Domenica di Febbraio numero 1. Un Febbraio freddo e gelido, che riscaldiamo con una buona dosa di nostalgia, una buona dose di attualità e tanta tanta follia muscolare. In questo numero per voi Iron-Man (prima di una serie di recensioni di vecchi film Marvel, che ci accompagnerà fino alla fine della serie TV Agent Carter, in onda ora in America), Muscle March (SI, QUELLO!!), Gat out of Hell e Manhattan. Che dire? Buona lettura! =)
Iron Man
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Iron Man uscì nei cinema prima che tutto l’Universo Cinematico Marvel iniziasse, e quando io e mio fratello andammo a vederlo, non avevamo la più pallida idea di quanto ci aspettasse. Certo, prima di questo c’erano stati i film di Spider-Man di Sam Raimi, di cui pure un giorno vi parlerò, con i miei soliti “passi avanti e passi indietro”, ma quei film non avevano di certo tentato di creare un universo loro. Ora, con Iron Man, Marvel ha iniziato un franchise incredibile e di profitto, di cui, nel bene o nel male, non ci libereremo tanto presto.
Iron Man parte nel deserto dell’Afganisthan, dove Tony Stark viene attaccato da un gruppo di terroristi nonchè ferito al petto da una sua granata in loro possedimento.
Flashback a 36 ore prima; Tony Stark vince il premio uomo di scienza dell’anno, e rimorchia una giornalista, con cui passa la notte dopo una serata spesa al Cesar’s Palace di Las Vegas. Il giorno dopo deve partire per l’Asia Medio-Orientale, arriva tre ore in ritardo per il suo Jet personale, dove James Rhodes, suo amico di vecchia data, lo attende irato. In volo i due però bevono (Tony convince Rhodes a farlo) e sono in buona compagnia di hostess che fanno poledance. Tony è in Afghanistan per vendere Jericho, il suo ultimo missile di distruzione di massa, gioiellino della sua fabbrica di armi.

Tony Stark sa come vendere le sue armi..
E’ lì che il suo convoglio viene attaccato con armi Stark e lui rapito. I terroristi, che si chiamano “I Dieci Anelli”, vogliono che Stark costruisca loro un missile Jericho. Stark, tenuto in vita da una calamita che tiene lontano dal cuore un frammento di metallo della granata che lo ha stordito, deve lavorare in condizioni disumane con un collega, anch’esso prigioniero, di nome Yinsen. Stark, deciso a non arrendersi alle richieste dei terroristi, stupito addirittura che loro abbiano le sue armi, finge di collaborare, ma sviluppa in realtà un reattore che lo libera della pesante batteria che potenzia la calamita che gli salva la vita, e che in seguito darà la carica ad un’armatura che lui sviluppa che debba salvare sia lui che Yinsen dalla prigionia. Il piano riesce, ma solo a costo della vita di Yinsen. Tony Stark riesce a mettere sotto-sopra il campo dei terroristi e fugge con i propulsori della sua armatura, atterrando nel deserto, dove viene poi trovato da Rhodes.

Obadiah Stane è "felicissimo" di rivedere Tony sane e salvo...
Giunto in America, Stark decide di fare drastici cambiamenti al suo modo di fare soldi. Decide di chiudere la sua fabbrica di armi, cosa che fa arrabbiare non poco il suo collega d’affari e co-fondatore della Stark Industries com’è ora, Obadiah Stane. Stark, però, inizia a lavorare sul prototipo di armatura umana che ha fabbricato nella grotta con Yinsen, oltre che ad un nuovo reattore ARC in miniatora per potenziare la calamita, e da questo sviluppa la vera tuta da Iron-Man, con cui “gioca” a suo piacimento, finchè non scopre che con essa può anche fare del bene; in particolare attacca un gruppo di terroristi che hanno minacciato la città Gomora, da cui Yinsen proveniva.

Tony Stark testa la sua nuova tuta...di ferro...
