Potremo usare questo spazio per illuminarvi, per sconvolgere le vostre menti, o potremo usarlo male, cercando di sembrare profondi, per dirvi i contenuti del numero già descritti nel banner, o per gonfiare l’intro a due/tre righe con il nulla. O potremo lasciare i fatti (o gli articoli, in questo caso) parlare per noi.
Quindi buona lettura, surfers e marinai della rete! ;-D
Asterix in Belgio
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Questo è l’ultimo albo di un’intera epoca di fumetti di Asterix e Obelix. Renè Goscinny, infatti, muore durante la realizzazione di questo albo, a causa di un malore avuto nel 1977. La storia, pubblicata in maniera postuma, compare per la prima volta nei negozi nel 1979. Andiamo a descriverne la trama…
Quando Asterix ed Obelix notano che i romani di ritorno a Laudanum, uno dei quattro accampamenti che circondano il villaggio gallico, sembrano essere allegri del loro ritorno, il duo si insospettisce. Quando scoprono e notificano il loro capo che questi sono di ritorno dal Belgio per riposarsi, Abraracourcix decide di andare in Belgio per capire come mai Cesare definisce questi sconosciuti più coraggiosi della sua tribù. Quando nessuno del suo villaggio la vede come lui, irato, Abraracourcix decide di partire per il belgio da solo, se non fosse che Panoramix incita Astrerix ed Obelix di seguirlo. Dopo iniziali diatribe, il gruppo si rappacifica e infine incontra i belgi in Belgio. Assistono subito a come questi distruggono un forte romano, in gruppo.

Sono questi i gentiluomini che Cesare descrive come i più coraggiosi tra i galli.
Abraracourcix, indispettito e sfidato, va con Asterix e Obelix verso un altro accampamento per distruggerlo in tre.
Segue una nuova diatriba, in cui ovviamente nessuno ha la meglio, e alla fine della quale i belgi ed i galli fanno amicizia. Vanno così assieme al villaggio belga, dove le donne organizzano uno “spuntino”, prima che Abraracourcix ed i capi dei belga, Birranostranix e Vanderscappapipix, decidono i patti della scommessa. I due gruppi avrebbero tentato di creare il massimo scompiglio in belgio, in modo da attirare l’attenzione di Cesare, per poi costringerlo a salire in belgio e decidere se siano più coraggiosi i galli celtici o i galli belgi. Il piano riesce, ma i due gruppi pareggiano di continuo, distruggendo un pari numero di accampamenti. Quando infine Cesare sale in Belgio, questo ammassa la sua armata con tanto di armi da guerra per distruggere lo spirito ribelle dei suoi “sottomessi”. Quando poi, Asterix ed Obelix, nelle vesti di ambasciatori, spiegano a Cesare la faccenda, l’imperatore si arrabbia ancora di più, e con ancora più uomini e truppe giunge in battaglia, dando del filo da torcere ai belgi.

I citati di Cesare vengono usati più e più volte!
Questo, finchè non intervengono in battaglia, ovviamente, Asterix, Obelix e Abraracourcix, che massacrando a suoni di ceffoni i romani, incoraggiano a una nuova lotta gli alleati Belgi, mettendo infine in fuga le armate di Cesare. Quando questo si vuole battere di persona con i due capi, questi gli spiegano che vogliono solo sapere chi tra loro è il popolo più coraggioso. Cesare li manda all’inferno, definendoli pazzi entrambi, ponendo fine alla diatriba.
Inutile dire, che per tutti è festa grande, sia al villaggio belga, che poi di ritorno a quello gallico, in aremorica.
Bell’albo, anche se il finale sembra un pò rushato, indubbiamente anche a causa della scomparsa di Goscinny. Comunque sia, il confronto tra galli e belgi è bellissimo, anche perchè viene preso direttamente da una frase di Cesare scritta nel De Bello Gallico che, voglio immaginare, Goscinny abbia letto giusto prima di inventare la storia dell’albo. La trama è divertente e mi piace molto il ruolo di giudice di Cesare nell’albo.

Uderzo si conferma uno dei migliori disegnatori del panorama francese.
