È finalmente arrivata la primavera e il sole splende sulle nostre città portando un po’ di sollievo dopo il lungo e freddo inverno appena passato. E in questa penultima calda domenica di marzo, come nostro solito, vi portiamo un po’ di articoli sui nostri passatempi preferiti.
Quest’oggi personalmente vi parlerò di un fantastico gioco di ruolo che mi ha tenuto impegnato per decine e decine di ore, The Witcher 2; Celebandùne proseguirà la sua analisi del manga dedicato ad Ocarina of Time; mentre Wise Yuri ci porterà in un futuro dominato da robottoni giganti con la sua recensione di Binary Domain e in chiusura ci parlerà anche del demenziale film britannico Hot Fuzz.
Di carne al fuoco quindi ce n’è tanta e non mi resta altro che augurarvi buona lettura.
The Witcher 2: Assassins of Kings – Enhanced Edition
(A cura di Alteridan)
Tratto da una serie di racconti e romanzi del polacco Andrzej Sapkowski, The Witcher è stato senz’altro uno dei videogiochi (se non il videogioco) più apprezzati del 2007: ambientato in un universo fantasy completamente diverso dagli standard a cui siamo abituati, in un decadente mondo dominato da mostri di qualsiasi genere, in cui tutto ciò che non è umano viene emarginato e disprezzato, soprattutto i pochi elfi e nani rimasti.
Gli assassini dei re
Uscito nella prima metà del 2011, Assassins of Kings riprende la narrazione lì dove si era interrotta con il primo capitolo. Ciò che andrò a scrivere sarà completamente privo di spoiler per chi non ha ancora giocato The Witcher (e tanto meno il suo seguito) quindi potete continuare a leggere tranquillamente il resto della recensione.
Geralt di Rivia è un witcher, un membro di una particolare setta di umani geneticamente modificati tramite particolari pozioni magiche mutagene e dedita allo sterminio di mostri. Durante il prologo di The Witcher 2, Geralt viene a conoscenza di un complotto per eliminare tutti i re dei cosiddetti Regni Settentrionali. Per cause che starà a voi scoprire con il proseguire della storia, Geralt si troverà a dover accantonare la sua neutralità, contravvenendo così ad una precisa norma del codice dei witcher, per scoprire chi si cela dietro il complotto dei regicidi.

Non è proprio il periodo migliore per portare una corona.
Assassins of Kings cattura e coinvolge il giocatore sin dai primi istanti di gioco mettendolo di fronte ad una trama piena di colpi di scena e rivelazioni inaspettate. Va detto comunque che, nonostante le trame non siano almeno apparentemente collegate tra loro, e nonostante sia presente un esaustivo filmato riassuntivo degli avvenimenti accaduti nel primo gioco, è fortemente consigliato aver giocato a fondo The Witcher per poter comprendere appieno le numerose sfumature della complicata trama di questo secondo capitolo della saga del Lupo Bianco.
Ferro e Argento
Ultimamente capita molto spesso che nel sequel di un videogioco non vengano corretti i problemi che affliggevano il gioco precedente. Capita spesso ma non è ciò che è accaduto in questo caso.
La maggiore critica che veniva mossa nei confronti di The Witcher riguardava sicuramente il suo combat system. Completamente privi di mordente, i combattimenti si trasformavano in un clicca clicca selvaggio a metà strada tra un hack and slash in stile Diablo e un tripudio di pressione di tasti a tempo come in quasi tutti gli action della generazione attuale.
Per Assassins of Kings gli sviluppatori polacchi di CD Projekt Red hanno deciso di fare tabula rasa e riformulare l’intero combat system da zero: eliminati i click a tempo del primo capitolo, ora ogni azione di Geralt è facilmente gestibile tramite mouse e tastiera (o pad se preferite). È stata eliminata anche la transizione tra gli stili di combattimento: se prima dovevamo scegliere di volta in volta quale utilizzare tra gli stili conosciuti da Geralt (veloce, forte, di gruppo), ora con un tasto possiamo far sferrare rapidi fendenti (click sinistro) mentre con un altro Geralt sferrerà colpi più potenti ma meno veloci (click destro), apparentemente sembra mancare lo stile di gruppo ma non temete: basterà sbloccare l’abilità corrispondente con i punti esperienza guadagnati nel corso del gioco.

Ogni azione del combattimento viene descritta dettagliatamente nel riquadro in basso a destra.
Resta comunque la dualità tra le due armi a disposizione di ogni witcher (argento per le creature mostruose e ferro per umani, elfi e nani) e la possibilità, che contro particolari nemici si trasformerà in necessità, di utilizzare attacchi magici (i Segni) e gadget di vario tipo come trappole, bombe e pugnali da lancio.
Grazie al nuovo sistema sarà un vero piacere combattere, difficilmente vi annoierete come probabilmente avreste fatto nel primo The Witcher. Ma veder combattere Geralt è anche una gioia per gli occhi: le animazioni sono fluide ed ogni attacco o piroetta del protagonista (e dei suoi nemici) è credibile e resa in maniera magistrale, merito anche e soprattutto del nuovo engine grafico.
Rosso fuoco
Già, l’engine grafico. Solitamente non mi dilungo molto su questo aspetto ma in questo caso farò un’eccezione visto che ritengo sia un discorso rilevante da affrontare.
Accantonato il vetusto Aurora Engine concesso in licenza da BioWare, i ragazzi di CD Projekt Red hanno sviluppato un loro motore grafico proprietario: il RED Engine. Grazie al RED Engine sono stati superati alcuni dei difetti di The Witcher, come ad esempio l’impossibilità di far scavalcare a Geralt anche un ostacolo di dimensioni ridotte; com’è ovvio, il superamento di questi difetti ha anche portato alcune novità tangibili nel gameplay con livelli notevolmente più ampi che si svilupperanno anche in verticale. Inoltre il dettaglio grafico è stupefacente: come detto le animazioni di tutti i personaggi sono molto fluide, la vegetazione sembra quasi vera, le texture estremamente dettagliate e un sistema di luci ed ombre che sfrutta tutto il potenziale dell’hardware contemporaneo. Una piccola nota negativa: a fronte di tanta cura per i dettagli mi sarei aspettato anche una maggiore varietà di corpi e volti, purtroppo solo i personaggi principali godono di modelli particolareggiati mentre i personaggi incidentali come le guardie, i mercanti o alcuni nemici umanoidi sono praticamente tutti uguali.
