Come già annunciato, in questa recensione parlerò di un puzzle game (non scherzavo mica); il soggetto scelto trattasi di echochrome, un puzzle game come nessun altro.
Nome: echochrome
Genere: Puzzle game
Piattaforme: PlayStation 3, PlayStation Portable
Anno di pubblicazione: 2008
Sviluppatori: Game Yarouze, Japan Studio
Distributore: Sony Computer Entertainment
Versione presa in esame: PlayStation Portable, italiano
“Yes, in this world, what you see becomes the truth.”
Come accade in molte forme d’espressione, a volte anche nei videogame si decide di abbandonare del tutto il realismo, per dedicarsi magari a qualcosa di più creativo, o di più astratto. Nascono così molti titoli dall’elevato contenuto sperimentale, che a volte si rivelano molto validi ed ispirati, altre meno.
In particolare, di recente ho potuto notare con piacere strani, nuovi, concetti di videogame, che basano parte (o gran parte) del loro gameplay sulla componente prospettica. I tempi sono maturi e, come hanno saputo dimostrare giochi come Super Paper Mario (Wii, 2007) e Crush (PSP, 2007), l’interazione tra un mondo 2D e la sua rappresentazione in 3D (e viceversa), può diventare un fondamentale elemento sul quale basare innumerevoli scenari di gioco; perché nel mondo dei videogame, è possibile che le cose siano quello che sembrino, anche se ciò va contro ogni logica.
echochrome si ispira palesemente ad alcune opere dell’artista olandese Maurits Cornelis Escher, famoso per aver rappresentato costruzioni impossibili tramite l’utilizzo di elementi prospettici ed illusioni ottiche. Vi sarà capitato di vedere, anche per caso, qualcuna delle sue opere, ma qualora voleste rinfrescarvi la memoria, eccone una:
All’avvio di echochrome, il gioco introduce le 5 regole della prospettiva, ossia le fondamentali necessarie a capire le meccaniche base del gioco; in questa fase di tutorial, viene data al giocatore l’opportunità di sperimentarle.
Tentare di spiegarle a parole sarebbe un’impresa, per cui vi invito a guardare il seguente video prima di proseguire con la lettura:
Come avrete intuito, l’obiettivo è influenzare l’andamento il manichino tramite la rotazione della visuale, e facendo in modo che le illusioni ottiche gli permettano di realizzare percorsi impossibili; se il manichino dovesse cadere dal percorso, ricomparirà dopo poco dall’ultimo checkpoint.
Una volta apprese le 5 regole, vengono introdotte le tre tipologie di gioco: Solo, Coppia e Altri.
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Solo è la più semplice, dovremo semplicemente fare in modo che il manichino tocchi tutti gli “echi” (che potremmo definire proiezioni immobili del manichino stesso, che fungono anche da checkpoint) disseminati per il livello; una volta fatto ciò comparirà l’ultimo eco nel punto da cui siamo partiti inizialmente.
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Coppia (la mia preferita) invece ci vedrà alle prese con 2 coppie di manichini, una di bianchi e una di neri, il nostro obiettivo sarà fare toccare quelli dello stesso colore, che si uniranno in 2 manichini grigi, che dovremo far toccare a loro volta.
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Altri, la più complessa, è identica a Solo, con la sola differenza che nel livello saranno presenti altri manichini, neri, da evitare, pena il respawn di entrambi (ebbene sì, rinascono anche loro, quindi il trucco di farli cadere non li elimina).
Una volta superati i tutorial si accederà al menu principale, nel quale vengono presentate tre differenti opzioni:
- libera: verranno scelti 8 livelli a caso dai 96 inclusi nel gioco (cercando su internet ho notato che il numero di livelli differisce da versione a versione, quindi farò riferimento esclusivamente a quanti ne ho trovati nella mia), si può aggiustare il livello di difficoltà (scegliendo tra 1 e 5) e saltare livelli a piacimento.
- atelier: i 96 livelli sono disposti in una griglia formata da lettere e numeri (stile battaglia navale); 12 lettere e 8 numeri. Si può selezionare se giocarli in Solo, Coppia o Altri.
Sulla sinistra sono presenti i percorsi, ossia maratone che coinvolgono tutti i livelli di una determinata lettera (A1, A2, A3, ecc…), da affrontare di fila; la tipologia di gioco dei singoli livelli è predefinita.
Il gioco memorizza i tempi migliori sia per quanto riguarda i singoli livelli che gli interi percorsi. In totale abbiamo 96 livelli per 3 modalità di gioco, più 12 percorsi, per un totale di 300 sfide (i completisti avranno un bel da fare). Inoltre, è presente un’altra sezione in cui verranno raccolti i livelli costruiti da noi o scaricati sulla console. - tela: da qui si accede all’editor di livelli, che, come si può intuire dal video di prima, offre tutti gli strumenti necessari a creare nuovi scenari che poi potranno essere condivisi con gli amici.
echochrome sfrutta un sistema denominato Object Locative Environment Coordinate System, che utilizza la posizione della telecamera come elemento persistente della fisica, rendendo così possibile il reale funzionamento di quelle che, su un’immagine bidimensionale, definiremmo illusioni ottiche. Essendo basato su ciò che l’occhio vede, o dovrebbe vedere, è chiaro che il sistema ha dei limiti, che inizialmente ci sembreranno ingiusti, ma che una volta compresi non avremo problema ad accettare come semplici “confini” del gioco.
