Il numero precedente, vi sarete accorti era.. spartano di articoli, per così dire. Ma rieccoci qua a dimostrare come quella sia l’eccezione, non la regola, con 5 4 articoli fumanti per voi (e sì, ormai ci siamo affezionati alle analogie con il cibo) da leggere, con evidenza la recensione di un titolo imbevuto di “eighties” fino al midollo, Far Cry 3: Blood Dragon!
Buona let-etc., ormai lo sapete! ;D
Far Cry 3: Blood Dragon
(A cura di Alteridan)
Il primo di aprile è un’occasione per invadere la rete con notizie divertenti e palesemente false, annunci di giochi improbabili compresi.
Ma a volte lo scherzo può essere maggiore se ciò che si annuncia è un titolo reale a tutti gli effetti.
È il caso di Blood Dragon, annunciato da Ubisoft proprio lo scorso primo aprile e in quanto tale non è stato preso sul serio. Immaginate quindi la sorpresa dei videogiocatori di mezzo mondo quando esattamente un mese dopo si sono ritrovati tra le mani questo dlc/espansione di Far Cry 3 e hanno potuto vestire i panni di Rex Colt, il protagonista di questo spin-off stand alone.
It’s 2007! It’s the future!
Partiamo subito con una doverosa premessa: Blood Dragon non ha nulla a che spartire con l’originale Far Cry 3, a parte il motore di gioco, l’essere uno shooter in prima persona e l’essere ambientato su di un’isola. Blood Dragon è a tutti gli effetti un titolo a sé stante.
Le vicende di Blood Dragon hanno luogo in una realtà alternativa in cui il mondo si sta riprendendo da una guerra termonucleare e si svolgono nel 2007, che sarebbe il futuro. Il protagonista è il sergente Rex Power Colt, un super soldato potenziato ciberneticamente, il cui compito sarà quello di trovare il colonnello Sloan e investigare sulla sua apparente diserzione e sulla sua appartenenza ai mercenari Omega Force.

I cyborg dell’Omega Force sono armati di tutto punto: tra i loro ranghi vi sono cecchini, soldati pesanti armati di lanciafiamme e persino cani cibernetici.
Ben presto Rex capirà che Sloan vuole bombardare le principali città del pianeta con un virus basato sul sangue dei draghi che abitano l’isola e quindi sarà sua responsabilità fermare il pazzo colonnello dal raggiungere il suo scopo.
IMMA FIRIN MAH LAZER!
Dal punto di vista del mero gameplay, Blood Dragon si presenta come un classico fps moderno con qualche eccezione.
In primo luogo abbiamo una progressione del personaggio a livelli: uccidendo nemici, completando missioni e svolgendo particolari attività verremo ricompensati con dei punti esperienza che faranno progredire Rex attraverso trenta livelli, ogni livello fornirà un’abilità predefinita al nostro personaggio come un’estensione della salute o una maggiore furtività.

La potenza di fuoco non mancherà mai.
In secondo luogo Blood Dragon riprende la formula di Far Cry 3: seppur molto più piccola, l’isola sarà liberamente esplorabile dando una maggiore libertà di azione al giocatore rispetto agli fps a livelli fissi. Inoltre, per ottenere esperienza extra e potenziamenti per le armi, sull’isola potremo svolgere diverse attività secondarie che saranno divise in due categorie: missioni di salvataggio, in cui dovremo salvare degli scienziati dalle grinfie dell’Omega Force, e missioni di predatore, in cui sostanzialmente ci verrà dato un obiettivo da eliminare a delle condizioni prestabilite (usando solo esplosivi ad esempio). Queste missioni secondarie verranno però sbloccate solo dopo aver liberato le roccaforti dalla presenza nemica. Come eliminare gli Omega Force dalle roccaforti dipenderà esclusivamente da noi: possiamo agire furtivamente, entrare ad armi spianate o addirittura attirare un drago nella roccaforte e lasciare a lui tutto il lavoro.

Le roccaforti hanno tutte strutture diverse e spingeranno il giocatore a pianificare bene le azioni.
Già, i draghi. Questi amorevoli rettili sono una piacevole aggiunta al gameplay poiché spesso rappresentano una variabile imprevedibile: nella maggior parte dei casi sarà possibile evitare lo scontro con questi dinosauri che sparano raggi laser dagli occhi, ma a volte lo scontro sarà inevitabile e il combattimento sarà molto impegnativo.