Tutto questo dettaglio grafico ha però un costo: dovrete tenere sempre sotto controllo le temperature di processore e scheda video poiché saranno sottoposti a forti stress, soprattutto durante le fasi più concitate dove i personaggi a schermo raggiungono anche diverse decine (Atto 2 non ti temo!).

Preparate il ventilatore: le fasi con molti personaggi a schermo saranno molteplici.
Tuttavia gli sviluppatori polacchi hanno fatto un lavoro più che buono sul fronte ottimizzazione: il motore di gioco è scalabile e anche chi non è dotato di un pc all’avanguardia potrà godersi appieno le avventure dello strigo di Rivia, a patto di scendere a molti compromessi naturalmente.
Sesso, dadi e scazzottate
Tutto ciò che fungeva da contorno in The Witcher è rimasto pressoché invariato in questo seguito. Geralt è sempre un abile dongiovanni ed avrà sempre la possibilità, in un modo o in un altro, di portare a letto qualche amabile signorina. Niente più carte dei tarocchi come nel primo capitolo però, al loro posto vi sono delle sequenze (mai volgari) in computer grafica, altro merito del nuovo engine.
Un altro minimo cambiamento hanno subito le risse nelle locande: ora gli incontri di lotta libera sono gestiti tramite un sistema di quick time event molto più semplice da padroneggiare, anche se per molti giocatori potrebbe rappresentare una sfida minima.

Un’altra piacevole aggiunta è rappresentata dalla presenza di alcune fasi stealth.
Non ha subito modifiche il poker con i dadi: sarà sempre possibile trovare dei giocatori d’azzardo in ogni luogo in cui si svolgono le vicende del gioco. Rappresenta invece una novità la possibilità di sfidare determinate persone ad un rapido incontro di braccio di ferro.
Impara l’arte e mettila da parte
The Witcher 2 è la naturale evoluzione di un titolo che già nel 2007 aveva ridefinito il genere dei giochi di ruolo. Assassins of Kings nella forma è molto diverso dal suo predecessore ma nella sostanza tutto ciò che rende tutt’ora The Witcher un masterpiece non è cambiato: le scelte ruolistiche ci sono e le loro conseguenze non sono immediatamente visibili, come da tradizione non esistono scelte sicuramente giuste o sicuramente sbagliate poiché i loro effetti potrebbero far bene a qualcuno e nuocere ad altri.
La trama è profonda, matura e non convenzionale, riprendendo fedelmente i lavori di Sapkowski (di cui vi consiglio la lettura); i dialoghi sono ben scritti e i personaggi principali sono caratterizzati in maniera ineccepibile. Qualche sbavatura riguarda un doppiaggio dei personaggi secondari non proprio perfetto: alcune voci si ripetono un po’ troppo spesso e in linea di massima si sente troppo un marcato accento inglese che stona non poco con l’ambientazione mitteleuropea del titolo.

Un volto minaccioso… Sarà un amico o un nemico? A giudicare dai personaggi alle sue spalle non sembra essere molto amichevole…
Tirando le somme, The Witcher 2: Assassins of Kings prende The Witcher, apparentemente lo stravolge completamente migliorandone tutti quegli aspetti poco riusciti come il combat system e il level design, e mantiene tutto ciò che segnò il successo del primo capitolo delle avventure del Lupo Bianco, apportando solo delle piccole migliorie funzionali.
Assassins of Kings è un gioco che tutti gli appassionati di giochi di ruolo dovrebbero avere nel proprio curriculum videoludico, una pietra miliare che sarà sempre usata come metro di paragone per tutte le opere successive.
Voto personale: 9,5/10
The legend of ZELDA – Ocarina of Time
Part 2
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Eravamo rimasti, settimana scorsa, con Link che era riuscito a battere la versione demonica e ombrosa di se stesso, e come tale Impa lo aveva sottoposto all’antico rito di passaggio di età degli Shiekah, mentre lei stessa gli si era rivelata come Saggia dell’Ombra. Quest’oggi vediamo come l’avventura di Link giunge a suo termine e come Akira Himekawa ci regala/no due chicche extra in conclusione dell’albo.
A inizio albo vediamo come Basil/Ingo viene punito da Ganondorf per aver lasciato Epona a Link. Le Twinrowa lo sottopongono ad un lavaggio del cervello e rimandano alla fattoria, dove sperano l’Eroe del Tempo ripassi per tentare di fermarlo.
Shiek compare in quel momento e dice che dopo che Impa, la Guardiana del Tempio dell’Ombra ha istruito Link, questo non sarà che ancora più forte e non certo facile da fermare, figurarsi da uno come Ingo. Ganondorf chiede a Shiek come mai lavori per lui nonostante gli Shiekah siano una razza che hanno sempre protetto la famiglia reale di Hyrule. Shiek gli dice che gli Shiekah erano un popolo dell’ombra e che senza “capo” non possono essere l’ombra di qualcuno. Shiek non aveva capo e Ganondorf fu il primo a trovarlo.
Torniamo da Link che cavalcando per la steppa incontra Talon che gli narra di come Malon venga richiesta da Ganondorf invece del cavallo. Link va subito verso la fattoria, mentre alle sue spalle Talon si trasforma in Shiek. Giunto alla fattoria, Link tenta di salvare Malon e nonostante un attacco da parte di diverse Gerudo, il duo riesce a svignarsela dalla fattoria e liberare Ingo dal suo controllo mentale (che veniva tenuto in atto per via di un rubino magico incastrato nel suo orecchio). Visto fallito il loro piano, le Gerudo si ritirano dalla fattoria, dove per ora torna la pace e anche il vero Talon. Shiek informa Link che Zelda è stata vista l’ultima volta nel deserto, e inizia a dirigersi in quella direzione.

