Everything is awesome!! Come la canzone di “The LEGO Movie” si apre anche questo blog: tutto è fantastico! La laurea in tasca, il 150esimo numero del Weakly Hobbyt (e chi l’avrebbe mai detto?) e tutta la “libertà” che una nuova vita pare sempre promettere. Poi, ovvio, a metà giugno o giù di lì inizierete magari a sentirmi dire che la vita è uno schifo, che tutto poteva andare meglio, bla bla, ma per ora, “everything is awesome” ci sta! =)
In questo numero, tanta roba buona! =) Vi fidate? Se non vi fidate, guardate il banner nuovo e leggetevi il sommario! =D
The legend of ZELDA – Majora’s Mask
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Coloro che ricordano la mia Top Ten sui Videogiochi che pubblicai anni addietro, ricordano sicuramente come misi in cima alla lista proprio Zelda – Majora’s Mask. Chi ci segue dagli inizi di Weakly Hobbyt ricorderà che mi sto facendo un (lenterrimo e) totale playthrough di tutti gli Zelda usciti, in ordine cronologico. L’ultimo di cui abbiamo parlato, e tanto, è stato il legendario Zelda – Ocarina of Time. Oggi tocca a Majora’s Mask, che ho recentemente completato nella sua versione Nintendo GameCube.
Lo sviluppo di Ocarina of Time durò ben 5 anni, di cui quattro attivamente spesi a programmare, modellare e scriptare gli eventi del gioco, e quando infine il gioco vendette oltre 7 milioni di copie Miyamoto voleva portare un altro episodio della saga su Nintendo 64 come sequel (considerando l’incredibile valanga di voti perfetti ricevuti dal suo ultimo pargolo). Il tempo però era poco, essendo il Nintendo 64 ormai a metà del ciclo di vita, e spendere altri quattro anni o anche tre era inaccettabile. Per questo, Miyamoto incaricò Eiji Aonuma a fare un nuovo Zelda entro un anno, e quello che ormai è il boss della saga di Zelda si mise subito all’opera.
Per tenere brevi i tempi di sviluppo e commprimere i dati, Aonuma (che aveva già contribuito allo sviluppo di A Link to the Past e Ocarina of Time, con un ruolo di importanza sempre crescente) si inventò un sistema di gioco basato sullo scorrere attivo e continuo del tempo durante tutta la durata del gioco, che infine diede a Majora’s Mask il suo gameplay concept finale.

Già la sequenza iniziale del gioco (presente in due versioni) è davvero stupenda! =)
Quindi…Majora’s Mask. Personalmente io ne sentii parlare la prima volta quando venne ancora chiamato Zelda Gaiden, ed era un progetto parallelo all’ei-fù Ura Zelda. Le prime immagini mostravano un giovane Link cavalcante Epona, una specie di arco del tempo in basso al centro sullo schermo e nuovi territori. L’hype che mi provocarono quei primi screenshot fu esagerato, e col tempo cercai di capire sempre più su questo nuovo progetto, finchè piano piano non ne uscì il gioco completo che vi andrò a descrivere a breve. Nessuna pubblicità mi convinse a comprarlo, ero convinto fin da principio.
Alla fine di Ocarina of Time, come ormai è chiaro, la linea temporale di Zelda (che probabilmente in precedenza non esisteva per davvero) si divise in due grossi archi narrativi. Uno di questi parte da Ocarina of Time dal momento in cui Ganondorf è imprigionato e Zelda manda indietro nel tempo Link, per poi ricostruire Hyrule da sola, grazie all’aiuto dei saggi (Saria, Darunia, Ruto, Rauru, Nabooru e Impa). Nell’altra timeline, Link giovane, essendo viaggiato nel tempo fino al punto in cui ancora non aveva incontrato Zelda, convince la giovane principessa a non fare gli errori dell’altra linea temporale e imprigionare Ganondorf al primo sospetto, con l’aiuto dei saggi vigenti prima della loro “morte” probabilmente accaduta nei sette anni tra l’estrazione della Spada Master e il risveglio di Link. Per queste azioni, Zelda ringrazia Link (che comunque ha alle spalle tutta l’esperienza di Ocarina of Time), e gli dona la sua Ocarina ricordandogli l’Inno del Tempo. Ma Link ha ancora un compito personale da risolvere, una faccenda molto personale. A fine Ocarina of Time, difatti, Navi vola via da Link, andando verso mete ignote. E Link, determinato, decide di seguirla, anche se questo gli costa attraversare i Boschi Perduti, non proprio amichevoli a chiunque non sia un Kokiri o sia senza una fata. Le voci narrano, difatti, che chiunque ci si avventuri muoia, diventando o uno stalfos o uno skull kid.
Link è determinato, però, e tenta l’impossibile. E’ proprio durante il viaggio nei boschi perduti, che Link, con la sua giovane Epona, incontra altre due fate. Queste sono Tael e Tatl. Le due hanno intenzione di spaventare Link in compagnia di un loro amico; avvicinandosi di fretta a Epona, la fanno spaventare, e questo butta un Link in dormiveglia a terra, stordendolo. E’ allora che appare uno Skull Kid con una maschera molto particolare. Lo Skull Kid riconosce Link, ma lo perquisisce ugualmente, requisendo la sua Ocarina del Tempo. Iniziando a suonarla, per fortuna, Link si sveglia, e notando il furto tenta di acciuffare lo Skull Kid. Questo, però, è innaturalmente veloce, e impossessandosi di Epona, cavalca via, lungo i Boschi Perduti. Link lo insegue, fino ad un grandissimo albero con un buco in mezzo, dove però li perde.

Lo Skull Kid che indossa la maschera di Majora!
Alla fine di una caduta innaturalmente lunga, Link reincontra Skull Kid, senza Epona. Il folletto dice all’Eroe del Tempo di essersi sbarazzato della cavalla, e che farà lo stesso con lui. Invece, lo Skull Kid trasforma Link in un Deku Scrub, lasciandolo poi al suo destino. Andandosene, però, Tatl rimane intrappolata nella stanza con Link, e rimasta delusa dallo Skull Kid, decide di seguire Link finchè non riesce a ritrovarlo e soprattutto ritrovare Tael, suo fratello.
Link riesce a scappare dallo strano luogo sotto i Boschi Perduti nei quali si trova, sfruttando le sue nuove abilità da Deku, arrivando infine ad uno strano luogo dove il corridoio si distorce e termina in un gigantesco mulino ad acqua, che attiva meccanismi enormi all’interno di una costruzione che pare di fattura umana. Link sale lungo le scale costruitevi e sta per uscire da una grossa porta a due ante, quando sente dietro di sè una risatina e una frase particolare: “You’ve met with a terrible fate, havn’t you?”.
Link si gira e vede il Venditore di Maschere di Hyrule. A quanto pare, l’uomo è comparso dal nulla. Il Venditore dice a Link che è in grado di farlo tornare nella sua forma primordiale, a patto di ricevere da lui la maschera che lo Skull Kid gli ha rubato. Purtroppo, però, Link deve far questo in tre giorni, essendo il Venditore un uomo molto indaffarato. Link accetta e si avventura dentro Clock Town, una città minacciata da una Luna che sta per caderle addosso, e al contempo in preparazione dell’annuale Carnevale cittadino, tradizione locale annuale. Tatl dice a Link che il modo più semplice di farsi ridare qualcosa dallo Skull Kid è andare dalla Grande Fata nella città e far confrontare lei e lo Skull Kid. A quanto pare questo confronto è però già avvenuto, ed è finito male per la Grande Fata. Costei, difatti, è stata distrutta e separata in tante fatine minori. Link deve trovare quella mancante nella città per ricomporre l’essere magico. Link è così costretto a esplorare Clock Town e conoscere i suoi abitanti…molti dei quali stranamente noti, come se fossero delle rappresentazioni o versioni parallele di persone conosciute a Hyrule.