Draghi al neon
Il vero punto di forza di Blood Dragon è però il setting e l’atmosfera in generale.
Già dai primi minuti di gioco si capisce che il gioco non vuole prendersi sul serio, con un Rex infastidito dai numerosi suggerimenti del tutorial che interrompono sistematicamente l’azione. Inoltre sono sparse qua e la citazioni ad altre opere videoludiche e non.

Un drago in tutto il suo luminescente splendore.
Ciò che è stato realizzata veramente bene è l’atmosfera da b-movie fantascientifico anni 80, con il classico cielo cupo rossastro, luci al neon ovunque (persino sui draghi), improbabili mega computer grandi quanto una stanza, e via dicendo.
Una nota particolare merita la colonna sonora. Suonati dal duo elettronico australiano Power Glove, tutti i pezzi rimandano alla cultura dell’elettronica psichedelica anni 80 e ben si prestano al setting di Blood Dragon.
Super cyborg con super problemi
Purtroppo però così come Rex soffre di alcuni problemi psicologici come una relativa mancanza di fiducia in sé stesso, anche Blood Dragon è afflitto da diversi problemi sia di tipo prettamente tecnici che di tipo concettuale.
Dopo circa un’ora di gioco salta subito all’occhio la povertà di contenuti che può offrire l’isola: tredici roccaforti e solo due tipi di missioni secondarie non bastano per dare un minimo di varietà al titolo. La realizzazione delle missioni secondarie è altalenante, solo un paio offrono un livello di sfida ottimale mentre le rimanenti si completano in pochissimi minuti. Le missioni principali di contro sono divertenti ma sono veramente poche, se ci si concentra solo su queste si può tranquillamente completare il gioco in un paio di ore.

Sarà possibile utilizzare vari mezzi di locomozione per velocizzare i viaggi sull’isola.
Vi è quindi la sensazione di essere in un luogo apparentemente sconfinato ma decisamente vuoto e privo di abbastanza contenuti da giustificare tale estensione.
Dal punto di vista tecnico si registra una buona direzione artistica condita con una discreta pulizia grafica generale, non mancano però alcuni problemi di compenetrazione tra i modelli poligonali e un bug relativamente fastidioso che ha a che vedere con le superfici sconnesse: non sarà raro vedere Rex incastrarsi in un pavimento di pietra e per tornare a camminare bisognerà saltare l’ostacolo, spesso vanificando un eventuale approccio stealth.
Nonostante questi problemi, Far Cry 3: Blood Dragon resta comunque un titolo molto godibile grazie alla qualità del setting, all’umorismo generale e a delle buone fasi shooter che saranno sempre adrenaliniche. Blood Dragon è un titolo consigliato a tutti gli appassionati di anni 80 e per chi cerca uno sparatutto fuori dal comune. Tutti gli altri potrebbero annoiarsi presto.
Voto personale: 7,5/10
Season(ed) of The Witch
(A cura di Wise Yuri)
Hansel and Gretel: Witch Hunters 3D, un film che credo in pochi attendessero con curiosità, od anche sapessero che sarebbe mai uscito. Se però siete appassionati di horror come me, potreste aver scoperto questa bizzarria action/fantasy/horror/splatter in quanto diretta in 3D dal regista di Dead Snow (delizioso slasher/splatter con zombi nazisti, gore ottimo, con una follia divertita reminescente de La Casa, l’originale con Bruce Campbell, per capirci), il norvegese Tommy Wirkola, per cui questa produzione tedesco-americana rappresenta il primo progetto con un grosso budget.
Fatte le presentazioni, passiamo alla semplice premessa del film: come nella favola dei fratelli Grimm, Hansel e Gretel vengono abbandonati nella foresta dal padre, e vagando notano una casa fatta di dolci. Entrano nella casa, ma questa è abitata da una strega malvagia che imprigiona Hansel e schiavizza Gretel. Con un pò di fortuna, fratello e sorella riescono a liberarsi e spingere la strega dentro il forno (trovandosi immuni alla loro magia), arrostendola viva. Liberi, Hansel e Gretel decidono che il loro destino è fare secche più malvagie concubine del maligno possibile, diventando dei cacciatori di streghe che viaggiano per le lande germaniche armati di anacronistiche armi, uccidendo streghe dietro compenso.
