The Weakly Hobbyt #161

The Weakly Hobbyt #161

Dopo un hiatus più lungo del solito (che abbiamo cercato di addolcire con un pò di articoli, recensioni e preview) il Weakly Hobbyt ritorna presentando in veste ufficiale la new entry dello staff, date il benvenuto a CapRichard che ci aiuterà nel nostro ancora lungo viaggio sul web a recensire il recensibile con estremo pregiudizio… o qualcosa del genere. Che altro dire, ci sarà una sorpresa, ma la scoprirete presto, nel frattempo buona lettura! 🙂

The legend of ZELDA – Majora’s Mask
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)

The legend of ZELDA - Majora's Mask

Parliamo del manga di Majora’s Mask in questo primo numero dopo la pausa estiva. Come saprete, è da un pò che mi sto giocando i titoli della serie The legend of ZELDA in ordine cronologico di uscita, e dopo aver finalmente avuto modo di parlare di quello che, per me, è il miglior episodio nonchè migliore videogioco che io abbia mai giocato, è giunto il momento di parlare del manga disegnato dal duo che si fa semplicemente chiamare “Akira Himekawa”.

La storia percorre quella di Majora’s Mask in maniera non distante, con un pò più di background al tutto, ovviamente in maniera non-canonica. Link è tornato nel suo corpo da bambino dopo gli eventi di Ocarina of Time e viaggia per Hyrule come maestri di spada, mentre al contempo è in cerca di Navi, la fatina che lo ha abbandonato dopo la battaglia contro Ganondorf e il viaggio a ritroso nel tempo forzato da Zelda.
Pensando che le fate si trovino nei boschi, si dirige verso questi, dove però viene sorpreso da Taya e Tael, due fatine che accompagnano l’Horror Kid, che ha poco prima rubato la Maschera di Majora ad uno stuzzichevole Venditore di Maschere (nel senso che ha praticamente sfidato l’imp a rubargli la maschera!). L’Horror Kid ruba a Link l’Ocarina e decide di svignarsela con Epona, inseguito caparbiemente dall’eroe del tempo.

Link insegue l’horror kid quindi attraverso la foresta, ma cade in un lungo tunnel, dove viene trasformato in un Deku prima, e abbandonato al suo triste destino poi. Rimane con lui, però, per la troppa fretta dell’Horror Kid, Taya, che quindi “si allea” a Link per ritrovare il fratello. Link si ritrova, quindi, da Deku a ClockTower Town, dove stanno avvenendo i preparativi per il carnevale. A Link pare di incontrare facce conosciute, come quella di Basil, di Mutoh e Re Zora, ma nessuno di questi pare essere se stesso. Rincorso infine da un cane, Link viene ritrovato da Anju, che si prende cura di lui e lo guarisce dalle ferite. Link viene a sapere della storia d’amore tra lei e Kafei, e decide di aiutarla, ma in quel momento compare l’Horror Kid, che vuole mostrare a Link i suoi poteri, invocando la Luna su ClockTower Town. Link, dopo aver rivissuto per qualche motivo la scena della distruzione della città varie volte, ed aver ricevuto da Tael il consiglio di “portare qui i quattro dalla Palude, dalle Montagne, dall’Oceano e dal Canyon”, riesce a riottenere la sua Ocarina e suonando l’Inno del Tempo, si libera della maledizione di Deku Scrub e torna indietro nel tempo al momento in cui accede ClockTower Town.

The legend of ZELDA - Majora's Mask

A inizio avventura, Link è costretto in una forma a lui totalmente ignota, quella di Deku Scrub!

Lì incontra il venditore di maschere, con il quale patteggia per ritrovargli la maschera di Majora per evitare che accade un gran disastro. Link è sospettoso, ma Taya lo obbliga ad accettare, anche perchè la fata è determinata a voler salvare il fratellino dalle grinfie dell’irriconoscibile horror kid.
Link, dopo un breve spaesamento per le vie di ClockTower Town, in cui reincontra Anju, che ovviamente non ricorda nulla degli eventi precedenti avvenuti prima del viaggio a ritroso del tempo, decide di andare nelle paludi per trovare “uno dei quattro”.

