The Weakly Hobbyt #165

The Weakly Hobbyt #165

In un pieno ottobre che sa parecchio poco di halloween e molto di pieno di agosto, oltre ad affilare i coltelli e lucidare le zucche scriviamo anche, incuranti della stagione, e questa settimana vi offriamo un numero molto “fumettoso” con contorno di Duca e film di Woody Allen.
Poche ciance, e buona lettura!

Batman: Under the Red Hood

(A cura di Alteridan)

Può un film di animazione su Batman avere toni più cupi di un una pellicola in live-action? La risposta è sì, e quel film è Batman: Under the Red Hood.

Il film diretto da Brandon Vietti, già regista delle ultime due serie animate dedicate al Cavaliere Oscuro, riprende le vicende della storia a fumetti “Under the Hood”, che narra le origini del secondo Cappuccio Rosso, una sorta di fusione tra un vigilante e un criminale. Questo Cappuccio Rosso, infatti, non si fa scrupoli a sfruttare gli esponenti del crimine organizzato per raggiungere i propri obiettivi, arrivando anche ad uccidere, se necessario.

La sequenza di apertura si apre con un flashback che ci illustra la morte di Jason Todd, il secondo Ragazzo Meraviglia, per mano del Joker. Rinchiuso in un capannone in Bosnia, il Joker malmena Robin con un piede di porco e lo lascia in fin di vita in compagnia di un enorme quantitativo di esplosivo. Batman cerca di salvare la sua spalla ma arriva in ritardo: il magazzino esplode e il Cavaliere Oscuro non può far altro che constatare la morte del compagno e amico.

Robin, ormai stremato, non può nulla contro la follia del Joker.

Dopo i bellissimi titoli di testa, assistiamo a un balzo di cinque anni, spostando la storia ai giorni nostri dove vediamo l’arrivo di Cappuccio Rosso a Gotham City. Il nuovo criminale riesce in sole due ore a impossessarsi di tutti gli affari illeciti della città, rubando il controllo del crimine organizzato a Roman Sionis, al secolo Maschera Nera, e scatenando una sanguinosa guerra tra bande rivali. A questo punto interviene Batman, con il duplice intento di fermare l’escalation di violenza e scoprire l’identità del misterioso Cappuccio Rosso.

La narrazione prosegue mischiando sapientemente spettacolari sequenze di azione con fasi più riflessive tipiche delle storie a fumetti dell’Uomo Pipistrello, non mancano inoltre le investigazioni del miglior detective del mondo. È proprio il ritmo del film che rende questa pellicola un eccezionale tributo a una delle storie più interessanti dell’intero universo narrativo DC Comics, ma ciò che la eleva a capolavoro è la colonna sonora.

Nelle fasi iniziali, Batman verrà aiutato da Dick Grayson, il primo Robin, ora noto come Nightwing.

L’intera soundtrack rispecchia il tono dark della storyline, riuscendo a sottolineare sia le fasi action, sia i dialoghi salienti del film. Tutti i pezzi sono stati composti da Christopher Drake, che i fan del Cavaliere Oscuro hanno già avuto modo di conoscere in molte altre trasposizioni animate e anche in alcuni videogiochi: sono sue, infatti, le colonne sonore dei film di animazione Batman: Year One, Batman: The Dark Knight Returns, e i giochi Batman: Arkham Origins e Injustice: Gods Among Us.

Da notare anche il cast di doppiatori scelto per la versione originale della pellicola: troviamo, tra gli altri, Bruce Greenwood (Bruce Wayne), Jensen Ackles (Jason Todd), John DiMaggio (Joker), Neil Patrick Harris (Dick Grayson), Jason Isaacs (Ra’s Al Ghul), Wade Williams (Roman Sionis).

Cappuccio Rosso conosce tutti i trucchi dell’Uomo Pipistrello.

Concludendo, Batman: Under the Red Hood riesce nell’intento di dipingere le origini di Cappuccio Rosso, grazie a un ritmo narrativo ben calibrato la cui formula vincente mischia azione, dialoghi e flashback tentando, con successo, di gettare luce su uno degli antagonisti più interessanti dell’Uomo Pipistrello. Peccato per una esecuzione tecnica delle illustrazioni che tradisce il basso budget stanziato dalla Warner Bros. per realizzare la pellicola, anche se resta comunque godibile, e in alcuni casi l’utilizzo di alcune sequenze tridimensionali in cell-shading risulta essere particolarmente azzeccato, soprattutto per le sequenze di inseguimento tra i tetti di Gotham City.