I disegni sono belli, anche se volutamente prendono una connotazione più cupa e triste nelle ultime pagine, colorate e disegnate dopo la morte di Goscinny. Credo che comunque Uderzo sia giunto a una bravura di disegno superiore in questo albo, e si permette anche una caricatura di un dipinto di Pieter Bruegel, Il Matrimonio Contadino.
Il finale, per quanto sia rushato, è comunque abbastanza poetico. Un albo che davvero chiude in bellezza il ciclo narrativo di Goscinny, uomo mai rimpianto troppo.
Voto Personale: 8/10
Dull Steel
(A cura di Wise Yuri)
Nel nostro continuo viaggio senza direzione tra videogame del presente, passato e futuro (futuro nel senso: tra due mesi sarà passato), oggi fermiamo la nostra Delorean nel 2006, nello specifico in ambito Wii, con il titolo di lancio Ubisoft che assieme alla console nintendo stessa, prometteva rivoluzioni, in questo caso del FPS con motion controls e combattimenti all’arma bianca. E come ormai già saprete, il risultato fu un titolo “mezzo cotto” e portato giù dalle sue stesse caratteristiche, ma comunque interessante a sufficienza per parlarne nel dettaglio.
Dalla sua il titolo Ubisoft ha una buona varietà di situazioni, una buona colonna sonora, e l’ambiziosa idea di unire alla classica meccanicha degli shooter i combattimenti con spade. Di per sè è un fps nella media, moderno ma con lasciti della vecchia scuola, come tessere/pass da trovare per sbloccare porte.
Parlando di storia, di personaggi e di presentazioni, si ha l’impressione di aver di fronte un lavoro amatoriale, specialmente nelle risibili “slideshow di intermezzo”, che cercano di giustificare con una scelta stilistica, ma comunque da un feeling amatoriale, low budget, specialmente quando incominciano a riciclare questi slideshow/transizioni. Non aiuta poi la stereotipata storia da film con la yakuza (con l’unica differenza che giocate nei panni di un non-giapponese, un gaijin, termine che il gioco vi martella nel capo a forza di ripeterlo di continuo), con personaggi stereotipati, per lo più noiosetti (con però alcuni momenti involontariamente esilaranti, tipo la figlia del maestro del dojo, che ad un certo momento vi lascia il suo portafortuna e vi tratta come se fosse amanti da sempre, lì mi sono messo a ridere, quando si dice sporadico e “da dove diavolo è venuto fuori sta roba?” XD), un’intreccio prevedibile ma passabile, ed un protagonista – di nome Scott – muto e senza personalità che non spiccica una cazzo di parola in tutto il gioco, andiamo, non siamo più nell’epoca PS1/prima PS2. E non vale la scusante Link.
Ed a questo proposito, a livello tecnico il titolo è esattamente quello che si intende con “grafica da primi titoli Wii/tarda PS2”, e non voglio essere molto cattivo con un titolo di lancio, ma secondo me era datato anche all’uscita, con texture per lo più grezze e poco definite, sì meglio di un titolo PS2 in generale, ma proprio di poco (ed in alcuni casi peggio), con modelli poligonali appunto passabili e poco altro (btw, lip synching molto ballerino, e doppiaggio buono) ma tutto sommato per un titolo di lancio per Wii, ci si può passare sopra. Peccato che in generale Red Steel abbia questo feeling grafico di blando e poco rifinito, e stilisticamente è stereotipato come vi potete immaginare. Le tracce musicali invece sono niente male. E nonostante il titolo, Red Steel è un gioco pulito, “blood free”, non che importi molto il gore nei fps, Soldier Of Fortune sono un buon esempio di ciò.
Ciò che impedisce al titolo Ubisoft di diventare un buon gioco e di proiettarsi oltre la media del genere è lo stesso motivo per cui invece doveva – e poteva – esserlo: i controlli.
Parliamoci chiaro, non rovinano del tutto l’esperienza, ma alcune scelte di design ultimamente pesano in quanto molto gimmicky, più per usare a forza il motion control invece di farlo con senso, ed affossano in più ambiti il titolo. L’accoppiata Wii Mote & Nunchuck di per sè risulta ottima per un FPS, c’è però un singolo ma essenziale problema: il reticolo di mira e la visuale.