Da lì la sua vera avventura comincia: Link si avventura nelle paludi, dove quasi soccombe alle acque avvelenate che sembrano provenire dal vicino vulcano. Ad aiutarlo ci pensano un gruppo di scimmiette, anche loro in difficoltà perchè il re dei Deku sta accusando i loro amici animali di aver rapito la principessa Deku, sua figlia. Loro però sanno che a rapirla è stato un grande guerriero della giungla mascherato, e chiedono a Link di intervenire. Il giovane eroe, trasformato di nuovo in Deku dalla sua maschera, entra nel palazzo reale e libera gli animali, solo per assistere poi prima alla propria cattura e poi all’arrivo nel palazzo del guerriero mascherato. Riuscito a liberarsi, Link combatte il colosso e così facendo, a sorpresa, libera la divinità delle paludi. Capisce così che questo è uno dei quattro di cui parlava Tael, e decide di recarsi verso le montagne.
Lì, il giovane eroe aiuta Darmani III, eroe dei Goron deceduto quando voleva investigare il motivo della innaturale tempesta di neve che costringe i Goron a soffrire la fame in maniera così terribile. Con la musica della sua Ocarina, Link ottiene una maschera di Darmani e trasformatosi nel grande eroe, va in cima alla montagna dove sconfigge il colosso mascherato Goth. Anche questa creatura ovviamente impediva l’intervento di una divinità, quella delle montagne, e Link liberandola libera anche i monti dalla tormenta. Con i Goron di nuovo salvi, Link si avvia verso il mare.

The legend of ZELDA - Majora's Mask

Anche nei panni di Goron, Link fa buone azioni e salva il popolo delle montagne

Lì assiste in diretta alla morte di Mikau, chitarrista del gruppo zora degli Indigo-Gos e amante della cantante del gruppo Lulu. Alla zora sono state rubate le uova, e Mikau voleva recuperarle dalle piratesse che le hanno rubate, ma purtroppo perisce nell’atto. Link porta lo Zora a riva e riceve da lui la missione di ritrovare le uova della cantante. Con una nuova maschera, Link nuota fino ad arrivare sulla nave, e distraendo le piratesse/Gerudo riesce a recuperare le uova. Le piratesse, però presto si rendono conto dell’intruso e tentano di combatterlo: Link è messo alle strette, ma dal mare spunta una gigantesca Tartaruga, risvegliata per via del pessimo stato in cui si trova il mare. Dal nulla compare anche il Professore del Lago Hylia, che si prende cura delle uova. A Link viene chiesto di sconfiggere il guardiano Gyorg, responsabile dell’avvelenamento dei mari. L’impresa, ovviamente, riesce ed i mari tornano tranquilli, Lulu recupera la voce ed il gruppo degli Indigo-Gos riesce a prepararsi, con Link, per il gran concerto.
La scena taglia subito dopo su Link che riesce a sconfiggere Twinmold a Ikana. Così, libera il quarto guardiano. Questi finalmente rivelano la loro identità, e chiedono a Link di perdonare il loro amico, nonchè di chiamarli dalla Torre dell’Orologio quando sarà giunto il momento.
Link torna quindi alla semi-deserta Clock Town, e si chiede se Anju abbia poi trovato Kafei. E’ in quel momento che vede un bambino mascherato tentare di entrare nella locanda; appena questo nota di essere osservato da Link, fugge, perdendo però così una lettera per Anju da parte di Kafei. Link la porta subito alla giovane innamorata, che decide di rimanere in città fino all’arrivo di Kafei. Link decide di rimanere in città a sua volta (scoprendo nel frattempo dalla nonna di Anju che lo Skullkid ed i giganti erano amici un tempo), e rincontra il ragazzo mascherato. Questa volta Link lo segue e scopre che questi altri non è che Kafei stesso, trasformato in bambino dallo Skull Kid. Kafei vuole tornare adulto e chiede aiuto a Link.
I due, tra la città semi-deserta, corrono verso la Torre dell’Orologio, dove incontrano Skull Kid. Kafei supplica il piccolo imp di ritrasformarlo in adulto, ma le sue richieste non fanno che arrabbiare l’indossatore della MAschera di MAjora di più. La Luna viene accelerata nella sua caduta. Kafei, disperato, si pente di non essere andato da Anju a dirle tutto. E’ in quel momento però che compare Anju, chiamata lì da Taya, I due si abbracciano un’ultima volta, mentre Link è disperato per la caduta della luna. Nonostante il richiamo dei giganti, lui sembra non poter far nulla per fermare il disastro imminente. E’ proprio durante il momento della sua disperazione, che dal nulla compaiono i quattro guardiani liberati e fermano la Luna.

