Can You Feel The October? (Sonic R remix) Leggi il seguito di questo post »
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Per quanto abbia ironizzato su come questo sia un remake di un remake de I Sette Samurai su facebook (perchè di fatto lo è), non ho visto la versione originale di questo film, e ci sono due motivi: generazionali, perchè nel 1960 non esistevo e perchè il western non è un genere che mi ha mai attirato particolarmente.
E già che siamo in vena di confessioni, so che il regista Antoine Fuqua ha una buona reputazione per i film d’azione, ma personalmente prima di questo ho visto solo il mediocre film di boxe Southpaw.
Parlo di questo perchè la trama non è particolarmente complicata, e di fatto potreste già saperla visto che in essenza ricalca quella del noto film di Kurosawa, in quanto sebbene il contesto sia quello occidentale del “far west” (contemporaneo a quello originale degli Stati Combattenti), la premessa è la solita: una città di contadini recluta un gruppo di sette guerrieri/pistoleri per difenderli da un gruppo di banditi che sta per tornare e saccheggiarli di tutto, anche delle loro vite se necessario.
Il resto della trama non sorprenderà chi ha visto qualsiasi dei due film sopracitati, come la vittoria pirrica del gruppo, che a questo punto non considererò spoiler, come l’identità del padre di Luke Skywalker, dovrebbe essere ormai nota.
Francamente penso sia un buon film, classico western in tutto e per tutto, con personaggi divertenti ed accattivanti, un cattivo stronzo assai, ottimo cast, una storia semplice ma classica e dal ritmo alquanto spedito, con un decente spazio dato ai momenti drammatici o comici come pause dalle ben dirette e ben montate scene d’azione, belle grandi ed alquanto soddisfacenti.
Si può discutere sulla necessità di questo film (e le motivazioni di alcuni personaggi), e si deve, ma per intenzioni e risultato, è stato fatto un buon lavoro.
Per un grande fan dello sparatutto su binari, da amante di questo genere essenzialmente morto, l’idea di giocare un on rail shooter senza una pistola ottica o periferica simile mi fa un po’ strano, perchè di solito non ha senso (voglio dire, sono pensati in funzione della periferica questi giochi), ma mi fa piacere vedere il genere sopravvivere, specialmente con giochi come questo.
Major Mayhem è un on-rail shooter pensato per smarthphones, ed i controlli touch effettivamente si prestano benissimo alla natura del gioco: se volete qualcosa morto, sollevate il vostro possente dito. Meccanicamente funziona in maniera piuttosto tradizionale: quando non sparate siete automaticamente in riparo, ma il titolo Adult Swim Games non si limita ad essere funzionale, vuole essere buono, assai buono. Ci sono ostaggi da salvare per power-up, sezioni senza copertura, casse di granate per liberarvi più facilmente dei nemici, ed anche del platforming, con ogni nuovo mondo che introduce qualcosa di nuovo in modo da non risultare così ripetitivo, come nuovi tipi di nemici, e così via.
Questo assieme al tipico contorno di tipiche meccaniche da titolo mobile, come i micro-obiettivi, il rating a tre stelle, e diverse cose da sbloccare, da inutili ma simpatici cappelli e costumi citazionisti, a cose più utili come armi, comprabili con il caro vecchio oro o con soldi veri, il che va bene visto che è un titolo free-to-play che NON cerca di sottomettervi psicologicamente nel cacciare i soldi.
Francamente rimasi sorpreso da questo titolo, perchè lo scoprii vedendo un video del porting barbone su PC, non ne pensai molto, ma scaricatolo per curiosità mi piacque parecchio, decisamente uno di quei titoli mobile fatti con vera cura e non per darvi le solite enormi pile di contenuto mediocre ed identico, seppur gratis.
Vi piacciono gli on rail shooter? Scaricatelo, punto. Ora.
La locandina di Trafficanti (War Dogs in originale) è una parodia di quella di Scarface, e non lo è tanto per, solo perchè sembrava buffo all’artista incaricato del poster.
Anzi, dà una buona idea di cosa aspettarsi, visto che è anche questo un film sull’ascesa al potere e la conseguente caduta dall’alta posizione raggiunta, ma non è su un piccolo immigrante che scala i ranghi della malavita, piuttosto su un paio di “migliori amici” appena ventenni che si alleano e diventano cosiddetti “cani di guerra”, ovvero chi ci guadagna con la guerra senza mai andare in battaglia. In altre parole, trafficanti d’armi.
Il film è una commedia drammatica, ed è inevitabile citare la trilogia di Una Notte Da Leoni, perchè si riconosce il regista Todd Philipps, è qualcosa di molto tipico per lui, cioè raccontare le storie di uomini folli e maleducati, con un sacco di battutacce e esagerati casini uno dopo l’altro dai quali i protagonisti si devono goffamente tirare fuori. Niente peni a caso, però.
Il problema è che il film è forse fin troppo simpatetico con i suoi protagonisti, che parliamoci chiaro sono persone orribili, non i minchioni del “Branco” che si ritrovano senza denti o con una tigre nell’appartamento. Non che il film eviti di essere molto critico dei suoi personaggi, poiché vuole lasciare un sapore amaro quando la questione diventa sempre più seria e la commedia volge in tragedia.
Il che funziona, sia chiaro, ma il voler raccontare una storia (basata su veri eventi) di esemplare amoralità e capitalismo degenerato, su temi reale e contemporaneo, ecco, perde significato quando lo fai senza colpevolizzare a fondo i responsabili.