I vari livelli non sono altro che combinazioni differenti dei vari elementi, ossia pavimenti, scale, piattaforme di salto e buche. Nonostante il funzionamento delle buche sia abbastanza semplice da comprendere, per riuscire a sfruttare al meglio le piattaforme di salto sarà necessaria un po’ di pratica.
L’unico avversario che avremo in echochrome, sarà il tempo, invisibile, ma il cui passaggio ci verrà notificato da effetti sonori che aumenteranno progressivamente il nostro senso di urgenza con regolarità. C’è un tempo limite per ogni livello ed un tempo limite per ogni percorso, tuttavia essendo assente qualsivoglia tipo di riconoscimento per i tempi migliori, ci si rende conto che il vero avversario siamo noi stessi (od altra gente, volendo). Ed è qui che le meccaniche di echochrome entrano in azione, permettendo di risolvere alcuni livelli in pochi secondi tramite manovre avanzate, volute o meno.
Inizialmente è difficile comprendere appieno le possibilità che il sistema di gioco ci offre, ma giocando si acquisirà l’astrazione mentale sufficiente ad abbandonare le nostre precedenti concezioni della fisica, ed abbracciare quelle di echochrome.
Le possibilità che offre ogni singolo livello sono infinite, e conseguentemente lo è anche il margine di miglioramento del giocatore, in teoria; in pratica anche fare una volta sola ogni singolo livello e percorso può bastare ad alcuni, mentre altri potrebbero trovare molto più interessante sfruttare l’editor.
Ma come si gioca, esattamente, a questo puzzle game?
Il nostro principale mezzo per influenzare l’azione sarà ovviamente la rotazione dell’inquadratura, permessa tramite i tasti direzionali. Quando vidi i primi video di echochrome, la prima cosa che pensai fu “questo genere di gioco funzionerebbe meglio su DS”, ed effettivamente lo penso ancora; tuttavia, i controlli, seppur un po’ imprecisi, ci permettono di giocare tranquillamente. Tenendo premuto il tasto accelereremo la velocità di camminata dei nostri manichini (ma non di quelli avversari) mentre con
li fermeremo, per poter ragionare e ruotare lo scenario con “calma” (il timer continuerà a scorrere); premendo il tasto
nel caso stessimo ad esempio tentando di unire due piattaforme, esso ci permetterà di lasciare che sia la PSP a completare l’opera, con esiti spesso tutt’altro che soddisfacenti (diciamo che il sistema potrebbe male interpretare le nostre azioni), mentre quando avremo a che fare con più manichini, un’icona rappresentante un occhio sarà visibile sopra uno di essi, che oltre a permetterci di tenerlo sempre…sottocchio, ci indicherà che quel manichino sarà il punto di riferimento per usufruire degli “aiuti” che dicevo prima; tramite il tasto
potremo spostare tale occhio da un manichino all’altro. Può sembrare un po’ macchinoso, ma in realtà è piuttosto semplice.
Il vero problema nasce quando ci si rende conto del notevole ritardo che porta il manichino a fermarsi circa un passo dopo il nostro comando di stop, particolare che non mi è chiaro se sia voluto o meno, ma che permette di posizionare il manichino in parecchie (inizialmente ritenute impossibili) “posizioni mediane”, come ad esempio trovarsi su una piattaforma botola senza caderci. Difficile capire se queste imprecisioni, siano volute dal gameplay per la realizzazione di avanzatissime e complicate azioni, o siano semplicemente bug.
Nonostante non ci abbia smanettato granché, il sistema di controllo dell’editor sembra funzionare egregiamente, combinando la croce direzionale ed il pad analogico.
Il video di prima dovrebbe chiarire che non ci sia molto da dire sul comparto grafico di echochrome, che offre uno stile minimalistico e privo di colore, probabilmente indispensabile per il corretto funzionamento del tutto. Nessun dettaglio sparso qui e lì per i livelli, ed in generale l’impostazione mantiene toni sempre vaghi ed astratti, anche nei vari menu.
Anche l’audio è molto particolare: la colonna sonora, a cura di Hideki Sakamoto, è composta esclusivamente da brani di musica classica, suonati da un quartetto d’archi al quale si unisce occasionalmente una voce lirica femminile. Il genere è sicuramente adatto al contesto, ma potrebbe non piacere a tutti, soprattutto dopo parecchie ore di gioco, portando in casi estremi all’eliminazione della musica dalle opzioni.
