La domanda lecita sarebbe quella del “ma che fine abbiamo fatto?”. Penso tuttavia che se il sottoscritto si goda una rara vacanza in terra italica e, costretto dal suo pessimo portatile, non sia in grado di scrivervi un buon articolo pre-pasquale, il mondo non crolli.
Scusate, comunque, se il Weakly Hobbyt #187 lo pubblichiamo solo oggi, dopo pasqua, anzichè due domeniche fa. La vita, a volte, è imprevedibile e va goduta nella sua bellezza ed unicità.
Unici come i nostri articoli di questa settimana, che avrete già visti nel banner quali sono. Una buona domenica e felice lettura! =)
The Blacklist – Season One
(A cura di Alteridan)
Piccolo e grande schermo sono pieni zeppi di personaggi ambigui, spesso con un dubbio codice etico e morale, ma ben pochi possono vantare il carisma di Raymond “Red” Reddington, il protagonistra assoluto di The Blacklist, una nuova serie della NBC attualmente alla seconda stagione. Devo ammettere di aver scoperto questa serie un po’ per caso: dopo aver visto gli innumerevoli spot andati in onda durante l’ultimo Super Bowl rimasi intrigato dal personaggio di Red e decisi di approfondire il tutto con la visione della prima stagione.
The Blacklist narra le vicende di un super criminale, Reddington per l’appunto, che si costituisce all’FBI con l’intenzione di strappare un accordo all’agenzia: Red avrebbe fornito al Bureau l’opportunità di catturare un gran numero di pericolosissimi criminali, e in cambio l’FBI avrebbe chiuso un occhio su alcune delle sue attività. C’è però una clausola: Raymond avrebbe parlato di tutto questo a una sola persona, Elizabeth Keen, una giovanissima profiler appena entrata nell’agenzia federale. Chiaramente i sospetti che questa mossa di Raymond Reddington vada a favorire i suoi affari illeciti vengono immediatamente mossi, ciononostante, il Bureau accetta la sua proposta e forma una squadra speciale adibita alla cattura dei criminali della lista nera fornita da Red.

In ogni singolo episodio si fanno allusioni sull’identità del padre di Lizzy.
A una prima occhiata, The Blacklist potrebbe sembrare l’ennesimo poliziesco procedurale. Non è così. Gran parte dei casi forniti da Raymond andrà a influenzare direttamente le dinamiche e gli equilibri della squadra, in primo luogo il legame tra l’agente Keen e lo stesso Reddington. Buona parte del fascino di questa serie, infatti, si basa sul rapporto tra questi due personaggi: fin da subito veniamo a conoscenza del passato di Elizabeth, scoprendo che è orfana sin dalla tenera età. La questione sull’identità del padre biologico di Lizzy viene spesso sollevata, con allusioni più o meno velate che lasciano pensare a Red come principale indiziato, da qui la sua richiesta di lavorare solo ed esclusivamente al fianco di Keen.

Un altro personaggio importante è Donald Ressler, partner e mentore di Elizabeth.
Parlando dei casi, non siamo di fronte a delle banalissime cacce all’uomo di criminali comuni: i nomi della lista nera sono personaggi che offrono servizi inusuali ai compagni criminali, e le figure che ne derivano sono raramente delineate in un qualsiasi altro poliziesco. Non sono banali assassini, stupratori o rapinatori, per intenderci, bensì cybercriminali, spie internazionali, e killer a contratto con regole di ingaggio particolari.
In tutto questo, The Blacklist può fare affidamento sulle performance eccezionali di James Spader: il suo Raymond Reddington è un personaggio poliedrico, a volte spietato e senza scrupoli, altre volte sembra quasi un padre di famiglia (giusto per alimentare ancora di più le speculazioni sull’identità del padre di Lizzy), spesso un uomo che ama godersi la vita. Non si sa mai quale sia il vero Red, ma una cosa è certa: è un abile calcolatore, e riesce a pianificare ogni singola mossa affinché vada a suo favore.

Molto importante per gli sviluppi della trama saranno le vicende familiari di Tom ed Elizabeth Keen.
