Silenziosi ed in punta di piedi come il Grinch, usciamo dalle ombre per un numero del Weakly Hobbyt (l’avrete intuito) all’insegna del ninjutsu, dei kunai… e di ninja interdimensionali (sì, l’ho scritto bene), ma non solo! Enjoy!
Pensionati Ninja
(A cura di Wise Yuri)
Premetto che non sono un videogiocatore di vecchia data, non sono cresciuto a pane e Megadrive, ed in generale la serie Shinobi (a parte l’episodio per PS2) non è che la “conosca” molto. Quindi non sono della “vecchia scuola”, ma tendo ad apprezzare una struttura old school, ed una difficoltà alta e punitiva, ma addittiva e soddisfacente, per esempio ho amato titoli come Super Meat Boy, Prinny: Can I Really Be The Hero? e ‘Splosion Man, titoli nuovi fatti “alla maniera vecchia”.
Shinobi per 3DS (che poteva essere anche chiamato Shinobi 3D come lo è la versione giapponese, visto che come il titolo PS2 è una specie di reboot-prequel, ed anche quello si chiama “Shinobi” e basta) decide di seguire la stessa formula del “back to the past”, ovvero tornare alle radici dopo gli excursus 3D su PS2, con un gameplay che vi riporta direttamente all’epoca dei sidescroller come Castlevania, o Ninja Gaiden (sempre per restare in tema) graficamente moderno (con scenari 3D in tutti i sensi della parola) ma con un gameplay totalmente 2D, ritoccato parzialmente per venire incontro agli standard odierni.
Ma purtroppo, nonostante una prima impressione buona, il titolo sviluppato dai Griptonite Games, più che un fiero e tosto esponente moderno di un genere antico, è un relitto, e più simile ad uno di quelli anziani delle case di riposo, che vede poco e sente altrettanto bene, ma si rifiuta di ammetterlo.
Sia chiaro, non mi aspettavo un capolavoro (non ne avevo motivo), ma con una media di voti non malaccio, mi aspettavo un sidescroller old school divertente ed impegnativo, nulla di speciale. Ma andiamo a spiegare perchè questo Shinobi faceva meglio ad andare in pensione ed appendere i kunai al chiodo.
Prima di parlare del gameplay, voglio togliere subito di torno l’argomento “trama”, almeno non ci torniamo più sopra. Beh, non sono sicuro che questo gioco abbia una trama vera e propria. All’inizio è abbastanza chiaro, nel primo stage impersonate un ninja che tornato al suo villaggio, lo trova in fiamme ed attaccato da ninja nemici, e gli combatte. Poi *boom* nel secondo livello siete nel futuro (finite in un portale, o cazzate del genere), ed un sacco di cose a caso succedono, tutte “spiegate” negli intermezzi stile anime tra livello e livello, che non sono male animati ma spesso mostrano avvenimenti che prendono luogo senza un chiaro motivo (o senza motivo alcuno in alcuni casi). per esempio, c’è una tizia con mitra che combatte anche lei queste armate del futuro: chi è, perchè è lì, perchè aiuta il protagonista? Boh. La trama è un pastrocchio che ogni tanto ha un qualche filo logico, ma spesso è un’accozzaglia di eventi random che più random non si può. Non che importi in un gioco che è tutto sul gameplay, ma insomma, un minimo sforzo sarebbe stato gradito.
Gameplay, dolcissimo, bastardo ed infame gameplay. Shinobi si presenta come un titolo old school nell’osso, e beh, lo è: poche vite a disposizione, livelli molto difficili che richiedono prontezza di riflessi, abilità, e pazienza nell’imparare a superare ostacoli e nemici in modo da arrivare al boss di fine livello. Giocando alla difficoltà Normale (su cui si basa questa recensione), il titolo comunque cerca di venire incontro un minimo al giocatore, con checkpoint e continua illimitati (una volta finite le vite dovete comunque ricominciare dall’inizio del livello, però), e la possibilità di uscire dal gioco e creare un salvataggio temporaneo, come in New Super Mario Bros. Wii.
Però comunque il gioco non scherza con la difficoltà, e richiedete che vi impegniate sempre. E fin qui non ci sarebbe nulla di male, la “vecchia scuola” è così. Il problema, anzi, i problemi però presto si affacciano. Prima però parliamo di quello che il gioco sa fare meglio.
Il combattimento è decisamente la parte più curata di Shinobi, ed avete a disposizione un decente numero di mosse, potete usare una scorta di kunai che si ricarica col tempo, ed avete a disposizione anche delle magie ninja, che diminuiscono il punteggio di fine livello, ma che vi semplificano molto la vita. In particolare è molto comoda la parata che richiede tempismo perfetto, ma una volta imparata vi tornerà molto comoda (e diventerà essenziale negli ultimi livelli), visto che potete parare in qualsiasi momento, siate a terra, in aria od appesi a corde e soffitti, ed è possibile lanciare un contrattacco potente subito dopo aver parato. Presente anche un rampino, che viene eventualmente sfruttato anche in combattimento, ma è principalmente usato per il platforming (neanche troppo, a dir la verità).
Il problema viene con l’altra anima del gioco, quella che dovrebbe completare l’esperienza: il platforming. Di per sè il level design non sarebbe DAVVERO malvagio (sebbene nulla di speciale), ma evidentemente non sarebbe stato abbastanza hardcore di per sè, per cui sarà meglio mettere un tizio armato di pistola/arma da lancio a guardia di ogni piattaforma, in modo che un colpo vi faccia rimbalzare all’indietro e cadere in una delle tantissime fosse della morte (è quasi peggio del continuo respawning di nemici in Ninja Gaiden per NES, e quella sì che era una cosa fuori controllo).