Tramite flashback, Batman rivivrà il momento in cui diede vita alla sua nemesi.

In definitiva, se siete dei fan del Cavaliere Oscuro, Under the Red Hood è un’opera da guardare: non ho paura di dire che riesce ad essere superiore ai ben più blasonati film usciti nelle sale negli ultimi anni.

All Fail The Duke

( A cura di Wise Yuri)

duke nukem critical mass

Duke Nukem è una serie molto amata, ed è difficile non avere un po’ in simpatia il “Duca”, con il suo fascino naif, i suoi one-liner citazionistici e lo stile “politically scorrect” anni ’90, ma ormai è solo un brand, un nome del passato, ed a meno che Gearbox non decida di fare un nuovo Duke Nukem che non faccia schifo, tale rimarrà per un altro po’.

Nel frattempo diamo un’occhiata a Duke Nukem: Critical Mass, sviluppato da Apogee e Frontline Studios e pubblicato da Deep Silver (un brutto segno, lo so) nel 2011 per Nintendo DS.

A livello di gameplay Critical Mass è un platformer nello stile degli originali titoli per DOS (sì, per chi non lo sapesse il Duca ha iniziato la sua carriera in questo genere) e specialmente The Manhattan Project, da cui riprende il gameplay base, con Duke che spara con la sua pistola d’oro con munizioni infinite, può calciare, saltare, arrampicarsi, e lanciare le classiche pipebomb, ed accedendo ad armi più potenti a munizioni limitate come il classico shotgun, armi aliene, e tante altre. Duke poi riceve anche un modulo stealth che lo rende invisibile, ma a parte una volta che l’ho usato per vedere come funzionava, mi sono dimenticato addirittura di averlo, perchè non c’è motivo di usarlo quando puoi averla vinta anche troppo facilmente sui nemici. Indi è inutile.

Presto diventa chiaro che ci troviamo di fronte ad un “polpettone”: sì, il gameplay normale è quello di un platformer 2.5 D, ma ci sono molte sessioni che propongono qualcosa di diverso, come sessioni con fucile da cecchino, livelli in stile shoot em up 2D a scorrimento verticale (in cui potete muoversi in entrambi gli schermi, che sono usati per allungare lo schermo e dare l’impressione che sia uno solo grande. Sì, su carta sembra una buona cosa perchè dà varietà, ma presto vi accorgete che ci sono tremila sezioni con un nuovo schema di controllo da osservare per “compensazione”.

Perchè onestamente il level design è mediocre, anzi peggio perchè al contrario di Manhattan Project in cui il vostro obiettivo era semplicemente esplorare il livello per trovare e salvare le pupe, qui dovete proseguire sperando di andare dalla parte giusta, avete leggermente più libertà di esplorazione ma non per il meglio, visto che vi viene dato un’obiettivo di missione, ma è generico e per qualche motivo manca una mappa, piccola o meno, che avrebbe evitato di farvi girare li e là sperando di andare dove il gioco vuole andiate. Ok, è relativamente facile capire dove andare, ma dovete andare a tentativi, perchè diavolo questo gioco non ha una mappa?

Sì, è uno dei quei giochi “dove cazzo vado ora, cosa faccio?”. Giusto perchè un gioco brutto che non è pure confusionario non è veramente brutto.

duke nukem critical mass screenshot

L’unico aiuto da parte del gioco viene da poter usare i dorsali per vedere cosa c’è avanti od indietro, ma insomma. Non aiuta poi che in parecchi casi il gioco vi dà la sensazione di “frammentato”, perchè in molte occasioni il gioco semplicemente si ferma perchè siete arrivati dove dovevate arrivare, e procedete alla prossima location o parte del livello, senza una soluzione di continuità.

Sembra che il gioco decida all’improvviso “ok, basta, aspetta un secondo e poi puoi continuare”, e disorienta un po’ perchè è tutto così frammentato, diviso “con l’accetta” in sezioni stagne spesso random, un attimo siete lì, l’altro là, e le cutscene sono in questo tono, a volte si collegano alla trama, ma spesso sono assolutamente random e prive di contesto, e durano così poco che vi viene da chiedervi perchè metterle. Tanto nulla ha un senso ugualmente.

Ed ovviamente il level design è pure inconsistente, il primo livello è stranamente confusionario e necessiterebbe anche di una mini-mappa, il secondo invece è molto più lineare, ma offre molte più occasioni per morire perchè vi mette contro più nemici ed all’improvviso. In ogni caso non aspettatevi chissà quale level design, non ci sono neanche sezioni in cui entrate dentro i grattacieli su cui spesso vi arrampicate.