The legend of ZELDA - Majora's Mask

Come ogni parte del manga, anche le avventura nella Baia di Link sono parecchio diverse dal gioco

Taya e Tael si riuniscono e Link cerca di capire le motivazioni dello Skull Kid. A quanto pare, questo fu deluso dai quattro nel momento in cui questi abbandonarono Termina, mentre la maschera che trovò tempo dopo, pareva ascoltare ogni suo desiderio. Ora, però, la maschera pare stanca di lui, e vuole distruggere sia lo Skull Kid che gli altri presenti alla scena. Link si frappone però, e la Maschera di Majora gli propone di giocare assieme. Link riceve la maschera Oni, mentre la Maschera animata scompare all’interno della luna. Link non esita a mettersi la maschera ed inseguire il suo antagonista sul satellite naturale. Lì, una distesa verde lo accoglie; bambini travestiti dai quattro guardiani lo portano verso Majora, che strambamente tenta di giocare con Link. Questo, però, è poco incline al gioco, e inizia a lottare contro Majora’s Mask, finendolo in pochi colpi di spada.
Lo spirito di Majora pare aver abbandonato la maschera, che viene ripresa dal Venditore di Maschere, che Link manda via in maniera a dir poco rude. Tuttavia, le malefatte di Skull Kid cessano di essere, la Luna torna in cielo, e Anju e Kafei possono finalmente sposarsi. I giganti parlano con lo Skull Kid, facebdogli capire che possono rimanere amici anche a distanza. Link stesso decide di riprendere la sua ricerca per Navi, e saluta le due fatine, Taya e Tael, e lo Skull Kid, che ovviamente non vede l’ora di rivedere Link.

The legend of ZELDA - Majora's Mask

Link e Kafei vanno insieme sulla Torre dell'orologio!

Il manga si conclude con una storia delle origini, disegnata ad inizio della pubblicazione giapponese, ma inserito qui alla fine, che tenta di dare un’origine alla Maschera di Majora. Parla di un viandante che giunge nella terra di un mostro dal potere inimmaginabile. Anche solo un pezzo della sua corazza di scaglie naturale avrebbe un potere magico che ogni creatura desidera. Il mostro sa di questa cosa ed è sospettoso di ogni viandante, che quindi finisce per mangiare. Così, rimane solo in un luogo senza spazio nè tempo. Il viandante si finge disinteressato dell’armatura “magica” del mostro, e invece lo invita a riflettere sulla sua solitudine e immobilità temporale. Il mostro ammette che la sua vita in quel momento non ha senso, ed è in quel mentre che l’avventuriero tira fuori un tamburo, che inizia a suonare. Il ritmo trascina il mostro e gli fa venire voglia di ballare. Per tre giorni e tre notti balla ininterrottamente; all’alba del quarto giorno, stremato, muore e svanisce nel nulla. Solo la sua corazza rimane. L’avventuriero ne taglia un pezzo, e ne ricava una maschera. Dentro questa maschera, cela il potere del mostro, sperando che così nessuno più possa sperare di possederlo. La maschera, è quella di Majora.

The legend of ZELDA - Majora's Mask

La parte col mostro e col viandante è nuova e molto originale, dando alla storia del maschera un pò di background in più.

E con un’immagine bonus di Romani e Cremia, che nel manga non compaiono affatto, il volume si chiude.
E’ un buon manga? Hmmm…non è un cattivo manga, ma sinceramente, considerando la ricchezza e complessità del gioco su cui si basa, la lettura è stata una mezza delusione. E dico una mezza, perchè ci sono spunti interessanti, ma tentare di riassumere l’interezza di Majora’s Mask in un solo manga è stata una decisione folle.
Indubbiamente Majora’s Mask è un gioco che, senza sub-quest, è più breve di Ocarina of Time. Probabilmente è per questo che a Majora’s Mask non potevano venire dedicati due volumi, come accadde per Ocarina of Time. Tuttavia, la ricchezza di Majora’s Mask sta proprio nella storia dei diversi personaggi che ruotano intorno alla quest principale di Link. Già solo includere per bene la quest di Anju e Kafei avrebbe dovuto far capire agli ideatori che Majora’s Mask avrebbe meritato due volumi e non uno solo. Così, invece, ci troviamo davanti a plot-point affrettati, interi scenari saltati (tutta la parte di Ikana Canyon è stata saltata, sinceramente una delle zone più interessanti del gioco), personaggi solo abbozzati e deus ex machina e destra e a manca.

The legend of ZELDA - Majora's Mask

Purtroppo, il manga eclissa totalmente tutta la parte su Ikana. Sarebbe stato davvero interessante avere qualche scena con Pamela e con gli Igos du Ikana!