Stane, nel frattempo, sospetta che Stark sta lavorando a qualcos’altro, e non ricevendo informazioni da Stark, si rivolge ai suoi “amici” dei Dieci Anelli per scoprire come Stark è fuggito dalla grotta nella quale era stato catturato. Così si scopre, e lo scopre anche Pepper Potts, la secretaria di Tony Stark, più avanti, che è stato Stane a desiderare il rapimento e la morte di Tony. Inizia così a costruire a sua volta una tuta di ferro, simile al prototipo di Stark creato nel deserto. Non riuscendo però a replicare il reattore ARC in miniatura che Stark ha creato, i suoi lavori rimangono fermi. Nel frattempo, però, tenta di rubare la ditta a Tony, per il fatto che ha perso punti in borsa e non vuole vedere fallire il suo sogno di diventare un giorno ricco con la ditta che lui ha portato avanti dopo la morte del padre di Tony, Howard. Tony non gradisce la cosa, e manda Pepper a scoprire le vere intenzioni di Stane. Stane si rende conto di essere stato scoperto, e così decide di esporsi e rubare il reattore ARC a Tony. Potts è al sicuro con alcuni agenti SHIELD comandanti da un certo Phil Coulson, ma Stane utilizza la sua armatura per seminare il caos nelle Stark Industries. Tony, che si salva grazie al prototipo di reattore ARC da lui inventato, entra nella sua armatura da IronMan e ne da di santa ragione a Stane, che alla fine cade nel reattore ARC originale, probabilmente friggendo. Tony è salvo, Potts pure. Phil Coulson prepara un alibi per Tony Stark, in maniera da tenere segreta la sua identità da supereroe, ma Stark invece rivela al mondo che è Iron Man.

Stane ammira la prima tuta di Stark!
A fine film, la casa di IronMan viene infiltrata da Nick Fury, che accenna a Stark che lui non è l’unico supereroe al mondo, anzi, che c’è stata già un’idea di un’iniziativa Vendicatori….
Senza Iron-Man, o il successo di Iron-Man al cinema, oggi non staremmo in febbrile attesa di Avengers: Age of Ultron. E già solo per questo, Iron-Man merita un milione di applausio. Ma a parte questo, Iron-Man è un film bello da vedere, divertente e con un bel pò di sana azione fumettosa trasposta bene al cinema. E’ un pò strano recensire Iron-Man dopo tutti questi anni (il film, dopotutto, è datato 2008, sono passati sette anni da allora!)… il film mi ha colpito all’epoca, ma rivedendolo adesso con la mia ragazza, mi ha fatto capire quanto il film sia realmente geniale, ben fatto, ben scritto, ben recitato e con un’ottima colonna sonora. E, comunque, rimane da dire che la miglior cosa del film è la sua visione, l’idea di unire gli eroi Marvel (non ancora rubati o donati a Fox e Sony) in un unico universo cinematografico. L’idea, di per sè, è geniale.

E' in questa grotta che è nato un vero e proprio franchise!
Sicuramente al successo ha contribuito Robert Downey Jr., che con il suo modo fantastico di ritrarre un Tony Stark figo, sbagliato, ganzo è riuscito a creare un franchise che, sicuramente, senza lui non sarebbe stato così di successo. Ancora oggi, i film Marvel hanno un qualcosa in più quando c’è Downey Jr. che ritrae Tony Stark in uno di essi. Questo non toglie, ovviamente, nulla alle buone performance di Terrence Howard e Gwyneth Paltrow nei ruoli di James Rhodes e Pepper Potts, o a Clark Cregg nei panni di Phil Coulson, ma senza un buon Tony Stark, ovviamente, il film non avrebbe funzionato. Ottimo anche la performance, molto fisica, di Jeff Bridges nei panni di Obadiah Stane.
Bella la partecipazione del regista Jon Favreau nei panni di Happy Hogan, autista di Stark, e bello anche il cameo di Stan Lee durante una festa a cui Stark partecipa.

La verità è..che questo è Iron Man! =P
Cosa dire in conclusione? Chi conosce o ama i fumetti Marvel, ha già visto Iron-Man e sa già cosa ne pensa. Chi ancora non lo ha visto, posso confermarvi, anche se non conoscete l’universo Marvel, questo film è molto bello da vedere e molto divertente. Fatevi il favore e dategli una chance, non vi deluderà!