Imparate ad apprezzare ed amare questa mossa, perchè in questo gioco è la vostra migliore amica contro orde di nemici “cheap”.
Non sto scherzando, si sfiora il ridicolo di così, specialmente negli ultimi livelli, in cui ogni cazzo di piattaforma ha “allegato” un nemico stazionario con mitra, una scorta enorme di kunai, un arma a proiettili, o ancora meglio, un nemico od ostacolo quasi totalmente nascosto nella parte superiore del livello, quasi impossibile da vedere perchè fuori dalla vostra area di visione, che vi fa male o si butta verso di voi in stile kamikaze.
Come se non bastasse, ad aumentare ulteriormente la difficoltà artificiale (oltre alla longevità) del gioco, è stato scelto di strutturare il gioco in 8 grandi livelli, invece di suddividere il gioco in tanti livelli più corti (come in Super Meat Boy) per permettere comunque (al giocatore) di proseguire senza costringere ad un estremo trial and error (accentuato da un sistema di controllo un pò troppo schizzinoso, specialmente per i salti, ma che si può assimilare), a ripetere gli stessi livelli più volte finchè non gli avete “imparati” a memoria e potete finalmente arrivare al boss di fine livello, o passare al prossimo. La frustrazione raggiungerà livelli incredibili al 6 ° livello, talmente lungo da sembrare infinito (e che senza esagerazione poteva essere diviso in due livelli a parte), specialmente quando riuscite a fare poca strada prima di morire per l’ennesimo nemico nascosto dalla visuale di gioco, terminator con gatling gun appostato su una piattaforma microscopica, o ninja che appare dal puro nulla e vi attacca rapido come un fulmine.
Non sarebbe poi una cosa così oscena se vi dessero vite infinite, ma ovviamente iniziate con poche, ed le vite extra (sotto forma di gettoni) sparse in giro per i livelli sono pochissime e spesso ben nascoste, quindi dovrete imparare a barare come bara il gioco stesso, abusando delle magie e delle abilità che vi dà ognuna di esse (anche se le uniche utili davvero mi sono sembrate quella del fuoco e quella dell’acqua), abusare dall’autosalvataggio (ho scoperto che facendo “salva ed esci” prima di vedere la schermata del game over è venite riportati al checkpoint più vicino e non perdete una vita), imparare a parare e contrattaccare, e soprattutto ad usare l’attacco a mezz’aria che vi permette di lanciare una pioggia di kunai che copre un ottimo raggio d’azione, funzionando sia come attacco che come difesa, visto i tremila nemici in aria che (quasi) non potete vedere! 😀
Seriamente, in tutto il gioco non ho trovato un motivo buono per non abusare di questa mossa “terra-aria” (assieme ad un’altra che si attiva a mezz’aria) ad ogni possibile occasione . Parlando di nemici, c’è una certa varietà, ma neanche troppa; ad ogni modo fanno il loro lavoro (cioè ostacolarvi), ma non mostrano mai pattern vagamente ispirati. Per quanto riguarda i boss…. siamo messi un pò meglio in linea generale, ed alcuni non sono affatto male, ma anche qui non mancano pattern e boss dozzinali. Presenti anche le classiche sezioni sui veicoli che fanno anche uso del giroscopio del 3DS, passabili ma ampiamente “usa e getta”.
Come potrete immaginare da quanto scritto sopra, la longevità del titolo viene allungata esponenzialmente ed artificialmente di parecchio, altrimenti sarebbe un titolo…. neanche troppo corto, a dir la verità. Un punto a favore di Shinobi va sicuramente per il corposo comparto extra, tra obiettivi/trofei interni, diversi livelli di difficoltà, collezionabili sparsi nei livelli, possibilità di salvare, guardare e condividere replay, bozzetti, musiche, una dettagliata sezione sui giochi della serie Shinobi, e l’utilizzo della funzionalità Streetpass per sbloccare sfide extra (comunicando via Streetpass con un’altra giocatore di Shinobi od usando le monete di gioco). Quindi la rigiocabilità non manca, ma sarebbe stato gradito più contenuto effettivo invece del metodo “allunga broda”.
Quasi dimenticavo, il gioco utilizza un sistema di punteggio, che a sorpresa funziona anche bene, generoso di punti se riuscite ad essere stilosi, letali e perfetti (dei veri ninja, insomma), ma altrettanto brutale nel toglierveli se venite colpiti od usate magie.

