The Weakly Hobbyt #154

The Weakly Hobbyt #154

Ditemi che sono pigro, in realtà ero solo molto indaffarato. Da una settimana ho iniziato a lavorare e spero di avere presto il tempo di scrivere di più e di vivere di più al contempo! =)

Intanto vi ho riempito il Weakly Hobbyt #153 di belle immagini della serie tv Agents of S.H.I.E.L.D., visto e considerato che la serie TV merita davvero tanto e già non vedo l’ora di Guardians of the Galaxy. Inoltre, eccovi serviti di una nuova dose di roba Marvel, con la recensione di X-Men: Days of Future Past, ultimo film della serie X-Men (che, come Amazing Spider-Man, è purtroppo scollegata dall’Universo Cinematico Marvel). Seguono, altrettanto meritevoli di copertina, i pareri di WiseYuri su Short Peace. Chiudono due recensioni del sempre prolifico Alteridan, Thomas was Alone e The Crazy Ones!

X-Men: Days of Future Past
(A cura di Celebandùne Gwathelen)

X-Men: Days of Future Past

Senza che mi ripeto in apertura di articolo. X-Men è collegato in maniera diretta sia ad X-Men 3, di cui su questo blog pure finiremo di parlare, e in maniera ancora più diretta al recente X-Men: First Class, che mi era piaciuto non poco. Com’è questo doppio sequel?

Beh, come mio solito per film ancora al cinema, cercherò di non spoilerare troppo. Days of Future Past avviene in un futuro non troppo lontano, in cui robot in grado di assorbire ed adattarsi ai poteri dei mutanti stanno sterminando gli X-Men rimasti in vita. E’ così che Magneto e Xavier si mettono insieme per farmare questi catastrofici eventi. Anzi..tentano di fare in modo che non siano mai avvenuti.

X-Men: Days of Future Past

Kitty Pride ed i pochi X-Men rimasti non sanno più come difendersi dai Sentinel…

Per questo è di loro aiuto Kitty Pride, ed è di fondamentale importanza Wolverine. Kitty con i suoi nuovi poteri manda Wolverine, o meglio, la coscienza di Wolverine, indietro nel tempo in un suo passato alterego. Lì, Wolverine ha il compito di fermare Mistique dall’uccidere il futuro creatore del programma Sentinel, i robot in grado di assumere i poteri dei mutanti. Per fare ciò, però, ho bisogno dell’aiuto di Charles Xavier e di Magneto, in quel periodo non particolarmente amici.. anzi.
A questo non aiuta il fatto che Mistique non ha nessuna intenzione di farsi fermare, rendendo quella di Wolverine una missione più difficile del previsto. Per di più, le Sentinelle nel futuro scoprono ben presto la base degli X-Men, e ovviamente se Kitty dovesse fallire nel tenere la coscienza di Logan nel suo passato, tutto il loro fare potrebbe essere inutile…o essere stato addirittura contraproduttivo!

X-Men: Days of Future Past

Logan torna nel suo corpo del 1973…e non ha proprio un bel risveglio!

Mi fermo qui per evitare spoiler, nei commenti ne possiamo parlare quanto volete.
Days of Future Past, secondo me, è un film degli X-Men riuscito. Non ha la novità di First Class, ma è decisamente migliore di Amazing Spider-Man 2 (difficile fare di peggio) ed è allo stesso livello della trilogia originale, che di per sè mi è piaciuta non poco. Tra le vecchie comparse storiche è bella la presenza di Tempesta, Bobby Drake aka IceMan e Piotr Rasputin, alias Colosso. Dei mutanti nuovi ruba completamente la scena Peter Maximoff, ovvero Quicksilver, mutante con la capacità di muoversi in maniera rapidissima, che aiuterà a far evadere dal carcere Magneto a inizio film. Sia l’attore che lo interpreta, sia la resa vera e propria del mutante è fenomenale.
Altrettanto bella è la “storia” a tre tra Magneto, Xavier e Mistique; la dinamica tra i tre personaggi è coprotagonista del film, e riprende proprio lì dove era finita in First Class, con rapporti molto incrinati e flebili tentativi di rappacificazione. Si aggiunge al triangolo, a con poche speranze, anche Hank McCoy aka Beast, ancora innamorato di Raven come nel primo film.
Anche il ruolo di Wolverina, come sempre molto al centro delle vicende degli X-Men, è niente male, con alcune novità nell’arsenale e una psicologia del personaggio impreziosita dai film in cui è comparso in tutti questi anni. Per quanto ci siano dei piccoli buchi qui e lì…