Per un FPS, è un enorme (a dir poco) problema avere una visuale che spesso si “blocca” in un certo angolo od un reticolo di mira che spesso ha attacchi di parkinson anche se non muovete il wii mote, ed anche cercando di aggiustare la sensibilità del wiimote nelle impostazioni, sarà sempre eccessivamente sensibile od il contrario. Ciò su carta renderebbe il titolo ingiocabile, ma fortunatamente non è mai un problema così marcato da rendere impossibile giocare (nel senso non succede di continuo, sebbene troppo spesso), e ci si può abituare, visto che in aiuto del giocatore c’è il poter fare il lock on su un nemico, funzione essenziale e che da sola risolleva il gameplay, seriamente, senza il titolo sarebbe al limite dell’ingiocabile. Il problema c’è eccome, ma non è così pressante da impedire di giocarci del tutto. E quando funziona, funziona bene eccome, ad essere franchi, è spiazzante.
Poi ci sono scelte di design discutibili, come il fatto che per zoomare dovete muovere il wii mote avanti od indietro, è scomodo e basta: in generale, è fastidioso vedere il motion control usato solo perchè è una novità, allora mettiamolo in tutto anche se magari sarebbe meglio evitare di usarlo per… il solo gusto di usarlo. Ci sono anche cose buone, come il potere del Focus, che permette di rallentare il tempo e mirare più bersagli per poi colpirli uno dopo l’altro, o disarmarli mirando alle loro armi, e mentre in questo stato muovere il wiimote in su e giù per farli lasciare le armi a terra, il che è ganzo e serve un pò a far da pezza ai problemi del reticolo di mira.
Una cosa che però non è chiara è a cosa servono i cosiddetti punti Respect, che ottenenete risparmiando gli avversari sconfitti in un duello tra spadaccini (oltre ad eseguire in combattimento alcune mosse speciali), o disarmando e facendo arrendere nemici nelle sezioni shooter: sì, aumentano l’indicatore di onore visibile nel menù di pausa, ma non se ne capisce il senso pratico, se c’è.
Il titolo di per sé è un normale FPS, ma prova ad offrire una certa varietà, e in gran parte ci riesce, sebbene strutturalmente sia un vecchio FPS, con sparatorie in uffici, cucine, porti, un po’ di platforming, l’occasionale tessera/chiave da raccogliere per sbloccare una porta, in particolare nel bizzarro stage dei giochi di Testuo (decisamente il più memorabile del gioco), dal tono un pò horror, con manichini di ragazze stile anime, uomini armati vestiti come i manichini della ragazza anime, tizi vestiti da simil-godzilla, conigli esplosivi, tizi vestiti di nero che agiscono al buio con una maschera bianca, etc.
Quello che però risulta difficile da abituarsi a è la presenza di alcuni bugs, come in una situazione vi ritrovate “congelati” nell’animazione di sguainare la spada, quando invece la battaglia è finita e vi stanno sparando addosso, sono morto una volta e poi agitando il wii mote e nunchuck mi sono “decongelato”, riuscendo a proseguire. Un’altra volta ancora è successa una cosa simile: dopo aver aperto una finestra scorrevole, il vostro personaggio entra nella solita animazione che precede lo sguainare la spada, e vi trovate bloccati così, forse perchè il gioco pensa che siate già passati dalla finestra (anche se non lo avete fatto), e dopo ci sia un combattimento con katana, che in effetti c’è.
Od altre situazioni che vi fanno venir voglia di lasciar perdere in toto, come l’iniziare uno dei livelli finali senza armi e spada (anche se nel livello precedente l’avevate e di solito le armi si mantengono da missione a missione), entrare in un salone pieno di nemici, vedere una pistola, e non poterla prendere perchè non appare l’icona che indica una possibile interazione con l’oggetto/arma, e sta cosa mi è capitata per ben 4 di volte, fino a quando non vi accorgete che….. avete le armi ottenute nel livello precedente, ma dovete premere destra e sinistra sul d-pad del wiimote (e normalmente non bisogna fare così), scorrere le armi per sfoderarle, altrimenti Scott se ne sbatte di tirare fuori le pistole da solo, per cosa poi, per proteggersi e sparare a gente che ti spara contro? Naaah.