Le sequenze d’intermezzo son ben disegnate ed animate, peccato non sappiate quasi mai perchè succede cosa succede.
Tecnicamente Shinobi se la cava benino, con modelli poligonali e sfondi ok , si poteva comunque fare di più; buono invece il 3D , che influisce anche un pò sull’effettiva esperienza di gioco e gioca con la prospettiva. Buone anche le musiche, con qualche traccia stereotipo da gioco con ninja o giappone, ma anche tracche elettroniche per i livelli futuristici. Banalotta invece la direzione artistica, sia per quanto riguarda il design dei nemici che quello dei livelli. Perlomeno è stato catturato quel feeling “old school”, ma non è una scusa per livelli ed ambientazioni che si susseguono con poco senso (il livello finale è la ciliegina sulla torta, una specie di astronave-nido di alieni, ed il livello prima non è una stazione spaziale o roba del genere, è un tempio ninja che tra l’altro è pure una specie di labirinto, per farvi capire gli scenari random del gioco). Le sequenze di intermezzo in stile anime non sono male, sebbene (come scritto ad inizio articolo) per lo più prive di un qualsivoglia filo logico.
Commento Finale: Deve quindi Shinobi sbudellarsi per preservare l’onore? Non proprio. Dire che il titolo dei Griptonite Games è brutto sarebbe eccessivo ed ingiusto, ma è innegabile che ci troviamo di fronte ad un gioco che cerca di catturare il feeling e il fascino dei vecchi giochi per Mega Drive/Super Nintendo, nello specifico quei platform/action duri come il granito e che richiedevano una dedizione ed un’abilità da vero ninja, in parte riuscendoci. Però un level design blando e più impegnato a rendere la difficoltà sempre più artificiale e ingiusta affossa quello che poteva essere un sidescroller moderno ben fatto e divertente, nulla di superlativo, ma buono. C’è comunque un certo divertimento, ma il più delle volte vi sentirete frustrati e stufi di un particolare livello o sezione, ed il gioco non si fa problemi a rendervi il tutto sempre più frustrante e fastidioso (specialmente negli ultimi 3 livelli).
Il problema principale è che se fai un gioco strutturato sul trial and error, devi ricompensare il giocatore in maniera più o meno adeguata per le fatiche immani che gli fai passare; ci dev’essere un certo equilibrio tra frustrazione e soddisfazione nel superare sfide impossibili. Purtroppo Shinobi è più preoccupato a bastonare il giocatore per dimostrare “questo è un gioco old school, non si scherza” che a dargli una carota per aver superato le difficoltà e gli ostacoli, ed è il risultato è un titolo mediocre e poco soddisfacente, non orribile (poteva essere molto peggio), ma un chiaro esempio di come non si fa un gioco nuovo in stile “vecchio”. Peccato, speriamo che la prossima iterazione della serie sia un pò meglio e sviluppata internamente (o affidata a gente un pochino più esperta), perchè questa purtroppo di “old school” sembra aver solo l’ “old”.
Vi lascio un voto indicativo (però non abituatevi troppo a vedermi dare voti).
5/10. Una struttura di gioco abbastanza solida non basta a sopperire ad un’esecuzione mediocre.
Schindler’s List
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Per qualche motivo ho deciso in maniera totalmente casuale che questo sarà il mese dell’anti-nazismo (stavo scrivendo “del nazismo” ma qualcuno potrebbe interpretare male…) e quindi dopo essermi visto settimana scorsa Hitler: The Rise of Evil, ho deciso di passare al ben più pesante Schindler’s List in questa settimana.
Girato nell’ormai lontano 1993, Schindler’s List parla della curiosa e particolare vicenda dell’industriale Oskar Schindler, un magnate e industriale della Moravia, che durante la guerra (a partire dal 1939, in Polonia) sfrutta le particolari condizioni finanziare per farsi un impero della lavorazione del metallo.
Inizialmente uomo fondamentalmente opportunista e sfruttatore, si fa amici i nazisti offrendo loro cene e donzelle, e in seguito recupera lavoratori ebrei che, data la loro particolare condizione durante gli anni del Terzo Reich, erano lavoratori che era possibile pagare pochissimi marchi al giorno per giornate da otto o dieci ore di lavoro!