X-Men: Days of Future Past

Peter Maximoff ruba la scena a gran parte dei mutanti del film, oltre che essere il protagonista della sequenza più bella di Days of Future Past. Qui con la sua sorellina, che sappiamo tutti chi potrà diventare…

E forse uno dei problemi di questo nuovo X-Men è proprio la sua collocazione nell’orizzente degli eventi. Cosa è successo prima del film? Cosa è successo dopo? Ci sono molte cose non meglio spiegate, che spero vengano precisate nella versione estesa del film, in arrivo in Blue Ray tra qualche mese. Secondo me, varrà davvero la pena recuperarla, semplicemente per capire meglio come siano andate in realtà le cose.

Detto questo, Days of Future Past merita comunque la visione in maniera netta. Non innovativo come First Class non osa tanto, ma comunque un buon film che è riuscito ad unire la vecchia e la nuova saga X-Men in maniera pulita. Se solo ora facessero la stessa cosa coi film di Wolverine…

Voto Personale: 8/10

J is for Japan

(A cura di Wise Yuri)

Short Peace Ranko Tsukigime's Longest Day

Finalmente giunge in europa il progetto multimediale e multiautoriale Short Peace, che porta insieme personalità come il leggendario Katsuhiro Otomo, Suda Goichi ed altre personalità della scena, per cinque opere diverse con un tema comune, ovvero il giappone, visto in epoche diverse.

Il progetto comprende quattro OAV (con animazione curata dal famoso studio Sunrise) e il videogame Ranko Tsugihime’s Longest Day, un progetto di Suda Goichi ed il director del bizzarro ma originale Tokyo Jungle, per il primo progetto di Mr. 51 senza la Grasshopper Manufacture da molto tempo.

E hanno ben deciso di non portare solo il gioco fuor di giappone, ma tutto Short Peace in un unico pacchetto di anime e videogame su Blu-Ray, quindi prima di parlare di Ranko Tsugihime’s Longest Day diamo un’occhiata ai vari corti.

Per la cronaca, il disco è “bi”, nel senso che viene visto dalla PS3 sia come un DVD video (che contiene gli OAV) sia come un disco di gioco PS3 che contiene appunto Ranko Tsugihime’s Longest Day. La parte DVD è in ottima qualità video, con il doppiaggio originale giapponese e sottotitoli in diverse lingue selezionabili (tra cui l’italiano), e negli extra (oltre al trailer pubblicitario) abbiamo gli storyboard dei vari corti da visionare. Non so se il disco viene letto come un semplice Blu-Ray video su lettori blu-ray, non avendo altri lettori blu-ray a parte la Playstation 3 stessa.

Short Peace Possessions

Dopo l’animazione introduttiva (molto random, devo essere onesto) Short Peace inizia con Possessions (diretto da Shuhei Morita ), una semplice ma godibile storia sovrannaturale sulla popolare leggenda folkloristica giapponese degli Tsukumogami, che narra come oggetti comuni – ombrelli, giocattoli, etc. – dopo un centinaio e passa di anni diventino coscienti e si animino, diventando una specie di piccolo demone per lo più innocuo. Non è male, ma poteva essere meglio se fosse durato un po’ di più. L’unico aspetto che lascia un po’ interdetti è il connubio di animazione tradizionale e GC in stile cel-shaded (con un pizzico di CG normale), perchè anche se quest’ultima è molto buona come grafica cel-shaded (che ha sempre avuto problemi nel replicare bene le espressioni facciali), alla fine sembra un po’ fuori posto, il personaggio del corto sembra provenire da un videogame. Un videogame con alti valori di produzione, ma un videogame comunque. A volte non ci sta male, ma comunque sembra che non debba stare lì dov’è.