In conclusione, questa prima stagione pone le basi per un ottimo serial televisivo. Forse le varie allusioni sul rapporto che lega Red e Keen sono fin troppe, e fin troppo frequenti, ma nel complesso contribuiscono a dipingere un quadro sfaccettato della situazione. The Blacklist è una serie consigliata a tutti gli appassionati di intrighi e polizieschi, con quel tocco di cospirazioni governative che non guasta mai.
Command & Conquer 3: Tiberium Wars & Kane’s Wrath
(a cura di Caprichard)
Piattaforma: PC (giocata), 360 Data di uscita: Marzo 2007(TW)/Marzo 2008 (KW)
Il dolore della scorsa settimana si fa ancora sentire. Perché mai avrò deciso di rigiocare Command & Conquer 4? Non lo so. Per risanarmi mentalmente, ho ripercorso velocemente il glorioso capitolo precedente, Command & Conquer 3 Tiberium Wars e la sua espansione: Kane’s Wrath, quelli che reputo essere i migliori capitoli della saga del tiberium. Forti, epici, complessi ed allo stesso tempo stupidi e diretti.
Welcome back commander
C&C 3 è uno di quei bei RTS dei tempi andati, con una modalità storia complessa, lunga e piacevole, variegata e che evolve con il giocatore.
Per la prima volta nella serie, le campagne della storia non sono dei what if o gli stessi eventi con delle variazioni e con un finale diverso in base al vincitore, ma sono tutte interconnesse tra loro e formano una grande storia di guerra e gioco di potere tra le fazioni classiche della saga: GDI e Nod ed un terzo incomodo: gli Scrin, vera sorpresa di questo titolo.
Dopo la seconda guerra del Tiberium, c’è stato un periodo di relativa pace, quando Nod attacca all’improvviso la GDI, distruggendo il loro centro di comando spaziale, proprio nel giorno ove tutti i capi di stato maggiore erano presenti a bordo per un meeting. Voi farete un comandante incaricato di rimettere prima di difendersi dall’attacco Nod e poi contrattaccare e fermare i piani di Kane e nel mezzo anche salvare il pianeta Terra da un’invasione aliena. Dal lato Nod vivrete più o meno gli stessi eventi della campagna GDI ma dal lato opposto spesso con missioni immediatamente precedenti o successive, ed il cambio di prospettiva da una grande profondità alla semplice trama. Giocherete anche dei pezzi con gli alieni, andando a dare ancora più varietà ed aumentando i punti di vista di questo grande teatro di guerra.
In Kane’s Wrath vi ritroverete ad affrontare missioni che vanno dalla fine della seconda guerra del Tiberium fino a dopo la terza, andando ad infittire ancora di più la trama ed esplorando meglio i piani del carismatico Kane.
Il vero punto di forza di C&C 3 è il cast. Le scene di intermezzo sono tutte recitate da attori in carne ed ossa, in set per metà veri e metà green screen, che si rivolgono direttamente allo schermo al comandante. Dal lato GDI avremo il sempre fantastico Michael Ironside, il leggendario Billy Dee Williams, Grace Park e Gennifer Morrison, tutti attori di un certo calibro e di una certa fama. Dal lato Nod vi ritroverete invece a ricevere ordini da Tricia Helfer, Josh Holloway ed il simbolo dell’intera saga: Joseph Kucan. Inoltre, i vari giornalisti che faranno da finestra sul mondo per il giocatore con i loro notiziari, sono veri giornalisti americani, per dare quel tocco di autenticità. Davvero una scelta di classe.
La combinazione di talenti è davvero fuori scala e l’atmosfera che si respira è tensa, sempre serrata e che proietta il giocatore dentro al mondo del Tiberium e lo tiene incollato allo schermo. Nessun altro RTS ha mai raggiunto la forza narrativa di un C&C solo per queste scene di intermezzo.
Mammoth advancing
C&C 3 è un RTS classico: avrete una base da costruire, strutture di difesa, strutture di produzione, requisiti energetici da soddisfare e Tiberium da raccogliere dalla mappa grazie ad unità apposite.