Oskar Schindler è un imprenditore che specula sui profitti della guerra, a inizio film.
“Liberandolo” e garantendogli lavoro (poichè Oskar stesso non sapeva portare avanti un’azienda, sapeva solo esserne l’immagine), Schindler si assicura la collaborazione di Itzhak Stern, imprenditore ebreo con contatti nel “ghetto” e nel mercato nero di Cracovia. Grazie a lui apre una ditta di prodotti metallici per scopi militari, da pentole a bossoli a cardini; tutto ciò che con poca manodopera e pochi soldi poteva essere rivenduto per un alto profitto. Gli affari inizialmente vanno bene; il partito nazista è felice dell’investimento in Schindler, Oskar fa soldi a palate e Stern fa funzionare l’azienda, al contempo garantendo a più ebrei polacchi possibili il famoso “Blauschein”, documento grazie al quale gli ebrei erano considerati lavoratori “essenziali” per il Reich.
La situazione cambia quando a Cracovia arriva il tenente delle SS Amon Goeth, che forza gli abitanti del ghetto a costruire in meno di un meso di campo di concentramento, togliendoli parzialmente anche da Schindler e dalla sua industria. Schindler è arrabbiato a riguardo, ma continua a tenersi amici i nazisti non rompendo loro troppo le scatole. Quando infine il ghetto di Cracovia viene liquidato, migliaia di ebrei vengono deportati nel campo di concentramento appena costruito mentre chiunque si dimostrava non cooperativo veniva istantaneamente ucciso. Schindler, in gita a cavallo con una delle sue amanti (uno dei suoi vizi era proprio quello, le donne) osserva la scena dall’alto e rimane inorridito da tanta atrocità.

La liquidazione di Cracovia è una delle scene più toccanti del film.
In seguito, Schindler paga Goeth, che stima Schindler e si fa anche leggermente influenzare da lui, affinchè gli permetta di continuare il suo lavoro da industriale con una nuova industria nella quale lavorino alcuni degli ebrei del campo di concentramento, e vuole aprire il suo proprio campo di concentramento non molto lontano da lì. Mentre la guerra volge al termine (e Schindler è ormai ricco sfondato), all’industriale passa per la testa di andarsene con la sua fortuna e lasciarsi Cracovia e il ghetto e l’industria alle spalle, ma quando si fa una chiacchiera con Stern che gli fa notare come la gente spera di lavorare nella sua fabbrica per sopravvivere e quando assiste alla cremazione di migliaia di cadaveri seppelliti e riesumati dalla liquidazione, Schindler inizia a capire la gravità della situazione. Così, quando moltissimi ebrei vengono deportati verso Auschwitz per la “Soluzione Finale”, lui inizia a redarre una lista degli ebrei che vuole come lavoratori “essenziali” nella sua ditta, tra cui molte donne e quei pochi bambini che sono sopravvissuti alla liquidazione e al deportamento.
Stern e Schindler compongono così una lista di cerca 1200 persone, tra uomini e donne, che vanno salvate e portate al suo impianto industriuale invece che ad Auschwitz. Qualcosa però va storto e il treno che trasporta le donne finisce proprio lì, e solo corrompendo un generale delle SS con dei diamanti, Schindler riesce a riottenere le donne sulla sua lista.