Short Peace Combustibile

Segue Combustibile, diretto da Katsuhiro Otomo stesso, che narra una storia d’amore ai tempi del giappone medievale, con elemento centrale il fuoco, ed è un episodio più interessante e meglio raccontato rispetto a quello d’apertura. Anche questo utilizza una commistione di animazione tradizionale e computer grafica, ma in maniera diversa rispetto a Possessions, in quanto il tutto replica stilisticamente delle stampe giapponesi di città e regioni, con una visuale che solitamente inquadra l’azione dell’alto -appunto, come se fosse una stampa dell’epoca- e la computer grafica è costruita sopra l’animazione tradizionale di personaggi ed oggetti, e l’unione è molto ben riuscita, quasi non si nota che c’è, e l’animazione in toto è di buona qualità sui personaggi, ottima e spettacolare nei campi visivi allargati.

Short Peace Gambo

Il terzo OAV è Gambo di Hiroaki Ando, che racconta la lotta di un orso bianco chiamato Gambo contro un oni responsabile di stermini e rapimenti di donne in un vicino villaggio. Ed il tono è molto più pesante, la lotta tra orso ed oni letteralmente brutale ed estrema (più un’altra cosa che non vi spoilero), veramente grafico. In maniera simile a Possessions, anche qui abbiamo un eccellente computer grafica in stile cel-shaded con sopra innestata animazione tradizionale, ma qui la fusione è molto meglio riuscita, ed il corto ha uno stile grafico acquerellato “quasi sumi-e” distinto e stupendo. L’unica lamentela che gli si fa può fare è che ancor più di Possessions, vorrei fosse durato di più, ci si poteva fare un OAV di 30/40 minuti tranquillamente (seriamente, la narrativa è molto stringata e molte cose non hanno risposta), ed invece è il corto più… corto, 10 minuti solo, che 10 minuti, ma solo 10 minuti.

Il mio preferito della raccolta. 😀

Short Peace A Farewell To Arms

Ed a concludere abbiamo A Farewell To Arms (diretto da Hajime Takoki e basata sull’omonimo manga di Katsuhiro Otomo), il corto finale (ed il più lungo dell’opera) che ci porta dal giappone medioevale al futuro prossimo, in cui un gruppo di soldati armati di tuta protettiva combatte un enorme robot che si aggira per le strade di una città. Al contrario degli altri in cui l’animazione è più di tipo sperimentale, qui è più tradizionale, perchè sebbene pure questo ne usi parecchia di computer grafica, qui è più un complemento non indifferente a quella tradizionale, e non viceversa. Direi che questo è il migliore, se non fosse per il finale che onestamente è strano perchè fuori tono rispetto a tutto quanto prima, quasi comico, cosa che quasi distrugge del tutto il messaggio finale sulla guerra.

Nel complesso, per quanto riguarda la parte anime, Short Peace è un interessante antologia di storie con toni e stili diversi, vario e degno di un’occhiata per chiunque sia interessato anche poco negli anime in generale. Le uniche lamentele è che i corti in sé sono forse troppo brevi, quasi tutti avrebbero guadagnato in tutto e per tutto se fossero stati leggermente più lunghi, e che era forse lecito aspettarsi una connessione maggiore tra le opere, anche a livello di tematiche o di concetti, perchè onestamente a parte il giappone (come intuibile guardando il logo stesso dell’opera) non condividono molto in comune. Si poteva fare di più (visto anche il formato non è nuovo), ma è comunque molto interessante e molto bello anche dal lato tecnico, con diverse sperimentazioni di unione tra animazione tradizionale e computer grafica -per lo più in stile cel-shaded-.

Ranko Tsugihime's Longest Day logo

Tempo di passare alla parte videoludica di Short Peace, ovvero il folle Ranko Tsugihime’s Longest Day, che coinvolge Suda Goichi (nel primo progetto senza la Grasshopper dal misconosciuto Moonlight Syndrome) e che si propone come tassello finale di questa antologia nippo-centrica.

Sviluppato da Cripsy’s Inc (dietro Tokyo Jungle) e diretto da Mr. 51, Ranko Tsugihime’s Longest Day è un platform in stile runner, con enfasi sulla velocità di gioco continua. La storia vede come protagonista Ranko Tsugihime, studentessa figlia del capo della maggiore società di parcheggi in giappone, di giorno, killer su commissione di notte, con un piano: vendicarsi contro suo padre.