Se dopo la premessa non avete chiuso il browser, beh, scoprirete cosa ne penso del film. XD Seriamente, la premessa è ridicola, la storia è molto standard (e l’intreccio parecchio prevedibile), ma non so cosa ci si potesse aspettare mai da un film chiamato Hansel & Gretel: Witch Hunters, considerando anche il trailer. A parte un film d’azione horror/splatter senza troppe pretese, ed il film del norvegese Wirkola questo è, un B-movie con tante armi, tanto gore, streghe fatte a pezzi, divertente e ridicolo, ma senza la pretesa di essere qualcos’altro, onesto. Se cercavate il senso della vita (come evidentemente molti critici che forse hanno sbagliato sala al cinema), beh di sicuro non lo troverete in un film con la tagline “Carneficina Zuccherata” in cui ci sono minigun e quadribalestre, chissà come mai.
Ironia a parte, trovo difficile prendere troppo sul serio un film che non ha intenzione di fare altrettanto con sè stesso. Ma basta con le cose noiose, parliamo dei personaggi e dei mostri! Devo dire che a prima vista sembrerebbe un pò strano avere attori americani a fare i personaggi titolari, con Jeremy Renner (che riconosco come Occhio di Falco di Avengers) nei panni di Hansel, e Gemma Arterton in quelli di Gretel, considerato come il resto del cast è principalmente nordico, ma d’altro canto sarebbe stato difficile “vendere” questo tipo di film a livello mondiale senza facce note o “amerighane”. Ad ogni modo, oltre al duo di fratelli ammazzastreghe, abbiamo il classico sidekick, il fan degli eroi che sa tutto di loro e gli vuole aiutare, il classico cattivo umano che è contrario ad avere Hansel e Gretel nella sua città, e le streghe, ovviamente, che hanno anche un troll a servirle. Il design delle streghe è abbastanza vecchio stile (parecchie sono vecchie o mostruose, usano bacchette ed anche bastoni speciali come scope per volare), ma hanno un che di mostruoso. non è male, l’unica cosa che trovo ridicola (nel senso ridicola anche per questo film) è come una delle streghe abbia dei capelli ritti da far invidia ad un super sayan. XD I personaggi sono pressapoco tutti molto stereotipati, ma sono stereotipi gradevoli e quasi mai davvero fastidiosi, adempiono ai loro ruoli, e basta. Le recitazioni non sono male, nulla di speciale o degno di nota, ma decenti e sopra le righe quanto basta per funzionare in questo polpettone action/splatter. 🙂
Gli effetti speciali sono un misto di classici effetti “artigianali” e computer grafica, non sono male, ma in alcuni momenti lasciano a desiderare, e si passa da alcuni fatti bene ad altri un pò farlocchi: per esempio, il troll è (come immaginabile) creato via computer grafica, ed è fatto bene; altro esempio sono alcune esplosioni o persone fatte a pezzi, ed in alcuni casi è computer grafica un pò tirata via, mentre in altri è un classico effetto speciale “fatto a meno” ed è più plausibile, e viceversa. In generale, gli effetti speciali sono molto gradevoli, ma sono di qualità altalenante, ironicamente ho trovato molto più competenti quelli presenti in Dead Snow, che era un film con molto meno budget a disposizione. Quasi dimenticavo, il 3D. beh, è il solito 3D cinematografico usato nei film horror, per farvi vedere un coltello o pezzi di strega arrivarvi in faccia, solita robetta, tutto sommato un extra godibile per questo tipo di film, ma avrei preferito la scelta di vederlo in “2D”, tendenzialmente sono contrario al 3D, è una tecnologia superflua usata per cercare di “incartare” meglio prodotti che spesso non sono un granchè, nel tentativo di indorare la pillola (senza un biglietto scontato, dubito avrei mai visto questo film al cinema).
per quanto riguarda le connessioni con la fiaba originale, beh, sono quasi inesistenti, come potevate immaginare; il film riprende la premessa di base della fiaba e si pone la domanda “E se Hansel e gretel avessero ucciso la strega cattiva, fossero cresciuti e diventati cacciatori di streghe?”. Oltre a riprendere le idee base, il film ne inserisce alcune sue (o interpreta in altro modo alcune di quelle presenti nella fiaba), non sempre funzionano, e sono più dettagli che altro, ma sono apprezzabili.