Fosse un caso singolo ed isolato non parlerei neanche di questi bugs, ma ce ne sono altri come questi, solo meno irritanti (seppur fastidiosi), ma alla fine si accumulano, e la summa è un pout-porri di momenti frustranti, morti gratis che si potevano evitare tranquillamente, specialmente quando non riuscite a capire chi cazzo vi spara contro, per morire un sacco di volte e scoprire dopo che erano nemici su tetti, capaci di colpirvi con una precisione incredibile a distanza ragguardevoli anche con un uzi ed attraverso superfici solide e spesse come rocce.
Il combattimento con spade è purtroppo sub-ottimale, ed è un peccato, perchè è la caratteristica che distingue il titolo dalla massa, e ci avevano chiaramente speso energie per far funzionare il tutto: ci sono tutorial estensivi, un sistema di fondo ben pensato ed anche un dojo dove imparare nuove mosse – dette kata – e ce ne sono un buon numero. Ma alla fine il tutto è in gran parte rovinato dal solito problema che attanaglia il resto del gioco: l’imprecisione dei controlli motion. E prima che lo chiediate, no, non potete saltare qualche combattimento minore, sono tutti scriptati e inevitabili.
Gli avversari sono perlopiù di due tipi: quelli che usano attacchi normali parabili, e quelli che usano quelli non parabili. Più gli spadaccini più esperti, boss e mini-boss se volete, che mischiano i due tipi di attacchi, e parano molto meglio.
Il problema è che siccome compiere mosse elaborate non ne vale la pena (in quanto spesso il gioco riconosce male i movimenti del wii mote e del nunchuck, con risultato di prenderle mentre cercate di eseguire una mossa sperando che il wii mote non capisca un’altra direzione), in gran parte le battaglie con spade consistono in voi che spammate colpi di base e schivate, contrattaccando quanto potete (la parata/contrattacco funziona bene, almeno quella), o tentando di usare le mosse speciali – tipo quella a martelloche funziona, e basta, il resto in teoria sarebbe utile – ma visto che un buon 80 % delle volte il wiimote riconosce male la direzione del colpo – idem con il nunchuck che riconosce bene solo il movimento verso il basso – gran parte dei kata diventano impraticabili ed inutili.
In ogni caso l’IA nemica nei combattimenti con katana è molto sporadica, e passa dal facilmente vincibile spammando attacchi a raffica e schivando il giusto, a tizi che parano tutto e riescono a colpirvi più volte di fila (quando voi non lo potete fare, a meno che l’IA per miracolo non scazzi e vi permetta di insaccare tantissimi colpi), con punte di difficoltà estremamente irritanti ed ingiuste, tipo la matrona dei locali con geishe, che è troppo forte rispetto ai nemici incontrati prima di allora, ed ha anche uno scudo, meno male che una volta scoperto la soluzione per vincere (ciò spammare l’attacco a martello, che meraviglia) va giù.
Alla lunga le battaglie diventano più un fardello che altro, e fonte di tantissima frustrazione, specialmente quando il gioco vi tira addosso assurdità come un boss che ha una katana avvelenata, e se vi fate colpire, puff, la barra delle vita si azzerra quasi subito, solo a sapere che 3 secondi dopo il boss la ripone ed usa una non avvelenata, che potete spezzare con facilità usando il martello (tattiche cheap per difficoltà cheap, barate perchè il gioco non vi lascia altra scelta, con nemici che passano da idioti che prendono tonnellate di mazzate a superuomini che parano tutto, possono colpirvi 4 volte di fila e non potete farci nulla, necessitano di essere sbilanciati per poter essere colpiti, il tutto nel giro di pochi secondi, questi sono i ninja).
Se non è quello, è una soluzione incredibilmente stupida e controintuitiva, tipo far mancare i colpi dei boss con la barra rossa, in modo che questa si svuoti e possiate abusare delle solite due tre tattiche cheap. E non devo dirvi come sia deleterio che un titolo che si vende sulla particolarità di combattimenti all’arma spada via motion control alla lunga vi faccia “temere” queste sezioni, preferire che non ci fossero proprio. Ma è meglio ribadire.