Link, a inizio avventura, è costretto nella sua forma da Deku!
Comunque sia, Link trova la fatina sperduta e ricompone la Grande Fata. Questa aiuta Link nella sua ricerca, dandogli indizi si dove trovare lo Skull Kid. Questo, pare, si sia annidato in cima alla torre dell’orologio che sovrasta, centralmente, la città. Entrare nell’orologio, però, è possibile solo dalla mezzanotte del giorno di Carnevale in poi. Questo avviene esattamente tre giorni dopo l’arrivo di Link in città. Il giovane, quindi, ancora nella sua forma Deku, deve trovare modo di arrivare in cima all’orologio in tempo. Tramite diverse sotto trame, il nostro eroe riesce ad arrivarvi in cima e distrarre lo Skull Kid abbastanza da rubargli l’Ocarina. Questo, però, snerva il folletto, che attira con i poteri magici ricevuti dalla maschera che indossa, la Luna a cadere su Termina, la landa dentro la quale si trova Link adesso. Tael avvisa Tatl che per fermare Skull Kid, bisogna portare alla luna i quattro dalla Palude, dalle Montagne, dall’Oceano e dal Canyon. Lo Skull Kid lo zittisce con una sberla, che di contro fa irare la fatina accompagnatrice del nostro eroe ancora di più. Link, comunque, ha recuperato la sua Ocarina e suonando l’Inno del Tempo, insegnatoli da vi…insegnatoli dalla Principessa Zelda prima del suo viaggio, Link riesce a tornare indietro nel tempo fino al momento in cui per la prima volta era entrato a Termina.
Link viene ritrasformato dal Venditore di Maschere nella sua versione originale, ma quando l’eroe del tempo non riesce a dare la Maschera allo strano figuro, questo si arrabbia non poco, dicendogli che qualcosa di terribile accadrà se lo Skull Kid dovesse rimanerne in possesso. Tatl intuisce che il fratello le volesse comunicare qualcosa di importante, e incita Link a esplorare i territori al di fuori della città. E così il duo si avventura verso i quattro labirinti nei quali Link dovrà recuperare altrettante maschere che tenevano intrappolati i guardiani delle rispettive zone. Ogni zona presenta i suoi enigmi e le sue sfaccettature, che però Link ovviamente riesce a risolvere, tornando, infine, con le quattro maschere dei protettori delle rispettive aree, davanti allo Skull Kid. I due si riaffrontano in battaglia, e Link, adesso con l’aiuto dei guardiani, riesce a fermare la Luna dal cadere. La Maschera di Majora, allora, si libera del corpo dello Skull Kid e viaggia verso la Luna, continuando la sua vendetta, riescendo a mettere in pericolo Termina. Link viaggia verso la luna, allora, fermando infine Majora e portando la pace nelle lande di Termina.

La Luna incombe minacciosa su Termina...
La trama in breve è questa, ma inutile dirvi che è più ricca di sfaccettature di quante ne ho presentate, soprattutto nei momenti finali del gioco. La trama negli Zelda non era mai particolarmente importante; forse però con Majora’s Mask si ha una completa inversione di tendenza, mettendo la trama, ma ancor di più, i personaggi al centro del videogioco, cosa che nessun altro Zelda che ho giocato ha mai più fatto, e che quindi rendono Majora’s Mask qualcosa di completamente diverso.
Zelda, come già spesso accennato in precedenza, è anche solito mettere al centro dell’esperienza i dungeon. In Majora’s Mask in dunegon sono solo quattro, ma personalmente ritengo che ognuna delle aree presenti nel gioco, sia un dungeon a sè, che quindi andrò a descrivere separatamente.
- Clock Town: La città di Clock Town è il centro di Termina, ed è composta da cinque distretti: uno per ogni direzione cardinale, più una piccola zona chiamata Laundry Pool. Gran parte degli abitanti di Termina sono residenti a Clock Town, e non è casuale quindi che molte delle quest secondarie legate ai personaggi si trovano o concludono qui. Alcune persone chiave delle subquest sono Anju, Kafei, i Bomber, il Postino, il gruppo di intrattenitori chiamati per il Carnevale, il Signor Gorman, Madame Aroma e il sindaco con i litiganti Mutoh e Vincen. Le location più interessanti invece includono la casa del Sindaco, il locale “Stock Pot Inn”, il Bar del Latte, il negozio di Curiosità, il Dojo della Spada, il parco a nord e ovviamente la Torre dell’Orologio che da il nome a tutta la città.
Il venditore di maschere non sarà contento se non fate quello che vi chiede!
- Steppa di Termina: La Steppa di Termina è l’hub centrale di Majora’s Mask. Di forma vagamente circolare, al cui centro c’è Clock Town, Termina è fondamentalmente una gigante prateria, che mano mano che si avvicina ai luoghi che la circondano cambia forma. a sud, difatti, Termina confina con le Paludi Meridionali, diventando boscosa e piena di vegetazione. A sud-ovest ci sta anche la Fattoria delle sorelle Romani e l’ippodromo dei fratelli Gorman. A Ovest la steppa confina con la Grande Baia, e l’erba lascia piano piano spazio alla sabbia. A nord invece la steppa si eleva perso le Montagne Snowhead, con giganteschi funghi di pietra a “decorare” la zona. Ad est, la prateria da spazio a zone più aride che infine porteranno verso il Canyon di Ikana. Verso sud-ovest infine c’è l’Osservatorio Astrale, collegato anche a Clock Town con una serie di strade sotterranee. Termina non è sede di molti enigmi, anche se i suoi abitanti un segreto o l’altro paiono celarlo…
- Paludi Meridionali: La prima zona che Link esplorerà che non è Clock Tower (o Termina, come descritto sopra) saranno con grandi probabilità le Paludi Meridionali. Questo luogo verde è stato di recente contaminato: tutta l’acqua delle peludi è difatti stato avvelenato, portando ad una rapida estinsione di piante ed animali, unita all’apparizione di mostruosità di ogni genere. Le location più importanti sono indubbiamente il Negozio di Pozioni di Koume e Kotake, il Bosco dei Misteri, la Reggia del Re dei Deku, la casa dei Ragni di Palude, il Vulcano di Woodfall e il Tempio di Woodfall stesso. La Reggia del Re Deku è al centro del secondo grande problema della location, in quanto è stata rapita la figlia del re, e accecato dall’ira, quest’ultimo ha incolpato uno scimpanzè dell’accaduto. Link ne ha di trame da sbrogliare…
- Tempio di Woodfall: Questo è il primo vero dungeon del gioco, anche se la sua funzione originale era probabilmente quella di essere un’area di preghiera per i Deku. Il tempio è relativamente grande, per essere un primo dungeon, soprattutto se confrontato all’Albero Deku di Ocarina of Time; la sua navigazione è anche più complessa. Ciononostante, la relativa difficoltà superiore si può spiegare per il fatto che il giocatore comanda ormai Link da diverso tempo, essendo riuscito a penetrare con successo la Reggia del Re Deku e avendo svolto altri compiti a Clock Town, Termina e stesso nelle Paludi. Il tempio è per lo più strutturato in orizzontale, con un tema forestale e acquatico che diverrà molto evidente da principio. Link dovrà spesso trasformarsi in Deku per poter utilizzare le apposite abilità speciali di quella forma; per di più Link troverà già qui una delle sue armi più famose, ovvero l’arco. Sia la musica che l’ambientazione ricordano un pochino il Tempio della Foresta di Ocarina of Time, anche se la struttura di questo labirinto non è affatto altrettanto ben architettata. Nemico finale è Odolwa, un guerriero della giungla dall’aspetto non poco inquietante, e anche abbastanza forte per essere il primo boss del gioco.