Probabilmente non era davvero possibile infondere il manga di tutta la complessità narrativa del gioco da cui è tratto. Tuttavia, penso che il tentativo non sia neanche stato fatto, considerando quante cose vengono saltate: nessuna menzione di Romani e Cremia se non con un’immagine bonus a fine albo, la subquest di Anju e Kafei è solo accennata, Il primo giorno di Link da Deku è molto vago, niente ricerca della Grande Fata, ripetizioni della scena della caduta della Luna senza spiegazioni, nessuna comparsa dei Bomber o dell’osservatorio astrale. Insomma, senza voler fare di ogni mancanza un punto, è evidente come ci sono tanti momenti genuinamente belli di Majora’s Mask che qui sono stati saltati per permettere alla storia di stare in un solo albo.
Indubbiamente questa cosa era già stata fatta con A Link to the Past; quel gioco però aveva una trama molto più lineare e nella sua seconda metà era una semplice ricerca dei templi. Majora’s Mask è un tantino più complesso. Si potrebbe dire che A Link to the Past, almeno, aveva aggiunte significative, che rendevano il manga abbastanza distinto dal suo videogioco. E, ad essere sinceri, anche Majora’s Mask ha aggiunte carine.
Queste sono nel primo e nell’ultimo capitolo. Il primo riprende la fine di Ocarina of Time, con Link giovane maestro di spade in giro per Hyrule, in cerca di Navi, ma al contempo disponibile ad allenare scudieri e spadaccini. L’ultimo capitolo è quello già narrato delle origini della maschera. In particolare quest’ultimo è scritto e disegnato in maniera davvero originale, e aggiunge un tocco di classe e mistero all’albo. Rispetto alle aggiunte di A Link to the Past, però, questo sono solo piccolezze, secondo me.

Lungi da me volervi dire che Majora’s Mask sia un cattivo manga. E’ disegnato bene, le nuove introduzioni sono carine; però c’è tanto che manca affinchè il manga sia di buon livello. Manca storia, mancano personaggi e manca un filo di trama consistente. Peccato. Un manga discreto, che avrebbe potuto essere molto migliore.

Voto Personale: 7/10

Mostly Lit….Sector

(A cura di Wise Yuri)

Dark Sector

Non so voi, ma adoro l’usato, e con un po’ di pazienza, puoi mettere mano su parecchi titoli con pochi paperdollari, magari scoprendo qualche piccola chicca poco nota. Perchè davvero non so quanti di voi sapessero di Dark Sector, un third person shooter sviluppato da Digital Extremes (meglio noti per l’amatissima serie di fps Unreal e responsabili anche di The Darkness II) per PS3, X-Box 360 e PC ed un comune “frequentatore” dei cestini dell’usato o dei titoli in strasvendita. Spazzatura o valido titolo dimenticato?

La storia (che all’incirca prende luogo verso la fine della Guerra Fredda) vi mette nei panni di Hayden Tenno, un agente della CIA – un cleaner, uno “spazzino”- inviato ad investigare su una misteriosa infezione in un isola-prigione russa , ma viene preso da uno scienziato pazzo ed infettato da una creatura aliena con il virus Tecnocyta. L’infezione non è letale, ed anzi conferisce ad Hayden il potere del cosiddetto glaive, che consiste in una sorta di shuriken/chakram a tre punte che ritorna sempre al mittente. Vivo e potenziato dall’infezione, Hayden prosegue la sua missione nel tentativo di capire quale sono le intenzioni di Robert Mezner, la stessa persona che l’ha infettato e che il protagonista era stato incaricato di cercare.

Lo sviluppo è… prevedibile e banalotto, potrei elaborare ma è pressapoco quello che vi potete immaginare, nulla di che. Almeno il doppiaggio e le cutscene sono decenti, lo script non altrettanto.

Cosa succede ad iniettare ad un generico third person shooter un po’ di “roba in siringa”? Succede che alle normali meccaniche di gioco si aggiunge l’opzione di avere un chakram uscitovi direttamente dalla vostra parte infetta. Il che non è una brutta cosa, anzi, ma basta la possibilità di usare questo affilato boomerang tridente come arma a lungo raggio prensile per aggiungere qualcosa ad un genere affollato come quello degli tps?

Dark sector suited up

Hayden con la tuta addosso mi fa molto Guyver, non so voi.

Se non altro, diventa chiaro fin da subito come questa idea del glaive non sia stata tirata dentro al gameplay ed inserita a forza a metà sviluppo, in quanto l’intero gameplay è pensato in funzione di questa arma. Funziona essenzialmente come un arma secondaria che potete usare assieme ad un arma da fuoco tradizionale, e per evitare che il giocatore la ignori, c’è una particolare meccanica per le armi lasciate cadere dai nemici, ovvero le armi militari reagiscono ad infetti come voi, e si “bloccano” dopo un breve lasso di tempo, rendendole un opzione utile ma non una a cui affidarsi o di cui abusare. Ma non preoccupatevi, il braccio muterà spesso conferendo abilità al glaive come colpi forti, la possibilità di usarlo per rubare oggetti, armi ed attivare interrutori da grandi distanze, o il potergli dare l’effetto una volta lanciato, e poi di infonderlo di fuoco, ghiaccio od elettricità, che oltre a superare i vari puzzle ambientali possono essere usati in combattimento per friggere, cuocere e surgelare i vostri nemici.