Il Castello di Ganondorf è un imponente fortezza!
Prima di giungervi, passa però dal Tempio dell’Acqua dove incontra di nuovo la Principessa Ruto. Questa, notato che il Regno Zora è tutto congelato, vuole liberare il suo popolo e chiede l’aiuto di Link. Nel Tempio incontrano l’amorfa Morpha e quando Link la batte a suon di spadate e rapinate, Ruto si rivela a lui come Saggia dell’Acqua. Ruto vorrebbe anche sposarlo, ma teme che il suo compito per il momento impedisca la faccenda. Link non sa se essere felice o triste di questo, e prosegue il suo cammino.
Link intanto è giunto nel Deserto Gerudo, dove Koume e Kotake gli tendono una trappola. Prima lo indirizzano verso il Tempio degli Spiriti, poi mandano Shiek a sorvegliarlo (mettendo di nuovo in dubbio la sua lealtà) e sulle tracce di Shiek mandano Nabooru, che con sguardo vago dichiara di servile. Come se non bastasse, invocano una tempesta di sabbia. Quest’ultima minaccia seriamente di seppellire Link ed Epona, se non fosse che ancora una volta Shiek lo salvi all’ultimo istante. I due marciano insieme attraverso il Deserto Fantasma, e Link viene a sapere altro background sugli Shiekah. La notte, il nostro eroe viene tormentato da allucinazioni e fatemorgana del suo passato create con la sabbia (l’Albero Deku, Volvagia…). Shiek gli dice di stare calmo e di combattere queste visioni; Link gli chiede se lui non stia vedendo lo stesso, cosa che però Shiek nega. Link inizia a chiedersi come mai Shiek non abbia un passato.
Il giorno seguente i due vengono accerchiati da delle guerriere Gerudo e Shiek colpisce Link alla testa di spalle, mandandolo al tappeto. Quando il nostro eroe si risveglia, giace incatenato davanti a Nabooru. Questa inizia a prenderlo a calci, quando Link si libera delle catene e le ruba una sciabola. La gerudo inizia a combattere quando torna Navi e fa notare Link che anche lei ha un rubino come quello di Ingo, ma sulla fronte. Il ragazzo riesce a distruggerlo con una spadata e grazie al rampino che gli viene lanciato nella cella da mani ignote, scappa. Purtroppo ben presto le guardie della Fortezza Gerudo gli sono alle spalle e presto ogni via di fuga è tagliata. E’ in quel momento che compare Shiek e porta a Link la Spada Master. Gliela butta ai piedi con tono di sfida e sembra che lo Shiekah lo voglia sfidare. Link prende la spada, ma in quel momento Shiek mena fendenti all’aria dietro di se, rivelando le streghe di Ganondorf che, invisibili, stavano osservando la scena. Inizia una breve lotta tra Shiek e le Twinrowa e Link e le Gerudo, ma quando Koume lo colpisce in pieno con un suo raggio infuocato, Shiek crolla a terra. Link è subito al suo fianco ed è lì che nota che Shiek, sulla mano ora scoperta, ha il segno della Triforza. Questo non quadra se è vero che costui è uno Shiekah, in quanto lo stemma della triforza appare solo sulle mani dei regnanti di Hyrule. Comunque sia, c’è poco tempo per pensare, visto che Link viene attaccato da altre Gerudo, e se non fosse per l’intervento di Nabooru (a quanto pare una “ladra nobile”, come si autodefinisce, e che non ha mai sopportato Ganondorf) non sarebbe riuscito a sopravvivere. La gerudo buona lo assiste nella fuga e Link, con un ferito Shiek, giunge infine al Tempio degli Spiriti. Lì medica Shiek, che si sveglia mentre Link va a prendere acqua da una vicina Oasi. Quando torna, Shiek rivela infine di essere Zelda. Link è confuso, ma di nuovo il tempo per le spiegazioni è poco. Dal nulla compaiono le Twinrowa e iniziano ad attaccare i due con i loro lanci di gelo e fuoco. La situazione si fa di nuovo nera per Link e Zelda, intrappolati contro la parete, con solo lo Scudo Hyliano a proteggerli dai roveni e gelati raggi di Koume e Kotake, quando di nuovo compare Nabooru. La ladra da a Link lo Scudo a Specchio, col quale Link restituisce al mittente le magie delle streghe, sconfiggendole.

Nabooru è resa in maniera eccellente nel manga; rispecchia comunque in maniera molto fedele la sua versione videoludica!
Segue la spiegazione di come Zelda, sette anni fa, stanca di fuggire tutto il tempo, chiese a Impa di trasformarla in uomo in modo da potersi nascondere nella tana del Leone e fingere di essere uno Shiekah tradito dalla famiglia reale di Hyrule. In questo modo ha poi aiutato Link nei suoi viaggi appena questo è ricomparso. L’incontra tra Link e Zelda è incredibilmente emozionante, ma di breve durata; dal nulla compare Ganondorf che imprigiona la principessa in un cristallo e ordina Link di venire al suo cospetto al suo nuovo Castello a Hyrule, se non vuole vedere morta la sua regnante.
Link e Nabooru decidono di porre fine al regno di Ganondorf e insieme si avventurano dal Deserto Gerudo al castello di Hyrule, dove combattono zombie e stalfos. Giunti davanti alla fortezza volante del nemico, però, Nabooru viene richiamata da Rauru per diventare la Saggia degli Spiriti e insieme i Saggi creano un ponte per permettere all’Eroe del Tempo di accedere la fortezza nemica. Così, Link giunge al cospetto di Ganondorf.