- Montagna Snowhead: Questo Monte innevato è arena di un’altra terribile tragedia. La montagna continua a sputare neve sugli abitanti della regione. Il villaggio montano è totalmente sepolto sotto la neve, ed i Goron del vicino villaggio rischiano di morire di fame per la mancanza di cibo. Darmani, eroe dei Goron, voleva avventurarsi verso la montagna per tentare di capire cosa stesse succedendo, ma il suo ritorno si fa attendere. Inutile dire che per questo tutta la comunità Goron è in subbuglio. Caos che toccherà a Link placare. Location di rilievo della zona sono la casa del Fabbro, la grotta dei Goron, ed un’arena per le corse dei Goron stessi. La zona, a parte quello, è per lo più disabitata e vuota di personaggi, ma piena di scalate non poco pericolose!
- Tempio di Snowhead: Giunti in questo tempio, Link avrà ottenuta la maschera dei Goron, in grado di trasformarlo in un Goron a sua volta. Il tema del tempio è ovviamente il ghiaccio, anche se ci sono alcune camere con della lava. Da Goron, però, Link è quasi totalmente imune al fuoco. Il tempio si sviluppa più in altezza che in larghezza, con diversi piani sovrimposti l’uno sull’altro. Al centro del tutto ci sta una gigantesca colonna di Granito e ghiaccio che Link, da Goron, dovrà parzialmente distruggere per riuscire a raggiungere la stanza del boss. L’arma che Link riceve in questo dungeon sono le frecce di fuoco. Il tempio mi ha personalmente ricordato quello dell’Acqua di Ocarina of Time, avendo un motivo un pò simile riguardo lo scalare dei piani. Non è però altrettanto tedioso. Il boss finale è il temibile Goht, un idolo meccanico in grado di far crollare parti di muro e lanciare saette elettriche. Riuscendo a sconfiggerlo, la Primavera finalmente arriva nel Villaggio e nel rifugio dei Goron.
Da Goron, Link è più forte e massiccio!
- Romani Ranch: Al più tardi dopo l’avventura nelle montagne, Link dovrebbe recarsi verso la Fattoria delle sorelle Romani. Come tutte le altre location, anche qui per Link c’è parecchio da fare. In particolare la piccola Romani sa della presenza di strane creature aliene che ogni anno di questi tempi rapiscono le mucche della fattoria per scopi ignori. Così, però, Cremia, sorella maggiore di Romani, non potrà vendere il famoso Chateau Romani, latte di cui vanno chiatti al Bar del Latte a Clock Tower. Inutile dire che Link farà del suo meglio per aiutare la giovane ragazza nella sua lotta.
Vicino la Romani Ranch ci stanno anche due ulteriori zone di fattoria ed un ippodromo. - Grande Baia: Credo che a questo punto sia chiaro che anche la Grande Baia è luogo di terribili tragedie; la prima si presenterà davanti agli occhi di Link pochissimi istanti dopo il suo arrivo. Un cadavere sembra galleggiare in acqua. E’ uno Zora di nome Mikau, cantante di una band. Il giovane racconta qualcosa di una missione fallita per delle Uova. Inutile dire che Link indagherà la questione, che però è più complicata di quello che sembra. Pur non avendo problemi “visibili”, infatti, sull’area gallegga un’aura di tristezza, causata principlamente da Lulu, cantante del gruppo musicale Indigo-Gos, a cui sono state rubate le uova.
Le location di rilievo di questa zona sono il Laboratorio del Mare, la Grotta Zora (casa appunto di Lulu ed il suo gruppo), la casa dei Ragni d’Oceano, la fortezza dei pirati (autori del furto delle uova), Punta Zora, le Rocce Pinnacolo, e le Rapide. - Tempio della Grande Baia: Il vero e proprio Tempio dell’Acqua di Majora’s Mask. Alcuni lo ritengono snervante allo stesso livello della sua controparte di Ocarina of Time, secondo me non è così pessimo, seppure non sono per niente un fan dell’ambientazione. Pare, infatti, di essere in una gigantesca struttura meccanico metallica, quasi fosse una cisterna o una fabbrica, piena di corridoi di pietra e metallo, tubi con acqua che ne esce in gran quantità e correnti rapidissime. L’arma del dungeon sono le frecce di ghiaccio, necessarie per attraversare il dungeon in una delle maniere più creative dell’universo di Zelda dell’epoca.
Il tempio non è mi sta particolarmente simpatico, penso anzi che sia addirittura più brutto e antipatico del Tempio dell’Acqua di Ocarina of Time. Il boss finale non aiuta, anzi, aiuta a rendere il dungeon terribile. E’ Gyorg, un terribile gigantesco pesce mostruoso davvero davvero difficile da battere senza la giusta strategia.
Da Zora, Link è in grado di nuotare o combattere sott'acqua!
- Canyon di Ikana: Ultima location di Termina che Link dovrebbe visitare è la desolata landa di Ikana. Un tempo qui sorgeva un potente regno di stregoni e monarchi dediti al culto della guerra e della morte. Ora ne rimangono solo rovine, e una gigantesca torre a indicare l’antica gloria e testimoniare l’evanescenza della stessa. Ora i non-morti regnano su queste terre, con Mummie e Zombie che camminano e danzano cercando di scacciare o fare loro i pochi vivi rimasti. Una generale aura di pauroso mistero regna sull’intera zona.
Location degne di nota sono il cimitero di Ikana, le Rovine del Castello di Ikana, il nascondiglio del ladro Sakon, la casa di Pamela e del padre, il pozzo e la fonte sotto la cascata del fiume che sfocia nel mare dopo le Rapide. - Tempio della Torre di Pietra: Ultimo dungeon del gioco, e probabilmente anche il migliore dell’intero gioco, lo Stone Tower Temple è ricco di atmosfera, malinconia e mistero di antiche glorie. Il solo giungerci prevede l’attraversare le Rovine di Ikana e la Torre di Pietra stessa. Il Tempio non si trova che in cima alla stessa. Il suo tema principale pare essere la luce, dato che l’arma che si trova al suo interno sono le frecce di luce, anche se sinceramente l’ho sempre associato di più all’elemento terra. La sua struttura non è complessa di per sè; tuttavia, a metà tempio, diventa evidente che anch questo (come il Forest Temple di Ocarina of Time) può essere ruotato nella sua struttra, in questo caso a testa in giù, diventando il cossìddetto Tempio della Torre di Pietra Invertito. Indubbiamente il più difficile dei dungeon, ha una varietà di puzzle, di nemici e una bossa battle contro Twinmold, una coppia di giganti vermi corazzati.