Voto Personale: 9/10
MOTTO MUSCULAR!
(A cura di Wise Yuri)
Sì, sono arrivato a recensire questa roba. Non c’è bisogno di ringraziarmi, ma prego. 🙂
A volte penso che titoli del genere siano fatti apposta perché gente come me gli dia del “innegabilmente ipergiapponese in tutto e per tutto”, anzi, no, penso siano trattati (gusto straniero/esotico a parte) e considerati allo stesso modo dai giapponesi, questo titolo merita il paragone con la serie di Cho Aniki, perché chiaramente vuole che la gente ne parli di quanto cazzo é fuori di melone.
Una volta che avete smesso di ridere, essere stupefatti od in qualche modo offesi dall’assurdità di questo cast a caso di tizi con muscoli d’acciaio, slippini di colori discutibili e che lasciano poco spazio all’immaginazione e quel cazzo di orso polare, vi potreste chiedere “sì, ma che gioco é ?”.
Perchè potrei riempire paragrafi parlando di tutto tranne il gameplay di per sé, ma facciamolo dopo.
Nel caso non lo sappiate, questo è un titolo Wiiware scaricabile per 500 nintendo points (5 euro circa), quindi per il vostro Wii o Wii U (se proprio ci tenete ad averlo questo titolo nella vostra collezione).
Il gameplay di per sé è molto semplice, se dovessi azzardare un genere, lo definirei un “on rail rhythm flexing wile e. coyote simulator”, giusto per creare un neologismo.
In termini meno oscuri, prendete i panni di un culturista tra i 7 stereotipi (credo si possano definire tali, ma non ne sono sicuro in questo caso) selezionabili, tra cui una donna “buff” di nome Brenda, un orso polare di nome Rossi, e tizi scolpiti a caso come uno con il capello a tuba, la rosa ed il baffo di nome Pedroso, ed un tizio del Ghana di nome Abebe con un pulcino nell’afro (non so se questo è uno stereotipo razziale giapponese sulle persone di colore, ma qualcosa deve essere, visto che c’è pure in FF XIII sta cosa del “pulcino che nidifica nell’afro”) Una volta scelto il personaggio, venite messi di fronti a ben due modalità, la Muscle March e la Endless Rush, ma parliamo prima della titulare modalità, quella principale. Io ho finito per usare sempre l’orso polare perchè gli altri mi mettevano un po’ a disagio, francamente.
C’è una premessa a questa follia di virili muscoli, o qualcosa del genere: un ladro vi ruba le vostre preziose proteine, e quindi vi lanciate all’inseguimento del lestofante assieme ad altri 3 vostri colleghi, perchè uniti nei muscoli, non ci sono avversità o ladruncoli che bastino a fermare una vera e propria MUSCLE MARCH! Sul serio, questa è la trama o la cosa più vicina che questo gioco può avere.
Ok, dopo tutti questi preliminari, parliamo del gameplay, davvero stavolta.
L’obiettivo del gioco è appunto catturare il ladro che sta scappando via con le proteine, ma il modo in cui lo fate è diverso da quello che potreste pensare.
Il gioco muove il vostro personaggio in automatico su binari prestabiliti assieme ad altri 3 controllati dall’IA, quello che dovete fare voi è imitare la posa che il ladro fa creando buchi nei muri che si trova davanti (come un provetto personaggio della Warner Bros.) e continuare a posare finchè non rimanete l’unico inseguitore e vi avvicinate abbastanza da poterlo placcare, evitando di perdere tutti i punti vita a disposizione.
C’è un pizzico d’anticipo o spazio per vedere che posa dovete assumere, ma comunque è come giocare un rhythm game… su binari, qualcosa di simile e dal feeling arcade, con tanto di combo e valutazione di fine livello, su cui incidono i continua usati e la bravura nel posare.