Ecco, vi vorrei dire che è un bel gioco, ma la realtà è che Ranko Tsugihime’s Longest Day è in un insulto, che siate fan di Suda (o di Tokyo Jungle) o no, è un insulto a chi come me ha voluto credere nel progetto complessivo di Short Peace, e pensava che il gioco fosse la portata principale, od un degno complemento della parte animata. Ora vado a spiegare perchè, ed in che modo.

Ranko Tsugihime's Longest Day screenshot

Il gameplay di per sé non è male, è come immaginavo Bit Trip Runner potesse essere con un impianto platform 2D più canonico, perchè il gioco non fa procedere il personaggio automaticamente, ma vi incita/forza a muovervi di continuo il più veloce possibile ed a fare buone combo. Siete continuamente inseguiti da una forza che viene dal lato sinistro del livello (Ranko non ha una salute e non muore per i colpi nemici, ma se la forza oscura vi prende è game over istantaneo), e potete sparare un colpo per respingere questa forza, ma per sparare dovete avere almeno un segmento della barra munizioni pieno, e la riempite uccidendo nemici, ancor meglio se riuscite a sfruttare bene il particolare sistema di combo – un nemico una volta ucciso irradia stilosi simboli che possono uccidere altri nemici, scatenando reazioni a catena –, il tutto fino a che non arrivate al traguardo di fine livello. La formula di per sè funziona bene, a dir la verità, è solida.

Da un lato meramente tecnico, il titolo è più che competente, con ottima e stilosissima grafica celshaded, zero rallentamenti di sorta (un po’ essenziali da NON avere in un gioco runner), un doppiaggio solo in giapponese ok ed una buona colonna sonora, onestamente. Ma d’altro canto abbiamo un patetico lavoro di traduzione ed adattamento, e non dico tanto per alcuni dialoghi che anche non sapendo il giapponese sembrano adattati un po’ male, ma per il fatto che sono stati talmente pigri da lasciare nelle cutscene con sprite (quelle non animate) il testo in giapponese visibile e sovraimporre i sottotitoli. E gli sprite lasciano a desiderare. Altro che “big produzione”.

Il problema è però nel level design, che è troppo simile tra livello e livello, sebbene la conformazione dei livelli stessi differisca e ci siano elementi e più strade o passaggi che potete imboccare per avanzare (e collezionabili ottenibili solo passando da un certo punto), la varietà di ostacoli, nemici ed obiettivi finisce quasi subito, il massimo che questo titolo offre a riguardo consiste nel bloccarvi in una stanza e farvi uccidere tutti i nemici per continuare a muovervi, un caso in cui dovete prendere un oggetto in un punto preciso del livello, ed uno in cui guidate una moto e dovete saltare con più attenzione. Almeno per quanto riguarda i livelli normali, 3 sono dedicati a boss battle, con una buona in stile spaceship shooter 2D, una mediocre a scorrimento verticale ed una ok in stile grafico 8-bit. Nel complesso non è orribile, solo mediocre.

Di per sè, Ranko Tsugihime’s Longest Day non sarebbe orribile o infimo, ma ciò che lo condanna è la longevità, ed in tutta la mia vita non ho mai visto un gioco (inteso nella maniera tradizionale) così corto su console di questo genere, sia stato rilasciato su disco o solo in digitale, perchè ci sono solo 10 livelli , e l’intero gioco si può finire in 50 minuti o poco più, meno dell’intera parte animata del progetto, non sto mentendo od esagerando, e porto a prova uno schifoso screenshot fatto con il telefono.

 

Per la cronaca, 5 minuti derivano dall'aver rigiocato due livelli, e contando i filmati, l'effettivo tempo di gioco è anche meno. Vergognoso.

Per la cronaca, 5 minuti derivano dall’aver rigiocato due livelli, e contando i filmati, l’effettivo tempo di gioco è anche meno. …. Non ho parole.

Ho ormai noti titoli orribili, merdosi o mediocri che durano 4 ore, spesso robaccia su licenza fatta in 6 mesi che deve uscire in concomitanza con un film o serie TV, ma Ranko Tsugihime’s Longest Day gli batte tutti a questo riguardo, è un insulto visto che anche nell’ottica della double feature “anime + gioco”, è pateticamente corto ed esageramente sovrapprezzato. Non è valido neanche visto come bonus alla parte animata.