La location dello scontro finale, come già detto, è la Luna. Lì infine Link dovrà sconfiggere Majora’s Mask in tutte le sue forme e variazioni, per uno scontro che si può decisamente definire atipico! Prima di tale scontro, però, è possibile fare altri dungeon, proposti in maniera opzionale che, se portati a termine, doneranno a Link la maschera più potente del gioco.

Majora's Mask non ha solo ambientazioni tetre, come questo screenshot dimostra!
Maschera potente? Ma che sto a dire? Beh, Majora’s Mask è un gioco molto particolare della saga di Zelda. Non solo ha un’atmosfera particolarmente tenebrosa, con temi molto profondi quali la perdita, la morte, la speranza per una nuova vita, l’amore che supera ogni pericolo; anche le sue meccaniche sono particolari. Link, durante il gioco, riceverà maschera, fino ad una ventina. Con queste arrivano anche poteri speciali, che possono essere utili in una o più occasioni, a dipendenza della maschera. Oltre a donare abilità speciali a Link, comunque, le maschere hanno anche un significato un pò più profondo; riescono ad alterare le interazioni con le persone nei vostri dintorni, cambiando fondamentalmente il loro approccio verso il giocatore. Un modo interessante per donare a Link la possibilità di interagire con le persone, non a parole, ovviamente.
Ci sono comunque tre maschere, più una segreta, che trasformano Link in senso vero e proprio. Queste sono la maschera Deku, Goron e Zora. Mettendovi la prima, Link diverrà a tutto gli effetti un Deku, in grado di sparare bolle magiche dalla “bocca”, usare una specie di guscio come scudo, può saltellare fino a cinque volte sull’acqua prima di annegare, ma soprattutto è in grado di utilizzare appositi fiori per volare un determinato lasso di tempo. Con la maschera Goron, Link si trasforma nel potente guerriero Darmani, diventa quasi imune al fuoco, riesce a rotolare come i Goron sono soliti fare, ma avendo poteri magici, il suo corpo si trasforma in una palla di spine finchè la magia è sufficiente. Non avendo a disposizione la sua spada, Goron Link si fa spazio a pugni e body slam. Inutile dire che anche il suo peso e la sua forza bruta aumentano di conseguenza. La maschera Zora, infine, trasforma Link in un esponente della razza amfibia, somigliante a Mikau. In questo modo Link è un agilissimo nuotatore (e ci voleva, vista la difficoltà di navigazione del Tempio della Grande Baia), agilissimo combattente (usa mosse marziali, e le sue pinne come boomerang, comunque questo sia anatomicamente possibile) e soprattutto, in grado di scatenare scosse elettriche quando sott’acqua.

Lo stile grafico di Majora's Mask è davvero particolare!
Le maschere sono, insomma, la grande novità di meccanica di Majora’s Mask, insieme allo scorrere attivo del tempo. I tre giorni che Link ha, difatti, sono al contempo il limite e la particolarità più riuscita del gioco. Ogni tre giorni, la Luna cade su Termina. Per poter salvare il suo progresso, almeno fino ad un certo punto, Link deve tornare indietro nel tempo; questo è anche l’unico modo per riuscire a fare tutte le cose necessarie per finire il gioco, visto che altrimenti, anche utilizzando tutti i sistemi di viaggio rapido forniti, e tutti i modi di rallentare il tempo, è impossibile fare tutto quello che il gioco richiede.
I tool a disposizione di Link sono per lo più i soliti: arco, rampino, bottiglie, fatine, pozioni, bastoni Deku, noci Deku, bombe, lente della verità e fagioli magici. Oggetti nuovi sono il barile esplosivo dei Goron, che riesce a far esplodere massi che neanche le bombe riescono a togliere di mezzo, la fotocamera, con cui Link è in grado di fare foto, e la Spada della Grande Fata, una specie di BigGoron Sword di questo gioco, con la differenza che è equipaggiabile sui pulsanti C. Ovvio che anche spada e scudo possono ricevere upgrades, ma in particolare quello della spada è completamente opzionale. Come anche la Spada sopracitata.
Questo è, secondo me, un’altro dei punti forti di Majora’s Mask. Ci sta una forte enfasi sulle subquest, cosa che non era presente in alcuno dei Zelda precedenti (e successivi che io abbia giocati, se è per questo). E questo è una cosa che in Majora’s Mask va assolutamente sfruttata. Le subquest, idealmente, dovrebbero essere le vere e proprie quest del gioco, visto che questo Zelda diventa molto più bello se lo si completa piuttosto che se lo si finisce soltanto. Inutile aggiungere a questo che le mini-avventure non sarebbero altrettanto divertenti o interessanti se non fosse per il fatto che la gran parte dei personaggi secondari sono semplicemente stupendi. Ognuno di loro ha nome, robe da fare, un programma di azioni da fare per la durata dei tre giorni, e proprio questo farà si che il giocatore è motivato a conoscere ciascuno di loro in maniera così profonda. Da Romani e Cremia ad Anju e Kafei, passando per Lulu, il signor Gorman e i suoi fratelli, il sindaco Dofour e sua moglie Madam Aroma, il postino e anche e soprattutto il ladro Sakon, li conoscerete tutti e li inizierete ad adorare tutti, a loro modo!

Gli scontri coi boss sono molto peculiari, in questo gioco!
A tutta questa gioia e tutto questo tripudio di esperienze fantastiche si aggiunge ovviamente anche il fatto che dal punto di vista tecnico, Zelda-Majora’s Mask è solidissimo. La grafica, facendo uso dell’Expension Pack per Nintendo 64, è migliorata rispetto a quella già ottima di Ocarina of Time, le animazioni di Link sono migliori, e le ambientazioni sono in media più grandi. Lo stile che Majora’s Mask ha è, come già accennato, unico, conferendo a tutto il gioco una specie di aura sognante o…di tragedia costante. Tutto è più disperato, e non solo perchè la luna sta per crollare su questo pianeta; musiche e grafica si complementano per creare un’atmosfera oscura, malinconica, drammatica… nessuna delle canzoni delle zone intorno Termina è felice davvero, e se lo sono, sono poche benvenute eccezioni.
Forse le uniche critiche da fare a questo aspetto è proprio il riuso massiccio di asset da Ocarina of Time, ma il contesto rende il tutto molto accettabile.
Già…il contesto. Non voglio spoilerare nulla a nessuno, non più di quanto questa spoilview non abbia già fatto comunque, ma andatevi a vedere questo video su YouTube, e ditemi se Majora’s Mask non sia davvero molto più profondo di quanto ciascuno di noi abbia mai pensato che fosse!
Che questa teoria della morte e del dramma sia vera o no, rimane il fatto che Majora’s Mask è più di un semplice gioco, ma è un’esperienza che, ancora di più di Ocarina of Time merita di venire vissuta in toto.