C’è una fase di sviluppo base, una di sviluppo armata e poi quella di combattimento tra eserciti, inframezzata da harrassing vari. Le fazioni sono nettamente distinte le une dalle altre ed il feeling di gioco è molto diverso. Se GDI preferisce un approccio diretto con grandi cannoni ed armature pesanti, NoD preferisce usare armi laser ed unità invisibili, mentre gli Scrin si specializzano in unità non convenzionali, sguazzando liberamente nel Tiberium invece di esserne danneggiati come le fazioni umane. Kane’s Wrath aggiunge ad ogni armata due sottofazioni, che si specializzano in diversi settori andando a migliorare ancora di più la variazione di unità e tattiche nel multiplayer.
I GDI hanno gli Zone Raider, specializzati in armi soniche apposta per combattere il Tiberium e gli Steel Talon, specializzati in unità robotizzate e camminatori da battaglia. Nod ha le sottofazioni della Black Hand, specializzata in unità commando e i Marked of Kane, esercito di soldati cybernetici. Anche gli Scrin ottengono due sottofazioni, con Reaper-17 che si focalizza sull’uso del Tiberium in modo offensivo e su unità meccanizzate e Traveler-59 che si concentra sulla velocità e sul controllo mentale.
Vengono inoltre introdotte unità di livello Epico. Giganteschi carri armati, esapodi o robottoni in grado di generare distruzione su larga scala. Costosi da costruire, danno grandi soddisfazioni.
Le unità vivono in una sorta di sasso carta forbice, con ogni unità che ha una contromisura. Unità con lanciafiamme faranno incetta di ogni tipo di fanteria ma faranno fatica contro corazze, così come granate potranno ripulire ogni edificio in un sol colpo. Le unità aeree spazzano via quelle terrestri ma sono fragilissime. E così via. Si tratta di relazioni molto intuitive da comprendere e verranno integrate quasi inconsciamente nei propri piani di battaglia.
E poi c’è il Mammoth Tank. Carro armato a doppia canna potenziabile in doppio cannone a rotaia e batteria missilistica anti aerea. La vera gloria quando si gioca GDI è accumulare risorse fino a quando non si hanno tantissimi mammoth e si asfalta ogni cosa nemica. Fattibile più nella campagna che nel multiplayer, ma da tante soddisfazioni.
Campagna che è davvero variegata e longeva. Quella di C&C 3 comprende ben 38 missioni divise in 3 campagne, mentre quella dell’espansione è composta da 13 missioni solo NoD. Vi verrà chiesto di fare ogni cosa, dal semplice asfalta tutto a difendi qui, conquista là, investiga questo, resisti per un certo numero di minuti…. in una missione potreste avere risorse limitate, in altre infinite, in altre ancora andare di multitasking selvaggio su più fronti… Le unità a vostra disposizione varieranno con ogni missione della campagna e pertanto ogni sfida è ben calibrata ed è risolvibile con svariate tattiche, anche se limitate e mai troppo semplici.
Santa’s coming to town!
Il comparto auidovisivo del gioco si difende bene nonostante gli anni. Certo, i soliti 30 fps al secondo rendono l’azione molto lenta e scattosa, nulla a che vedere con i 60 fps di starcraft per esempio, ma si presta bene al ritmo di gioco, meno frenetico della media.
L’ultimo C&C prodotto prima della definitiva storpizzazione del franchise e del suo studio da parte di EA, prima del taglio ai fondi ed alla caduta che portò alla realizzazione di C&C 4, che è meglio far finta che non esiste.
Un gran bel pezzo di storia degli RTS, con una campagna in singolo di tutto rispetto che tiene incollati per ore. Il pezzo forte della C&C collection su Origin a mio avviso. Vale il prezzo del pacchetto. Se non l’avete mai giocato, consiglio caldamente di recuperarlo.
Voto: 9/10
Crack Quack Smack Down 2
(A cura di Wise Yuri)
Con un terzo episodio in arrivo nell’immediato futuro (circa), perchè non parlare di Crackdown 2?
Di solito inizierei una serie dal primo titolo, come è ovvio fare, ma ho avuto modo di recuperare questo per 2 miseri euro dal mio ex-negozietto di fiducia, ed ho finito per giocare questo direttamente dopo decine di recensioni che dicevano come il 2 fosse fin troppo simile al primo, potrei giocare e recensire l’originale più tardi, visto che si può trovare a pochissimo, ma non prometto nulla.
