Questo è il primo film di Gus Van Sant che vedo, e non fui rassicurato dalla pessima ricezione critica che in essenza concordava su come questo fosse il peggiore del regista.
Ma non è che importi molto, perchè non vedo un film “brutto” come questo da parecchio. Attenzione alle parentesi.
La premessa è alquanto spartana: un uomo di nome Arthur vola in giappone per andare nella foresta di Aokigahara, nota come la foresta dei suicidi ed il titolare mare di alberi per la sua estensione. E non è lì per leggere Sailor Moon senza sguardi giudicanti, come potreste immaginare, ma nella foresta incontra un Ken Watanabe ferito (che potreste ricordare per L Ultimo Samurai o per il Godzilla del 2014, anche perchè è uno dei pochi attori asiatici che vedete in questi film) che cerca di uscire ma non ci riesce, come se la foresta stessa non lo permettesse…
Come dicevo prima, non è un film brutto nel senso tipico del termine. La fotografia è ottima, la foresta è uno scenario meraviglioso da ammirare, ma questo è un perfetto esempio di quello che molti pensano sarcasticamente quando immaginano “film d’autore”: belle immagini da screenshot, ma lentissimo, deprimente, innamorato di sé stesso da fregarsene dello spettatore ed annoiarlo a morte, offrendo qualcosa di così prevedibile da far paura, ma come se nessuno l’avesse mai fatto prima, e che risulta quasi “offensivo”.
Funziona, ha una chiusura, c’è tutto in senso meccanico, ma anche con attori di questo calibro tutto sa di superfluo, il dramma non funziona e non ve ne frega niente dei personaggi, ed ha pure il coraggio di durare 2 lunghissime ore. Ci sono momenti involontariamente comici, almeno quello.
Ma sia chiaro, questo è uno spreco di talento attoriale, di tempo, attraente all’aspetto ma assolutamente vuoto, aggressivamente noioso ed insulso.