Il confronto con Ocarina of Time, credo, sia inevitabile, quanto inutile. Sono due giochi diversi e perfetti a loro modo. Sono due facce della stessa medaglia. Ocarina of Time è il gioco classico, lo Zelda d’eccezione, rivoluzionario, innovativo, ricco di idee e spaventosamente curato. Majora’s Mask è forse leggermente meno ripulito, la curva di difficoltà è elevata, l’ambientazione è dark, i personaggi diversi, Link stesso è…diverso. Ma, ne sono convinto, Ocarina of Time sarebbe meno bello senza Majora’s Mask, così come Majora’s Mask senza Ocarina of Time non potrebbe esistere. Proprio dal punto di vista della trama e dell’ambientazione.
Le mie parole, con arte allo stato puro e ludico di fronte, non bastano mai; di giochi di arte parleremo ancora, e spero presto, ma per come la vedo al momento, Majora’s Mask è il gioco che più di ogni altro ha riunito narrativa, arte, musica, interattività in una sola forma. E per questo, per me, è il miglior gioco che ho mai giocato.
Voto Personale: 10/10
Et tu, Wario?
(A cura di Wise Yuri)
Adoro la serie Wario Ware, e la premessa di vederne uno così presto su Wii U mi allettava. Ma quando fu finalmente mostrato ad un’evento, onestamente rimasi dubbioso, non molto eccitato dai first look, ma il titolo sembrava ancora in prematuro stato di sviluppo, ed immaginavo che il prodotto finale sarebbe stato diverso.
Quando poi Game & Wario uscì, il prezzo ridotto di listino di 39,99 € era già un segnale che qualcosa non andava, e purtroppo quando le recensioni arrivarono, venne a galla quello che alcuni temevano: ovvero che il gioco è poco più di una tech demo, di un prodotto inteso al lancio del Wii U per mostrarne le potenzialità e poco più di questo (ed è vero, era inteso come titolo di lancio bundlato con il Wii U). La cosa strana è che il titolo NON è uscito al lancio del Wii U, quindi non parlerei di “release cesarea” per avere il titolo sul mercato il prima possibile, e farci soldi fottendosene del resto. A questo riguardo poi Nintendo Land si è rivelato molto meglio di quanto mi aspettassi, molto più completo del previsto (a parte la ridicola mancanza di multiplayer online).
Ed è questo che sembra ed è Game & Wario, ovvero una sorta di Nintendo Land con i personaggi della serie Wario Ware Inc. Probabilmente era inteso come una sorta di titolo di lancio od un titolo maggiore, ma il suo sviluppo è forse stato rimandato più volte, ed infine è stato rimaneggiato un poco e rilasciato così com’era. Ed onestamente penso che sia un caso di “la seconda che hai detto”.
Lasciatemi dire due cose però: non è un titolo atroce, e non è il nuovo Wario Ware, per quanto possa sembrare. Perchè voglio un vero nuovo Wario Ware, Nintendo (e perchè risulta catalogato come il primo spin-off della serie), non pensare che questo basti.
Prima di passare alla portata principale, fatemi parlare dello stile e del lato tecnico. A livello artistico, è all’altezza della follia tipica altamente stilizzata che pervade la serie regolare, con il tipico design dei Wario Ware ed il tipico umorismo, reso ancora più divertente dalle schermate dei titoli dei singoli mini-giochi, con stili di disegno spesso diversissimi da quelli del gioco vero e proprio (dei contrasti allucinanti ed esilaranti), sono di un’assoluta bizzarria tipicamente nipponica che adoro. Ah, cosa non si fa con un paio di funghi giapponesi!
A livello puramente tecnico non è nulla di particolarmente esoso per il Wii U od esoso in generale, ma la grafica è molto gradevole, colorata e curata (come vi aspettereste da un titolo Nintendo), ed avete un comparto di buffi motivetti ed effetti sonori tipici della serie. Non molto da dire, la serie non ha mai campato il suo successo su strabilianti polpettoni di supergrafica od un look realistico.
Ci sono 16 mini-giochi, 12 per il single player e 4 per il multigiocatore, più Miiverse Artwork, di cui parleremo meglio dopo. Notare che nonostante alcuni mini-giochi siano nella sezione “Per un giocatore”, possono essere giocati anche in 2.
Diamo una rapida occhiata ai singoli mini-games, partendo da quelli per un giocatore, che diventano disponibili una alla volta e quindi vanno sbloccati giocando, a parte Arrow che è il mini-gioco iniziale.
-Arrow- Tenendo il pad in verticale, dovete usare il touch screen ed il giroscopio per lanciare frecce e sconfiggere i nemici, alzando il pad verso di voi per pararsi da colpi di cannone ed occasionalmente guardando solo il touch screen e schiacciando i nemici che si sono avvicinati troppo a voi per evitare che vi rubino la salute (qui sotto forma di fragola). É praticamente un mini-game in stile shooter, divertente e con un utilizzo creativo del pad.
-Camera– In questo mini-gioco usate il gamepad come se fosse una fotocamera, sullo schermo c’è la visuale completa, mentre sullo schermo del gamepad la visuale è zoomata, e dovete scattare foto dei soggetti indicati in basso sullo schermo della TV entro un certo limite di tempo. Divertente e fa un uso semplice ma creativo del pad, ma è pressappoco Pokèmon Snap, un pizzico più elaborato.
-Ski- Con il pad in verticale, dovete usare il giroscopio (e quindi muovere il controller) per far sterzare Jimmy nella sua discesa su sci, e fare un tempo almeno degno di un bronzo sul percorso. I controlli via giroscopio sono responsivi ed il mini-gioco in sé è ok, ma nulla di più onestamente, potrei giocare ad una cosa simile sul mio smarthphone.
– Patchwork- Una sorte di puzzle e “reverse Picross”, che vi da i pezzi dell’immagine stilizzata da comporre, e dovete incastrarli rispettando regole sulle forme. È un puzzle game divertente e ci sono diversi mini-puzzle da fare, e sicuramente da varietà all’offerta del gioco, ma onestamente mi chiedo cosa ci faccia in un Wario Ware…. o questa specie di Nintendo Land in salsa Wario Ware, nel caso di questo titolo. Sembra fuori posto, onestamente.
–Gamer-Probabilmente la parte più geniale di tutto il pacchetto, è praticamente il classico mix di minigiochi basati sui vecchi classici Nintendo dei normali Wario Ware (e quindi è l’unico mini-gioco più simile alla struttura dei vecchi titoli), ma il twist sta nel fatto che sareste usando una console portatile, il che significa i mini-giochi normali prendono luogo sul gamepad, mentre sulla tv viene mostrato la camera di 9-Volt, e dovete osservare anche quella, perchè vostra madre cercherà di beccarvi a giocare sotto le coperte in molti modi, ed il vostro obiettivo è ovviamente arrivare al boss e vincere senza farvi scoprire.
-Kung Fu- Un platform game controllato via giroscopio in cui il personaggio salta automaticamente e perde energia nel tempo (da rifornire col il cibo sparso nel livello), con il livello mostrato da una visuale panoramica sullo schermo della TV ed una visuale dall’alto sul gamepad. Buon mini-game e bella vesta grafica in cel shading.
-Design- Un mini-game che deve aver richiesto quanto, 3 minuti? per esser pensato, perchè è semplicemente un disegnare cerchi, angoli e linee e cercare di andare vicino alla metratura richiesta (tipo “disegna una linea retta di 4 cm”), per costruire un robot, la cui qualità/aspetto dipende dal punteggio. BASTA.
