Rieccoci con il nostro appuntamento settimanale dedicato alle notizie dal web e non solo.
In questa occasione parleremo piuttosto approfonditamente di Electronic Arts, con un’analisi curata per l’occasione da Wise Yuri, mentre cercheremo di fare il punto della situazione in casa Microsoft cercando di destreggiarci tra le molte indiscrezioni circolate ultimamente sulla nuova console Durango.
Quindi ecco in dettaglio di cosa parleremo oggi:
-
Un doppio annuncio sul Cavaliere Oscuro;
-
Electronic Arts e il rapporto con i consumatori/videogiocatori;
-
Una breve analisi sulla questione EA e il mercato videoludico in generale (a cura di Wise Yuri);
-
Xbox e connessione perenne.
Buona lettura.
Le origini del manicomio
La notizia girava già da qualche tempo ma in questi giorni ha finalmente trovato conferma: Warner Bros. Games Montreal sta sviluppando Batman: Arkham Origins. A rivelarlo è la rivista GameInformer, la quale dedicherà la copertina del numero di maggio al Cavaliere Oscuro.
Non sarà quindi Rocksteady, software house autrice degli acclamati Arkham Asylum e Arkham City, a sviluppare questo nuovo capitolo della saga del pipistrello; secondo indiscrezioni Rocksteady sarebbe impegnata su un differente progetto per la prossima generazione, probabilmente un sequel di Arkham City. Già un sequel poiché Arkham Origins sarà un prequel di Arkham Asylum, sarà ambientato diversi anni prima, poco dopo la decisione di Bruce Wayne di vestire i panni di Batman.

Il temibile Deathstroke comparirà in Arkham Origins.
In Arkham Origins potremo esplorare l’intera Gotham City, interagendo con i personaggi più celebri dell’universo narrativo creato negli anni dalla DC Comics.
Warner Bros. fa sapere anche che Armature Studios è al lavoro su un titolo per console portatili chiamato Batman: Arkham Origins Blackgate, Blackgate sarebbe un gioco in 2,5D in stile Metroid.
Potremo indossare il mantello dell’Uomo Pipistrello a partire dal 25 ottobre su PC, PS3, Xbox 360, Wii U (Arkham Origins) e su 3DS e PS Vita (Blackgate).
Un premio “inconsueto” per EA
Nell’annuale concorso messo in atto da The Consumerist, un sito che si occupa prevalentemente di difesa dei consumatori, Electronic Arts ha vinto il poco ambito premio di “Peggior Compagnia d’America”.
Electronic Arts ha ricevuto il 78% dei voti dei lettori del sito battendo in finale la Bank of America, vincendo il titolo di peggior compagnia per la seconda volta consecutiva, evento mai accaduto da quando è stata istituita questa competizione.

Un trofeo piuttosto originale, su questo non vi è alcun dubbio.
Secondo The Consumerist le cause che hanno portato EA a ricevere così tanti voti negativi riguardano soprattutto una scarsa attenzione nei confronti dei clienti, trattati come semplici mucche da mungere. Rilasciare giochi con evidenti difetti, come SimCity, non ha di certo migliorato la situazione, lo scarso supporto dei titoli rilasciati e l’eccessiva attenzione alle microtransazioni hanno portato EA a vincere per la seconda volta la cacca d’oro, surclassando non solo Bank of America ma anche altri colossi come Facebook o la compagnia telefonica at&t.
Riuscirà Electronic Arts a raggiungere un nuovo primato vincendo il premio anche l’anno prossimo? Forse le dimissioni di Riccitiello di cui vi parlai qualche settimana fa e il conseguente cambio al vertice potrebbero far cambiare rotta ad un publisher così poco amato dai videogiocatori.
Craptastic Arts
(A cura di Wise Yuri)
Salve, eccomi a fare una piccola digressione sull’aureo trofeo ricevuto meritatamente dalla EA, un evento che mi permette anche di fare una piccola analisi sul mercato del videogame.