Parlando di longevità, il titolo è relativamente sul corto, ci vogliono 8/9 ore circa per vedere la fine (ed un paio le sprecherete a rifare boss battle e combattimenti con spada dalla difficoltà ingiusta e “barante”), ed in alcuni momenti riesce anche a sembrare un pizzico troppo più lungo del dovuto, risultando noiosetto ed un pò allungato con filler. C’è anche una modalità multiplayer in locale, ma non l’ho provata, è un classico deathmatch con tre varianti, ed una di esse fa uso dello speaker del Wiimote in maniera interessante, e solo 4 mappe. Niente multiplayer di qualsiasi sorta per le lotte con spada, ma è meglio così, visto che in single player è già un mezzo disastro e quasi impraticabile.
Commento Finale
Nel complesso, la parte fps tutto sommato funziona, e di per sè sarebbe uno shooter datato e nella media (o mediocre), ma il parkison erratico del reticolo di mira, e soprattutto le sezioni con spada alla fin fine rovinano l’esperienza molto più di quanto dovrebbero migliorarla, con picchi di difficoltà estremamente lunatici e controlli motion che non funzionano nella maniera in cui il gioco vorrebbe, rendendo il tutto più frustrante, arraffonato, e sottosviluppato del previsto, considerato che il gioco ha punti che richiedono una vostra grande perizia con la spada, che purtroppo a volte non basta visto che i controlli motion decidono di funzionare peggio quando più vi serve precisione. Troppa pena per poco divertimento effettivo, e troppa dipendenza da una periferica a cui forse è stato chiesto troppo
É innegabile che ha i suoi momenti, e quando i controlli funzionano come dovrebbero il tutto è fluido, originale e divertente, ma troppo, troppo spesso il giocatore deve lottare contro controlli imprecisi per via di un mix di game design non perfetto ed una periferica non capace di fare realmente quello che la Ubisoft e il pubblico di allora voleva, più tanti piccoli e grandi difetti che alla fine si sommano e superano i pregi di molto. Tutto considerato, arrivare a vedere i crediti finali è più un esercizio di pazienza e di poter dire “l’ho finito” che altro.
Davvero non consigliato, a meno che non siate davvero curiosi sui controlli e vogliate provare comunque il titolo di persona (e condividendo in parte questa morbosa curiosità, capisco, ma non vale il tempo speso od il poco denaro richiesto), ma tanto vale provare Red Steel 2, che dovrebbe essere meglio (e vista la ricezione dell’originale, in parte non sorprende che con il seguito abbiano buttato via setting e storia per distanziarsi dal primo titolo).
4.5/10. Tentativo onorevole, ma a conti fatti questa spada è indegna di un vero samurai, forse buona solo per fare seppuku.
The Swapper
(A cura di Alteridan)
Cos’è la coscienza? Cos’è la morte? Il corpo fa parte dell’essere oppure è solo un contenitore per l’anima, ammesso che questa esista? L’umanità si interroga da tempo su questi concetti fondamentali, generazioni di filosofi e pensatori si sono succeduti nel corso dei millenni tentando di dare una risposta ad ognuna di queste domande. Queste sono domande che si sono posti anche i membri di Facepalm Games, e su queste domande ci hanno sviluppato un interessantissimo puzzle game.
The Swapper ci porta in un lontano futuro facendoci vestire i panni di un solitario astronauta scampato per miracolo alla distruzione della sua nave e approdato sulla stazione spaziale mineraria Theseus nell’attesa che una seconda nave arrivi a soccorrerlo. La stazione è però inspiegabilmente deserta e priva di energia, il compito del giocatore è quindi quello di recuperare i globi energetici necessari per rimettere in funzione la stazione e nel frattempo tentare di risolvere il mistero della scomparsa di tutti i lavoratori della stazione mineraria.

Dopo il disastro veniamo accolti sulla stazione Theseus.