Oppure in alcune parti del livello potete andare verso lo “sfondo”, nel parallasse più verso lo sfondo, per qualche motivo solo in quei punti precisi e quasi sempre impossibili da riconoscere a prima vista, a volte rimarrete sorpresi che potete cambiare “piano” andando nello sfondo del livello, ed altre in cui avrebbe senso (a giudicare dalla grafica) poter cambiare “livello” od entrare in altre sezioni del livello ma non potete, ed altre volte potete cambiare livello come sembrerebbe logico.

Un perfetto esempio di level design “perchè sì” è una sezione in cui dovete attivare un elevatore e per fare ciò il gioco vuole che facciate un altro “tiro al pigcop” con il fucile da cecchino…. per sbloccare l’elevatore, in qualche modo. Non ha un cazzo di senso.

Lo stesso vale per la difficoltà, inconsistente pure questa, che conta più sul fatto che vi perdiate ed il danno procurato da proiettili di nemici fuori campo si accumuli, ma in generale il gioco è facilino, specialmente da metà gioco in poi avete accesso ad armi potenti e potete tritare i nemici con estrema facilità, un po’ troppa. Ed i controlli scomodi di sezioni come quelle in terza persona, anche quelli sono contro di voi.

Parlando di nemici, la varietà è patetica, ci sono diversi modelli grafici, ma le tipologie di nemici sono 3, 4 al massimo, e l’ IA mediocre, sì, i nemici fanno il loro lavoro, ma con collisioni non sempre perfette (a volte gli sparate praticamente da abbracciati in faccia e sembra che non lo sentono) e scoperte come quella fatta a caso da me stesso, ovvero che sparando da abbassati i pigcops (ovvero un buon 60 % dei nemici di tutto il gioco) non vi possono colpire quasi mai, dimostrano che l’ia è a malapena mediocre. Anzi, peggio, visto che la tattica di “abbassarsi e sparare ad altezza scroto” vi rende virtualmente invincibile anche contro altri nemici come mecha corazzati, immagino capiti quando le routine sia riciclata tra più tipologie di nemici.

Buon Cthulhu le boss battle sono brutte e simplicistiche.

Buon Cthulhu le boss battle sono brutte e simplicistiche.

A questo riguardo, le boss battle cercano di proporre un gameplay da tps (dedicando la mira ai pulsanti normali o lo stilo) ma sono così patetiche e semplicistiche che vi fanno sorgere spontanea la domanda “perchè metterle?”, e con obbligatori qte per finire il boss, se gli sbagliate il boss riprende vita. Ed è quasi impossibile schivare i colpi del boss, anche se non importa visto che basta continuiate a sparare ed al massimo prendiate qualche medikit od armatura e vincerete la boss battle per forza. L’unico vero nemico qui sono i controlli astrusi, non i boss , pateticamente facili e quasi tutti con pattern di attacco identici, vanno giù che è un piacere (anzi, no) se usate la machinegun, ed è difficile restarne senza visto che almeno una per livello la troverete per rimpiguarne le munizioni. E se non usate quella nessun problema, vi ci vorrà un minuto in più, nulla di che.

Non che le altre sezioni sia meglio, in quanto soffrono della stessa mediocrità, ed alla lunga diventano un po’ patetiche, perchè sono messe lì per cercare di mascherare il fatto che il gioco base è sotto il minimo sindacale.

Per esempio, il segmento shoot ‘em up 2D è davvero mediocretto, con nemici normali che prendono un po’ troppi colpi, proiettili nemici dello stesso colore dei vostri (il che ve ne farà prendere un po’ visto che non saprete di chi sono), il livello stesso che sembra durare all’infinito (e soli due tipi di nemici renderanno questi segmenti già sapidi la prima noiosi la seconda volta) e c’è un’assurda meccanica di combattimento ravvicinato su jetpack che consiste nel premere B vicino ad un pigcop per entrare in questo assetto, e premere ripetutamente B per sconfiggere il suddetto pigcop, impossibile da fallire se premete il pulsante e quasi necessario visto che mentre siete in questo assetto evitate danni da proiettili che -come già detto sopra- sono quasi impossibili da evitare visto che sono dello stesso colore dei vostri. Non che importi poi veramente tanto (anche qui) visto che avrete modo di recuperare salute ed armatura a iosa se capite come abusare del gameplay (e lo capirete presto).