Detto ciò, Crackdown 2 è uno sparatutto in terza persona stile open world, un’esclusiva X-Box 360 (ancora oggi) sviluppato da Ruffian Games. La premessa vi mette nei panni di un clone dell’Agenzia, un supersoldato al servizio di questa organizzazione con l’obiettivo di occuparsi sia dei mostri infettati definiti Freaks che infestano la città di Pacific City sia dell’organizzazione terroristica Cell che si oppone all’Agenzia.
Il gioco è all’inizio divertente, ed il modo in cui il sistema di collezionabili è legato alla crescita dell’agilità del vostro personaggio, che crescendo vi permette di saltare più in alto e correre più veloce, ed è interessante vedere la classica raccolta di orbi fluttuanti resa sensata ed incoraggiata; gli orbi generalmente sono verdi e migliorano la vostra agilità, mentre le altre statistiche (con indicatori sempre visibili a schermo), cioè la forza, l’abilità con le armi, l’abilità con le granate e l’abilità nel guidare veicoli aumentano semplicemente usando armi e guidando veicoli, anche se per quest’ultima ci sono orbi speciali viola che sfrecciano per la città quando vi avvicinate ad essi, e stessa cosa fanno certi orbi verdi, vi costringono a giocare ad acchiapparella, sti stronzi.
Immotivation Nation
Il problema è che è dannatamente, fottutamente ripetitivo, e lo diventa quasi subito, dopo la prima mezz’ora noterete che tutto il gioco consiste in conquistare punti indicati sulla mappa per attivare un raggio e poi accedere ad una tana di Freaks in cui dovete resistere ad orde di questi proteggendo un congegno che poi li polverizza all’istante. Le missioni principali sono davvero solo questo, e tristemente, sono anche l’unica cosa più simila ad uno straccio di storia il gioco ha, davvero, la trama è riassumibile in “agente superponzo uccide terroristi e zombie/mostri per attivare armi ad energia solare che si rilevano perfette per uccidere questi mostri.”.
Ok, c’è un briciolo di trama, ma è un filo, è resa quasi tutta via comunicazioni radio, e consiste principalmente in un vostro superiore che vi dà ordini per tutto il gioco, e vari clichè che anche solo via audio arrivano nella… trama, diciamo, perchè la mancanza di un contesto o motivazione convinta al tutto è ridicola, proprio della serie “manco ci proviamo”. E quello che succede è quasi tutto condensato negli ultimi minuti del gioco, troppo tardi, cari writers, perchè me ne freghi qualcosa, ed insipidi e pigri audiolog non aiutano di certano. Il fatto che le uniche cutscene siano all’inizio ed alla fine serve come riprova della dozzinalità in cui il titolo sguazza.
Davvero, è tutto così superfluo e privo di motivazione qualsiasi sul perchè facciate cosa facciate che non c’è senso di progressione, solo controllando la percentuale di completamento o le icone delle abilità a schermo avrete un’idea di a che punto siete nel gioco, altrimenti potreste essere all’inizio o verso la fine senza vera distinzione.
Alcuni giochi cercano di offrire missioni più variegate, curarne il design, o perlomeno provare a mascherare una ripetività di fondo con un po’ di narrativa, di dettagli, ma no, Crackdown 2 vi schiaffa in pieno muso la sua estrema ripetitività di fondo, perchè alla fine, il mission design ammonta a “uccidi tutti x target in zona y per vincere”. Quindi gran parte dell’offerta è questa monotonia ridicola e che non provano neanche a mascherare, non che sarebbe poi cambiato molto, ma il fatto che manco ci abbiano provato parla da sé. Ci sono missioni secondarie, ma queste sono semplicemente dover conquistare punti di controllo uccidendo prima tutti i nemici indicati in quell’area, uccidere freak che escono da una buca e gare a checkpoint sui tetti ed in macchina, dozzinali esattamente quanto quelle principali.
Roba come dover distruggere un muro che blocca il raggio di un fascio solare ed eventualmente un Freak che prende molti più danni in quanto molto più grande degli altri non conta come varietà, giusto per ricordarlo ad eventuali sviluppatori che stiano leggendo.