Fa incazzare ancor più rispetto a robaccia su licenza perchè c’erano persone di talento nel progetto, ed il gameplay di per sé ha del potenziale, ma sembra una cazzo di demo estesa spacciata per gioco (sì, Ground Zeroes sto guardando te), non mi aspettavo un progettone milionario visto che doveva servire come coda di un progetto più grande, ma qualcosa di meglio. E sono pronto a scommettere che è la Bamco a voler vendere a prezzo pieno il pacchetto di Short Peace, avidi stronzi. Mi sento ingannato, sfruttato solo perchè volevo sostenere un progetto interessante. Fanculo.

Se non altro ci sono extra da sbloccare rigiocando i livelli e prendendo oggetti ed uccidendo nemici speciali che avete mancato, ci sono trofei, ma il premio non è nulla di sostanziale (manco una difficoltà extra), ed alcuni extra hanno dei requisiti che vi forzano letteralmente a rigiocare più e più volte i livelli per essere sbloccati e cercare di illudere il giocatore sull’effettiva longevità del gioco con filler obbligatorio se volete completare e prendere tutto.

Ranko Tsugihime's Longest Day screnshot 2

Ultimi ma non ultimi, il tono/stile e la storia. L’estate scorsa recensii Killer Is Dead ed a livello di stile dissi questo “sembra per lo più un imitazione di quello che contraddistingue i giochi di Suda 51 e quelli della Grasshopper in generale, come se il signor Goichi in persona avesse vomitato in un sacchetto, e bum, facciamo un gioco basandoci su tale sacchetto. “. ecco, chiedo scusa a Killer Is Dead, questo è il gioco basato sulle secrezioni post-sbornia di Suda Goichi. Un assolutamente random poutporri di cose a caso che i fan associano con le sue opere, tale da non avere un cazzo di senso o logica contorta anche nel regno della sua stessa follia, e non molto godibile in ogni caso, ok la creatività e la follia ispirata, un altra è prendere acidi ed allucinogeni a caso, e sperare che venga fuori qualcosa di buono od ispirato. Questo gioco sembra davvero diretto da un rutto mutato geneticamente di Suda stesso, o da una secrezione del suo corpo divenuta cosciente.

Il punto è che non è divertente o affascinante, o curioso, è strano nel senso “non ti avvicinare a me che ti sparo”, quasi da farvi rivoltare il cibo nello stomaco, che vi lascia a bocca aperta ed a grattarvi il capo, mentre pensate “…. che cazzo ho appena visto?”. Certo, potrebbe farvi ridere da quanto è brutto lo stile qua, è una possibilità, ma personalmente mi ha solo lasciato confusione ed un retrogusto amaro .Volete un esempio? Bene, guardate pure sotto.

 

"Non c'è nulla di sbagliato con i vostri monitor. Questa immagine non è stata alterata o meme-izzata".

“Non c’è nulla di sbagliato con i vostri monitor. Questa immagine non è stata alterata o meme-izzata”.

La storia di per sé parte “normale”, e dalla premessa (già riportata sopra) sembra avere un senso: Ranko Tsugihime è una liceale figlia di un magnate di complessi di parcheggi, di giorno. Di notte è un’assassina su commissione che decide di vendicarsi… del proprio padre, assassinandolo. Dopo questo, il tutto scivola in un cocktail di luchadores, supereroi stile Power Rangers, il pomerania di Tokyo Jungle (perchè.. sì), un drago, porte dell’inferno, assurde rivelazioni e flashback. Nulla ha un cazzo di senso o risoluzione o logica,ed il finale è un cliffhanger… credo. Il vero finale è un montaggio delle doppiatrici (credo siano doppiatrici) che ballano e cantano in un bar karaoke, mentre i crediti appaiono a schermo.

THE FUCK?!

Commento Finale

Ranko Tsugihime

La parte animata di Short Peace è un buon ensemble antologico di corti di qualità con tema comune il giappone, con interessante animazione di alta qualità, che però fanno desiderare di più, in quanto potevano durare molto di più i singoli corti, c’era modo e talento per farlo. Forse non alla pari di altri esperimenti del genere sempre supportati e sviluppati da Otomo come Manie Manie e Memories, ma più che valido.