Ah, i QTE vi arrivano spesso anche durante i normali livelli, e sono davvero messi a caso, magari per rompere un oggetto che si poteva benissimo rompere con un calcio (ancor più visto che il qte vi fa fare quello, tirare un calcio ad un cancello), vi arrivano come di soppiattto perchè non c’è motivo per averli, ma ci sono comunque.

Le sezioni col fucile da cecchino a sorpresa sono le meno peggiori, nulla di che, ma il problema è che sono cortissime e talmente frequenti e forzate a caso nel livello (anche quando non ha senso) che vi stancherete presto, ma forse la cosa più inutile è la presenza nel “gioco base” di un sistema di copertura… sì, in un Duke Nukem 2D, ma ancora più ridicolo è come possiate entrare in “copertura” solo in specifici punti del livello, c’è un icona che lampeggia ad indicarvi quali sono, ma gli riconoscerete subito dopo il primo perchè praticamente sono tutti uguali, e riconoscibili da un nemico che spara da un vicolo (quindi da un parallasse diverso, visto la grafica 2.5 D) od un vicolo con barili/casse che fungono da posti in cui spostarsi in “cover mode” e magari contengono (i vicoli) un collezionabile. Almeno hanno un qualche senso, visto che i nemici vi inseguono e non se ne stanno fermi lì nel vicolo o sfondo del livello, ma rimane comunque una feature al limite del superfluo, è solo per far sembrare il tutto più complesso, poteva essere rimossa in toto dal gameplay e nulla sarebbe cambiato.

 

Ah, già, ogni livello ha anche obiettivi secondari, e collezionabili (pupe e gettoni con il logo Duke Nukem, quello atomico), ma non è chiaro cosa sono perchè spesso il gioco considera obiettivi secondarie alcune cose da fare per conseguire l’obiettivo primario – e sono quindi sotto-obiettivi -, altre volte parla di obiettivi secondari veri e propri, non chiarissimo con la suddivisione in livelli ed il cambio di ambientazioni molto aleatorio. Indi chissenefrega.

Parlando di come il gioco usa le caratteristiche del Nintendo DS, se pensavate che il secondo schermo servisse a quello, a mostrare una mappa del livello, ma no, è usato per mostrare inventario, punti vita e cazzi vari, cambiare arma ed attivare potenziamenti /gadget vari, ok, ma volendo c’era modo di fare entrare anche una mappa del livello, oltre a questi shoccato e potenziamenti francamente al limite dell’inutile e che comunque prendono poco spazio sullo schermo inferiore.

Quasi dimenticavo, quasi tutti i vari schemi di controllo per le varie meccaniche/sezioni vi permettono di usare i normali pulsanti e dpad oppure pulsanti e stilo, questi ultimi ma sono talmente scomodi ed inutili che potete anche ignorarli del tutto, sono infilati nel gioco perchè il Nintendo DS ha il touchscreen, non per altro motivo.

duke nukem critical mass screenshot 2

Parlando di difficoltà, nei livelli avanzati sparisce quasi del tutto visto che per allora avete armi avanzate e potete semplicemente avanzare sparando, trincerete tutto quello che vi verrà addosso… anche prima di venirvi addosso. Imbarazzante. Anzi, di più , perchè potete sparare a caso verso sinistra e se sentite un grugnito, vuol dire che state colpendo i nemici, anche se non gli potete ancora vedere (e potete usare i dorsali per facilitarvi ulteriormente). Sì, per qualche motivo in questo gioco non si applica la tipica regola dei giochi di merda “se non lo potete vedere non esiste”, ed è meglio così perchè nei livelli finali anche i nemici faranno come voi e sarete presi di sorpresa da morti causate da barbone level design e nemici che all’improvviso vi fanno molto più danno di prima, e vi prendono alle spalle perchè letteralmente appaiono dal nulla o “respawnano” di nuovi dove c’erano i precedenti.

Da un mero livello tecnico, è un decente “esemplare” che dimostra si può fare qualcosa di decente/guardabile anche su DS, non aspettatevi Moon, anche se obiettivamente si poteva fare di più, il look “rozzo” di giochi con grafica 3D su Nintendo DS è una cosa un pò prevedibile, ma anche solo allo sguardo questo gioco dà la sensazione di messo insieme… neanche alla meglio. Il modello di Duke Nukem è ok ed in generale per un titolo con grafica 3D su Nintendo DS, esteticamente è gradevole (di nuovo, nei limiti del possibile ed in questo contesto), anche se inevitabilmente i modelli poligonali sono rozzi ed “appuntiti” (a tratti il Duca sembra Johnny Bravo, per farvi capire).