Ganondorf, suonando il suo organo e rivolgendo le spalle all’appena giunto Link, che guarda Zelda sospesa nel cristallo in alto nella stanza, dice che finalmente la Triforza è riunita. Dopo aver brevemente chiesto ai due di dargli il loro pezzo spontaneamente, attacca Link con un’onda di energia negativa che mette quasi KO Navi. Poco dopo inizia la lotta tra i due, ma Ganonodorf sembra aver decisamente la meglio tra i due, più potente e bersagliando Link di magie. Link è quasi al tappeto, quando Ganondorf lo attacca con una sfera magica oscura. Link la ribatte con la Spada Master e il Re Gerudo viene colpito dalla sua stessa magia. Sfruttando l’occasione, Link si catapulta contro di lui e lo colpisce al petto e alla gola con la sua spada. Ganondorf crolla.

Ganondorf non perderà occasione per denigrarvi!
Ma non è l’unico a crollare. Poco dopo che il cristallo intorno a Zelda si dissolve, tutto il castello inizia a tremare e crollare su se stesso. Link e Zelda riescono appena in tempo a fuggire, e con il cuore più leggero, pensano che la lotta sia alle loro spalle. Finchè non sentono un rumore nelle rovine alle loro spalle. Link indaga la questione, ed è così che dalle maceria compare Ganondorf, ancora vivo grazie al potere della Triforza del Potere che lo trasforma in una mostruosa versione di se stesso; Ganon. Il gigantesco mostro cinghiali-forme è ancora più potente e selvaggio di Ganondorf stesso, e Link viene catapultato contro dei macigni da una spadata del mostro. La Spada Master vola verso Zelda, che ora sembra costretta ad affrontare lei Ganon. Link si riprende in tempo, Zelda gli lancia la Spada e la lotta tra i due prosegue. Link lo colpisce alla coda e alla testa, quando la spada master brilla di luce. Con un’ultimo colpo, Link infilza il cranio del mostro, mentre Zelda invoca il potere dei Saggi per imprigionare Ganondorf in una prigione eterea transdimensionale. Il piano riesce e Hyrule torna libera dall’influsso del Maestro del Male.
Con Hyrule finalmente libera, Zelda si sente colpevole di aver privato Link di sette anni della sua vita, e nonostante questo gli giuri eterna fedeltà e servitudine come Eroe del Tempo, Zelda si fa ridare l’Ocarina del Tempo e lo rimanda indietro nel tempo. Link si ritrova, poco dopo, di nuovo nel suo giovane corpo in un epoca precedente al regno di Ganondorf, davanti la Spada Master. Contemporaneamente, Navi sente di aver portato a termine il suo compito e torna nei Boschi Perduti. Solo, Link decide di tornare da Zelda. La storia termina col loro primo incontro…
Oltre alla storia principale, questa seconda parte del manga include anche due storie bonus.
Nella prima viene ripreso il concetto della delle maschere, e si svolge prima degli eventi di Ocarina of Time. In questa storia inizia la preparazione di una grande festa in onore dell’albero Deku, in cui i Kokiri creano maschere con pezzi di corteccia o coi gusci di noci del loro patrono. Le maschere servono per un opera teatrale, per la quale Link e Mido litigano per il ruolo del principe che salverà Saria, la principessa, da un cattivo mostro. Purtroppo, però, la maschera di Mido viene rubata e lui incolpa Link di questa mancanza, insultandolo di essere solo chiacchiere e niente fata. Link si impunta e vuole dimostrargli che non è così, e decide di andare nei Boschi Perduti, sconfiggere il mostro che vi abita, riportare la maschera e dimostrare così il suo valore. Saria, che non vuole lasciarlo solo, lo segue, e quando Mido viene a sapere che i due sono andati nei Boschi Perduti, li segue con un piccolo gruppo a sua volta. Presto, Link e Saria incontrano un Horror Kid che ha la maschera di Mido, ed i due lo seguono fino ad una radura dove insieme suonano, giocano, e ballano, stringendo amicizia. L’Horror Kid rida a Link la maschera, ma quando Link lo invita a venire con lui e Saria alla festa dell’Albero Deku, questo rifiuta dicendo che senza viso, si vergognerebbe a venire. Link decide di regalare la maschera all’Horror Kid, che inizialmente è felicissimo. Poi però sente nella sua testa una malsana voce, attacca Link e rapisce Saria.

La storia con co-protagonista l’Horror Kid è semplicemente fenomenale come disegni e narrazione!
Quando l’Horror Kid porta Saria dall’Albero Bagu, il mostro dei Boschi Perduti della leggenda, questo rivela agli Horror Kid che Link non è un Kokiri ma uno “straniero” e dice loro che un giorno crescerà a tornerà nella Foresta per ucciderli tutti. Horror Kid quindi cerca Link per ucciderlo, ma quando il nostro eroe è alla sua mercè, all’Horror Kid tornano in mente le immagini di quando lui si perse nella foresta, e risparmia Link e lascia scappare Saria. L’Albero Bagu si arrabbia a manda le sue creature (Lupi e Moblin) a inseguire Saria; contemporaneamente anche Mido e il suo gruppo incontrano dei Moblin e fuggono da essi. Così si ritrovano tutti in una radura a combattere l’Albero Bagu e le sue creature. Questo riesce quasi a ferire mortalmente Link se non fosse che l’Horror Kid si frappone tra i due e salva la vita di Link. Mido arriva in soccorso e tra botte di Link con un Bastone Deku e calci di Mido, un piccolo insettino cade dalle fronde dell’Albero Bagu e quando questo viene accidentalmente calpestato da Mido, i poteri magici dell’antagonista dell’Albero Deku scompaiono e le sue creature fuggono. La battaglia è vinta e in quel momento fatine da ogni angolo della foresta annunciano l’inizio delle festività.
Link invita di nuovo l’Horror Kid a venire con loro, ma questo rifiuta, promettendo che contemporaneamente suonerà il suo flauto nella foresta. Chiede in cambio della maschera di Mido, una con un teschio sopra, e quando Link e Mido vanno a interpretare l’operetta, l’Horror Kid suona nella foresta e spera che anche ai suoi amici la sua nuova maschera piaccia!