Manco una boss battle una, la fine è ovviamente come il resto del gioco, cioè speso a difendere strutture fisse da orde di nemici che arrivano, più e più e più volte finchè non ne potrete più.
Lasciando un’attimo da parte la storia e la ripetività del tutto, giocando vi accorgete dei diversi problemi insiti nel titolo, che vengono a rovinarvi la festa anche se siete disposti a passar sopra la mancanza di poco più di un abbozzo di trama ed il fatto che non c’è nulla a motivare il tutto, se lo giocate appunto per il solo gameplay, che dovrebbe essere la cosa più importante, dopotutto.
Van Halen Simulator
Il problema più grosso a livello meccanico è sicuramente la funzione di targeting, il lock-on è pessimo , l’80 % delle volte premerete il tasto per poi ritrovarvi ad inquadrare come bersagli macchine molto distanti invece dei cazzo di nemici che sono davanti a voi (gli sviluppatori dovevano avere qualcosa contro le auto immagino), e non è una piccolezza per un third person shooter, c’è ovviamente la mira libera manuale, sì, ma quando una funzione così importante è mal fatta diventa al limite del superfluo, anzi, peggio. Potete scegliere se sparare ad una parte specifica del nemico come un braccio o la testa, ma poco influisce questa opzione sul gameplay.
Il secondo è capire su cosa potete saltare ed a quali sporgenze potete aggrapparvi, e per un titolo open world che pone tanta enfasi sul saltare e sull’arrampicarsi (tanto che alcuni punti di interesse necessari per far procedere la storia richiedono un livello di agilità preciso, nel senso che anche provando non riuscirete ad arrivare fisicamente là) è un cazzo di problema pure questo, ma non così grande visto che d’altro canto è spesso valido come approccio il saltare a caso su qualsiasi cosa perchè riuscirete a continuare a saltare su gran parti delle superfici senza scivolarci sopra, ed a volte vi attaccate anche a cose che non dovrebbero costituire cornicioni.
Ma ciò non cambia che vi trovate a lottare comunque contro il level design per cercare di capire dove andare e su cosa potete riuscire a salire, una cosa non da poco in un gioco che è 50 % (o più ) saltare in giro, cadere e dover rifare la salita su un grattacielo (spesso lunghetta e tediosa la salita in questione) per via del gioco che decide ora potete aggrapparvi a quello ed ora no, oppure a quelle sporgenze sì, mentre ad altre che sembrerebbero papabili no, è frustrante.
Ad essere onesti, la parte esplorativa/free roaming non sarebbe brutta, il feeling di diventare potenti e poter con il tempo anche lanciare macchine come se fossero bruscolini e strappare armi da torrette è gradevole, ma la navigazione è tutt’altro che perfetta, poiché spendete parecchio tempo ad andare di zona in zona della città, e lo fate saltellando in pratica, peccato che non potete planare come in Prototype perchè sarebbe servito davvero tanto. Sì, ci sono macchine di varia foggia e tipo e potete semplicemente rubarle/prenderle così, ma il design generale le rende al limite dell’inutile, visto che gran parte degli obiettivi delle missioni sono in alto, e i collezionabili che aumentano l’agilità che vi serve per raggiungere zone più elevate sono anch’essi in alto, il che attivamente toglie qualsiasi utilità o vantaggio ad usare i veicoli. Specialmente quando la loro fisica è così così.
Mi lamenterei che ce le abbiano proprie messe le auto se servono a così poco, ma poi mi lamenterei che non si siano dati manco la briga di metterle, e no, le gare a checkpoint in macchina non sono abbastanza visto che solo l’unica cosa che richiede l’uso dei veicoli, quelle e tipo due soli momenti in cui dovete usare la macchina perchè non avete un livello di agilità adeguato a saltare un burrone.