Invece Ranko Tsugihime’s Longest Day è un insulto a qualunque giocatore, un platform 2D in stile runner con una formula potenzialmente ottima, ma un level design mediocre ed una longevità a dir poco patetica, per vedere la fine ci vuole meno tempo che vedere la parte animata di Short Peace per intero. Ed è un titolo estremamente bizzarro ed assurdo anche per i precedenti sia di Suda che di Yohei Kataoka, ma non nell’accezione buona del termine. Alla fine è un assurdo trip di acidi che non è poi così divertente e dura quanto uno starnuto, non lo consiglierei neanche se fosse distribuito solo in digitale a 15 euro (troppi tra l’altro per l’offerta). State lontani!

Nel complesso, Short Peace è una mixed bag, perchè la parte animata è buona e ve la consiglio (anche se poteva durare di più), ma quella videoludica è un mediocre platform 2D in stile runner che poteva essere molto di più ma infine è poco più di una demo stiracchiata e troppo troppo strana e bizzarra, e ripeto “tanto”. Il mio consiglio è aspettare che la parte animata venga venduta separatamente su DVD/Blu-Ray, e prenderla allora, perchè 60 euro per questa roba è un furto legalizzato creato ad arte per spolpare i portafogli ai fan di Suda Goichi, di Katsuhiro Otomo e dell’animazione giapponese. E rivolgo il mio fanculo alla Namco, in questo caso.

 

P.S. Tra l’altro, onestamente da fan Grasshopper/Suda 51, sembra che i progetti intrapresi da Mr. 51 e dal suo team vadano a peggiorare, e spero vivamente che Lily Bergamo possa ridare lustro alla “Punk Videogame Band”.

 

Thomas Was Alone

(A cura di Alteridan)

Versione giocata: PS Vita

Un evento inatteso, pochi secondi di connessione illimitata ad internet e una nuova specie prende vita. Queste le premesse di Thomas Was Alone, originale platform/puzzle creato da Mike Bithell e disponibile per un gran numero di dispositivi tra console, PC, e smartphone/tablet.

Thomas Was Alone è ambientato nel mainframe della Artificial Life Solutions, una società il cui scopo è creare piccole intelligenze artificiali per migliorare la vita delle persone. Un incidente però rende senzienti alcune delle intelligenze artificiali memorizzate nel main frame: la prima di queste è il rettangolo rosso Thomas.

L’acqua è letale per tutti, o quasi.

Thomas si sente molto solo, per questo motivo inizia ad esplorare il mainframe alla ricerca di altri compagni: durante le sue peregrinazioni riesce a trovare altre intelligenze artificiali, come lui sono state rese autocoscienti dall’incidente. Insieme decidono di imbarcarsi in una spedizione alla ricerca della mitica “Fontana della Saggezza”, il collegamento a internet del mainframe.

In Thomas Was Alone lo scopo del gioco è semplicemente quello di superare una serie di livelli, come in ogni buon platform che si rispetti, ma per farlo bisognerà sfruttare al meglio le abilità di ogni intelligenza artificiale. Al giocatore viene dato il controllo di tutte le intelligenze artificiali incontrati fino a quel momento, dandogli la possibilità di muovere un solo personaggio alla volta. Ogni intelligenza artificiale è diversa dalle altre: Thomas ad esempio ha una dimensione nella media e una discreta capacità di salto, Claire è invece un grosso quadrato blu che non riesce a saltare molto in alto ma al contrario dei suoi compagni è capace di galleggiare sull’acqua, John è un rettangolo alto e snello in grado di saltare più in alto degli altri e muoversi più velocemente, e così via.

Claire sogna di diventare una supereroina ed è quindi alla ricerca di una “spalla”.

Gli enigmi disseminati nei livelli richiedono che ogni abilità dei personaggi venga sfruttata al meglio: bisogna posizionare Claire su un livello più alto? Bisognerà creare una scala con le altre intelligenze artificiali affinché la nostra Claire riesca a superare l’ostacolo. I cento livelli del gioco offrono un livello di sfida crescente, la difficoltà non sarà mai troppo elevata ma alcuni enigmi più avanzati richiederanno qualche minuto di ragionamento.