Nella seconda storia bonus, assistiamo alle pessime qualità pescatrici di Link da adulto. Nelle zone del Lago Hylia i suoi tentativi di pesca vanno alquanto male, e quando il Pescatore inizia a insultarlo, Link butta il suo cappello nel lago e scappa con la canna da pesca. Pescando all’aperto, per qualche motivo nella esca rimane impigliato un giovane essere metà hyliano e metà uccello. Preoccupato, Link va dal Dottor Mizuumi, proprietario del Laboratorio del Lago Hylia. Lì scopre che il giovane fa parte del clan Watarara, esseri come gli Hylian a cui però al raggiungimento della maggiore età spuntano le ali per volare. Passano da Hyrule soltanto raramente, e questo sarà probabilmente caduto dalle spalle del padre o della madre (che effettivamente, lo si vede in vignette parallele, lo stanno cercando). I due lo curano, ma il piccolo, di nome Roro – principe dei Watarara, non riesce a sopportare la vista di Navi, che riesce a volare mentre lui no. Prima la malmena e poi la imprigiona in una busta e nasconde in cima al laboratorio. Quando Link infine la trova, si arrabbia e vola via, sentendosi trattata male da tutti. Link cerca di guadagnare nel frattempo la fiducia di Roro, quando all’improvviso dei giganteschi Tornado minacciano Hyrule. Navi ne viene quasi risucchiata e anche Link, Mizuumi e Roro al laboratorio rischiano di grosso. Link nota che all’interno dei tornado ci sono dei Dervisci delle Fiamme, ma non sa come combatterli senza l’aiuto di Navi. Questa però torna giusto in tempo e consiglia a Link di farsi elevare dai tornado per combatterli con la spada. Link esegue e così salva Roro, rimasto appeso su un albero in procinto di venire spazzato via. Con due colpi di spada uccide i dervisci, ed i tornado cessano…ma Link è a diverse centinaia di metri sopra Hyrule e cade verso terra. E’ in quel momento che Roro raccoglie tutto il suo coraggio e prova a salvare Link. I due, anche grazie al prodigioso intervento della madre di Roro, riescono a uscirne sani e salvi e la storia ha il suo lieto fine quando il clan dei Watarara finalmente migra verso sud, sani e salvi e col loro principe.
Come per la prima parte, anche qui i disegni sono estremamete curati, probabilmente anche di più che nei primi volumi, dimostrando che il duo di mangaka nascoste dietro al nome di Akira Himekawa continuano a migliorare di volume in volume. Incredibile anche come riescano a manterenere il loro tratto fedele agli artwork del gioco, rappresentando in maniera perfetta personaggi e luoghi del gioco come il Lago Hyrule, i Boschi Perduti, il Colosso del Deserto, Nabooru, Shiek, Ganondorf, Zelda e Ganon.

La storia con Roro è forse l’anello debole del secondo volume di Ocarina of Time!
La trama, ovviamente, è diversa dal fumetto, e in molti momenti è rafforzato il ruolo di personaggi solo secondari nel videogioco come Shiek, Nabooru, Malon e Mido, come anche sono espansi i luoghi stessi del mondo zeldiano, con una fortezza Gerudo posta più in là di un villaggio desertico ignoto, il Deserto degli Spiriti reso più “vivo” e un Lago Hylia e dei boschi perduti più realistici e meno “giocosi”. Sono tutti cambi benvenuti, dal mio punto di vista, e necessari per rendere realistico il mondo del manga.
Le due storie finali del volume sono anch’esse niente male, anche se quella di Roro del clan Watarara mi è parsa un pò banale e non proprio necessaria; ma d’altronde si basano su due dei “minigiochi” presenti in Ocarina of Time più amati da tutti, lo scambio delle Maschere e la pesca (anche se quest’ultima serve solo da incipit narrativo).
Tutto sommato, però, ci troviamo di fronte ad un secondo capitolo molto bello, che riesce a portare vita alla Hyrule di Ocarina of Time e che si sposa perfettamente con lo spirito del videogioco. Raccomando entrambi i volumi caldamente a tutti gli appassionati di Ocarina of Time! =)
Voto Personale: 9/10
Dystopic Shooter 1010101
(A cura di Wise Yuri)
Sparatutto in terza persona (o third person shooters, per gli anglofili). Un genere che dire inflazionato sembra usare un dolcissimo eufemismo, un trend tale da portare le software house a trasformare anche le loro serie in giochi del genere, o inserire sparatorie e coperture tattiche dappertutto *cough*Resident Evil 6 *cough*Dead Space 3*cough*. Personalmente non adoro gli shooter (in terza o prima persona), tanto meno se hanno quel tono e setting reso popolare da Gears Of War, sapete, quello da film di guerra americano, con tizi incazzati, palestrati e che combattono “for America!!!”, con quel tono privo di humour, scenari grigi e deprimenti. Non dico che sono brutti giochi, ma che personalmente non trovo nessun stimolo nel giocarli, specialmente quando il mercato ne è ormai saturo di titoli del genere.
Premetto che parlerò principalmente della campagna single-player, giocata alla difficoltà media. La versione recensita è quella PS3. Nel caso pensiate di recuperarlo, potete tranquillamente prenderlo da siti inglesi, la versione britannica contiene anche l’italiano (testi ed audio), ho testato la cosa personalmente. 😀
Indi è stata una piacevole sorpresa scoprire, nel marasma, un titolo come Binary Domain, una piacevole eccezione (già il fatto che sto recensendo un gioco del genere è un’eccezione per il sottoscritto). Sviluppato dal team Yakuza di Sega (per l’appunto responsabili della serie omonima), il gioco è praticamente uno sparatutto in terza persona occidentale….. fatto in “salsa” giapponese. Ciò si nota principalmente nel setting e nella trama, che vede un futuro distopico (2080, in questo caso) in cui gli oceani hanno letteralmente divorato gran parte della civiltà, e costretto le nazioni a sviluppare fortemente la robotica, dato il bisogno di operai instancabili per costruire sopra le città sommerse. Il ramo della robotica è diventato molto avanzato, ma le cose si complicano quando viene scoperto per caso un’ibrido tra robot ed uomo, e una squadra di specialisti (denominata Rust Crew) viene mandata segretamente a Neo-Tokyo per investigare su una delle industrie leader nel campo, la Amada.
