Tempo di parlare di qualche rimasuglio dell’era d’oro di platform con mascotte, molti nati e morti durante l’era PS1/N64, ed alcuni esorditi durante la generazione successiva di console, ma con la “testa” nel passato. Argomento non piccolo, vista la sovrabbondanza di titoli del genere, ma c’è tempo e spazio per tutti! 😀
Una di queste serie è quella di Ty The Tasmanian Tyger, sviluppata da Krome Studios (che lavoreranno poi anche al mediocre Blade Kitten), che esordì nel 2002 per PS2, Gamecube ed X-Box (la versione giocata/recensita è quella PS2, btw), una serie che conta ben tre seguiti (l’ultimo esclusiva Windows 8 e tablet uscito l’anno scorso con il ritorno sul mercato di Krome Studios), di cui forse parleremo in futuro.
Ma oggi è il turno, del primo, chiamato ovviamente (e logicamente) Ty The Tasmanian Tyger. Da non confondere con l’omonimo quarto episodio.
Ed onestamente non è che si sarebbe poi molto da dire su questo gioco, potrei descriverlo come “uno scialbo e a sub-mediocre platform nella stessa vena di Jak And Daxter o Banjo-Kazooie”. Perchè è un platform uscito all’inizio del ciclo vitale della PS2, e si nota come concettualmente sia ancora nel passato, in quanto propone un tipico gameplay dei cosiddetti “collectathon” per cui era nota la Rare al tempo del Nintendo 64, in questo caso con una venatura più moderna assimilabile al titolo Naughty Dog, ma è talmente generico che potrei continuare per paragrafi a paragonarla con titoli come Croc o roba del genere, quindi la taglierò corta. Vi basta guardare la copertina per sapere a cosa andate incontro ed il gioco vi dà esattamente quello, almeno è onesto, per così dire.
Detto ciò, non so davvero cosa dirvi su questo gioco che non si potrebbe dire di milioni di platform in questo stile, quindi farò ancora di più il sarcastico ed il saccente, preparatevi.
Per esempio, partiamo dal protagonista: Ty, una tigre della tasmania antropomorfica con un muso duro e sempiterna faccia incazzata, un foulard rosso, un paio di boxer rossi ed in mano un boomerang. Ero tentato di descriverlo come un altro clone di Crash Bandicoot, ma- di nuovo- è talmente generico e chiaro figlio “tardo” dell’epoca del “mascotte platform” che non vale la pena fare paragoni. Ovviamente è accompagnato da altre mostruosità antropomorfe in tono con l’ambientazione australiana (non c’è nessuno che si chiama Bruce, però) e c’è una stupida storia da bambini su 4 talismani ed un pollo preistorico malvagio con la voce di Riccardo Rovatti (chi altro, a pensarci bene?).
Ed il gameplay è altrettanto facilmente descrivibile con l’aggettivo “mediocre, alla meglio”. Perchè non è osceno, sia chiaro, ma è formulaico, generico e trito a livello enciclopedico: Ty ha i normali boomerang, e proseguendo acquisisce….. boomerang di fuoco, di ghiaccio, e via dicendo, bravi avete indovinato (anche se va detto che una delle poche cose degne di nota del gioco sono i tipi di boomerang ottenibili, ce ne sono in numero discreto, anche se molti sono superflui).
Ogni livello ha 8 cristal-pezzi di puz-uova di tuono ottenibili recuperando un certo numero di oggetti o personaggi in pericolo, vincendo time trial, raccogliendo tutti i globi presenti nel livello, compiendo banali e semplici missioni o liberando i cinque Jinjos nel livello (sono Jinjos, anche l’effetto sonoro è quasi identico).

Lo giuro su Chtulu, c’è tipo una nota di differenza tra il jingle “creature get” di Banjo-Kazooie e quello in Ty. Sono Jinjos mutati geneticamente, lo so.
Anzi, ad essere franchi è peggio: in linea generale non c’è nulla di male nella “mediocrità”, perchè il gioco lo è, ma oltre ad essere mediocre, è poverissimo di contenuto, con 9 livelli normali, il livello finale con una boss battle in mezzo, e 4 boss battle. La boss battle finale è talmente ridicola, corta ed inutile (non combattete neanche il boss, per l’amor del cielo) che potevano usare direttamente una cutscene, ma la peggio è la penultima contro una donna pipistrello: dovete premere un pulsante su un muro per stordirla e poi poterla ferire, nulla di strano, ma nell’ultima parte di questa battaglia, il pulsante che vi serve è al limite dell’impossibile da vedere, visto che è piazzato – un pulsante rosso, badate bene – su un muro di magma, ed è praticamente camuffato anche grazie al pessimo angolo della telecamera. A dir poco STUPIDO e IMBARAZZANTE.