Gli effetti sonori sono ugualmente ricercati, come i passi dei manichini che ricordano molto il rumore dei tacchi, e la voce femminile che ci guiderà durante i tutorial (oltre a ricordarci i nostri errori con “Ops” e “Peccato”), che risulta appropriata anche nella versione italiana.
In conclusione, echochrome è un esperimento molto particolare, una sorta di estesa demo tecnica delle potenzialità dell’OLE Coordinate System.
Il pubblico a cui è rivolto è palesemente di nicchia, ma vista la natura astrusa del concept, potrà appassionare anche un casual gamer desideroso di sottoporre il proprio cervello ad un esercizio fuori dal comune, o più semplicemente ai fan di Escher, che probabilmente ne sarebbe fiero.
Certo, i difetti non mancano, ma vista la natura unica del titolo, probabilmente chi se ne lascerà trasportare ci passerà sopra, e godrà di parecchie ore di divertimento, almeno fino a quando non se ne stuferà.
Gli appassionati di puzzle game e delle perle nascoste non dovrebbero mancare di darci un’occhiata!
Valutazione
Game Design: 8.5
Concept geniale ed innovativo, qualche imprecisione, ma tutto sommato un’esperienza completa e longeva, per chi si lascerà catturare.
Gameplay: 7.5
Anche qui qualche imprecisione, ma ci si può passare sopra.
Audio: 8
Colonna sonora curata e ricercata, ma non adatta a tutti i palati; effetti sonori appropriati.
Video: 8.3
Stile curato, astratto, originale, ma minimalista.
Voto: 8.4
Nota aggiuntiva:
È attualmente in lavorazione un sequel, chiamato echoshift, il cui concept è incentrato sulle dimensioni parallele, un po’ come accade nel mondo 5 di Braid. Sono molto incuriosito, spero si saprà di più in futuro; al momento sono disponibili diversi trailer su internet, se dovesse interessarvi.
2 gennaio 2010 alle 13:31
E finalmente riesco a concludere la lettura di questo articolo, ci ho messo letteralmente anni a finirlo! 😉 Siamo in una nuova decade ora! 😉
Beh, che dire, echocrome mi interessava già di suo, ora mi stimola ancora di più, peccato non possedere nè PSP nè PS3 (ma questo potrebbe cambiare) e quindi e quindi essere impossibilitato al suo accesso.
L’idea fondamentale del gameplay, come dici anche tu, secondo me sarebbe uscita meglio su DS, peccato che ultimamente i giocgi più originali non escono affatto su macchine Nintendo, o almeno non per prima.
Ottima anche la recensione di per se, leggera, scorrevole e col video che hai postato di GameTrailers molto più facile da assimilare delle mie, che invece richiedono grande attenzione e sono un pò più elaborate da leggere. 🙂
Ma a ognuno il suo! 🙂
2 gennaio 2010 alle 16:40
Bhe il fatto è stato sviluppato dalla Sony, quindi su console Nintendo non ci sarebbe mai potuto stare, ma non è assolutamente vero che i giochi più originali non escono su macchine Nintendo, visto che il 50% dell’originalità è Made in Nintendo…
In ogni caso era proprio una recensione leggera che avevo in mente 🙂 , del resto non saprei neanche che altro dire al riguardo, il gioco è semplice = la recensione è breve.
Mi sorprende più che altro che tu ci abbia messo così tanto a leggerla 😀
3 gennaio 2010 alle 12:42
Perchè sono stato distratto e distolto dalla lettura più e più volte.
Che il gioco fosse Sony mi era chiaro, la mia lamentela era più del tipo “Perchè non ci è arrivata Nintendo prima di Sony a un tale concept?”. E comunque ritengo che ultimamente non siano su console Nintendo gli ultimi giochi più innovativi, a parte Wii Sports, Wii Sports Resort e forse Galaxy, che abbiamo avuto? Poco..
Mentre Braid, World of Goo, Portal, Little Big Planet, etc, sono tutti altrove…
3 gennaio 2010 alle 16:35
A parte che World of Goo ce l’abbiamo…
Di recente sulla PS3 è uscita roba più innovativa e sperimentale, soprattutto nel periodo in cui non vendeva una mazza, questo sì; ma ciò non vuol dire che sulle console Nintendo non abbiamo roba innovativa, anche perchè per via dei sistemi di controllo praticamente TUTTO può risultare innovativo; quest’anno c’è stato anche Scribblenauts che come innovazione è risultato bene…
Sono sempre più fiducioso nelle piccole case produttrici comunque, dopo aver visto cosa sono riusciti a fare con Osmos e Braid…
6 gennaio 2010 alle 15:02
World of Goo non è nato su Console Nintendo.
E ormai il sistema di controllo non è più innovativo, lo era con Wii Sports, lo è stato con Wii Sports Resort, gli altri giochi semplicemente si basano su quello, non innovano per davvero.
Dimenticavo Wii Fit, ma il concetto è quello, la Nintendo innova sul sistema di controllo, non su idee d GamePlay (eccetto Mario Galaxy).