Per imitare le pose usate il wiimote ed il nunchuck in maniera semplice, abbassando entrambi per far abbassare il personaggio, alzando il wiimote ed abbassando il nunchuck in contemporanea per alzare un braccio, od alzando entrambi per mostrare al mondo i vostri bicipiti. E quando siete nello stretch finale, è momento di shakerare wiimote e nunchuck come matti per placcare finalmente il ladro. Il sistema di controllo è semplice e funziona, il numero di mosse/pose è limitato ma se ce ne fossero state troppe sarebbe stato improponibile chiedervi di farvele ricordare tutte. Per quello che è e vuole essere, funziona.
Ci sono 3 scenari in tutto, Città, Villaggio e Spazio, ed ogni stage ha 3 segmenti di difficoltà crescente, ed a mia sorpresa può diventare molto più difficile del previsto, il ritmo e velocità crescono non poco specialmente nel segmento finale, che ho riprovato parecchie volte in ogni livello, e può darvi un decente workout.
Il gioco è divertente, se trovate divertente la premessa, perchè quello che vedete è quello che ottenete, quindi se non vi piace o non vi incuriosisce questa follia allucinata, non sarete convertiti dal gameplay. Anche perchè in ogni caso il gioco è essenzialmente ripetitivo, cambiano gli scenari e d il gioco cerca via via di ingannarvi con rapidi movimenti di telecamera ed i ladri che fanno finte per sviarvi, ma essenzialmente non cambia molto. Se non altro questo è un titolo che si presta benissimo ad eventuali Let’s Play, visto che ogni secondo c’è qualcosa di bizzarro su cui commentare o da far notare.
Non che sia un problema visto che finirete i tre livelli della modalità principale in 2 ore e mezzo circa, e non è che sia veramente altro da fare, a parte la modalità Endless Rush (che è quello che pensate, una modalità infinita di velocità e difficoltà crescente in cui posate fino a che non finite l’energia) in cui si possono alternare fino a 4 giocatori usando un solo wiimote+ nunchuck, non ci sono extra di sorta, né suggeriti in maniera criptica ne cercando online ne ho trovati.
Sono quasi sorpreso che non ci sia una classifica online in cui sfoggiare ad altri i propri high score d’acciaio, ma non credo che un gioco come questo venduto a 5 euro in digitale avrebbe meritato più impegno.
Giudicando il titolo Bandai nell’aspetto freddamente tecnico, Muscle March all’occhio è pressapoco un titolo PS1, non tanto per dire, visto il dettaglio dei modelli poligonali dei personaggi, ed il fatto che quelli dei vostri culturisti e del ladro siano quasi gli unici modelli poligonali a schermo la dice lunga, perchè gran parte delle persone od oggetti dello scenario sono sprite bidimensionali, a volte si vede pure troppo e non cercano di nasconderla questa cosa. Se non altro il gioco compensa le sue deficienze tecniche con una follia stilistica “ipergiapunes” che salterebbe all’occhio anche SENZA i toni omoreotici dati da orde di tizi scolpitissimi che corrono in slippino e posano a più non posso i loro muscoli, sul serio, potrebbero benissimo esserci dei budini antropomorfi e la follia sarebbe uguale, ma siccome il gioco sceglie questa strada dell”omoeroticismo palestrato”, non c’è da sorprendersi se pure il cursore/puntatore nei menù è un palestrato in slippino, e ci sono manubri e gergo da palestra ovunque, come “squat”, “workout”, anche le orecchiabili tracce j-pop della colonna sonora hanno quasi tutte “muscle” nel nome.
Il tenente Alex Louis Armstrong ne sarebbe fiero. ç_ç Credo.
Commento Finale
Muscle March è un distillato di bizzarria giapponese, nello specifico quella alla Cho Aniki con toni omoerotici evidenti ma che comunque contribuiscono solo ad alimentare il fattore “strano” in un gioco che sarebbe ridicolo e folle anche senza questa marcia di muscoli flessi da uomini, donne ed orsi in slippini. Il gameplay nonostante il contorno e la presentazione anomala è un rhythm game in 3D che usa il wiimote ed il nunchuck per simulare pose da…culturista (pressapoco), e per quello che è risulta divertente anche perchè il sistema di controllo funziona bene per quello che vuole fare, e negli stage avanzati il gioco diventa più impegnativo del previsto, grazie a telecamere sempre più dinamiche e rapide e finezze come il ladro che utilizza finte per cercare di ingannarvi.