Poco dopo aver messo piede sulla stazione, il nostro protagonista senza nome troverà un particolare congegno simile ad un fucile che gli permetterà di creare fino a quattro cloni di sé stesso e di spostare a piacimento la propria coscienza all’interno di uno di essi. Questo dispositivo rappresenta il punto centrale del gameplay e della trama, i cloni si muoveranno esattamente come il protagonista del gioco: se ad esempio decidiamo di muoverci verso sinistra anche i cloni faranno lo stesso, inoltre toccando un clone questo verrà riassorbito dal corpo dell’astronauta. Da queste premesse nasce un particolare puzzle game con una trama dalle forti implicazioni filosofiche.
Esplorare la stazione spaziale Theseus non è molto dissimile dall’esplorazione delle ambientazioni dei vari Metroid, da questa serie infatti gli sviluppatori finlandesi hanno preso in prestito il concetto dei livelli “a compartimenti stagni”: ogni puzzle è circoscritto ad una stanza specifica raggiungibile solo se determinate caratteristiche sono soddisfatte, completato il puzzle verremo ricompensati con un numero di globi energetici proporzionali alla difficoltà dell’enigma appena risolto, globi che saranno poi necessari per accedere ad altre aree della stazione.

La luce rossa blocca lo scambio di coscienza mentre quella blu non permette la clonazione.
A livello di trama le cose si faranno via via sempre più interessanti man mano che scopriremo i terminali contenenti le conversazioni e le pagine dei diari personali degli abitanti scomparsi della stazione Theseus, con tutte le loro riflessioni sulla legittimità dell’utilizzo del congegno, gli interrogativi sulle eventuali coscienze dei cloni e sulle strane rocce rinvenute su Chori V, il pianeta in cui orbita la stazione.
Ciò che rende The Swapper un grande gioco è la raffinatezza dell’incastro tra gameplay e narrazione: la risoluzione dei puzzle è legata a filo doppio con la risoluzione del mistero della stazione spaziale, ma ogni puzzle risolto alimenta anche dubbi etici e filosofici, ed ogni registrazione ascoltata non fa che confermare quegli stessi dubbi. Ciò che però rende The Swapper un capolavoro è l’atmosfera che si respira: nella stazione spaziale Theseus ci sentiremo veramente soli, merito di una direzione artistica fantastica e di una colonna sonora particolarmente ispirata e malinconica.

Man mano che si va avanti verranno aggiunti nuovi elementi ai puzzle, come ad esempio il cambio di gravità.
Giocando a The Swapper non si può fare a meno di porgere a sé stessi quelle stesse domande che si sono posti gli abitanti della Theseus, e man mano che si dissolve il velo di mistero che aleggia sulla stazione spaziale ci si accorge di quanto quelle domande siano il centro stesso dell’esistenza umana.
The Swapper è un titolo ambizioso che offre degli enigmi con una curva della difficoltà ben calibrata, mai troppo facili né troppo difficili, ed una trama matura piena di risvolti filosofo-morali mai vista in un videogioco. The Swapper è un’esperienza unica, un grande capolavoro narrativo con un gameplay semplicemente perfetto. Siamo di fronte ad una di quelle opere che si vedono sempre più raramente nel panorama videoludico attuale, un’opera meravigliosa capace di lasciare un segno profondo ed indelebile nella coscienza di chiunque voglia giocarlo.
Ammesso che una coscienza esista.
Voto personale: 9,5/10
Street Fighter
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Non so se il genere dei picchiaduro figura tra i miei preferiti o meno, sono tentato di dire che è nella media per quanto riguarda l’apprezzamento. Ciononostante, non posso negare che su questo blog, ho parlato probabilmente prevalentemente di Picchiaduro (e di Zelda). A partire dalle mie antiche recensioni di Dead or Alive Ultimate 1 e 2, fino alla serie di picchiaduro che più adoro, ovvero Soul Calibur (nel caso in cui non l’avevate capito), i picchiaduro sono costantemente tornati sulle pagine di Checkpoint Cafè.
E allora perchè non partire dal primo episodio di una delle serie più prolifiche di episodi nella storia del genere? Perchè non giocarsi e quindi parlare di Street Fighter? Non vedendo alcun motivo per cui non farlo…mi sono posto dinnanzi l’ardua impresa.
E quando parlo di ardua impresa, lo intendo letteralmente.
Street Fighter è un gioco DAVVERO difficile e batterlo mi è costato non pochi nervi e tempo.