-Ashley- La streghetta stavolta si becca tutto tranne che un mini-game stile goth, con un shooter 2D tendente al bullet hell in un ambientazione colma di caramelle e dolciumi, in cui dovete controllare il movimento di Ashley via giroscopio (lo sparo avviene automaticamente in vicinanza di un nemico) od usando occasionalmente i dorsali od il touch screen per scegliere un percorso e fare manovre evasive. Più che decente (specialmente se amate il genere come me), ma ci sono meno livelli rispetto agli altri mini-giochi.
-Taxi- Un ottimo minigame che vede il duo di cane e gatto Dribble e Splitz impegnati a raccogliere clienti (mucche, uomini, etc.) con il loro taxi ed a sparare ad UFO con il bazooka, con una visuale simil-isometrica sullo schermo tv ed una in prima persona sul gamepad. Uno dei mini-giochi più divertenti della collezione, ed uno dei miei preferiti.
-Pirates- Un rhythm game che richiede teniate il pad come uno scudo e lo muoviate per parare frecce nella direzione indicatavi da Wario, abbassandolo di piatto per rimuovere le frecce, e nella parte dance vi richiede di replicare le pose indicate muovendo il pad, che registra i vostri movimenti via la fotocamera, e quest’ultima funziona molto meglio del previsto per lo scopo. Non male, ma preferisco ampiamente la seconda parte disco rispetto alla prima.
Avevo detto che c’erano 12 mini-games, giusto? Beh, sì, ma solo i primi 10 hanno più livelli ed/o una modalità alternativa di gioco. Gli ultimi 2 sono i seguenti e non hanno nient’altro oltre il mini-gioco in sé.
-Bowling- Yep, bowling. Dovete fare 10 tiri di difficoltà crescente, regolando la velocità e la curvatura del lancio (ed il lancio stesso) dal touch screen del gamepad. Si può giocare anche in 2.
-Bird- L’amato mini-gioco Pyoro presente nei Wario Ware da praticamente sempre come mini-gioco sbloccabile ritorna anche in Game & Wario, con la grafica da Game & Watch sul pad ed una stile Yoshi’s Island/stop motion sulla TV. È un mini-gioco infinito e come sempre è divertente, e diventa difficile presto fare dei buoni punteggi. Ma andava negli extra, non come un mini-gioco a parte.
Per più giocatori sono disponibili solo 4 mini-giochi: Artwork, Islands, Disco e Fruit.
Ed a sorpresa, non è assolutamente necessario avere altri controller per il multigiocatore, basta un semplice Gamepad. Ma ciò come potete immaginare, significa che quasi tutti i mini-giochi si fanno alla vecchia maniera, cioè passando il pad quando è il turno del prossimo giocatore, il che ha i suoi svantaggi e vantaggi. Quanto giocato si riferisce all’esperienza con due giocatori, potrebbero esserci differenze (più che altro a livello di regole) con più giocatori (per un massimo di 5).
Islands per esempio funziona così. Una sorta di mix tra bocce e freccette, da giocare a turni, con il vostro obiettivo lanciare un numero di fronk sul tabellone segmentato, e fare più punti del vostro avversario, stando attenti a gabbiani che passano e portano via un fronk a caso, ed una sorta di palla da curling che rotea attorno al centro del tabellone, muovendo i fronk ed attivando un bonus o malus sul segmento in cui si ferma. Per quanto semplice, è divertente, ma appunto, è molto semplice, ed a parte una manciata di tabelloni in cui giocare, c’è poco.
Fruit consiste in un “guardie e ladri” ma in maniera asimmetrica. Il ladro deve raccogliere 4 frutti mischiandosi nella folla e sfruttando angoli morti della visuale, e facendo in modo di non farsi notare dagli agenti, che guardano l’azione di gioco sullo schermo della TV. Una volta presi tutti i frutti, gli agenti devono prendere il pad ed indicare quello che pensano sia il colpevole.
Artwork è praticamente la versione Game & Wario di “tu disegna e te indovina cosa ho disegnato” cioè Pictionary. Potete postare i disegni su Miiverse e vedere quelli di altri giocatori, ma a parte questo non c’è molto altro da dire. Yep.
A fanalino di coda c’è Disco, che è una sorta di reverse-Guitar Hero per due giocatori. Il touch screen viene diviso in due sezioni, ognuna con tre tasti e tre linee, ed a turno un giocatore attacca creando delle sequenze (usando l’energia della barra laterale), e l’altro deve difendersi ripetendo le note inviate nella sua zona di gioco. Interessante.
Quasi dimenticavo, Miiverse Artwork. Come intuibile dal titolo, questa è semplicemente una versione del mini-gioco Artwork, solo in forma online e che usa il Miiverse. Potete scegliere una parola, farne il disegno ed inviarla su miiverse per farla indovinare ad altri, visionare disegni di altri o proporre una parola da utilizzare per il mini-gioco.
Il problema è che per sbloccare e giocare i 12 minigames del single player ci vorrà massimo un’ora, senza esagerazioni, ed il pacchetto complessivo non è della qualità a cui la serie (o la Nintendo, se per quello) ha abituato i giocatori, alcuni mini-giochi sono belli, altri sono così così, altri sembrano ideati e sviluppati in una serata, ed in generale molti sembrano giochini che potreste giocare su smarthphone, il contenuto o la complessità dei mini-giochi singoli non è mai abbastanza da non far preferire che gli avessero fatti meglio questi mini-giochi più espansi, o tenuto il formato tipico dei micro-games.
Se non altro il gioco è un buon showcase di cosa si può fare con l’accoppiata televisione & wii U gamepad, in generale i controlli sono responsivi e si vede i giochi sono stati creati con l’architettura della console in mente, sono fatti ovviamente per sfruttare le caratteristiche del Wii U, ma non in maniera frustrante ed irritante.
E decisamente la rigiocabilità gli fa da ancora di salvezza, perchè c’è motivo per tornare sui mini-game giocati una volta: ogni attività offre high score a cui puntare, più livelli di difficoltà crescente, o modalità extra. E per sbloccare tutti i pezzi della collezione (200 oggetti in totale tra consigli di gioco, i classici giocatollini/applicazioni e artwork “premiere” scelti tra quelli disegnati) ci vorranno diversi gettoni (vincibili giocando ed ottenendo buoni risultati nei singoli mini-game). Ed i mini-giochi multigiocatore non sono male, sono limitati ma ricreano quel vecchio stile di multigiocatore tra amici, tutti nella stessa stanza. Certo, ridicola l’assenza di una modalità online per una serie che invece dovrebbe puntare di più sul multigiocatore (la versione Gamecube dell’originale valeva l’acquisto od il riacquisto per l’eccellente multiplayer), ma al contrario di Smooth Moves su Wii, questo HA del contenuto multigiocatore.
Commento Finale
Game & Wario ha degli sprazzi di genio ed ispirazione, per quello che è è divertente ed ha parecchia rigiocabilità, ma il problema è quello che è, poco più di una tech demo che aveva senso lanciata all’uscita del Wii U o qualche mese dopo a prezzo veramente basso, o magari doveva essere sviluppata ulteriormente prima di uscire, ma alla fine è stata arrabattata e lanciata sul mercato. Perlomeno apprezzo che abbiano deciso di ridurre il prezzo di listino e chiedere 40 euro invece del prezzo pieno, ma comunque il gioco non ha il contenuto (od una qualità di questo così strabiliante a giustificare la poca “carne”) a sufficienza da giustificare un uscita su disco, o la scusa che era un titolo di lancio venduto in bundle con la console, andava venduto in digitale a massimo 15 euro in questo stato, o fatto meglio.