Stern e Schindler mentre compongono la lista di persone da portare via da Cracovia.
Quando il “campo di concentramento” di Zwittau-Brinnlitz viene inaugurato, Schindler fa applicare lì leggi speciali; niente uccisioni casuali, niente maltrattamenti e gli ebrei hanno anche il diritto di praticare il Sabbath. Purtroppo, avendo lavoratori non qualificati, l’armata tedesca non compra l’armamentario prodotto dalla sua fabbrica, e quindi per non vedersi mancare i finanziamenti, Schindler inizia a comprare i pezzi finiti da altre ditte per rivenderli a prezzo più basso. In questo modo, Schindler spende ogni suo penny e si riduce al lastrico. Per sua fortuna, la guerra finisce da lì a poco. Schindler e le guardie SS del campo di concentramento fuggono, mentre gli Ebrei sono liberi e quando un messaggero russo li avvisa della loro liberazione, in massa si dirigono verso una vicina città in cerca di cibo. Schindler fugge, e grazie anche alla lettera scritta e firmata dai suoi lavoratori, non viene arrestato dagli Americani, mentre Goeth viene impiccato per i crimini commessi.
A fine film, i veri sopravvissuti della Schindler’s List (assieme agli attori che li hanno interpretati) sfilano davanti la tomba di Schindler in Israele, lasciandovi una pietra per rispetto, e Liam Neeson (che ha interpretato Schindler stesso) poggia lì due rose rosse.

La visita medica arriva a Cracovia all’improvviso: molte persone non sopravvissero quel giorno…
Dare un parere così, freddo e secco del film, è quasi impossibile.
E anche il valore numerico che vedete in fondo alla recensione non riesce a dare davvero l’idea della pienezza del film. Ci sono sicuramente gli aspetti tecnici del film che sono stati fatti bene, un’ottimo script, ottima recitazione, ottimi costumi, ottima regia…ma non è questo, o forse è l’insieme di tutto questo, più qualcos’altro che rende questo film così particolare.
Schindler’s List non contiene dialoghi inutili, scene inutili o esagerate. Anzi, tutte le scene sono, secondo me, azzeccate nella loro pienezza di significato; a partire dalla prima in cui vediamo Schindler offrire ai nazisti da bere e bella compagnia (per farseli amici, e approfittare della guerra), fino ai momenti finali in cui si dispera per non essere riuscito a salvare altri ebrei, anche se avrebbe potuto. E di scene piene di significato ce ne sono una marea, da quella in cui le donne, arrivate ad Auschwitz, dopo aver sentito parlare delle camere a gas, vengono mandate nelle docce (per fortuna di acqua, per una volta), a quella in cui una bambina con un giubbotto rosso prova a scappare dalla liquidazione del ghetto di Cracovia e viene vista dall’alto da Schindler, e in seguito vista disseppellita e bruciata in maniera crudele e impersonale. Troppe per descriverle qui ad una ad una, ma probabilmente molte meno di quante se ne sarebbero potute mettere.

Sotto Amon Goeth, le condanne a morte erano tanto all’ordine del giorno quanto improvvise.
Quello che più colpisce nel film, dopo tutte le scene di antisemitismo e crudeltà, sono le interpretazioni degli attori, davvero incredibili. Liam Neeson riesce a calarsi alla perfezione nel ruolo della persona che durante il film si evolve da un normale industriale a un coscienzoso salvatore di anime.
Allo stesso modo, Ralph Fiennes è forse l’attore che meglio di chiunque interpreta il ruolo dell’omicida nazista a capo di un campo di concentramento, talmente incurante da uccidere i suoi lavoratori per sport con un fucile di precisione dall’alto della sua villa con sguardo sul campo di concentramento. La sua recitazione è impeccabile, profonda e favolosa, e mi ha colpito profondamente il suo conflitto interiore quando si rende conto di essersi innamorato di una donna ebrea che tiene come domestica personale. Anche la sua ammirazione verso Schindler è ritratta in maniera particolarmente credibile, e i suoi sospetti quando capisce che Schindler davvero prova ad aiutare gli ebrei.
Spettacolo puro.
Altro merito del film è che, nonostante sia molto lungo, non annoia per nulla; non ci sono veri e propri tempi morti, e ritengo che il “pacing” sia fatto in maniera molto migliore qui che non in “Hitler: The Rise of Evil”, che forse proprio per la sua natura un pò più da film documentario, non ha la stessa intensità di Schindler’s List.