Il problema è che nonostante le buoni intenzioni, il gameplay di base è…. mediocre e poco più. Certo, il glaive ed abilità derivanti aiutano eccome, ma in tps la parte “shooter” è assai importante, e pur non avendo problemi strutturali che un gioco del genere può avere (anche se non capisco perchè non potete sparare alla cieca una volta in copertura), Dark Sector a livello di “spara spara” è un po’ blando. I vostri colpi di pistola mancano di impatto e non sono soddisfacenti quanto dovrebbero, ed la meccanica del glaive vi relega per buona parte del gioco ad usare pistola e glaive. Sì, c’è un mercato nero in cui potete assegnare potenziamenti alle armi, venderle e comprarne di nuove permanenti per hayden, ma ci vorrà un po’ prima di raggranellare abbastanza rubli per comprarne una nuova (potrete comprare circa solo due armi extra durante tutto il gioco), ed a conti fatti non avete molti tipi di armi, c’è un minimo di varietà ma non molta.

Ed una volta acquisita un’altra arma oltre la pistola vi accorgete di un ironico paradosso, ovvero che vi conviene usare uno shotgun od un fucile d’assalto rispetto al glaive. Perchè potete usarlo solo assieme ad una pistola, che come ho fatto notare è assai poco soddisfacente da usare, e visto il limite di due armi da fuoco portabili, una deve essere per forza una pistola od un arma a sola mano (ma di nuovo, ci vuole parecchio per raggranellare abbastanza denaro per comprare una nuova arma che per 80 % del gioco vi converrà o resterà solo da usare la pistola di base), l’altra un fucile a pompa od a raffica.

Questo è una scelta di design che sebbene ha senso de facto scoraggia ad usare “glaive et pistola”. Sul serio, da metà gioco in poi ho incominciato ad usare solo lo shotgun e l’abilità scudo, perchè non c’era nessun motivo per non farlo (visto che procedete anche più velocemente nei livelli).

 

E sembra un paradosso, perchè per metà gioco siete de facto forzati ad usare tutte le abilità del glaive in quanto avete solo una pistola e quello (più armi lasciate cadere dai nemici che durano poco), ma quando potete permettervi un nuovo “ferro” il tutto diventa un normalissimo tps con la possibilità di usare questa arma figa, ma che poi conviene usare solo quando potete infonderla di un elemento trovato nello scenario, e passa dalla ribalta al terzo piano, ovvero solo a quando siete forzati ad usarlo per superare i semplici ma non malvagi puzzle ambientali, o quando avete finito le munizioni.

Dark Sector glaive elemental play

Come dicevo, Hayden acquisce via via nuove abilità per il glaive e non solo, e sono tutte utili ed alcune molto ganze….. il problema è che verso la fine del gioco (anzi da metà in avanti) sarete overpowered in quasi tutte le situazioni, ed avrete problemi minori solo quando non ci sono abbastanza munizioni. Per farvi capire quanto overpowered, incomincerete ad ignorare il sistema di copertura perchè avrete uno scudo attivabile ad ogni momento che consuma una bioenergia – e per allora ne avrete diversi slot- e questa si rigenera abbastanza veloce. Yup.

E quindi nonostante la varietà di nemici sia discreta (anche se nei primi capitoli vi stancherete di vedere i soliti tizi in tuta radioattiva e mascher hazmat), più procedete e più facile diventerà fare polpette anche di unità avanzate, un peccato perche l’IA è decente, non perfetta ma decisamente competente. Potete anche attaccare corpo a corpo, ma a parte utili finisher, il colpo ravvicinato sia del glaive che delle altre armi è patetico, debole e lento che è quasi inutile, a meno che non abbiate altre scelte.

Poi ci sono cose il boss del quarto livello che sembra impossibile ma è di una facilità disarmante una volta capito che potete fargli una finisher, cosa che ha senso visto che lampeggia di rosso come gli altri nemici, ma non immaginavo si potesse eseguire sui boss, se magari il gioco mi dava un indizio anche minimo….

Ed a questo proposito, una lamentela minore è che il gioco non ha una funzione di “navigatore” che vi indica la via, il che apprezzo visto che spesso ipersemplificano o iperfacilitano un gioco, ma in alcuni casi un semplice remainder dell’obiettivo sarebbe stato gradito. Questo problema si ripresenta in altre situazioni (specialmente all’inizio del 5° capitolo in cui dovete combattere ed infine rubare un Jackal), con il gioco che fa un pessimo lavoro a farvi capire cosa fare in più punti, ed in alcuni vi punisce perchè non avete capito…. il non ovvio.

Vi ritroverete ad usare una guida per velocizzare il tutto, specialmente nel caso dei boss, che sono in realtà facili, se sapete cosa fare, e sebbene possiate capirlo a tentativi e ragionarci sopra non sarebbe un problema, boss con attacchi 1-hit death che vi forzano a riniziare la battaglia da capo vi fanno passare la voglia (ed ovviamente il boss finale ne ha uno che non è evitabile e dovete colpirlo con un preciso attacco prima che lo finisca).