In ogni caso il fatto che l’opzione migliore per viaggiare rapidamente nel mondo sia il suicidarsi la deve dire lungo sul design generale, perchè non c’è un vero e proprio sistema di fast travel, ma quando caricate la partita all’avvio o morite potete scegliere dei punti di respawn da cui apparire, il che vi salva molto tempo il più delle volte. Giocando e completando missioni secondarie di un tipo, sbloccate via via modelli di auto e veicoli da selezionare per il load out o da recuperare dove c’è il simbolo dell’agenzia, che purtroppo non è usato a mò di warp system.
Per quanto riguarda la parte shooter in sé, funziona come dovrebbe, c’è una decente/buona varietà di armi, (punti bonus per l’arpione hi-tech).e nonostance alcune strane scelte di mapping (X è usato per passare all’altra arma quando di solito è quello per ricaricare le armi in gioco), funziona bene, peccato che il sistema di lock-on sia disfunzionale ma non a sufficienza da rendere il tutto ingiocabile, e ci sia roba strana come non poter mirare con precisione usando le torrette per cui non ho spiegazione. E la varietà dei nemici sia poca poca, il massimo che i designer sono riusciti a fare è un Freak gigantesco e terroristi con lanciarazzi dal ritmo di fuoco eccessivamente rapido, ci sono circa 6 tipi di nemici in tutto il gioco.
Buddies And Bullets
Da quanto ho capito, il gioco pone enfasi sul giocare in cooperativa, sia per le opzioni presentatovi che facilitano la ricerca ed ingresso di un altro giocatore via X-Box Live (niente “cooperativa da divano” come si dice ora, cioè locale), e roba come collezionabili che richiedono di giocare in cooperativa con qualcun altro per essere presi, più una serie di modalità PvP a cui non posso accedere non avendo l’abbonamento X-Box Live Gold, ed una modalità DLC che però aveva una versione di prova disponibile, Diluvio. Questa è una modalità arcade, con tanto di combo, tempo limite, moltiplicatore ed ondate di nemici, ed onestamente l’ho trovata più divertente della campagna, se non altro per il fatto che avete stivali a razzo per saltare e planare, perchè diavolo non c’erano nel gioco normale non lo so, sarebbero stati graditissimi, ma il solo fatto che questa modalità sia meglio del gioco principale dovrebbe parlare da sé sulla qualità di questo.
E ciò influisce sulla difficoltà del gioco, come ho già scritto non ho modo di provare la cooperativa, ma giocando da soli vi troverete a morire di tanto in tanto non per l’IA dei nemici, ma per il loro numero, non faccio fatica ad immaginare che possa diventare di un’estrema facilità anche con solo un’altra persona in più, se non altro per arginare le orde di vedette armate di lanciarazzi con una rapidità di fuoco folle e che servono come esempio di level design di qualità inferiore, visto che sono mezzucci per aumentare la difficoltà del tutto, come missioni in cui vi tirano tanto addosso e potete a malapena farcela in ogni caso. (il titolo l’ho giocato alla seconda difficoltà disponibile che immagino fosse quella standard).
Non che duri poi troppo questa minestra iperripetiva, in 7/8 circa arriverete alla fine, anche meno volendo, e il fatto che ci siano ben 500 sfere collezionabili, oltre a sfere nascoste ed altri collezionabili come audiolog dubito basterà per farvi venir voglia di continuare a giocare.
Forse il multigiocatore potrebbe…. o meglio, poteva divertirvi e darvi motivo di ritornare sul gioco, ma darò per scontato che non ci sia più nessuno a giocare a Crackdown 2 su X-Box Live, chiamatelo intuito del recensore o senso comune. Il tutto è ancora più patetico visto che da quanto ho capito Ruffian Games ha fatto meno del minimo sindacale, limitandosi a reiterare quanto fatto dallo studio precedente nel primo Crackdown, nel senso riciclare quasi tutto.
Senza andare troppo nel dettaglio, Crackdown 2 offre un buon colpo d’occhio ed è buono a livello estetico/grafico, anche se Pacific City è una location generica, grigia e blanda ad essere onesti, e non è impossibile notare diverse texture non sempre all’altezza con il resto del comparto grafico, ma nulla da aggredirvi l’occhio e stonare così tanto. Il comparto sonoro è dimenticabile ma inoffensivo, non ho molto altro da aggiungere.
