negramaro e Still Waiting dei Sum 41. Il numero totale di tracce è 28, e sono tutte abbastanza belle e ascoltabili, ma soprattutto, suonabili. Di certo non ci sono le “grandi hit” sempreverdi, ma tutto sommato la tracklist mi ha piacevolmente sorpresa. Non poche delle canzoni lì presenti sono finite nella mia playlist personale, e questo, considerando la selettività del sottoscritto, non è che un pregio.

Tolto quello, però, le meccaniche non sono cambiate molto. Non che c’era molto da cambiare, ma considerando la rapidità con cui i tre Guitar Hero On Tour sono usciti, si poteva sperare un pò di innovazione da un gioco all’altro e non che uno fosse semplicemente il cash-in del prossimo. Così, invece, Modern Hits prova a fare un passo in avanti, ma è poco se uno ha di fronte il quadro generale.

Guitar Hero On Tour - Modern Hits

Ecco un esempio di richieste da una fan: qui va suonato il basso.

Con Modern Hits, tra l’altro, la serie di giochi Guitar Hero da il suo addio al Nintendo DS/Lite. L’accusata, in questo caso, è la stessa Nintendo. Come ricorderete, i tre giochi si basano sul Guitar Grip sviluppato dalla Red Octane, che si inseriva nello slot per cartucce GBA dei due DS. Quando uscì il Nintendo DSi, quello slot venne rimosso, e con questa mossa era impossibile fornire ai futuri acquirenti di Nintendo DSi una possibilità di giocare a queste ben riusicte versioni minori di Guitar Hero sulla loro console portatile targata big N. Bene o male? Beh, considerando il trend dei giochi musicali in genere, direi che Vicarious Vision ci ha perso poco. Di lì a poco, anche i fratelli maggiori della serie On Tour persero popolarità e scomparirono quasi del tutto dal panorama videoludico. Quello che era diventato un trend annuale peggio di Fifa o Call of Duty, ora non si vede più, e l’unico gioco musicale di cui ancora si sente parlare, di tanto in tanto, non si basa di certo su chitarre di plastica o accessori vari e variegati. Con Kinekt, PS Move o Wiimote, anche loro sono “superati”.

Ciononostante, ho trovato Modern Hits piacevole. Non di certo “rivoluzionario” come il primo della serie, ma la qualità audio è migliore e la nuova modalità single player da una ventata d’aria fresca a tre titoli usciti troppo vicini l’uno dall’altro. Da provare, se avete l’hardware adatto!

Voto Personale: 8/10

Ancora una volta è “Fin” per il Weakly Hobbyt, fino a settimana prossima perlomeno! ;D

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