Lasciando da parte il fatto che mi sembra assurdo una compagnia di videogames abbia superato in questi sondaggi banche, un “pochino” più importanti come istituzioni (sapete, l’economia e cose così) rispetto alle software house, c’è da dire che almeno in ambito videoludico, lo scatologico trofeo la EA se l’è meritato, peccato che il sondaggio non era “peggior compagnia videoludica”, perchè sarebbe stata una bella battaglia, con Ubisoft e Crapcom in campo per vincere il merdone dorato. Roba da film.
Ma la cosa che fa davvero incazzare è come la EA, oltre a fare errori e mosse di marketing oscene, cerchi di controllare le notizie per pararsi il culone, come quando annunciò che Dead Space 3 aveva ricevuto all’uscita una media di voti positivi pari al 91 % o giù di lì, cosa non vera in quanto la media sui maggiori siti contenitori di recensioni era più bassa. E già il fatto di inventarsi i voti delle recensioni sui propri giochi dovrebbe bastare per far capire di che compagnia parliamo. Ma non basta, quando decidi di tarpare le ali a nuovi IP perchè non fanno strabillioni di introiti fin dalla prima settimana di vendita (grazie EA per aver detto no a Brutal Legend 2 e Mirror’s Edge 2), o di troncare giochi/franchise che non hanno floppato nelle vendite, “solo” avuto un discreto successo (come il “reboot” di Medal of Honor).
Od ancora meglio, snaturare franchise pur di seguire il trend del momento, inserendo azione, montagne asfissianti di QTE, sparatorie e sistemi di copertura anche in una macchina da caffè: sto ovviamente parlando di Dead Space 3, ed anche di Fuse, lo sparatutto Insomniac pubblicato da EA che “all’improvviso” cambia nome (prima era noto come Overstrike) e da un tono cartoon e scanzonato tipico della Insomniac si passa al solito tono grigio e plumbeo “come Gears Of War insegna”. Io adoro la Insomniac, ma tra una scelta interna del team di cambiare tono, e pressioni di EA per avere l’ennesimo third person shooter con grafica “realistica” e palette di colori spenti, direi che la seconda mi sembra più probabile.
Poi, come al solito, giochi sviluppati in tempi ridicoli, che escono sul mercato pieni di bug, o funzionanti a singhiozzi, qualsiasi cosa pur di far uscire prodotti incompleti e venderli a prezzo pieno prima che l’interesse/attenzione su un titolo cali anche di poco, prima che qualcuno si accorga della qualità dei titoli! Perchè sprecare 1 anno e più e vendere un prodotto completo e testato, quando possiamo metterci 6 mesi (o poco in generale), lasciar che siano gli ignari giocatori a fare il beta testing, e rilasciare milioni di DLC, od ancora meglio, “costringere” a comprare il nuovo con roba come gli Online Pass, prendendo a schiaffi nel muso chi compra usato? E quasi dimenticavo, server chiusi quasi subito se non strapopolati, e senza avvisi di sorta, e spesso con l’obbligo d’iscrizione ad Origin, anche per le versioni console.
Ah, le microtransazioni, pratica che doveva rimanere confinata ai giochini per smartphone, per quanto mi riguarda. Potreste pensare, come me “la trovo una cosa ridicola ed oscena, ma perchè dovrebbe essere un problema per me che non voglio “pagare per vincere”?”. Beh, personalmente non uso molto l’online, ma mi metto nei panni di chi lo fa, e rischia di trovarsi di fronte a maree di nerd fatti e finiti disposti a pagare molto pur di poter avere fin da subito le armi più forti in uno sparatutto, ed a distruggere gente che ha appena iniziato a giocare online a Battlefield, o roba del genere, avete capito che intendo. Sul serio, c’è il rischio di rovinare non poco l’esperienza online di giochi pensati principalmente per essere giocati… online (se non è già stata rovinata, ma non sapendone molto non voglio puntare il dito a caso).