Il sonoro è la parte migliore, è un piacere sentire la voce di John St. Jon anche in versione compressa, i dialoghi sono ascoltabili e non gracchiano come potreste aspettarvi, e la musica è buona, con molti temi e tracce tipiche della serie rese bene via i piccoli speaker del portatile Nintendo, anche se il tema classico di Duke Nukem non è reso alla perfezione e gli one-liner detti da Duke ogni volta che uccidete un nemico o salvate una pupa si ripetono troppo spesso perchè pochi, si stuferete di sentire “Odio i maiali”, è Duke Nukem, non puffo quattrocchi. Stranamente non ci sono quasi nessun bug, spesso i gettoni atomici glitchano e sebbene siate sullo stesso piano/asse loro, non ve li fa prendere quando ci passate sopra. Per il resto è “bug free”, i problemi vengono tutti dal game design, bella roba.

Ed ovviamente è pure uno dei quei giochi cortissimi ma che sembrano durare all’infinito da quanto sono ripetitivi… perchè nonostante i tanti livelli molti sembrano identici, solo con uno sfondo diverso, una linea retta intervallata da qualche piattaforma e nemici nel mezzo, o qualcosa di leggermente più elaborato ma confusionario da navigare e capire cosa il gioco voglia che facciate. Ci vogliono solo 4 misere ore per vedere la fine, e parlando di finale è la solita schifezza “c’è un nuovo pericolo in avvicinamento, so IO cosa fare” e poi *bum * credit roll. Stavo seriamente pensando che fosse una cutscene pre-boss finale, ma no, solo sequel bait che non andò da nessuna parte visto che la trilogia prevista non si fece (idem per la versione PSP del titolo, ma dovreste poter trovare la rom di quella sul web). Sì, per la cronaca c’è una modalità multigiocatore ma richiede più schede, indi fanculo, non mi interessa. Ed a voi nemmeno, lo so.

Dimenticavo, la storia (inserire virgolette…. qui). La premessa è che Duke viene mandato letteralmente “a spasso per il tempo” per ritrovare soldati della EDF che hanno viaggiato nel tempo ma non sono mai tornati dalla missione. Una volta arrivato nel “passato possibile” scopre che gli alieni hanno quasi estinto la razza umana, quindi tempo di masticare un po’ cingomma e prendere un po’ di culi a calci… e rivedere qualche vecchia conoscenza. Quello che segue non è nulla di che, ma è Duke Nukem, ad essere onesti potevano fare di peggio, e comunque la storia è veramente accessoria, un mero pretesto per sparatorie e one liner, e l’arraffonaggine del gioco è la stessa mostrata nella storia, che riusa cattivi iconici di precedenti titoli della serie.

Per quanto riguarda l’humour, è quello che vi aspettate, classici one liner e roba come una battuta sul frigorifero di Indiana Jones 4, yep. Il writing è mediocre o peggio, ma meglio di quello presente in Forever, ad essere onesti, non per merito del titolo in sè perchè molto è materiale riciclato o giù di lì, ma il punto rimane valido.

Commento Finale

Un'occhiata ai luoghi della prevista trilogia di Duke Nukem per DS e PSP. Se gli altri fossero stati come questo, allora la cancellazione è stata la cosa migliore che potesse capitare.

Un’occhiata ai luoghi della prevista trilogia di Duke Nukem per DS e PSP. Se gli altri fossero stati come questo, allora la cancellazione è stata la cosa migliore che potesse capitare.

Duke Nukem: Critical Mass era inteso come primo episodio di una nuova trilogia di Duke Nukem, ed il solo fatto che neanche la versione PSP di questo titolo vide la luce dovrebbe dirla lunga sulla qualità del titolo in questione (figuriamoci sul progetto della trilogia che non andò da nessuna parte). Tecnicamente buono per un titolo DS (specialmente il reparto sonoro), il titolo Apogee-Frontline Studios però ha veramente poco da dire a livello di gameplay, e cerca di mascherare mestamente la sua sub-mediocrità offrendo un polpettone di stili di gioco (sessioni da cecchino, da sparattutto 2D, da third person shooter), ognuno di questi scaracchiato ed arraffonato per fare numero e cercare di dare varietà.