Sebbene la premessa ed il setting non siano propriamente originali, la storia è interessante ha in serbo un paio di sorprese per il giocatore, e l’esecuzione risulta molto convincente, un peccato che il gioco non evisceri perfettamente i temi che analizza, ma siamo decisamente anni luce avanti rispetto ad altri giochi del genere. Molte le suggestioni sci-fi, da classici occidentali come Blade Runner, ma anche di opere come Ghost In The Shell ed Evangelion. Rimanendo in ambito mecha, il design dei robottoni (e non) è molto ben fatto, ed è reminescente appunto di anime e manga del suddetto genere. specialmente i boss, spesso versioni robotiche di animali, ma anche “mecha” classici. I dialoghi sono abbastanza standard (e spesso sembra che cerchino di imitare quelli degli shooter occidentali, nel bene e nel male), ma si lasciano ascoltare.
Il che ci porta agli elementi di gioco che differenziano il gioco dagli altri esponenti del genere, tra cui – appunto – i dialoghi. Oltre alle normali meccaniche da sparatutto in terza persona, Binary Domain pone enfasi sulla comunicazione vocale con la squadra, permettendovi di rispondere alle domande dei personaggi con il microfono, apostrofando una battuta di un vostro compagno di squadra o rispondendo “sì” ad una richiesta di aiuto medico. Se non avete un microfono, nessun problema, tenendo premuto L2 e premendo uno dei tasti frontali, potrete comunque rispondere alle domande postevi dai vostri brothers in arms, certo non avrete la possibilità di usare molti termini urlandoli (od anche dicendo “fuoco” senza svegliare l’inquilino di sopra, non dovete urlare i comandi per forza) nel microfono, ma ciò non impedisce di fruire di questa funzione anche senza l’accessorio. Una piccola nota a riguardo: anche su 360 viene richiesto l’uso di un microfono, e non viene usato minimamente il Kinect, scelta che dimostra ancora una volta come quella che doveva essere la tecnologia “del futuro” é l’ennesima periferica che prende polvere in uno scatolone/anta dell’armadio.
Tornando sul discorso dialoghi, il rispondere in un modo od in un’altro alle domande e/o commenti aumenta o diminuisce il livello di stima/fiducia dei compagni, i quali saranno più o meno disposti a seguire i vostri ordini. Un peccato però che tutte queste idee risultino piacevoli ma poco incisive all’atto pratico. Per esempio, ci sono sezioni di pace e tranquillità (poche, ma ci sono) in cui potete fermarvi a parlare con vari personaggi, non solo quelli della vostra squadra, e potete decidere quale risposte dare alle varie domande, un pò come in un gioco di ruolo, per imparare qualcosa di più sui personaggi, etc.
Peccato che in pratica queste sezioni non abbiano effetti sulla storia, e purtroppo neanche nelle sparatorie; sì, può capitare che trattando male un personaggio alcune volte rifiuti di seguire gli ordini, ma accade talmente di rado (per esempio a me non è mai successa una cosa del genere durante l’intera campagna) che il tutto risulta una cosa accessoria e basta. Per esempio, dare ordini è più un vezzo che una necessità, perchè i compagni dimostrano un’IA molto buona e se la sanno cavare molto bene da soli, e non aspettano un vostro grido per approfittare della situazione o ripararsi dal fuoco nemico, il che è un’ottima cosa (per quanto renda paradossalmente inutile la possibilità di dare ordini). In molte occasioni p0trete inoltre scegliere quali personaggi accorpare al vostro team, mentre altri seguono una strada diversa, ed ogni personaggio ha una dotazione e classe (scout, artificiere, etc.) differente, e può essere d’aiuto formare un team con un’arsenale variegato.
Un’altra cosa bella del gameplay deriva dalla scelta di avere robot come nemici, e gli sviluppatori ne hanno approfittano per incentivare il giocatore allo smembramento chirurgico e mirato dei robot: rimuovetegli la testa con un headshot, e gli vedrete attaccarsi l’un l’altro, rimuovetegli il braccio per togliergli l’arma, e vi verrà elargito un bonus in crediti per questa “chirurgia robotica”. Ma attenzione perchè anche i nemici hanno una buona (in tutti i sensi) IA, e rimuovergli le gambe li ferma, ma non molto, perchè come un Terminator strisceranno verso di voi, raccogliendo la prima arma che trovano per continuare a spararvi, e senza quella cercheranno di aggrapparsi alle vostre gambe e suicidarsi esplodendo se glie ne darete l’occasione. C’è una discreta varietà di unità semplici, ma il vero piatto forte sono le battaglie con i boss, spettacolari ed impegnative.
Il gameplay di per se è quello tipico del genere, idem per il sistema di controllo, sistema di copertura e gestione delle armi (ovvero potete portare solo due armi e un tipo di granata per volta, ma qui avete anche una pistolina con munizioni infinite). Parlando di armi, l’arsenale è solido ed equilibrato, ma non aspettatevi grandi sorprese, ci sono sempre i soliti mitra, fucili di assalto, granate a frammentazione, shotgun e via dicendo. L’unica lamentela che mi sento di fare è che se decidi di usare lo stesso pulsante per la schivata e la copertura, è preferibile che il gioco capisca perfettamente in base al contesto cosa vuoi fare. Per carità, nulla che rovini il gameplay, ma si poteva migliorare questo aspetto. Il gioco permette anche di potenziare le armi principali dei personaggi nei negozi sparsi in abbondanza per Neo-Tokyo, ma per vedere un effettivo miglioramento dell’arma sarà necessario fare parecchi upgrade (però a difficoltà normale il gioco è abbastanza generoso coi crediti), ed in ogni caso si nota principalmente solo per il personaggio che controllate.