Se aveste la possibilità di avvantaggiarvi sugli altri giocatori pagando una somma modesta lo fareste?
La ciliegina su questa St. Honorè del pessimo è però fornitaci dalla stessa EA, che ha fatto un sorta di mea culpa, e dico “sorta di” perchè sottintendere che la colpa è anche dell’orientamento sessuale della compagnia (non sto scherzando, cliccate il link) è veramente è uno splendido esempio di mirror climbing. Se hai vinto questo “trofeo” e vieni insultata/criticata dai videogiocatori, non è perchè associazioni di bigotti omofobi si lamentano delle relazioni sessuali che si possono avere in Mass Effect, nè se la copertina della tribilionesima edizione di Madden non è “100 % approvato da maniaci del football”, è perchè fai scelte di marketing oscene, impopolari, e “irrispettose” della gente appassionata di videogames, scegliendo di mungere il giocatore il più possibile ignorando il resto, invece di soddisfare il bacino d’utenza e venendogli incontro, “farselo amico”, che creerebbe un legame di fiducia, che alla fine paga, in più di un senso. Non dovrebbe sorprendere se poi i videogiocatori si stufano ed i presunti blockbusters vendono sempre di meno (vedesi RE 6, giusto per restare in tema di franchise snaturati ).
Sì, si è dimesso Ricciatello (e se per è quello si è dimesso anche il capo della Square-Enix), ma non vuol dire niente se poi ci ritroviamo con edizioni annuali dello stesso franchise, con poche idee inserite a casaccio (sperando che in qualche modo funzionino) nella solita struttura di gioco, con la solita solfa in pratica. Perchè i buoni propositi a parole gli sanno fare tutti, parliamoci chiaro. Non è una bella situazione quando ormai è una specie di guerra tra software house e videogamer, in cui l’unica mossa efficace per quest’ultimo è tenersi i soldi nel portafoglio, fare tanta ricerca, in un aspettare strategico, ed un eventuale agire. Mah.
The Box and the Beautiful
Ormai la situazione in casa Microsoft pare sia diventata degna di una telenovela argentina.
Molte voci, mai smentite dalla casa di Redmond, si sono susseguite nel corso di queste settimane e tutte concordano su una questione: la nuova console Microsoft dal nome in codice Durango dovrà essere sempre connessa ad internet. Ovviamente l’utenza non è stata a guardare e qualche giorno fa si è riversata sul profilo twitter del creative director Microsoft, Adam Orth, il quale ha difeso a spada tratta, a volte con parole piuttosto pesanti, il cosiddetto always-on definendolo un requisito ormai necessario.

La connessione salta e il gioco si blocca: come vi sentireste?
Dopo questo caso, Microsoft ha deciso di intervenire divulgando una nota ufficiale sulla questione: stando a quanto detto dal portavoce Major Nelson, le parole di Adam Orth non sono le parole dell’azienda ma semplici considerazioni personali di un impiegato. Nelson in ogni caso, scusandosi per le parole offensive di Orth, non fa alcun accenno alla questione madre, ossia l’always-on, di fatto non smentendo in alcun modo la sua presenza nella prossima Xbox.
Ma non è finita qui: oggi si apprende la notizia che Adam Orth non fa più parte dell’organico Microsoft, probabilmente licenziato (o costretto a rassegnare le dimissioni) a seguito della polemica che ha scatenato.
Fine della storia? Non sono un grande esperto ma il mio istinto mi dice che ci sarà ancora molto altro da dire sulla questione, almeno fino alla presentazione ufficiale della nuova console, che avverrà con molta probabilità il 21 maggio.
–
E con quest’ultima notizia è tutto, restate in contatto con noi su Facebook o sul gruppo ufficiale su Steam.
Alla prossima.
Rispondi