Lasciando perdere un comparto tecnico davvero da titolo PS1 (eccezion fatta per orecchiabili canzoncine j-pop come “Muscle Love”), il problema è che il titolo è essenzialmente ripetitivo, non che ci sia tempo perchè questo pesi davvero sull’esperienza, visto che avete solo una modalità principale con 3 livelli che finirete in 2 ore ed una survival/rush che potete giocare in 4 con un solo controller, non c’è nessun extra di sorta, a parte rigiocare per ottenere punteggi migliori che non vengono neanche registrati. Ma per un titolo da 5 euro che è più uno scherzo che altro, non me la sento di lamentarmi troppo.
Non so se consigliarlo, ma ci sono cose peggiori a cui giocare e se volete qualcosa di strano “abbestia”, sono solo 5 euro per togliervi lo sfizio.
Gat Out of Hell
(a cura di CapRichard)
Piattaforma: PC(giocata), PS3, Ps4, Xbox 360, Xbox One Data di uscita: 23 gennaio 2015
Adoro la saga di Saints Row. Se nei primi due episodi il gioco era un po’ più terra terra, nelle sua folle lotta tra gang criminali, con Saints Row III la saga ha iniziato ad andare sull’assurdo, fino a culminare nel IV, dove come presidente degli Stati Uniti d’America lotterete contro degli alieni invasori all’interno di un mondo alla Matrix dotati di superpoteri.
Come andare oltre? Semplice. Siccome l’invasione zombie è stata già usata in Saints Row 3, all’appello manca il soprannaturale divino con inferno e paradiso. Gat out of Hell si presenta come gioco a 20$, scaricabile per le console di vecchia generazione e PC, ed incluso nella versione di Saints Row IV remaster per le nuove console.
Tutto qui? SUL SERIO!?!?!?
La cosa che stupisce di questo episodio è la pochezza di contenuti legati alla storia.
Il gioco si apre all’epilogo di SR IV, con il capo dei Saints che viene rapito e portato all’inferno per sposare la figlia di Satana. Jhonny Gat e Kinzie, decidono di andare a salvarlo.
La premessa c’è tutta, ma il gioco non da nulla. Per intero conta qualcosa come 2 cutscene che usano il motore di gioco ed un altro paio che usano delle diapositive 2D con narrazione vocale sovrapposta. Quanto di più scarno si possa chiedere.
Il gioco non ha missioni principali, non ha interazioni con personaggi, non ha momenti epici e memorabili se non nel momento del musical, scena che per marketing è stata rilasciata per intero molto tempo prima dell’uscita del gioco e che quindi ha rovinato l’effetto sorpresa.
Una volta arrivati all’inferno, una piccola città infestata di demoni di ogni tipo, dovrete fare ogni attività secondaria. Queste servono per far arrabbiare Satana. Un’apposita barra si riempirà mano a mano che voi genererete scompiglio tra i suoi demoni ed una volta piena si passerà al combattimento finale.
E pensare che incontrerete personaggi come Shakespeare, Vlad e Barbanera, tutti sfruttati malissimo. Hanno un paio di linee di dialogo simpatiche, ma le loro interazioni con i protagonisti si limiteranno ad essere poche frasi prima di mandarli in qualche missione personale, che ripeto: sono solo i soliti minigiochi, senza poi farsi mai più sentire.
Per arrivare a finire il gioco ci vogliono 3 ore. Un nulla.

L’arma della pigrizia. Il simbolo migliore del gioco, vista la pigrizia dei programmatori.
Quando l’interezza dell’offerta si basa su minigiochi che alla lunga diventano ripetitivi, davvero c’è poco altro da fare.
Inoltre il gioco soffre di altre nette mancanze. Se il parkour ora è migliorato grazie alla capacità di volare del protagonista, il resto è rimasto identico a SR IV, se non peggio. Non esiste la possibilità di personalizzare l’abbigliamento del giocatore, le armi, per quanto alcune sono geniali, non offrono il livello di personalizzazione delle skin sempre di SR IV, stesso dicasi per l’inesistenza di molte feature, come tutto il sistema delle auto, anche se sono effettivamente inutili quando si può volare, il sistema degli aiuti via cellulare, i continui scambi di battute con i comprimari….