Cosa non mi è piaciuto? Beh, l’humour poteva essere meglio, ed il lato comico poteva venire più dalle battute, ed un pò meno dalle battaglie, che comunque sono divertenti e passano dal semi-serio al ridicolo con facilità (con persone che volano dalle finestre e cose simili con lanci e propulsioni assurde XD), ma si poteva fare di più, e far ridere non solo per la lotte in continuo swing tra semi-serio e commedia slapstick (cioè la classica commedia delle azioni esagerate, esempio banale la torta in faccia od il manico del rastrello calpestato nel muso).
L’altra cosa che ho trovato un pò deludente è che non c’era molto gore, cosa strana per un b-movie tutto concentrato sull’ammazzare streghe con fucili a canne mozze, balestre, con scene d’azione violente ed esagerate. Non è che non ce ne fosse di gore, ma si poteva fare molto di più, sia a livello quantitativo che creativo, forse il dover commercializzare meglio (e quindi dargli un rating meno restrittivo) c’entra qualcosa, ma non voglio cercargli scuse, è un film horror/splatter stranamente “tranquillo e meno violento del previsto”, ma ciò non è esattamente un pregio per il tipo di b-movie che è, basato su quanto violenza assurda e ridicola si può mettere a schermo. Ultima cosa, il finale che pianta le basi per farne un franchise… Mh. Non che mi dispiacerebbe vedere seguiti di questo film, ma personalmente trovo ciò un pochino pretenzioso e prematuro, più che altro perchè non mi sembra un film capace di fare abbastanza soldi per produrre seguiti. Ma considerato quanti seguiti indegni ed osceni che non avevano motivo di esistere sono stati fatti, non vedo perchè non ci dovrebbe essere un Hansel & Gretel 2.
Commento Finale: Hansel & Gretel: Witch Hunters è un B-movie onesto che mischia azione, fantasy, horror, splatter, e si diverte ad essere quello che è, senza pretendere di essere qualcosa “di più” solo per il gusto di farlo. Le recitazioni, i personaggi, la storia e l’intreccio sono prevedibili e stereotipati, ma non sono osceni, e servono come pretesto per vedere scene d’azione assurde, esagerate, divertenti, e gore altrettanto sopra le righe, con un ritmo sempre buono, e senza mai l’impressione che il film stia cercando di prendere tempo: il tripudio di budella di strega, armi anacronistiche ed assurde che sparano allegre alle malvagie megere, e lotte che volteggiano di continuo tra il semiserio e il comico, tutto procede liscio con pochi momenti morti, il che è indubbiamente un pregio. Forse non un buon film per gli standard normali, e nulla di nuovo, ma divertente e molto godibile (specialmente per gli appassionati dell’horror/splatter) se preso per quello che è. Come B-movie poteva esagerare molto di più, ma rimane comunque un film ok, che si lascia guardare, ma rimane difficile da consigliare ad utenza diversa da quella degli horror/splatter o dei b-movie in generale. Prendetelo per quello che è, perchè questo film non cerca di essere altro. ;D
The Fast and the Furious: Tokyo Drift
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Tra non molto uscirà nelle sale di tutto il mondo la sesta parte della famosa saga automobilistica con, per lo più, protagonisti Vin Diesel e Paul Walker. Ho iniziato a recensire questa serie di film nel remoto Weakly Hobbyt 36, e parlato del suo seguito diretto nel poco meno remoto Weakly Hobbyt 42. Ere geologiche fa, insomma! Quest’oggi inizia la seconda parte delle mie recensioni veloci e furiose di corse automobilistiche! 😉
La trama, sorprendentemente, non narra le vicende nè di Dominic Toretto, nè di Brian O’Conner, ma si sposta in direzioni totalmente diverse, seguendo invece le disavventure del giovane Sean Boswell, 17-enne di Alabama, che però ormai ha dovuto fare talmente tanti trasferimenti scolastici da non sapere neanche più dove si trovi al momento. Motivo dei continui traslochi? La sua passione per i motori, che lo spinge sempre a gareggiare, con consequenze non sempre buone.
A inizio film, assistiamo all’ennesima bravata di Sean. Sfidando il galletto della scuola di turno (Clay), per impressionare la sua ragazza (Cindy), Sean gareggia con la sua Chevrolet Monte Carlo contro l’avversaria Dodge Viper in un cantiere. Inutile dire che la gara finisce con un grosso incidente che distrugge le due macchine e gran parte del cantiere. Essendo sia Clay che Cindy di buona famiglia, non subiscono arresti di alcun tipo, ma per Sean la situazione è diversa.