Eppure, pensandoci e ritornando a pensarci adesso, un pò di tempo dopo, mi rendo conto che il gioco è di una brevità paurosa. Tolti gli infiniti tentativi di batterlo, ovviamente.

Ryu combatte contro Joe, in Inghilterra.
Come molti picchiaduro di oggi, ma non così tanti di allora, Street Fighter permetteva al giocatore di fare ben sei tipi diversi di attacchi: tre con i pugni (forte, medio e debole, ma al contempo quindi anche lento, mediamente veloce e rapido) e tre con i piedi (stesse regole). Unito alla possibilità di muoversi in otto direzioni (di cui tre salti), c’erano molte opzioni per combo di ogni genere. Parare colpi veniva fatto con la leva/la croce direzionale nella direzione opposta a da dove veniva il colpo sull’asse orizzontale (il verticale rimaneva, ovvero un colpo basso da destra si para con la croce in basso a sinistra).
L’unico personaggio disponibile per la modalità single player è Ryu, combattente di arti marziali che partecipa a questo “Torneo” per provare la sua forza in combattimento. Nel caso di una partita in multiplayer, il secondo giocatore prende il controllo di Ken, compagno di addestramento e rivale di Ryu. Tolto questo, però, non ci stanno altri personaggi giocabili, e tutti gli avversari di Ryu vengono sempre e solo comandati dalla CPU.
Il gioco prevede che Ryu vinca su dieci avversari in totale prima che sullo schermo appaiano i Credits.
Al giocatore viene lasciata la scelta su quale paese sia la propria prima destinazione, mentre gli altri tre compaiono in maniera random, da quello che ho notato, ma a coppie di due.
Dall’Inghilterra sfidano Ryu Birdie e Eagle. La citazione al Golf è voluta. Birdie è una specie di Wrestler punk con un mohawk in testa, mentre Eagle è un body builder che tenta di vestirsi con stile. Dagli Stati Uniti arrivano Joe, un karateka, e Mike, un boxer. Giunto in Cina, Ryu viene sfidato da Lee, un esperto di boxe cinese, e Gen, un anziano maestro di kung fu. In Giappone stesso, invece, Ryu viene sfidato da Retsu, un ex-allenatore di Shorinji Kempo, e Geki, un discendente dei Ninja.

Giocando in due, Street Fighter offre il classico: Ryu vs. Ken!
Se si esce vincitore da tutti questi scontri, Ryu vola in Thailandia dove deve affrontare gli ultimi due avversari. Questi sono Adon, un maestro di Muay Thai, e Sagat, il campione in carica mondiale della lotta in strada.
Sconfitti questi due, Ryu sarà dichiarato il più forte dei lottatori e il gioco ha termine.
I personaggi sono molto poco caratterizzati, senza eccezione. In particolare i nemici non sono altro che silouette che cambiano stile di lotta e forma da una battaglia all’altra, ma se non fosse per Wikipedia, non avrei avuto alcuna informazione a tal riguardo. Nessuna. Sono piatti e nient’altro che ostacoli nel tragitto verso la vittoria.
Odierete alcuni più di altri, nel mio caso ho odiato tantissimo Adon, ma alla fine basta scoprire punti deboli e strategie e il gioco è fatto.

Ryu combatte contro Lee, uno dei personaggi che non comparirà più nella serie, ma che è imparentato con personaggi più recenti.
“Il gioco è fatto” non è una frase della per caso. Una volta terminata la modalità single player, il gioco è giunto al capolinea. Non c’è null’altro per tenere vivo l’interesse verso un titolo che definire datato lo coglie in pieno. I controlli rispondono male, la musica non solo non è orecchiabile, ma tedia anche, e battere il gioco non diverte e non soddisfa più di tanto.
Sicuramente all’epoca Street Fighter ha suscitato qualche emozione, probabilmente per la diversità di stili marziali rappresentati, ma oggi giorno non è più nulla di particolarmente entusiasmante.
Voto Personale: 5/10
E sulle ali di un albatross (“ALBATROSS!!”) ci libriamo via e vi lasciamo anche questa d0menica, per tornare la prossima ancora. Ci si legge!
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