Non so cosa sia preso a Volition quando hanno creato questa espansione. A 20€ è un furto bello e buono. Se ve la ritroverete nella Presidential edition sarà un’aggiunta inoffensiva che per certi versi complementa SR IV, ma presa a se stante è una delle cose più inutili alle quali abbia mai giocato da un po’ di tempo a questa parte.
Voto personale 5/10
Manhattan
(A cura di Alteridan)
Nel panorama attuale delle serie televisive abbiamo assistito a una sorta di seconda giovinezza per i serial ad ambientazione storica. Quello di cui vi andrò a parlare tratta di una parte molto importante della storia recente: la progettazione e la costruzione del primo ordigno nucleare.
Come saprete, nel corso della seconda metà dell’ultimo conflitto mondiale, il governo degli Stati Uniti d’America aveva finanziato un progetto per la creazione di un arma definitiva in grado di spostare gli equilibri della guerra in favore degli Alleati e porre fine agli scontri armati: tale progetto venne chiamato Manhattan, il nome venne scelto in quanto l’edificio delle operazioni centrali era situato nell’omonima isola di New York.

Il cast principale al gran completo.
La serie televisiva prodotta dal network WGN America, però, non si concentra sulla storia del progetto, o almeno non è questo il suo focus principale. Il progetto Manhattan è solamente un pretesto per narrare le vicende dei vari personaggi coinvolti e illustrare come erano le loro vite all’interno del campo di Los Alamos, la località del New Mexico in cui vennero stanziati gli scienziati e i ricercatori che avrebbero poi lavorato allo sviluppo dell’atomica. Gran parte dei personaggi raffigurati in questa serie sono fittizi, ma comunque ispirati a personaggi realmente esistiti, tuttavia non mancano alcune comparse di figure storiche dell’epoca, come il celebre professor Oppenheimer, all’epoca direttore scientifico del progetto, oppure Niels Bohr.

Lo stress del lavorare sotto pressione e contro il tempo si ripercuote anche nella vita familiare.
La serie utilizza le vicende scientifiche come collante tra le varie vicende e per giustificare i rapporti e gli attriti tra le figure coinvolte, soprattutto quelli che intercorrono tra i due protagonisti: Frank Winter e Charlie Isaacs, entrambi brillanti fisici quantistici, il primo a capo di un progetto secondario, e il secondo numero due del team principale, quest’ultimo guidato da Reed Akley. Naturalmente l’intera serie gravita sui rapporti che intercorrono tra queste due figure carismatiche, ognuna a suo modo, e su ciò che li circonda, quindi tra gli altri membri del team e sulle loro famiglie. La serie Manhattan, quindi, non deve essere vista tanto come un thriller storico, quanto come un serial drama fortemente basato sui personaggi.

Il team del progetto di riserva.
Dal punto di vista della trama e della narrazione, Manhattan è sostanzialmente un’altalena: durante i 13 episodi della prima stagione (già confermata una seconda) assistiamo a un deciso calo di ritmo verso la metà dello show, nulla di particolarmente importante ma si nota chiaramente che la narrazione è stata rallentata per cercare di allungare il brodo.
In ogni caso, Manhattan è tutto sommato una buona serie, a patto che non vi aspettiate accuratezza storica o scientifica, già perché tutte le formule matematiche e gli assunti fisici vengono presentati un po’ “all’acqua di rose” e stanno lì solo perché il tutto si svolge pur sempre in un complesso di ricerca militare. Se vorrete passare sopra questi difetti, troverete una serie con una discreta regia e degli attori molto capaci. Chiaramente non siamo ai livelli di una serie HBO, ma si può dire che Manhattan si difenda bene.
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E ci difendiamo bene anche noi, ancora una settimana siamo sopravvissuti agli stress della vita quotidiana con questi nostri passatempi! Buon Week-end! =)
A settimana prossima!
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