Sean Boswell (Lucas Black) è un appassionato dei motori senza paura.
E’ così che la madre di Sean lo manda a Tokio, dal padre che è stazionato lì con gli US-Navy. I patti del padre sono: lontano dai guai e lontano dalle macchine.
Inutile dire che Sean si mantiene a queste regole per esatti 5 minuti di film, per poi fare amicizia, dopo il primo giorno di scuola, con un altro figlio di militari, Twinkie, che ha contatti con l’underground di Tokyo, e in particolare con le drift race, gare di sbandate che si tengono in parecheggi multipiano. Lì incontra, dopo averla intravista a scuola, Neela, una ragazza che sembra a sua volta non di origini Giapponesi, e che Sean pensa sia, come lui, condannata a stare lì perchè figlia di immigrati. Per sua sfortuna, parlando con Neela, Sean attira le ire di Takashi, l’attuale Drift King della città. Sean, nonostante Twinkie gli dica che DK fa parte della Yakuza, non teme l’avversario, e lo sfida, pur non avendo la macchina.
A fargli da garante è Han Seul-Oh, che gli presta la sua Nissan Silvia, e con la quale Sean gareggia non avendo la più pallida idea di come si drifti. Il ragazzo, inutile dirlo, perde miserabilmente e distrugge totalmente la macchina prestatagli. Han gli consiglia di non lasciare la città. Considerando che il padre di Sean lo mette in castigo, al protagonista non rimangono di certo molte opzioni.
E’ così che inizia a lavorare per Han, che lo considera la “kriptonite” di DK (ovvero Takashi), e inoltre vede qualcosa in lui che non sentiva dentro di se da un pò. In cambio delle commissioni e dei giri di guida che Han fa fare a Sean, al giovane viene insegnato a driftare… e piano piano, Sean inizia anche a fare colpo su Neela, dopo un inizio pieno di pregiudizi e spacconagine.

Neela e Takashi (Brian Tee) sono legati da una tragedia comune, ma il loro rapporto non è destinato a durare.
La situazione cambia quando a visitare Takashi (che ha appena rotto con Neela) è lo zio Kamata, uomo di alto rango nella Yakuza locale. Kamata gli fa notare come Han stia rubando mensilmente dei soldi a Takashi, e gli fa chiaramente capire che vuole ogni spicciolo che gli sia stato rubato. Irato, Takashi ed i suoi scagnozzi vanno da Han per farsi ridare i soldi e poco dopo scoppia un inseguimento. Sean e Neela in una macchina e Han nell’altra cercano di seminare i due giovani Yakuza, ma quando Han interviene per salvare Sean e Neela, viene coinvolto in un incidente con una terza macchina. Sean e Neela non hanno il tempo di reagire, quando la macchina di Han esplode.
In lutto, i due tornano a casa del padri di Sean, dove però li raggiunge DK e dopo un breve confronto che include anche il padre di Sean, DK prende Neela e se na và. Il padre di Sean gli dice che dovrà tornare in America subito, ma Sean dice che è stanco di scappare e che vuole affrontare i suoi problemi.
Così, trova i soldi che Han deve a Takashi e li porta a Kamata in persona. Si scusa inoltre dei problemi che gli hanno causato la rivalità tra lui e il nipote, e propone una gara per decidere che deve lasciare la città per evitare ulteriori guai. Kamata accetta, e DK e Sean si sfidano su un percorso montano che fino ad ora solo DK è riuscito a terminare. Modificando una Ford Mustang GT con i pezzi della Nissan Silvia di inizio film (tutte le altre macchine di Han sono state confiscate dalla polizia, eccetto la Silvia, distrutta), Sean riesce dopo una lunga gara a battere DK e rimanere a Tokio con la benedizione di Kamata.
A fine film, Sean viene sfidato in una gara di drift da Dominic Toretto, che si dice un vecchio amico di Han.

Sean impara a driftare…
Tutto sommato, Tokyo Drift è un bel film; ci sono decisamente meno scene di gare e macchine e la storia è un tantino più prevedibile che nelle altre entry della serie, ma al contempo ci sono quelle che chiamo “chicche di saggezza derivate dalla cultura giapponese” che danno alla serie quel tanto di filosofico in più che non guasta mai.