Non che il resto delle boss battle siano meglio, che quando non sono strafacili sono aleatorie e richiedono che facciate cose controsenso, come buttarvi per cercare bombole da colpire per far galleggiare ed usare contro il boss, quando il boss è uno squalo ed il buon senso vi dice di non andare in acqua, o altre cose come hit detection all’improvviso schizzinosa. Pessime nel complesso.
E la pochezza di livelli è reso peggiore dal fatto che – più di altri titoli del genere- questo gioco richiede che abbiate molti collezionabili primari (ovvero l’equivalente dei cristalli viola di Crash Bandicoot, per fare un esempio), specialmente nei livelli iniziali manca poco che il gioco vi chieda “prendi tutto da questi livelli per proseguire”, e quindi non potete prendere più uova da più livelli diversi, cosa accentuata dalla poca quantità degli stessi ed il fatto che molti tendono a presentare elementi riciclati o scenari quasi identici. E giusto per gradire, la navigazione nel hub dell’isola è pure bruttina, con manco un appunto che vi ricorda cosa dovete fare od una mappa per vedere in che punto sta il prossimo posto con i portali.E nel modo in cui strutturata, è talmente limitata e superflua che non dà neanche la sensazione di avventura o progresso, visto che a parte delle conchiglie che non ho capito/ricordo a cosa servono, non c’è nulla da trovare nell’overworld, e sarebbe stato meglio avere una navigazione lineare alla Super Mario Bros. 3/Crash Bandicoot.
Finito il gioco sarete attorno ad un 80% globale, quindi potete capire come la rigiocabilità sia infima, pochissima, ma forse è per il meglio, perchè comunque già finire il gioco mi era sembrato più una formalità, una questione di “buona educazione”, e dubito ci tornerete sopra dopo, a meno che non siate completizionisti assatanati. Ed anche in tal caso non vi ci vorrà molto a raggiungere il 100 %.
L’unica cosa originale che ha il gioco….. è che i checkpoint sono qui dei gabinetti, giusto per essere di classe. E Ty usa dei boomerang…. per planare. E basta, direi tutto qui.
Se non altro i controlli sono buoni, è tecnicamente molto solido per una release PS2 del 2002, le cose regolari/standard che devono funzionare funzionano, nonostante il salto di Ty un po’ più alto del normale, collisioni non sempre perfette (ma non oscene) e la pessima telecamera che sembra rimasta al 1998, ed è un buono gioco per ragazzini, visto il livello di sfida bassino ed il fatto che gli occupa dandogli parecchie cose da fare.
Una cosa che mi ha colpito (e che ho accennato sopra) è come il gioco usi gli stessi effetti sonori di Banjo-Kazooie, sul serio, credo che gli abbiano direttamente rubati, sono quasi identici ed un altro segno di come sia formulaico e derivativo, un platform fatto con “pezzi” ed idee già usate ed abusate da altri, e meglio. Paradossalmente, la colonna sonora è buona, ed è l’unica cosa memorabile di questo gioco.
Commento Finale

N:B. Questa è la qualità del character design (non una fan art di un 11enne), per darvi un’idea. Non c’è bisogno di ringraziarmi. 😀
Ty The Tasmanian Tiger l’avete già giocato, anche se non l’avete giocato. Perchè è la perfetta definizione di brutto, pigro, derivativo e formulaico, talmente generico da far male, nella forma in questo caso di un platformer in stile Banjo-Kazooie/Jak And Daxter che era già un po’ datato all’uscita, un tardo esponente del trend del platform con mascotte.
Quello che molti definirebbero un “gioco da ragazzini”, ma al contrario di altri titolo del genere più noti e assai meglio curati (a cui questo gioco non nega di essersi… ispirato), Ty oltre ad essere un datato “kid’s game”, è talmente generico, derivativo, formulaico e trito che annoierà presto anche chi come me adora questo vecchio stile di platform 3D, anche i più nostalgici e pazienti, che troveranno un titolo anche carente di contenuto, con pochissimi livelli e boss battle (che passano dal facilissimo al frustrante a causa di pessimo game design), un’esperienza pure breve e piagata da alcuni momenti iperfrustranti.
Seppur tecnicamente solido e funzionale, giocabile e privo di problemi rilevanti per quanto riguarda le meccaniche di gioco, la qualità e la quantità offerta dal titolo Krome Studios è talmente sotto la media, poca e striminzita che non vale il tempo neanche dei più assatanati collezionisti e consumatori di platformer che vogliono giocarli tutti, e neanche i pochi euro per cui si può recuperare.
Morale della favola: non è un aborto di satana ma non ne vale la pena.
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