Non che il platforming con sparatorie di base (simile a quello visto in Duke Nukem Manhattan Project) sia poi meglio, con un level design formulaico, blando, estremamente elementare ma comunque confusionario e molto inconsistente (è uno dei quei cavolo di giochi in cui vi chiederete di continuo “dove cazzo devo andare e cosa devo fare?”) e nemici stupidi. La discreta varietà di armi e di livelli conta poco quando vi trovate a fare le stesse cose sia a Tokyo sia nel sabbioso deserto egiziano, a combattere pressapoco i soliti nemici che non sanno reagire a voi che sparate abbassati con armi che vi danno anche troppo vantaggio, od a subire l’ennesima sessione di cecchinaggio solo per far in modo che qualcosa magicamente succeda e possiate proseguire nel livello.

Aggiungete al tutto un livello di sfida basso e quasi mai genuino, controlli a volte scomodi e sembra chiaro che (ora come ora) l’unica cosa ad aver raggiunto massa critica è la serie di Duke Nukem. Anche se con titoli come questo e Forever, qualunque serie rischierebbe la fissione nucleare.

Voto Finale: 3 su 10

Lego Marvel Super Heroes

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Anno d’uscita: 2013

Versione giocata: PC. Disponibile anche su: PS3, PS4, ,Xbox 360, Xbox One.

La serie dei videogame Lego non conosce confini. Iniziata nel 1997 con Lego Island ed esplosa nel 2005 con Lego Star Wars, il fenomeno non accenna a fermarsi. I primi capitoli dei giochi su licenza erano muti e ricalcavano fedelmente le vicende delle vari IP originali. Ora dispongono di doppiaggio e si prendono un po’ di libertà per creare nuove storie.

Doctor Doom’s Doomray of Doom

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La storia del gioco è alquanto classica ed è fatta in modo per coinvolgere un buon numero di personaggi proveniente dai vari team della Marvel. I protagonisti principali saranno gli Avengers, i Fantastici Quattro e gli X-Men, con influenze derivanti dall’universo cinematografico che si faranno sentire in maniera molto forti. L’incipit è semplice, arriva Silver Surfer, la sua tavola viene distrutta in mattoncini cosmici e il Dottor Destino vuole metterci le mani sopra per conquistare il mondo. La storia impiega parecchio tempo ad arrivare alla conclusione, ma solo per permettere al giocatore di usare quanti più personaggi possibili e per affrontare ogni cattivo. Dopo che la storia principale si concluderà, rimarrà la città da gironzolare in free roaming per sbloccare tutti i personaggi dell’immenso cast e per intraprendere missioni secondarie varie. Per finire il gioco al 100% occorre inoltre rigiocare la campagna ed investire parecchio tempo nelle attività secondarie.

Il cast di personaggi Marvel presente nel gioco è molto amplio. Forse ci sono troppi “goon”, ma c’è Moon Knight.

Il bambino che c’è in te

Il gioco è in piena tradizione Lego, molto…. “puccioso”, molto “fuffo”. Vedere i personaggi Marvel ricreati in stile lego ispira immediata simpatia e vederli in azione scalda davvero il cuore. L’effetto di ciò varia in base al proprio livello di ammirazione per i rispettivi franchise. Io sono un grande nerd Marvel ed ho speso tutta la mia infanzia sulla Lego, quindi questo gioco è il mio sogno proibito divenuto realtà.LegoMarvel3

Ogni personaggio è ben ricreato e particolareggiato e dotato di determinate abilità. Per come il gioco è strutturato, affronterete tutte le missioni con un cast multiplo di personaggi ed il gioco può essere giocato completamente in co-op. Per superare gli ostacoli occorre o usare le abilità specifiche degli eroi oppure menare le mani (o artigli, martelli, laser…). Il gioco ha una difficoltà pressappoco nulla. Avrete un contatore di energia vitale, ma non c’è alcuna penalità nel morire, si rinasce istantaneamente e si perdono un po’ di mattoncini raccolti ma non è nulla di così preoccupante. Questo è principalmente fatto per rendere il gioco fruibile anche ai più piccoli. Anche raggiungere il 100% è solo una questione di tempo e non di fatica.

Per noi giocatori “pro” in cosa si traduce? In un’esperienza leggera, fatta di sorrisi e piaceri, senza un minimo di frustrazione e senza richiedere impegno mastodontico nelle nostre giornate.

Svolazzare in giro per New York con i personaggi volanti e causare la distruzione di automobiline lego è un piacere, ma dopo aver completato le varie missioni extra sparse per la città, c’è davvero poco da fare.