La cosa è resa più amara dal fatto che parliamo della Nintendo, queste sono pratiche che mi aspetto da publisher e software house come EA od Ubisoft.
Perchè, tutto considerato, Game & Wario sembra una “costola” di un titolo della serie normale di Wario Ware, sia per quanto riguarda il contenuto sia per la scelta di fare meno mini-giochi più elaborati, ma che non sono sempre all’altezza della serie (ed a volte sono alla stregua di titoli per smartphones), ed onestamente sono meglio riusciti in Nintendo Land (titolo a sorpresa più curato del previsto).
Se vi piace Wario Ware e lo trovate per 20 euro o meno, vi divertirete perchè qualcosa di buono c’è in Game & Wario, ma sappiate a cosa andate incontro. Al prossimo, vero Wario Ware, Nintendo.
Voto Finale: 5/10
The LEGO Movie
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Da quando sentii per la prima volta parlare del film sui Lego, sapevo che sarei andato a vederlo al cinema, presto o tardi. Per fortuna l’ho visto dopo quella grossa delusione che fu Amazing Spider-Man 2 (NON ANDATELO A VEDERE!), dandomi in qualche modo una certa soddisfazione cinematografica, aspettando X-Men: Days of Future Past e Guardians of the Galaxy (ultimo film prima di Avengers 2, della fase 2 dell’Universo Marvel).
Già troppa roba Marvel in questa recensione…parliamo di The LEGO Movie!
Senza troppi spoiler, seguiamo le avventure di Emmet, un normale costruttore nella città di Brickstone, governata dalla Octan. Anni prima, Lord Business, regnante di Brickstone, ha iniziato una campagna di cattura di tutti quegli individui che costruivano roba senza le istruzioni. Contrario a questa idea, il regnante ha anche accecato l’anziano Vitruvius, uno dei Maestri Costruttori, persone straordinarie che costruivano in questo modo libero, portando il vecchio a profetizzare che un giorno arriverà una persona qualunque a salvare il mondo dall’arma letale di Lord Business, il Kragle.

Il perfido Lord Business vuole mettere in riga il resto del Mondo LEGO!
Inutile dirvi che presto Emmet sarà ritenuto la persona della profezia, avendo trovato il Pezzo Forte, unica arma in grado di fermare il Kragle. Emmet verrà così portato nelle diverse dimensioni parallele dei Lego abitate da pirati, cowboy, astronauti, supereroi, e così via, insomma, gli altri set di costruzione dei Lego. Purtroppo, però, Lord Business segue Emmet e la sua cricca di aiutanti (tra cui una ragazza di nome Wildstyle, che sognava di essere colei che trovasse il Pezzo Forte, Batman, Vitruvious stesso e Happy Kitty), riuscendo a distruggere diversi mondi Lego e a catturare la gran parte dei Maestri Costruttori. Sta così al piccolo gruppo di Emmet salvare il mondo Lego dal sopravvento del Kragle, arma in grado di bloccare per sempre i mattoncini al loro posto.

Emmet e la sua ciurma (Wildstyle, Vetruvious e Batman) tenteranno di fermare Lord Business!
Concludo qui per evitare spoiler ed uno dei più grandi twist del film, che davvero ne approfondisce il messaggio in maniera esponenziale (anche se la base di partenza è bassa, ma è comunque un plot twist notevole). The LEGO Movie è semplicemente fantastico. A parte la trama un pochino banale, almeno fino al plot twist, è animato bene, divertente, pieno di riferimenti, gag, citazioni e paroide degne della filosogia LEGO. E sono proprie questi gli elementi chiavi del film: a parte un cast eccezionale, che però nella versione doppiata ovviamente si viene a prendere, sono gag, parodie, riferimenti a roba degli anni clou dei Lego a rendere il film così divertente ed esilerante.
Quello, e la colonna sonora, che vi rimarrà nelle orecchie per giorni a seguire! =)

L’unico luogo in cui possono convivere Abraham Lincoln, Michelangelo, la Statua della Libertà e Superman! =)
In breve, visto che di parole in questo numero del Weakly ce ne sono già tante, andatevi a vedere The LEGO Movie! Se avete mai giocato con questi mattoncini colorati, adorerete questo film fantastico! =)
Voto Personale: 8/10
Ball Buster Bonanza (A cura di Wise Yuri)
La vita é un eterno ritorno, si dice, ma ciò è valido anche per l’industria videoludica, perché non é mai troppo tardi (nella maggior parte dei casi) per reintrodurre in qualsiasi forma un brand od una serie, ancor meglio se non ci sono stati molti seguiti e la serie in questione é scivolata in una certa oscurità. Ecco, non so quanto seguito abbia la serie di Pang!, so di non essere l’unico ad aver buttato un mese di paghetta nella versione arcade (magari in quelle macchine con più giochi dentro, Neo Geo rulez), ma é innegabile che sia una serie dimenticata e che nel tempo é semplicemente sparita, succede e basta a volte.
Questo credevo, almeno fino a quando non ho scoperto l’esistenza di Magical Michael: Pang per Nintendo DS, distribuito dalla Rising Star Games nel 2010, che segna un inaspettato ritorno del franchise sulle scene, curato sempre dalla Mitchell, che non ha mai abbandonato la sua creatura – nota anche come Buster Bros in america -, che pure ha avuto dei seguiti per sale giochi (con alcune conversioni per Super Nintendo, Playstation ed alcuni sono inclusi nella collection Capcom Puzzle World), i quali purtroppo sono ignoti ai più. Sebbene assolutamente in sordina, é un come back inaspettato e capace di convincere. Non molto é cambiato dal Neo Geo MVS (quello delle sale giochi, per farla corta), e sapete cosa? Va benissimo così, perché Pang ha una di quelle eccellenti formule di gioco arcade, che lo rende immediato e facile da giocare al volo, ma non assurdamente difficile per il solo scopo di fare cassa (che poi era lo scopo del design arcade, cioè mangiare gettoni e far uscire il giocatore rapidamente dalla macchina per far giocare il prossimo, un “pay to play” vecchio stile), che richiedeva un certo grado di perizia.
Ancora una volta il vostro obiettivo é far scoppiare palloncini durante un tour del mondo, solo stavolta indossate i panni non di due 12enni con rampini e cappellini, ma del titolare mago Magical Michael, a scoppiare bolle in posti di interesse attorno al mondo. Un Magical mistery tour, se volete, che vi vede a viaggiare e sparare a palloncini in continenti e sub-continenti, ognuno compresivo di 4 livelli. Come detto sopra, il gameplay non é cambiato moltissimo, idem per i controlli ed in generale la formula base: muovete un personaggio incapace di saltare e che muore con un colpo, ma armato di uno “sparo” ascendente, ed il vostro obiettivo é semplice, eliminare tutti i palloncini a schermo (facendo attenzione, perché i palloncini grandi si dividono via via in altri più piccoli e fastidiosi). Nulla di più, nulla di meno.