Commento Finale
Alla fine della giornata, Crackdown 2 ha un interessante sistema di power-up che vi dà la sensazione di diventare più potente, cosa importante per un action sandbox in questo stile…. e basta.
Il titolo Ruffian Games ha troppi problemi e carenze, in primis un mondo di gioco grande ma sul generico che offre tanto contenuto estremamente ripetitivo, il quale non provano neanche a mascherare in nessuna maniera con una storia o narrazione definibile tale, mettendo ancora più in evidenza di come il gameplay consista totalmente in sparare ad orde di terroristi e pseudo-zombi finchè il gioco non vi dice basta o l’oggetto da difendere non finisce di caricarsi (a meno che non vogliate considerare mondane gare di checkpoint su tetti o su strada con veicoli), talmente ripetitivo che non c’è senso di progressione nella campagna visto che a parte il poter saltare più in alto rispetto a prima, potreste essere all’inizio come verso la fine e siete sempre a fare le solite identiche cose, l’unico modo per vedere i progressi è leggere le statistiche, solo quello.
Gran parte del tempo che non è speso ad uccidere nemici in stile third person shooter – lottando con un semi-disfunzionale sistema di lock-on che sembra preferire macchine ferme a nemici con lanciarazzi – è speso arrampicandosi su grattacieli ed edifici per raggiungere gli obiettivi delle missioni, cercando di risalire questi esageratamente alti edifici e sperando di non trovare false sporgenze a cui non potete aggrapparvi (nonostante siano uguali a quelle a cui potete aggrapparvi) e raccogliendo i collezionabili che aumentano l’agilità, i quali non sono del tutto opzionali visto che per semplicemente accedere ad alcune missioni dovrete avere un certo livello di agilità, forzandovi a raccogliere parecchie di quelle sfere verdi solo per avere accesso alla solita identica missioni di difesa oggetto e sterminio Freaks.
Il che rende pressapoco inutili le varie macchine e veicoli visto che il 90 % del gioco lo passate in aria od a cercare modi e zone per salire ancora più in alto, magari sarebbe stato meglio mettere un elicottero invece di dune buggy ed utilitarie.
Il tutto è contornata da poca varietà di nemici (manco una boss battle una in tutto il gioco) ed un generale level design pigro o con diverse sbavature, come fisica dei veicoli e dei personaggi tutt’altro che perfetta o punte di difficoltà belle grandi, con missioni rese quasi impossibili, fattibili a malapena dal fatto che vi vengono tirate addosso orde ed orde ed orde di nemici tutti assieme.
Troppo poco per valere qualcosa in un genere ricco di tante altre offerte migliori di questa, in retrospettiva forse pure i Prototype riuscivano meglio in parecchi ambiti, ed a quanto pare Crackdown 2 è pure un imbarazzante copia ed incolla dell’originale, con così tanto contenuto riciclato, difetti e problemi identici a quelli presenti quì, ed aggiunte minimali che definirlo un seguito sembra eccessivo, ma non posso confermare questo.
Forse se avessi avuto modo di giocarlo in cooperativa o provare le modalità PvP avrei avuto un’esperienza migliore, perchè molte cose nel titolo sono pensate in quest’ottica ed incentivano il giocare assieme, ma anche nel caso, dubito avrei aggiunto più di mezzo punto al voto.
Voto Finale: 4.5 su 10
Ocean’s Eleven
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Continua la catena di film visti con la mia ragazza, questa volta è un film che entrambi già conoscevamo, ma che comunque ci piace talmente tanto che ci siamo detti che una rivisione non è affatto fuori luogo. Mentre il mondo ancora attende un quarto capitolo della saga, eccoci a parlare di Ocean’s Eleven.
Protagonista della storia è Danny Ocean, un uomo appena uscito di prigione che ha intenzione di fare il colpo della sua vita. Rapinare tre Casinò in una volta sola. Con il suo vecchio amico di crimini, Rusty, incontra Reuben, una loro conoscenza ed ex-proprietario di casinò, per chiedergli di finanziare il colpo. Reuben da del pazzo ai due, ma sentendo che i Casinò che Danny vuole rapinare sono del suo rivale Terry Benedict, accetta il folle piano. Rusty e Danny mettono quindi insieme una squadra di vecchie conoscenze e criminali composta dal ladro Linus, dai con man Frank e Saul, dai meccanici Turk e Virgil, dall’elletrico Livingston, dall’acrobata Yen e dall’esperto di esplosivi Basher.