Ralph Fiennes nel suo ruolo di Amon Goeth è impeccabile e probabilmente il migliore attore del film.
Qui siamo di fronte ad un capolavoro del cinema moderno, un film che narra la vita non di una persona sola, ma che ritrae in brevissimi spazi quella di migliaia di persone che hanno subito violenze, torture, terrore, umiliazione, hanno visto in faccia alla morte e ne sono miracolosamente scampati (alcuni, non tutti purtroppo). Come tale, Schindler’s List è un film che consiglio a chiunque di vedere (non è che ci volevo io a dirlo, ma mi sento comunque di sottolineare il messaggio) e fare proprio; ma vedetelo con maturità e coscienziosità. E’ un film che parla di uno dei più grandi drammi della storia dell’umanità, di un fievole raggio di luce scaturito dalla persona di Oskar Schindler in un periodo di totale oscurità, e persone che non sanno cosa sia accaduto durante la guerra, che non sanno com’è perdere una persona a loro cara, non potrebbero probabilmente capire la vastità del significato del film.
E anche io ritengo che, rivedermelo tra dieci anni, sarà un’esperienza diversa da come lo è stato vedermelo ora, a 27 anni.
Capolavoro.
Voto Personale: 9,5/10
Lords of Football
(A cura di Alteridan)
Capita raramente di vedere software house italiane tra gli sviluppatori di videogiochi odierni: escluse realtà già affermate da tempo come Milestone o Artematica, sono in pochi a voler investire nel Bel Paese, soprattutto in questo periodo di ristrettezze economiche e soprattutto nel mercato videoludico.
Eppure qualcosa sta cambiando, ed in meglio: vi ho già parlato diverso tempo fa di Ovosonico, la nuova software house nata a Varese e guidata da Massimo Guarini; quest’oggi invece vorrei parlarvi di Geniaware, altra italianissima software house nata nel 2008 a Reggio Emilia. Geniaware ha da pochi giorni rilasciato il suo primo gioco, scopriamolo insieme.
Catenaccio all’italiana
Lords of Football si presenta fin da subito come un gestionale calcistico piuttosto tradizionale. Durante i primi minuti di gioco dovremo scegliere in quale campionato competere tra quelli dei maggiori paesi europei, la squadra da guidare tra le prime due divisioni del campionato ed eventualmente personalizzare logo e divisa della squadra, oltre a nomi e soprannomi dei calciatori.
Già da queste prime battute si nota il primo difetto del gioco: l’assenza di licenze ufficiali. Non sarà possibile quindi prendere il comando del Real Madrid, della Juventus oppure avere giocatori come Messi, Totti ed altri ma bisognerà accontentarsi di squadre come i Milano Devils con giocatori dai nomi di fantasia.

Il centro sportivo si modificherà nel tempo in base ai risultati raggiunti dalla squadra.
Il tutto è giustificabile: si tratta comunque di un gioco dal budget limitato e l’acquisto di licenze ufficiali avrebbe fatto levitare i costi di sviluppo, ed avrebbe snaturato pesantemente il gioco nella sua interezza. In che modo? Semplicemente perché le licenze vietano lo sfruttamento dell’immagine dei giocatori per attività che non siano prettamente legate al calcio, ed è qui che veniamo al vero cuore di Lords of Football.
Alcolisti anonimi
Lo scopo di Lords of Football, come qualsiasi gestionale calcistico, è quello di portare la squadra da noi allenata ai massimi vertici nazionali vincendo il campionato e magari anche il massimo trofeo europeo (chiamato per l’occasione European Cup). Per fare ciò dovremo allenare i nostri ragazzi attraverso allenamenti specifici per ognuno di loro, dai classici allenamenti fisici con attrezzi ginnici a quelli tecnici come lo slalom per migliorare il dribbling oppure i calci di rigore per migliorare la precisione di chi effettua il tiro e i riflessi del portiere. Il tutto è gestito in tempo reale, basterà infatti selezionare i calciatori e spostarli nell’area del centro sportivo predisposta per l’allenamento che desideriamo far sostenere, sia esso la palestra, la pista di atletica, il campo vero e proprio e così di seguito.
Nel centro sportivo non mancano edifici particolari come il fisioterapista, in grado di curare i giocatori infortunati e di tonificare i muscoli degli altri (rigenerandone l’energia); lo spogliatoio, in cui poter tenere lezioni tattiche; l’ufficio del presidente, dove potremo trovare la sezione dedicata al calciomercato; e anche un ufficio per lo psicologo.
Vi starete chiedendo a cosa possa servire lo psicologo, ebbene in Lords of Football oltre ai parametri meramente tecnici bisognerà tenere in considerazione anche i vizi dei nostri giocatori. Ogni giornata di allenamento sarà infatti divisa in due parti, una mattutina in cui sarà nostro compito assegnare gli allenamenti e supervisionare il loro svolgimento, e una serale in cui seguiremo i ragazzi nella città. Ed è qui che Lords of Football si differenzia pesantemente dagli altri gestionali calcistici: dovremo sempre stare attenti ai bisogni dei calciatori, un giocatore che non riesce a divertirsi non darà il massimo sul campo di calcio e di conseguenza le possibilità di vittoria potrebbero ridursi, lo stesso discorso vale in caso i giocatori siano lasciati a loro stessi in modo tale da diventare dipendenti da qualcosa, sia questa una dipendenza da alcool, da gioco d’azzardo o altro.