Altro segno di game design non eccelso sono le porte, perchè oltre ad un bug in cui una porta non mostra il comando a schermo per… aprirla, Dark Sector usa la tecnica “se non puoi aprire una porta perchè non ti appare il comando a schermo è perchè non puoi proprio o devi uccidere nemici fino a che altri non arrivano e la sfondano loro”. Per quanto riguarda la mera grafica, è ok, le texture non sono “splendide” o stracurate, ma ho visto molto di peggio anche in titoli più recenti, decente nel complesso, gli scenari non sono particolarmente sgargianti con questo look plumbeo, ma ci sta nel contesto del gioco. Ma ho trovato un ridicolo muro invisibile, della serie “c’è spazio per un altra persona e non c’è una barricata, ma corro comunque contro il nulla”.

Longevità: ovviamente un altro gioco senza un timer o schermata dei risultati di sorta (dio come odio questa cosa), quindi non posso dirvi nulla di preciso, ma direi qualcosa sulle 6 ore, cortino. Ci sono 10 capitoli, ma è difficile capire la durata effettiva ad “occhio”, in quanto spesso ad un capitolo lunghetto ne segue uno cortissimo. Perlomeno c’è un po’ di varietà, con qualche sezione su veicolo gigante armato e roba del genere. Ci sarebbe anche una modalità multigiocatore con due varianti di deathmatch e cinque mappe, non me ne frega niente, non posso provarlo perchè non sono abbonato Gold e tanto non c’è nessuno a giocarci (perchè mai dovrebbe?).

Commento Finale

Dark Sector boss fight

Dark Sector ha un idea interessante per aggiungere pepe ad una formula vista e stravista, e c’erano buone intenzioni di inserire questo “chrakam svizzero” come elemento centrale del gameplay, ma in un’ironico paradosso, una volta che avrete accesso ad un altra arma ed abilità avanzate (il che accade verso metà gioco), preferirete usare queste ed usare il glaive solo quando necessario – principalmente per attivare interruttori e risolvere puzzle ambientali – od in mancanza di munizioni; di fatto venite scoraggiati ad usare la meccanica che dovrebbe migliorare e distinguere un altrimenti generico e mediocre third person shooter.

All’assurdità delle meccaniche del glaive che ….funzionano contro sé stesse aggiungete alcuni bugs, informazioni mal veicolate (se veicolate) al giocatore, boss più fastidiosi che veramente difficili (sempre perchè non vi viene mai detto niente, neanche quando servirebbe), una selezione di armi ridotta e poco fornita (specialmente visto il costo di queste ed il poco denaro acquisibile), e abilità sì utili e ganze, ma che da metà gioco in poi vi rendono talmente potenti che non avrete quasi nessun uso per il sistema di copertura, distruggendo quasi in toto l’equilibrio di gioco.

La partenza è buona e promettente, ma via che procede Dark Sector perde momentum ed inciampa su sé stesso, trascinandosi un po’, e solo alcune abilità ganze, alcune sezioni divertenti e le possibilità offerte dal glaive impediscono al titolo Digital Extremes di scendere nella totale mediocrità. Può valere una giocata, ma una sola, quindi o lo prendete a poco (poco inteso 5 euro o meno) per poi rivenderlo, o noleggiatelo/fatevelo prestare se volete giocarlo.

Voto finale: 5,5/10

 

Xenonauts

(A cura di CapRichard)

Disponibile solo su PC.

Data di uscita: 17 giugno 2014

Da quando il fenomeno Kicksrter è esploso sono stati finanziati moltissimi videogiochi. Xenonauts della Goldhawk interactive è uno di questi e dopo 5 anni di travagliato sviluppo, è stato rilasciato nel giugno del 2014.

xenonauts xenopedia

Il vecchio è nuovo.

Xenonauts è, in poche parole, una rivisitazione di UFO: Enemy Unknown o X-COM: UFO Defence che dir si voglia.

Il gioco base è lo stesso di quello del 1994, ovvero gli alieni invadono la Terra e sta a voi gestire un’organizzazione militare d’élite per fermare l’invasione, retro-ingegnerizzando le tecnologie aliene.

L’esperienza è molto familiare per chi ha giocato all’ispiratore, ma Xenonauts apporta molte modifiche alla formula, alcune apparenti, altre meno, che rendono il gioco moderno e piacevole da usare, senza quella sensazione di trovarsi ai comandi di un sottomarino e di dover lottare con le interfacce per fare quel che si vuole tipica di UFO.