Danny e Rusty mettono insieme la loro squadra
Il gruppo inizia a fare lavori di spionaggio per capire le dinamiche del casinò, e ricostruisce la gigantesca cassaforte di Benedict per fare pratica al suo interno, ma quando Linus scopre che la fidanzata di Terry Benedict è Tess, ex-moglie di Danny, Rusty vuole abbandonare il piano, sicuro che Danny non sia capace di dividere professionalità ed emozioni con Tess coinvolta. Danny, tuttavia, prosegue nelle sue pianificazioni ed assicura a Rusty che lei non c’entra.
La sera del piano, Danny si fa vedere da Benedict, che avendo saputo da Tess chi è, lo fa arrestare e picchiare dal suo buttafuori, Bruiser. Bruiser, tuttavia, è amico di Danny, e lo lascia fuggire da un condotto di ventilazione.

Rusty mentre tenta di convincere Saul a partecipare al progetto
Il piano del gruppo riesce, non vi spoilero come perchè è bello vederlo in atto, per chi di voi ancora non lo ha visto, e a fine serata Danny non solo riesce a rubare i soldi a Benedict, ma riconquista anche Tess dalle grinfie del miliardiario. Con un bottino di 150 milioni di dollari, il gruppo, eccetto Danny, fugge da Las Vegas sotto i fuochi d’artificio dei casinò appena derubati. Danny deve tornare in carcere per violazioni della legge minori, ma al suo ritorno in libertà, incontra Rusty e Tess e, finalmente libero, i due guidano verso chissà dove, seguiti dagli uomini di Benedict.

Reuben, quello col sigaro al centro, è colui che investe nel progetto e non vede l’ora di nuocere al suo rivakle, Terry Benedict
La trama generica del film è banale, vero, ma il modo in cui viene eseguito il piano di questo colpo ai casinò è micidiale e bellissimo nella sua esecuzione, per quanto un pochino irrealistico.
Ed il bello di Ocean’s Eleven è proprio questo, il vedere come riescono questi undici uomini a rapinare tre casinò in un colpo solo nonostante Benedict ce la metta davvero tutta a fermarli, incosciente che le sue azioni in realtà favoriscono il gruppo anzichè ostacolarlo. E’ geniale come Danny Ocean abbia pianificato tutto alla perfezione e, sì, è un film, ma come intrattenimento è geniale.
Un altro aspetto molto bello del film è la regia e la colonna sonora; il modo in cui si passa da una scena all’altra, soprattutto nei frangenti in cui viene spiegato il piano da Danny e Rusty, è bellissimo, e la musica che accompagna il tutto a tratti fa venire davvero la pelle d’oca, accentuando la tensione dell’esecuzione.

Danny riesce ad infastidire in fretta Terry Benedict mentre cena con la sua ragazza, Tess.
Si aggiunge a questo che l’interpretazione dei propri ruoli da parte di George Clooney (Danny Ocean), Brad Pitt (Rusty Rush), Andy Garcìa (Terry Benedict) e Matt Damon (Linus Caldwell) è geniale, senza nulla togliere alle altrettanto belle recitazioni dei ruoloi da parte del resto del cast. Unico personaggio che mi ha convinto poco, ed è davvero un pò sottosviluppato, è quello interpretato da Julia Roberts di Tess, poco più di un McGuffin che il nostro eroe Danny Ocean vuole riconquistare. Di lei si sa nulla, se non che è la donna voluta dal protagonista.
Per il resto, considero Ocean’s Eleven ormai un film classico del genere, che per gli amanti dello stesso dovrebbe essere imprescindibile. Vediamo se prossimamente avrò anche tempo di vedermi i restanti due film della serie e magari anche l’originale, ma questo film lo consiglio a chiunque a man bassa.
Voto Personale: 8.5/10
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L’anno presto si Marvelizzerà parecchio! Ci si rilegge tra sette giorni esatti! Alla prossima!
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