La campagna single-player è una delle migliori che abbia mai giocato nell’ambito dei third person shooter (anche se va detto, non ne ho giocati moltissimi) e mi ha ricordato Vanquish; nelle 8/9 richieste per terminarla riesce a mantenersi abbastanza variegata, e la trama coinvolge e spinge il giocatore a proseguire. La durata è giusta e non avete (quasi) mai l’impressione che il gioco la stia tirando per le lunghe, cercando di allungare la broda. Pollice alto per un livello di sfida ben calibrato anche alla difficoltà normale.
Prima citavo Vanquish, ed a quanto ho capito pare che ci troviamo di fronte ad un caso simile. Dico “a quanto ho capito” perchè il gioco ha anche una modalità multigiocatore online, ma ho provato a fare qualche partita ed i server mi sembrano pressapoco morti. Personalmente non gioco quasi mai online, quindi la cosa non mi tocca, ma leggendo varie opinioni sul web, molti dicono che il focus è stato sulla campagna single-player, con il multiplayer che pare più una cosa postuma, creata alla bell’emmeglio prima di lanciare il gioco sugli scaffali, tanto che non usa manco la meccanica del dismembramento robotico del single player, con avversari umani che “assorbono” i colpi come spugne. Da quello che ho visto ci sono le classiche modalità competive e cooperative del genere, “tutti contro tutti”, “Re della collina”, e ciccia, quindi presumo che l’online non sia brutto, ma posso farne a meno, personalmente. Peccato davvero per l’assenza di una cooperativa locale e/o online, mi sarebbe piaciuto fare la campagna con un amico. Tch.
A contornare il tutto c’è un comparto tecnico quasi sempre all’altezza, con scenari sempre ben definiti e dettagliati (sebbene in alcuni casi troppo asettici anche per lo sci-fi), modelli poligonali ed effetti speciali di ottima fattura. Molto buono ed azzeccato anche il sonoro, con tracce (spesso elettroniche) sempre adatte alla situazione e molto orecchiabili. Il doppiaggio italiano è accettabile, ma non vincerà nessun premio, mettiamola così. Sull’ambito bug, mi è capitato una volta che un personaggio rimanesse incastrato in un oggetto e con ciò impedisse di proseguire, ma è bastato ricaricare il checkpoint più vicino e tutto si è sistemato. Per il resto non ho notato particolari bug, grafici o meno.
Commento finale: Binary Domain cerca di inserire elementi da gioco di ruolo alla formula dello sparatutto in terza persona, con la possibilità di comunicare coi personaggi e dare diverse risposte con il microfono, ma ironicamente queste aggiunte non incidono quasi per nulla sul gameplay o sullo svolgimento della storia. È quindi il caso di urlare all’occasione sprecata? Nì, perchè è comunque innegabile che il titolo del team Yakuza diverta molto, spingendo il giocatore ad un approccio un pò più mirato alle sparatorie, ed incoraggiando a “smontare” le orde di robot che vi si pareranno davanti in diversi modi, oltre a boss ciclopici e tosti. Ed una storia una volta ogni tanto interessante (sebbene non troppo profonda) per un gioco del genere, che vi spingerà ad avanzare nella ottima campagna single-player.
Decisamente un valido shooter in terza persona, che chiede un seguito che ne sviluppi la formula e le meccaniche di origine gdr, perchè la possibilità di creare una serie capace di distinguersi – in questo mare di tizi muscolosi incazzati che foracchiano qualsiasi cosa gli appaia davanti – c’è. Un titolo consigliato a chi cerca un third person shooter un pò diverso e molto godibile anche in single player, recuperabile ormai a poco.
Good Cop, Good Cop
(A cura di Wise Yuri)
Probabilmente molti di voi conoscono Shaun Of The Dead (noto da noi come “L’Alba dei Morti Dementi”), con protagonisti il duo Pegg-Frost (dietro anche a Paul, che personalmente non mi è piaciuto moltissimo), un brillante zombie movie che allo stesso tempo è serio ed una parodia divertita dello stesso genere. Beh, su quel film ho un bel pò da dire, ma nel prossimo (si spera) numero del Grind Cafè, più adatto a zombi e roba horror. Oggi parliamo dell’altro film per cui sono noti i due britannici, ovvero Hot Fuzz!
Nicholas Angel è un poliziotto londinese. Anzi, permettetemi di correggermi, è IL poliziotto londinese, una specie di supercop (non questo), talmente bravo, perfetto ed efficiente che lo schiaffano nel corpo di polizia della tranquillissima e “decriminalizzata” cittadina rurale di Sandford, perchè semplicemente al confronto con Nicholas l’intero corpo di polizia rischia di passare per una branca di mezzeseghe, e se lo vogliono levare dalle balle per un pò. La vita si prospetta quindi troppo soft per il superpoliziotto ligio alle regole ed abituato ad arrestare gang, inseguire ladri e sventare il crimine ogni nanosecondo. …. ed è tutto quello che vi dirò sulla trama, quindi fatevela bastare come premessa! 😀
In maniera simile a Shaun Of The Dead, Hot Fuzz è una commedia molto particolare che si tiene un continuo equilibrio tra essere una parodia british e scanzonata di un genere (in questo caso l’action movie con tante sparatorie spettacolari e spesso esagerate) ed un action movie vero e proprio, con rismi e crismi. Già dalla locandina del film (che è una presa per il culo di Bad Boys II) si capisce comunque che il tono è per lo più quello di una commedia parodistica, visto poi che ad un certo punto Nicholas e Danny (interpretato da Frost) si mettono a vedere parti di Point Break e Bad Boys II, con Nicholas che commenta “sì, bello, un pò irrealistico, però”. XD Però in questo turbine di auto-ironia, humour british paradossale (con Nicholas che appena arriva in città arresta metà dei giovani del paese in mezz’ora XD), ci sono momenti più seri e scene d’azione esagerate ma spettacolari, come il genere impongono, con sparatorie cittadine ed armi che spuntano fuori da ogni dove, pura follia. XD
Al centro della vicenda c’è il duo Nicholas (Pegg) e Danny (Frost). Nicholas, un poliziotto perfetto, super allenato, super esperto, ma anche super ossessivo con il suo lavoro, il tipo che “non riesce a staccare”, sempre in servizio e strettamente ligio al dovere, che appare quasi fuori luogo in posto tranquillo ed in cui la polizia è più impegnata a curar scartoffie e mangiare torta che a far altro, visto che “non succede mai nulla”. Ed infatti passa praticamente da scemo per il rilassato corpo di polizia locale – e per l’intera città, se per quello -, che pensa solo al lavoro…. ed al suo ficus (sì, si porta sempre dietro sto ficus XD). Mi ricorda un pó Sousuke Sagara di FMP Fumoffu, entrambi sempre ipertesi e sempre in servizio (te guarda se mi metto a citare Fumoffu in una recensione del genere).