Trovare un giocatore a terra con i sintomi di una sbronza non è proprio il massimo.
Il nostro compito sarà quindi quello di tenere sempre d’occhio ogni calciatore seguendolo tra i diversi locali cittadini, se uno di loro dovesse aver bisogno di più attenzioni per soddisfare il proprio ego ecco che possiamo selezionarlo e trascinarlo nel fan club dove potrà ricevere tutti i complimenti che desidera, ma occhio a non lasciarlo troppo a lungo: potrebbe diventare troppo pieno di sé e compromettere la successiva partita, ad esempio cercando di fare tutto da solo non passando la palla ai compagni.
Come Maradona
Dopo ogni giornata di allenamento ci sarà una partita, a questo punto abbiamo due opportunità: lasciare che la cpu calcoli l’esito della partita sulla base di meri calcoli statistici oppure sederci in panchina e influenzare in prima persona la partita.
Nel caso in cui si preferisca questa possibilità, a noi spetterà il compito di scegliere la formazione da utilizzare da una lista comprendente ogni singolo modulo mai utilizzato, dal classico 4-4-2 fino a quelli storicamente meno utilizzati. Potremo anche impostare la mentalità dei giocatori (offensiva o difensiva), il tipo di pressing, i tipi di passaggi, scegliere i giocatori che dovranno tirare i calci di punizione, e naturalmente nominare il capitano.

La schermata delle tattiche è pratica e funzionale.
Una volta che l’arbitro avrà dato il fischio d’inizio potremo in ogni momento mettere in pausa l’azione e dare indicazioni alla squadra, oppure cambiare opzioni tattiche od effettuare delle sostituzioni.
Novantesimo minuto
Lords of Football è un gioco anomalo poiché tenta di unire la complessità dei Football Manager alla spensieratezza e ironia dei The Sims. In linea di massima si può dire che l’esperimento è riuscito, ma non senza sbavature.
Il primo difetto riguarda le sessioni di allenamento: gestire tutti e ventiquattro i propri giocatori può essere difficoltoso nel poco tempo a propria disposizione, manca infatti la possibilità di mettere il gioco in pausa durante le sessioni di allenamento e quindi è sostanzialmente impossibile leggere le schede di ogni singolo calciatore e scegliere l’allenamento migliore. Come se non bastasse la durata degli allenamenti è inferiore alla durata di una partita, cosa fuori da ogni logica anche considerando il fatto che per ogni partita è disponibile soltanto una giornata di allenamenti.