Come tutti i giochi Lego, questo è una lettera d’amore all’IP presa in prestito, in questo caso la Marvel ed è il gioco perfetto da giocare con la ragazza meno avvezza ai videogame o con il proprio figlio un po’ troppo piccolo per esperienze più complesse.

Voto personale: 7/10

Match Point
(A cura di Celebandùne Gwathelen)

Match Point

Con la mia ragazza ho iniziato a fare un patto di visione di film, che include serate più o meno regolari durante le quali io mostro a lei un film che a me è piaciuto che vorrei lei vedesse, e lei mostra a me film che a lei sono piaciuti. Così, dopo che sono riuscito a convincerla della bontà di Iron Man (lo recensirà sul Weakly Hobbyt appena lo vedo in versione Blue-Ray), lei mi ha mostrato questa gemma di Woody Allen di cui vi parlerò qui sotto. E vi avviso, è un film che non intendo spoilerare, ma non prometto di riuscirci del tutto a terminare i miei pareri sul film senza un minimo abbozzo di spoiler. Siate avvisati.

Match Point

Chris è il fortunato protagonista di questo film

Il film narra un momento della vita di quello che sarà il protagonista della storia, un ex-tennista professionale di nome Chris. Costui, stanco di viaggare per l’Inghilterra per un torneo o l’altro, decide di appendere al chiodo la sua carriera da tennista e di dedicarsi ad allenare persone di buona provenienza nel nobile sport con la racchetta. E’ così che il ragazzo incontra Tom, un figlio di papà dal buon cuore, che come Chris pare avere una passione per l’Opera. Tom, un giorno, invita Chris all’Opera con la sua famiglia, dove incontra Chloe, sorella di Tom, nonchè i loro genitori, che sono, come già accennato, ricchi imprenditori. Chris, da nullatenente che però non si tira indietro dal rischio, riesce a conquistare subito le simpatie di tutti, in particolare dei Chloe. Tra i due nasce l’abbozzo di una storia, e presto Chris viene invitato ad una festa nella villa di famiglia di Tom. Lì Chris incontra Nola, alla quale è subito attratto. Nola, però, è la ragazza di Tom, e nonostante una vicendevole attrazione, pare subito evidente a entrambi che la loro attrazione faccia meglio a fermarsi lì. Al contrario di Chris, che è ben visto sia dal padre che dalla madre di Tom e Chloe, e la cui storia con Chloe presto assume connotazioni più serie, Nola pare non avere gli stessi ammiratori; in particolare la madre di Tom è molto poco convinta dell’aspirante attrice americana. Questo inevitabilmente crea tensioni tra Tom e Nola stessi. Durante uno di questi momenti di tensione, Nola corre fuori sotto la pioggia. Tom si disinteressa della faccenda, ma Chris, all’insaputa di tutti, la insegue ed i due fanno sesso nei campi fuori la tenuta. La relazione rimane però segreta, e Nola anzi vuole chiudere, visto che pensa che presto saranno cognati.

Match Point

Chris diventa l’istruttore di tennis di Tom

Quel che però accade è che Tom e Nola si lasciano, e Tom si “innamora” di un’altra. Chris tenta di rintracciare Nola, invano. Presto lui e Chloe si sposano, e Tom si sposa con la sua nuova fiamma, che da lui aspettava un bambino. Chloe pure vorrebbe un bambino da Chris, ma i loro tentativi risultano vani. Chris, ora parte della famiglia, viene presto posizionato in una delle ditte del padre, e sale rapidamente la scala del potere nell’azienda. Per Chris sembra andare tutto fin troppo bene.
E’ in quel momento che Nola torna nella vita di Chris, e la sua passione per la donna americana torna ad essere fiammeggiante come non mai, portando i due ad avere una relazione segreta…

Non vorrei inoltrarmi nella trama più di così, visto che è proprio da quel momento in poi che il film diventa davvero interessante. I fortuiti casi che hanno portato Chris ad essere da un normale allenatore di tennis il manager/dirigente di una delle più prestigiose aziende di Londra parlano da solo per la “morale” del film: nel mondo di oggi, come sono oggi le società in cui viviamo, essere fortunati è quanto meno importante quanto essere bravi in quello che si fa, se non di più. Il film, anzi, vuole proporre il messaggio del “di più”. Avere fortuna è tutto, e in una posizione precaria, in cui è la fortuna è quella che conta, è meglio essere fortunati che bravi.