Un particolare che rende il gioco unico è lo stile narrativo: l’intero gioco è narrato da una voce fuori campo, l’attore inglese Danny Wallace, in grado di porre una discreta enfasi sull’azione di gioco e sulle sue implicazioni a livello di trama. Wallace riesce a caratterizzare in maniera ottima ognuno dei piccoli co-protagonisti del gioco: ogni intelligenza ha una propria personalità e non sarà difficile provare una certa empatia nei loro confronti.

Per risolvere gli enigmi sarà spesso necessario premere qualche pulsante.

Thomas Was Alone non è un platform rivoluzionario ma a suo modo sa essere originale. Grazie ad una sceneggiatura interessante, a un discreto level design e a uno stile grafico particolare, merita di essere giocato da tutti gli appassionati del genere. Non resterà negli annali come una pietra miliare ma è sicuramente un titolo da provare.

Voto personale: 7,5/10

The Crazy Ones

(A cura di Alteridan)

La Lewis, Roberts & Roberts è una società che opera nel campo della pubblicità, ma non è una compagnia come tutte le altre. Simon Roberts è uno dei tre soci della compagnia ed è il più folle pubblicitario vivente.

Su queste premesse si basa la nuova sitcom creata dalla CBS, uno show con un cast eccezionale e un buon livello di ironia generale. Simon Roberts è intrpretato da Robin Williams, che dopo molti anni ritorna in televisione in un ruolo da protagonista: Simon è un uomo che ha toccato il fondo più volte, dopo essere stato un alcolizzato, e dopo numerosi matrimoni andati male, Simon decide di dedicarsi esclusivamente al lavoro e a sua figlia, Sydney. Sarah Michelle Gellar interpreta la figlia di Simon: da poco diventata socia della compagnia, Sydney è l’opposto del padre, è razionale ed è ancora single. A completare il cast principale vi sono gli assistenti Zach, Andrew e Lauren, rispettivamente interpretati da James Wolk, Hamish Linklater e Amanda Setton.

Il cast al completo.

Come molte altre sitcom, The Crazy Ones non ha una trama orizzontale molto sviluppata ma negli episodi si limita a ricollegarsi in maniera piuttosto blanda a fatti accaduti in precedenza. Ogni episodio è quindi a sé stante: nei venti minuti della puntata assisteremo alle (dis)avventure del team creativo alle prese con le richieste di un cliente, con una contrapposizione tra la follia di Simon e l’eccessiva razionalità si Sydney, e i tre assistenti che spalleggeranno uno dei due andando a creare tutte le situazioni divertenti della serie.

Simon è piuttosto egocentrico.

La sitcom è girata prevalentemente all’interno della sede della Lewis, Roberts & Roberts, in un edificio nel centro di Chicago, ma non mancheranno escursioni in ambienti esterni. Il tutto è registrato utilizzando una camera singola come si usava fare agli inizi degli anni ’60 e come da qualche anno sì è ricominciato a fare.

The Crazy Ones è una sitcom formata da una singola stagione da ventidue episodi, purtroppo il network ha cancellato la serie a causa degli alti costi di produzione ma data l’assenza di una trama orizzontale non vi è alcun pericolo di iniziare la visione con il rischio di avere un finale di stagione monco, con il risultato di lasciare la narrazione appesa.

Zach e Andrew avranno problemi a concentrarsi sul lavoro.

Personalmente ne consiglio la visione: non è una serie lunga, ed essendo una sitcom non richiede neanche molto tempo per guardare un episodio. Gli episodi sono ben scritti e riescono a divertire, ideali per essere visti tra un telefilm più serio e l’altro, o semplicemente per ingannare l’attesa. Un peccato che sia stato cancellato, avrebbe potuto regalare altri momenti di sana ironia.

E’ tutto! Ci sentiremo ancora spesso questa settimana, però, visto che sta per iniziare l’E3 e di roba da raccontare ce ne sarà non poca! =)
Se il prossimo Weakly sarà scarno, saprete già ora perchè! =)

Una Risposta to “The Weakly Hobbyt #154”

  1. wwayne Says:

    Se ti va di goderti un altro bel film con Jennifer Lawrence, ti raccomando ad occhi chiusi quello recensito in questo mio post: http://wwayne.wordpress.com/2014/01/08/il-fine-giustifica-i-mezzi/. : )


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