Comunque un film più che decente, sicuramente meglio di quanto mi aspettassi, ma che pecca di troppa leggerezza. Possiamo concordare su questo, però: Jonah Hill è fantastico.
Oggi parleremo del “paradosso zombie™”, ovvero il curioso rapporto di assuefazione e nausea verso lo zombie che il pubblico moderno ha. Perchè è fuori di dubbio che ormai “mettiamoci dentro zombie” è una “trovata” così ubiqua e banale, non solo perchè praticamente sono dappertutto, dai manga ai videogames (anche in serie a caso, ciao Metal Gear Survive), nelle serie tv ed anche inseriti postumi in letteratura classica (anche se il film di Orgoglio E Pregiudizio E ZOMBIE non era affatto male). Leggi il seguito di questo post »
Nell’ultimo decennio si è venuto a creare il cosiddetto “home invasion”, ovvero il matrimonio del genere horror con il thriller, per dare alla luce questo nuovo tipo di film horror, con diversi esponenti come il noto The Strangers o You’re Next.
A Man In The Dark (titolo originale “Don’t Breathe”) di Fede Alvarez offre alcune novità alla formula, visto al contrario degli assassini mascherati che invadono la coppia o famiglia, è il gruppo dei ragazzi protagonisti che entra nella casa per cercare di rubare una grossa somma di denaro ad un vecchio cieco, che sembra una preda facile
Ma il vecchio non è un’anziano qualunque, e le cose si ribaltano presto, perchè l’uomo gli porta a combattere con quello che è il suo regno di oscurità e silenzio….
Sul serio, non pensavo che un vecchio cieco potesse essere così terrificante, ma lo è, eccome se lo è. L’atmosfera è spessa e la tensione alta, perchè ogni suono o rumore può allertare l’udito potenziato dalla cecità del vecchio, ed oltre ad essere il concetto eseguito con ottima regia (e del camera work a volte ambizioso), ci sono alcuni plot twist ben riusciti che alzano la posta in gioco ed aiutano a delineare la storia del vecchio, che non è mostruoso a livello esagerato. Aiuta anche che il gruppo di ladri siano ragazzi di quartieri poverissimi che vogliono scappare dalla miseria, e non la solita gang locale di macellai con la maschera di Pippo.
A Man In The Dark è un’ottimo film, molto intenso, ma non è perfetto, specialmente per come nella parte finale il film ha tipo 3 potenziali climax, ma prosegue, negli ultimi minuti il tutto sa di fin troppo prolungato, ed il clichè finale… pensavo il regista fosse capace di resistervi.
Comunque un film di qualità, e decisamente consigliato.
Titoli come questi sono forse i più difficili da recensire, in un certo senso. Non perchè sono particolarmente complessi da forzarmi a spendere pagine per spiegare solo i concetti base delle meccaniche di gioco od hanno storie complicate e contorte con milioni di personaggi (in cui Paperino non vi cura) a cui badare.
Piuttosto l’esatto opposto, perchè Tappingo 2 è senza veli, per così dire, e non ha nulla che possa criticare o difendere, almeno nulla di diverso dall’originale Tappingo.
Come il precedente, abbiamo un puzzle game chiaramente ispirato da Picross ma non un mero clone, visto che la meccanica di base è diversa. Dovete sempre riempire caselle per ottenere un immagine, ma dovete ragionare in maniera leggermente diversa da picross, visto che il numero su un quadrato indica di quante caselle deve essere lunga la linea che parte da quel blocco (quindi da un blocco con scritto sopra 3 deve venire fuori una linea lunga 3 caselle, blocco originario escluso).
Davvero, la maggiore differenza è che ora ci sono dei puzzle più estesi per i quali avete funzioni di zoom, sul serio. C’è pure lo stesso numero di puzzle (104) dell’originale, e non hanno neanche fatto qualche cazzata che posso criticare.
Seriamente, è un buon gioco che non è interessato farvi perdere tempo con cose superflue all’esperienza vera e propria, ed infatti dopo averlo fatto partire è questione di secondi nello scegliere lo schema e giocare, con un approccio minimalistico (di nuovo, come Picross) che apprezzo.
L’unica lamentela è anch’essa una “vecchia”, perchè anche stavolta dopo aver finito i puzzle offerti, non c’è davvero altro, nessuna modalità extra o cose del genere. Ma per 3 euro di listino, fan di Picross e puzzle game simili in astinenza avranno la loro “dose” a buon mercato e di buona qualità. 😉
Deep Water ha come immagine di copertina il muso di uno squalo (bianco, credo), che vi farebbe pensare questo sia un “simulatore di squalo” o qualcosa tipo Jaws Unleashed. Ma considerano il fatto che si può comprare su amazon nuovo a 3 euro (e le microscopiche immagini sul retro copertina), sarò sorpreso se c’è anche solo una pinna di squalo nel gioco.
E sì, è un altro gioco Tamsoft (che ho imparato ad odiare per i loro Onechanbara ma ha fatto tantissimi altri titoli) della loro linea budget Simple Series, pubblicato da D3 Publisher e 505 Games, la triade profana per me ormai sinonimo di spazzatura low budget.
Stavolta la Tamsoft decide che non è il caso di donnine cowboy in bikini che uccidono orde di zombi, ma di farsi sparare ad un po’ di mostri marini – e squali, effettivamente ci sono fin da subito, non me lo aspettavo – a bordo di un battello da far invidia a Topolino dei vecchi tempi. Leggi il seguito di questo post »