I personaggi del film sono okay; Lucas Black nel ruolo di Sean Boswell, stranamente, è uno dei personaggi meno interessanti del film, e per quanto la sua recitazione non è proprio malvagia, è il suo carattere a lasciare un pò perplesso, spaccone e cerca guai che nonostante tutto deve piacere al suo pubblico. Altretanto strano è il personaggio di Neela, che non credo abbia davvero una ragione di sentirsi attratta da Sean, se non per il fatto che sono entrambi “gaijin”, ovvero stranieri in terra giapponese.
L’unico personaggio davvero memoriabile, secondo me, è Han, pieno di sfaccettature e dotato di una certa saggezza non comune in film di questo calibro. Mi piace moltissimo il suo modo di interpretare sia la vita che le gare con le macchine. In particolare mi è piaciuta la frase “Sono le persone con cui ti circondi a mostrarti chi sei davvero.”. Takashi, a sua volta, è ottimamente riuscito come personaggio, lui si un vero spaccone con la faccia tosta da yakuza, con una storia non banale alle sua spalle e con quel mix di reverenza e rispetto unito a disprezzo che rende i “cattivi dei film memorabili.
Insomma, ottime le performance di Brian Tee (Takashi) e Sung Kang (Han).

Han (Sung Kang) è il personaggio meglio riuscito dell’intero film.
Quando ci sono inseguimenti e corse con le macchine, queste non sono male, anche se inferiori sia a quelle di The Fast and The Furious, che a quelle di 2 Fast 2 Furious. Il film però, nel complesso, è esteticamente molto bello (tranne la macchina di Twinkie, una pessima Volkswage Touran tematizzata con Hulk!) e ci sono degli sguardi sulla cultura pop e sulla vita quotidiana giapponese niente male (anche se non so, ovviamente, quanto siano accurati). Per di più, il film ha quella che per quel che mi riguarda è la migliore colonna sonora nella serie Fast & Furious ad oggi. Peccato che sia scollegata a livello di trama dagli altri film (almeno per ora) e che il protagonista principale sia meno interessante di gran parte degli altri protagonisti.
Ciononostante, mi sento di poterlo raccomandare ai fan della serie.
Voto Personale: 7,5/10
A crush and push and the land is ours
(A cura di Wise Yuri)
Sebbene le lamentele che molti fecero alla libreria PSP fossero in parte fondate (effettivamente c’erano un pò troppi porting e remake non necessari, come quello di Ape Escape), c’è da dire che ciò non impedì affatto a molti titoli nuovi (e non porting di quello o quell’altro) di arrivare sulla portatile Sony. Tra questi c’era anche un puzzle/platformer chiamato Crush (sviluppato da Zoe Mode e pubblicato da Sega), un perfetto esempio di videogame meritevole a cui nessuno ha giocato, la cosiddetta perla dimenticata.
Solitamente qui passerei direttamente a parlare del gameplay, ma a sorpresa Crush ha anche una storia che – una volta tanto – non è un pretesto e basta per farvi affrontare i livelli, ma qualcosina di più. La premessa vede Danny, un ragazzo ventiduenne depresso e che non riesce più a dormire, con un insonnia tale che viene ospitalizzato per questo, e che lo porta a contattare uno scienziato pazzo, il Dr. Roubens. Questo collega Danny al suo congegno denominato C.R.U.S.H., ipnotizzando il ragazzo ed utilizzando la macchina per scavare nella sua memoria e scoprire cosa gli impedisce di dormire, quale paura o tensione lo bloccano. Il tutto è raccontato attraverso le scene di intermezzo disegnate (nel senso che non sono animate) tra livello e livello.