Altro elemento distintivo tra Xenonauts e altri cloni di X-COM è l’ambientazione storica. Invece di trovarci nel presente o 20 minuti nel futuro, qui ci troviamo durante la guerra fredda, degli anni ’70, quindi con gli umani che hanno mezzi per combattere gli alieni alquanto esigui, ed in uno scenario geopolitico già scosso di per se.

Il gioco si divide in due fasi, quella manageriale e quella di combattimento, chiamate rispettivamente Geoscape e Battlescape. Guardandole sembrano proprio due giochi diversi e l’elemento caratteristico della serie X-COM e successivi “cloni” sta proprio nel far comunicare questi due aspetti così diversi tra loro.

Geoscape

xenonauts geoscape

Il Geoscape è rappresentato dalla mappa della Terra ed è il centro delle vostra fase manageriale e di intercettazione UFO.

Si inizia il gioco con un numero ridotto di risorse e si deve posizionare la vostra prima base sul globo terrestre. Questa ha un raggio di individuazione radar limitato, quindi il suo posizionamento è di importanza strategica.

La base di partenza ha un minimo di strutture base, come un radar, i laboratori, la manifatturiera, tre hangar e dei soldati con i loro alloggi. Tutte le basi costruite successivamente saranno spoglie e tutte le struttura andranno costruite mano mano.

Ogni mese avrete delle spese da sostenere, tra manutenzione e stipendi ed alla fine di ogni mese gli stati fondatori degli Xenonauts vi daranno i fondi necessari ad andare avanti. Questi fondi aumenteranno e diminuiranno in base alle vostre performance nei rispettivi territori. Se trascurerete alcuni territori questi arriveranno dopo un po’ a lasciare il progetto e se vi abbandoneranno tutti, sarà Game Over per voi.

Nella vostra base potrete equipaggiare e rinominare i vostri soldati, potrete assegnare i vostri scienziati ai vari progetti di ricerca, che vi permetteranno di ottenere equipaggiamenti migliori e di comprendere al meglio gli alieni, e assegnare i vostri ingegneri alla costruzione di nuove armi, armature e veicoli. Tutto questo con un pool di risorse limitato, quindi spesso e volentieri vi sarà impossibile ottenere tutto quello che volete, ma dovrete decidere su cosa concentrarvi di volta in volta in base a come sta andando l’invasione.

L’altro elemento importantissimo del Geoscape è quello dell’intercettazione degli UFO nemici. Una volta che un velivolo alieno viene segnalato nel raggio dei vostri radar, potrete inviare i vostri caccia in risposta. Nei vecchi X-COM e anche nel nuovo, questo processo era automatizzato. Qui invece vi ritroverete ad affrontare un minigioco ed a controllare direttamente le azioni dei vostri velivoli. Semplice eppure complesso, rende davvero bene il concetto di superiorità aerea. Senza i vostri caccia, i mezzi alieni continuano imperterriti nelle loro missioni, uccidendo civili e causando danni ad infrastrutture.

Le missioni degli UFO sono varie e quelle che vi vedranno impegnati direttamente sono quelle di recupero UFO abbattuto, assalto di UFO atterrato, missione Terrore, Assalto alla base aliena, Difesa della base. Per queste il gioco passa alla battlescape, ovvero alla visuale tattica, dove comanderete direttamente i vostri uomini.

Battlescape

La parte tattica del gioco è quella che vi ruberà più tempo, quella più impegnativa ed è quella centrale all’esperienza di gioco. Le missioni avranno un flavour leggermente diverso, ma meccanicamente funzionano nello stesso modo. Si parte con la vostra squadra che scende dalla vostra dropship e che inizia ad esplorare una mappa coperta dalla nebbia di guerra alla ricerca degli alieni da uccidere o catturare. Gli alieni sono meglio equipaggiati e più resistenti dei vostri uomini, quindi un sano uso di avanguardia, accerchiamento, soppressione e granate saranno fondamentali per portare tutti a casa sani e salvi. Il gioco non perdona e la morte di un soldato sul campo di battaglia è permanente.

I vostri soldati non hanno classi come l’ultimo XCOM di Firaxis, ma il loro ruolo è definito dalle loro statistiche base e dall’equipaggiamento che gli darete. Ogni soldato in campo ha un numero di Unità Tempo ed ogni azione consumerà un determinato numero di unità. Questa metodologia di gestione delle azioni permette grande flessibilità. Non siete legati a muovervi e sparare e basta, ma potete compiere ogni azione possibile entro il limite di Unità Tempo di ogni soldato.

Gli alieni sono di varie specie ed ognuna ha un suo modo di operare sul campo di battaglia. Non appariranno tutte subito, ma si sbloccheranno mano a mano che l’invasione avanza. Ci saranno nemici che si rigenerano, altri con resistenza alle armi base elevata, altri che tenderanno a cecchinarvi dai tetti… insomma, bisogna sempre stare allerta ed essere preparati a tutto.