Il tempo scorre e stiamo ancora preparando il campo per gli allenamenti.
Un altro grande difetto è rappresentato dal fatto che alcune partite sembrano avere un esito prestabilito: non importa se i nostri giocatori sono tecnicamente superiori, se il loro morale è alle stelle o se le nostre tattiche sono impeccabili, la squadra avversaria riuscirà sempre a mettere a segno almeno una rete che ci condannerà alla sconfitta.
Queste due enormi pecche, unite ad alcune di minore entità come il comparto grafico decisamente non al passo dei tempi, o il comparto sonoro ripetitivo e poco ispirato, fanno sì che Lords of Football sia un gioco per certi versi interessante ed innovativo ma che purtroppo non riesce a spiccare rispetto ad altri gestionali molto più curati e dettagliati. In ogni caso, per essere il titolo di esordio di una software house alle prime armi, Lords of Football è comunque un gioco da apprezzare.
Voto personale: 6,5/10
Donkey Kong 3
Ve lo sareste mai aspettati? XD
Questa settimana, giusto per confermare il fatto che ultimamente tendo a giocare serie di videogiochi nell’ordine cronologico di uscita, mi sono giocato Donkey Kong 3 per Nintendo Entertainment System. E’ il terzo gioco in cui Shigeru Miyamoto è Game Designer e Director, ed è in un certo senso un seguito di Donkey Kong Jr., anche se questo lo si nota solo per il “3” nel titolo.
De facto, Donkey Kong 3 c’entra poco e niente con i precedenti giochi con il primo personaggio creato dell’universo Super Mario nel titolo. In questi, difatti, il protagonista non è Mario, e DK torna sì come antagonista, ma in un ruolo che non gli si addice per niente. Il giocatore è al comando di Bugman, in seguito rinominato Stanley, che si ritrova come inquilino del suo giardino lo scimmione antagonista di Mario.
Questo sembra “istigare” le api a rubare i fiori che Stanley con tanto amore coltiva, e il nostro bugman deve allontanare le api, zanzare e vermi con il suo spray insetticida dai suoi preziosi fiori.

A quanto pare Mario non è l’unico a non sopportare grossi scimmioni!
Il gameplay, quindi, si rifa in un certo senso a Space Invaders, con Bugman in basso nello schermo intento a “sparare” via le api, zanzari e i vermi che scendono dall’alto. Tutto questo mentre Donkey Kong, al centro dello schermo in alto, scende verso il basso per calare minaccioso su Stanley stesso.
L’unica arma a disposizione del giocatore è quindi lo spruzzo dell’insetticida verso l’alto, che “uccide” le vespe e zanzare con uno o più colpi, paralizza e ricaccia indietro i vermi e costringe DK a risalire le sue liane. In caso DK arrivi verso l’estremo bordo dello schermo, il livello è superato prima del normale, altrimento il giocatore deve resistere per una certa quantità di tempo senza che le api o zanzare rubino i suoi cinque fiori. A fine livello, per ogni fiore extra rimasto, il punteggio aumenta.

In uno dei livelli, liane su cui camminano fastidiosi vermi si spandono da destra a sinistra. Colpite i vermi quando sono ai lati, sennò ostruiranno DK e lo faranno calare in basso con conseguente Game Over!
Il gameplay non è male ma non all’altezza dei precedenti titoli di Miyamoto; purtroppo Stanley può sparare il suo spray solo in alto, e visto che le api una volta preso un fiore devono tornare in alto per deporrlo, Stanley ha comunque la possibilità di colpirle sia all’andata che al ritorno. Il guaio è che al giocatore viene naturale voler indirizzare lo spray verso il lato e/o in diagonale, e il gioco non lo permette in nessun modo.
I livelli per di più sono solo tre, che ciclano all’infinito, e non sono neanche così diversi tra loro (li vedete nelle immagini messe qui in giro). Tutti contengono fondamentalmente degli alberi a bordo schermo, delle piattaforma su cui Stanley può saltare per avvicinarsi a DK, o scendere se necessario, e degli alveari da cui escono le api. Ogni livello ha una sua particolarità, ma non ci sono differenze grosse come ce n’erano nei quadri presenti in Donkey Kong o Donkey Kong Jr..

Vermi, zanzare, api, api-regine, scimmioni… Stanley ha il suo bel pò da fare!
Questa “pochezza” di livelli, unita al fatto che il gioco non ha un vero e proprio obiettivo, se non quello di difendere all’eterno quei cinque fiori con due vite, rende il gioco un pò demotivante dopo poco. Aggiungete a questo che – secondo me – il reparto audio non è all’altezza di quello dei primi due giochi, con musichette molto meno memorabili e fastidiosi effetti sonori per le zanzare e per i momenti in cui DK è prossimo a calarsi su Stanley, ed avete il quadro completo di un gioco che poteva essere fatto molto meglio.
Peccato che di tutta la trilogia originale di DK il peggiore sia proprio l’ultimo, ma c’esta la vie. Se proprio siete curiosi, provatelo su emulatore, non spendeteci soldi dietro, non ne vale la pena.
Voto Personale: 6/10
….. Zam. (chi becca la citazione non vince nulla, anche perchè molto probabilmente non la capirà nessuno 😀 )
A settimana prossima!
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