Ma a livello di level design é cambiato molto, con diversi nuovi oggetti, power-up e soprattutto un eccellente level design, estremamente vario e capace in più livelli di richiedere uno stile di gioco più ragionato e nuovo per la serie, inserendo conformazioni di piattaforme insolite e rischiose, teletrasportatori, piattaforme rigeneranti o che si rompono sotto il vostro peso, etc. in modo che ogni livello offra qualcosa di nuovo e non tenda a somigliare “un pò tanto” al precedente. E fa ciò anche sfruttando il doppio schermo del DS per estendere la dimensione del livello, e creare interessanti soluzioni di level design, con una soluzione di continuità tra schermo inferiore e superiore. Niente sistema di controllo via touch screen, che onestamente sarebbe stato inadeguato comunque per il tipo di gioco, tutto quello che vi serve é un d-pad ed un pulsante.
Ultimo ma non ultimo, l’aspetto tecnico, le quisquillie. La grafica è in buon 2D classico, molto colorata e come da tradizione, sullo sfondo del livello vedete la località in cui siete, con scenari tipici. Non molto altro da dire, non è il miglior 2D possibile su Nintendo DS, ma è più che funzionale e gradevole, e giochi di questo tipo non hanno bisogno di chissà quali specifiche tecniche e potenza. E come ciliegina sulla torta, ci sono un bel po’ di tracce più che orecchiabili.
Commento Finale
Pang: Magical Michael è un inaspettata sorpresa, ed una graditissima, che marca il ritorno di una serie per lo più finita nel dimenticatoio videoludico, e che ritorno. Fedele alle sue radici arcade ma con un level design ottimo e vario, più power-up e varianti per tenere il gameplay sempre fresco, e dare un tocco puzzle graditissimo alla formula action. E per lo più, con molto contenuto e modalità per tenervi occupati. Un grande ritorno in sordina della serie Pang, ed piccola gemma della libreria Nintendo DS, che merita di essere scoperta (o riscoperta)! PANG!
Sherlock – Season One
(A cura di Alteridan)
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un vero e proprio boom di opere dedicate a Sherlock Holmes, probabilmente dovuto al successo planetario del film omonimo diretto da Guy Ritchie e con protagonisti Robert Downey Jr. e Jude Law. Cavalcando l’onda, la BBC ha ben pensato di creare una serie di lungometraggi per la televisione dedicati al celebre consulente investigativo e al suo partner entrambi nati dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle adattando però i personaggi al contesto moderno.
La prima serie è composta da tre film della durata di circa 90 minuti ciascuno e tutti apparentemente slegati tra loro, l’unico filo conduttore della serie noto fin da subito allo spettatore è rappresentato dall’evoluzione delle dinamiche interpersonali tra i personaggi. Ogni episodio è inoltre liberamente ispirato ai casi raccontati nelle raccolte originali di fine ‘800.
Nella serie della televisione nazionale britannica troviamo uno Sherlock Holmes molto fedele alle opere originali: egocentrico, emotivamente distaccato, noncurante della vita altrui, profondamente sicuro di sé. Lo Sherlock della BBC dimostra anche una certa padronanza degli strumenti tecnologici moderni, proprio a questo riguardo bisogna notare una scelta registica piuttosto inusuale ma sicuramente efficace: nel corso degli episodi non sarà raro assistere a scene in cui Sherlock armeggia con apparecchi tecnologici, soprattutto il suo smartphone, ebbene qualsiasi operazione verrà sempre mostrata in tempo reale in sovra impressione.

Il medico legale Molly: innamorata ma più volte rifiutata più o meno gentilmente da Sherlock.
Parlando di John Watson anche in questo caso assistiamo ad una riproduzione fedele del personaggio: come il dottor Watson originale anche il John moderno è un medico militare in congedo, curiosamente sia il Watson originale che quello moderno hanno entrambi partecipato ad una guerra in Afghanistan. John Watson risulterà molto utile a Sherlock Holmes per le sue conoscenze in ambito medico e si rivelerà essere un amico sincero nonostante tutto.
Tutto sembra essere al proprio posto in questo adattamento moderno: abbiamo i due protagonisti creati ad immagine e somiglianza degli originali; abbiamo il celebre appartamento al 221B di Baker Street, rifugio della coppia di amici e centro nevralgico delle operazioni investigative dei due; e abbiamo tutti i vari personaggi secondari come ad esempio il fratello/rivale di Sherlock, Mycroft, l’ispettore Lestrade e la simpatica padrona di casa Mrs. Hudson.

Il 221B di Baker Street è il luogo in cui si assisterà alla maggior parte delle interazioni tra i personaggi della serie.
Il cast è di tutto rispetto e fa della coppia protagonista il proprio punto di forza. Sherlock Holmes è interpretato da Benedict Cumberbatch, recentemente sul grande schermo nel ruolo di Khan nel secondo Star Trek diretto da J.J. Abrams, mentre il dottor John Watson prende vita grazie a Martin Freeman, il quale deve la sua fama ai suoi ruoli nella Trilogia del Cornetto di Edgar Wright e più recentemente per aver vestito i piccoli panni di Bilbo Baggins ne Lo Hobbit. La coppia funziona alla grande mostrando una notevole alchimia tra i due attori.
I tre lungometraggi si dimostrano essere all’altezza delle opere originali seppur con qualche sbavatura. Nei primi due film manca un certo ritmo, il primo in particolare (“Uno studio in rosa” – “A study in pink”) mette subito lo spettatore nella condizione di risolvere il caso, manca insomma un certo quid che li faccia spiccare dai casi visti in altre opere dello stesso genere. Fortunatamente ci pensano le situazioni tra i personaggi a controbilanciare il tutto. È però nel terzo film (“Il grande gioco” – “The great game”) che la serie esplode, letteralmente (vedere per credere), trovando finalmente quell’equilibrio tra investigazione e relazioni interpersonali che eleva la serie facendola risaltare dalla massa.

Sherlock, Mrs. Hudson e Lestrade in una divertente scena de “Il grande gioco”.
Una piccola nota merita il discorso del doppiaggio in italiano: avendo visionato la serie sia in lingua originale che in italiano posso dire che il doppiaggio nella nostra lingua è ben fatto anche se la voce scelta per Sherlock Holmes (Francesco Pezzulli) non si adatta alla perfezione al personaggio, il resto si mantiene su un livello che va dall’accettabile al buono. Naturalmente è sempre consigliata la visione in lingua originale ma se proprio non digerite la lingua di Albione sappiate che non siamo di fronte al classico doppiaggio mediocre a cui purtroppo ci hanno abituato gli studi italiani.
Sherlock è una serie che farà la felicità di tutti i fan delle opere di Sir Arthur Conan Doyle grazie alla fedeltà dei personaggi e delle situazioni ricreate senza però rinunciare ad un ottimo adattamento alla realtà contemporanea. Considerando poi che sono solo tre lungometraggi vi consiglio caldamente di vederli, vi avviso però che ci sono anche altre due stagioni complete (sempre da tre film ciascuna) ed una quarta potrebbe essere alle porte.
Eeeeeh un’altro ostocolo verso l’immortalità è stato compiuto. 150 numeri terminati! Spero vi piace il nuovo banner, spero vi siano piaciuti gli articoli. Fateci sapere, come sempre, nei canali conosciuti!
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