Ogni missione a terra vi frutterà delle risorse, che vi aiuteranno a costruire tutte gli equipaggiamenti avanzati per le vostre truppe. Un problema dei vecchi XCOM era che nelle fasi avanzate di gioco si doveva rimanere molto tempo ad aspettare le ricerche e si dovevano per forza intraprendere le missioni a terra altrimenti imperversavano penalità. Xenonauts risolve brillantemente questa situazione grazie all’opzione di radere al suo via bombardamento i siti da UFO precipitati, rendendo il finale del gioco molto più veloce.

Un Classico Rinato

Che dire quindi? Per tutti gli appassionati di giochi di strategia con combattimenti a turni e per tutti gli amanti dei classici X-COM, questo è il gioco che fa per voi. Rifinito come pochi, con un’ottima progressione della campagna, piacevolissima GUI che rende il tutto piacevole da giocare, supporto alle mod (il supporto allo steam workshop è in arrivo) ed una longevità discreta unità alla rigiocabilità, rendono questo gioco il miglior clone di X-COM ed uno dei migliori strategici ad oggi sul mercato PC.

Voto Personale 9/10

The Leftovers – Season One

(A cura di Alteridan)

Per uno sceneggiatore/produttore, sfornare qualcosa di nuovo dopo un grande successo è sempre un pericolo. Gli spettatori si aspettano sempre una qualità al livello dell’opera precedente, e questo a volte può decretare anche la fine, o comunque il declino, di una brillante carriera.

Questa tragica conclusione non è certamente il caso di cui vi andrò a parlare, ma in ogni caso il quadro generale è quello. Damon Lindelof farà suonare più di qualche campanella agli appassionati di serie televisive, in particolare a tutti gli spettatori di Lost: Lindelof è stato infatti uno degli ideatori della serie, assieme a J.J Abrams e Jeffrey Lieber. Dopo la fine di Lost, Lindelof ha trascurato per un po’ di anni il piccolo schermo dedicandosi ai lungometraggi cinematografici, per poi ritornare quest’anno alle serie tv con The Leftovers.

La componente religiosa sarà molto presente.

Cos’è The Leftovers? Ecco, questa è una domanda che vi continuerete a porre anche dopo il decimo e ultimo episodio della prima stagione. Sostanzialmente, The Leftovers è una serie tv basata sull’omonimo romanzo scritto da Tom Perrotta, anch’egli all’interno della produzione della serie. Sia il romanzo che la serie tv partono dal presupposto che circa il 2% della popolazione mondiale scompare improvvisamente dalla faccia della terra: naturalmente tra gli scomparsi ci sono sia personaggi famosi (addirittura il papa pare sia tra gli scomparsi), sia persone normali. La serie però non si concentra sull’evento in sé, e quindi sulla ricerca di una spiegazione dell’accaduto, bensì sulle vite di coloro i quali sono rimasti sulla Terra.

A un certo punto vedrete gente che ammazza cani. Così, a caso.

Questo presupposto pone le basi per una narrazione che non fa altro che confondere lo spettatore: la serie mischia argomenti pseudo-scientifici con altri argomenti religiosi presi in maniera quasi casuale, giusto per illudere gli spettatori dell’esistenza di qualche fondamenta dell’intero intreccio narrativo. Il risultato è un focus incentrato sulle vicende degli abitanti di una piccola cittadina chiamata Mapleton, poco distante da New York City, abitanti alle prese con il “fallout” della scomparsa dei propri cari.

Scopriamo che dopo il fatidico 14 ottobre, giorno della scomparsa, sono nate alcune sette, tra cui i “Guilty Remnants”: gente completamente vestita di bianco, che ha deciso di non parlare più e che fuma continuamente sigarette per non sprecare il fiato. Chi siano, cosa cerchino, e perché non è dato saperlo. Sappiamo solo che la moglie del capo della polizia di Mapleton (uno dei personaggi principali) è tra i membri di spicco dell’organizzazione.

Kevin Garvey è il capo della polizia: la serie è quasi interamente incentrata su di lui.

Il bello di The Leftovers è che tecnicamente è ineccepibile: possiede un cast di prim’ordine (tra gli altri troviamo Justin Theroux, Amy Brenneman, Christopher Eccleston, e una irriconoscibile Liv Tyler) e gli episodi sono diretti in modo magistrale. Il problema è che, una volta scartato il pacchetto, ci si rende conto che la scatola è vuota (o quasi).

In The Leftovers manca la sostanza: è un’opera magistralmente confezionata, in cui mancano forse la cosa più importante. Un senso di esistere.

Con la rubrica (che HA un senso di esistere) di nuovo a pieno regime, ci rileggiamo settimana prossima!

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