La particolarità di Crush è la meccanica di gioco, che ha come fondamenti la possibilità di modificare la visuale ed di effettuare il titolare “crush”, che fa passare il livello dal 3D al 2D, ed a seconda di com’è impostata la visuale il “crush” ha effetti diversi. Per esempio, se effettuato con la visuale dall’alto, un crush livella tutte le piattaforme (permettendovi, ad esempio, di camminare in un altro punto, annullare il crush, e ritrovarvi in una piattaforma molto più bassa, che non sarebbe stata raggiungibile in altro modo), mentre farne uno con la visuale laterale può creare scalini o permettervi di camminare su una superficie che prima non esisteva. E ci sono diversi tipi di blocchi ed oggetti che reagiscono in maniera diversa al crush, come un blocco che diventa vuoto e può essere attraversato (in quanto non è più un ostacolo fisico). Come al solito per i puzzle game, è più facile mostrarvi il gioco in azione che spiegarlo a parole, quindi eccovi un video di gameplay:
Ad ogni modo, oltre a poter effettuare un crush, Danny può fare un piccolo salto, abbassarsi e camminare abbassato, e spingere oggetti. Oltre alla particolare formazione dei livelli, ci sono interruttori, nemici ed altri elementi ad arricchire il tutto. Il gioco è diviso in quattro blocchi, ed ogni blocco presenta 10 livelli più i vari tutorial (che spiegano come funzionano i nuovi elementi di gioco presenti nei livelli di quel blocco). L’obiettivo principale di ogni livello è raccogliere un certo numero di sfere per aprire l’uscita e raggiungerla, ma nulla vi impedisce di raccogliere tutte le sfere del livello, o cercare i pezzi di puzzle ed i trofei. Una cosa buona è che non dovete necessariamente finire tutti i livelli di un blocco per sbloccare il successivo (ad eccezione dell’ultimo “mondo”, o blocco, che vi richiederà di terminare tutti i livelli per vedere il finale), specialmente considerando come i livelli diventino progressivamente sempre più difficili e complessi, con sempre qualcosa di nuovo da usare o tenere a mente.
Parlando di difficoltà, il gioco ha una buona curva di difficoltà e picchi di difficoltà improvvisi quasi pari allo zero, ed evita di buttarvi nei livelli senza sapere le basi o come funzionano i nuovi elementi di gioco, ma comunque non me la sento di consigliarlo a giocatori non avvezzi ai puzzle game difficili o con poca pazienza, perchè il gioco può indubbiamente risultare frustrante, molto frustrante, visto che spesso dovrete esplorare ben ben un livello prima di capire come proseguire (il cosiddetto approccio trial and error), ed in generale il livello di difficoltà non tende al basso per niente, certi stage metteranno alla prova la vostra abilità, ingegno e pazienza, anche troppo. Ma è fattibile, in quanto la difficoltà non viene da mezzucci atti a rendere il tutto artificialmente più difficile.
Oltre alla modalità di gioco principale (la Storia, se volete), c’è una modalità Trofeo che vi farà sudare come porci e vi farà spremere ogni goccia di abilità che avete. 😀 A livello tecnico Crush sfrutta molto bene l’hardware PSP, con ottimi modelli poligonali, un comparto sonoro curato ed accattivante, e caricamenti nella norma, mai troppo lunghi. Molto interessante lo stile dei livelli e delle cutscene, in tono con il resto del gioco, dark e onirico. I controlli sono semplici e comunque potrete rivederli in qualsiasi momento premendo Select. Esiste anche una versione per Nintendo 3DS, Crush 3D, un porting con gli stesso gameplay e gli stessi livelli, ma con una storia ed uno stile grafico completamente diversi (quest’ ultimo plasticoso e con quel che di manichini da test, da Sbullonati, per i più anziani). C’è una demo disponibile sull’eShop del 3DS, dategli un’occhiata se interessati.
Commento Finale: Crush è un puzzle/platformer impegnativo ma soddisfacente, con una meccanica originale e fresca, un level design ottimo con livelli creativi, complessi, con sempre qualcosa di nuovo da mostrare ed inserire nel gameplay, una buona longevità e rigiocabilità, un comparto tecnico più che degno della console, ed una storia a sorpresa più elaborata ed interessante della media del genere (in cui solitamente è poco più che un pretesto per farvi giocare) che aumenta il fattore immersione di non poco. L’unico difetto vero e proprio è un approccio a volte un pò troppo trial and error, ma il level design premia principalmente il colpo d’occhio, l’analisi, il tempismo, e la pazienza che il gioco vi richiede viene effettivamente ripagata. Come accennato prima, esiste anche una versione per Nintendo 3DS, ma personalmente non mi piace affatto il nuovo tono e stile grafico, quindi vi consiglio la versione originale per PSP, recuperabile anche a poco. Titolo misconosciuto ma davvero meritevole per gli amanti del genere (e non solo), andate a giocarlo! 😀
Feticisti del neon (o dei draghi) o meno, settimana prossima… ci ritrovate qui dove ci avete lasciati! ;D
24 Maggio 2015 alle 13:19
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