Danny è invece un tizio bonaccione, tranquillo e rilassato come tutto il corpo di polizia locale, che ama i film d’azione coi poliziotti, e trova un modello da seguire in Nicholas, che per l’appunto pare un poliziotto da film. Come sempre, l’alchimia tra i due personaggi è perfetta, in quanto gli attori sono pure veri amici nella “vita reale”. Il resto del cast (in parte lo stesso di Shaun Of The Dead, così su due piede riconosco subito l’attore l’intellettuale mezzasega, che qui fa un poliziotto non molto sveglio) è molto buono, i più divertenti sono sicuramente gli altri membri del corpo di polizia, tra un vecchio quasi incomprensibile ed un cane, un quattrocchi dentone con la faccia beota, e i due pigrissimi detective del dipartimento.
Ed è il punto forte dei film del duo (diretti da Edgard Wright) è questo, ovvero si ha l’impressione che due tizi si siano divertiti tantissimo, che ci abbiano messo sincera passione nel prendere in giro e fare un tributo a qualcosa che gli piace, e tutto ciò si trasmette allo spettatore, che condivide questo divertimento. E non si ha mai la sensazione che gli attori od il regista cerchino di fare i pomposi, o gli snob, stanno semplicemente cazzeggiando, ma con un certo stile, una profonda autoironia, e con l’idea di fondo più semplice del mondo: divertirsi. Hot Fuzz è una commedia divertente ed originale, capace di prendere di sorpresa lo spettatore, ma -ripeto- non si ha mai l’impressione che gli attori abbiano un aria da indie snob, e che cerchino di autocelebrarsi.
La regia è molto buona e si riconosce il tocco di Wright e le fulminee transizioni da scena a scena, molto ben fatte, con un montaggio rapido ma non confusionario per le scene d’azione. Buona anche la fotografia, con zone di campagna inglese, tra fattori, cittadine rurali e l’immancabile pub (siamo in Inghilterra, dopo tutto). Gli effetti speciali non sono male, ma comparati anche ai film d’azione hollywoodiani che citano, non sono nulla di speciale, e l’unico aspetto in cui si nota che questo non è un film con un grande budget – parliamoci chiaro, non un piccolo, ma neanche uno stratosferico -. Molto buono il doppiaggio italiano.
L’unico avviso che mi sento di farsi è questo: non aspettatevi di vedere tonnellate di pallottole volare fin dai primi minuti, anzi, non aspettatevi tanto piombo in generale. Non partite prevenuti, in linea di massima. Poi é inevitabile che questo continuo walzer tra parodia e drammatico/semiserio alienerà qualcuno, ancor di più se non amate un umorismo british, ma non penso che quest’ultima cosa si possa definire un difetto, anzi. Devo dire che però un paio di momenti (non vi dirò quali, niente spoiler, ma penso che gli noterete da voi) sembrano davvero campati in aria, anche per una commedia con un tono prettamente folle e parodistico come questa.
Commento Finale: Ammetto che non sono partito molto entusiasta a vedere il film, più che altro perchè i film d’azione in generale non mi fanno nè caldo nè freddo, ma sono rimasto piacevolmente sorpreso, visto che il film scorre bene anche senza mostrare tantissimo “piombo caldo” e cose che esplodono a caso, ed è finito per diventare uno dei miei film preferiti, ed evidentemente è diventato un cult classic per molti altri (che non cambia nulla, ma fa piacere), visto che non sono il solo a parlarne bene. Personalmente ho preferito di più Shaun Of The Dead, ma qui c’entra il fatto che sono un’appassionatone dell’horror, Hot Fuzz è una commedia british originale e divertente, che non convincerà tutti, ma che merita decisamente un’occhiata. Se siete curiosi sul duo Pegg-Frost, vi consiglio di recuperare il DVD double pack che contiene questo e Shaun Of The Dead, entrambi con il suo box e dvd, lo potete trovare per 10 paperdollari, ed è decisamente un affare. Sono decisamente curioso sul prossimo film, che dovrebbe uscire quest’estate, e si chiamerà The World’s End (e sarà il terzo film della Trilogia del Cornetto”*), e probabilmente prenderà per il culo i disaster movie come 2012, non vedo l’ora. 😀
*”Cos’è la Trilogia del Cornetto?”; beh, se non l’avessi letta questa cosa non ci avrei minimamente pensato, ma in entrambi Hot Fuzz e Shaun of The Dead c’è una scena in cui per un motivo o per l’altro i protagonisti comprano e mangiano un Cornetto (sì, quello nostro); non so se questa cosa della trilogia se la sono inventata i fan, ma mi fa ridere pensare ad una trilogia definita tale per un dettaglio ridicolo come questo. XD
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E anche per questa settimana è tutto, spero che questi articoli vi siano piaciuti. Vi auguro quindi una buona domenica e un buon inizio di settimana, ci ritroverete sempre su queste pagine virtuali durante i prossimi giorni e vi ricordo che potete seguirci anche su Facebook.
Alla prossima!
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