Match Point

Chris incontra Chloe, e tra i due presto nasce del tenero…

Chris è l’esempio di questo; è un uomo sfacciatamente fortunato, a cui il caso pare riservare solo bene, anche quando lui stesso tenta di forzare il suo destino. LA sua è una storia particolare e affascinante al contempo, come anche il personaggio stesso è circondato da un aura di oscuro fascino e mistero. Perchè Chris, ovviamente, non è un eroe, ma neepure un anti-eroe. Come ogni uomo, ha sfaccettature grigie tra il bianco ed il nero del suo carattere. E’ un uomo egosita, probabilmente, ma al contempo gli importa delle persone attorno a se, che non vorrebbe vedere soffrire, pur compiendo azioni che potenzialmente possono ferire altre persone, che però compie, spesso, senza pensarci su un secondo istante. La sua relazione con Nola potrebbe ferire Chloe e farlo uscire dalla famiglia. Ciononostante, lui corre il rischio e la fortuna è dalla sua parte. E nel film ci sono almeno un’altra mezza decina di istante in cui la fortuna salva la pelle del protagonista. Inutile dire che anche il finale segue una simile direzione.

Dal punto di vista della recitazione e della scenica, il film è superbo. Raramente le performance di attori in un drama mi hanno così convinto; tutto era scenico, eppure era al contempo ritratto in maniera incredibilmente reale. Il film era affrettato, ma aveva un passo che si lasciava seguire. In alcuni momenti o passaggi non tutto era necessariamente chiaro, ma col senno di poi si capisce, magari, che ad Allen non interessava affatto catalizzare l’attenzione su questo particolare evento, favorendone altri.
Badate anche che vi scrivo questa recensione “a caldo”, avendo visto il film due sere fà ed una sola volta. Probabilmente, rivedendolo, ci sarebbero lacune di cui mi accorgerei solo con una seconda visione. A primo impatto, il film mi ha convinto molto.

Match Point

Chris incontra Nola, e tra i due ci sono subito evidenti segni di passione…

Jonathan Rhys Meyers interpreta Chris, e la sua performance è semplicemente stellare. Non da meno sono però i suoi co-protagonisti, a partire da Nola, interpretata da Scarlett Johansson. Unica americana sul set, Woody Allen ha fatto bene a tenerla nel film (originariamente da dirigersi a New York, con un cast americano), considerando come la performance da “man-killer” le esca in maniera naturale e assolutamente impeccabile. Il suo personaggio è molto ispirato e reso in maniera molto credibile.
Emily Mortimer è invece Chloe, un personaggio che forse è stato sviluppato un pò poco, e che ho ritenuto essere genuinamente poco intelligente. E’ dolce, ma non riesce a tenere il passo nè a Chris nè a Nola. L’interpretazione è buona, ma è lo script a limitare il personaggio in questo caso.
Tra i personaggi secondari, vanno citati la buona interpretazione da parte di Matthew Goode nel ruolo di Tom, e di James Nesbitt in quella dell’Detective Mike Banner, che entra in scena solo nella parte finale del film. Il suo è un ruolo breve, ma d’effetto, e la sua performance mi è piaciuta parecchio.

Match Point

Ecco il momento del Match Point!

Critiche al film ne ho poche; come già detto in alcuni momenti il film eclissa avvenimenti che forse avrebbero potuto avere una certa valenza, in favore di altre scene forse meno importanti. Il personaggio di Chloe poteva essere reso meglio. Il conflitto tra la madre di Tom e Nola poteva essere spiegato meglio. Sono pochezze, che però, se presenti, avrebbero reso il film un tantino più interessante. Forse, però, avrebbero distolto l’attenzione da Chris e le sue azioni, e sono proprio queste ad essere al centro del film. Sotto questo punto di vista, Allen ha svolto un lavoro magistrale, e non posso che consigliarvi questo film, che probabilmente presto farà una comparsa fisica nella mia collezione di Blue-Ray. Da vedere e rivedere.

Voto Personale: 9/10

Come sempre, ci ri-leggiamo domenica prossima, e come sempre, non esitate ad offenderci/commentare, fateci sapere che ne pensate! 😉

Una Risposta to “The Weakly Hobbyt #165”

  1. The Weakly Hobbyt #200 | Checkpoint Café Says:

    […] dell’intera serie (per quanto mi riguarda questo titolo resta saldamente nelle mani di Under the Red Hood), ma si lascia guardare con […]


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