Onestamente avrei voluto iniziare questo Hobbyt con la solita intro goffa/sarcastica, ma non posso non ricordare che oggi (per chi non lo sapesse già) è il giorno finale di quella che è stata dichiaratamente la “Settimana Nera dell’Internet”, sancendo quella che è la morte di internet in italia (visto che ora chiunque potrà denunciare sommariamente la vostra pagina web e l’AGCOM del cazzo la tirerà giù, lasciandoci (ancor più) indietro degli altri paesi, confermando il fatto che come un avversario di Kenshiro “Siamo già morti”.
Nonostante ciò, buona lettura!
Tearaway – Il Messaggero di Carta
(A cura di Alteridan)
I videogiochi sono un passatempo: molti di noi giocano per impiegare il proprio tempo libero, alcuni lo considerano un hobby collezionistico, altri lo reputano un modo per confrontarsi con altre persone in maniera competitiva. Personalmente ritengo che i videogiochi debbano essere un tramite per raccontare storie e far immergere i giocatori in mondi diversi per accantonare per un po’ la realtà.
Tearaway è probabilmente il miglior esempio di questa categoria di videogiochi.
Il Messaggero, il Messaggio e il Tu
Il gioco creato da Media Molecule, lo studio che ha creato Little Big Planet, è sostanzialmente un platform tridimensionale: tuttavia più che classificarlo in maniera sterile in una categoria più o meno definita di videogiochi si può dire che Tearaway è più che altro una fiaba interattiva.
L’intento di Media Molecule è infatti quello di raccontare una storia e di far immergere il giocatore nel mondo di carta del protagonista Iota (o Atoi a seconda del genere). Iota è un messaggero dalle sembianze di una busta per lettere con gambe e braccia, il suo scopo è consegnare il messaggio all’interno della busta al Tu. Il Tu altri non è che il giocatore, la nostra comparsa nel mondo di Iota, Vallecarta, è rappresentata da uno squarcio nel sole: tramite la fotocamera anteriore della console il nostro bel faccione sarà sempre presente nello squarcio in stile Teletubbies.

Il nostro messaggero entrerà presto in possesso di una macchina fotografica con cui potremo immortalare qualsiasi momento del gioco.
Nel corso dell’avventura potremo esplorare le varie zone della splendida Vallecarta controllando direttamente Iota, e spesso e volentieri intervenendo in prima persona nel mondo di gioco.
Il potere del Tu
Tearaway è l’unico gioco per PS Vita in grado di utilizzare tutte le funzioni della console: un lavoro eccezionale che si ripercuote ottimamente sul gameplay e sull’esperienza di gioco in generale.
Durante i combattimenti con le temibili cartacce, esserini ripugnanti agli occhi degli abitanti di Vallecarta fuoriusciti dallo squarcio nel sole, molto spesso sarà necessario prestare qualche dito al piccolo Iota: tramite l’utilizzo del touchscreen posteriore le nostre dita compariranno direttamente nel mondo di gioco sbaragliando le cartacce in pochi secondi. L’utilizzo delle dita non si limita al solo combattimento: molto spesso saranno necessarie anche per risolvere dei semplici enigmi ambientali o per aiutare Iota a saltare più in alto.
Oltre all’utilizzo dei touchscreen dovremmo sfruttare anche il microfono, il giroscopio e le due fotocamere della console, spesso utili per aiutare gli abitanti di Vallecarta e ricevere ricompense: ad esempio uno scoiattolo potrebbe chiederci di trovare un nuovo motivo per la sua pelliccia, ebbene basterà puntare la fotocamera posteriore della console verso un oggetto nelle vostre vicinanze per traferire il colore di quell’oggetto all’animaletto di carta. In altre occasioni invece ci verrà chiesto di creare degli oggetti tramite il semplice editor interno al gioco, come ad esempio una corona per il re degli scoiattoli.

L’editor è molto semplice da utilizzare: basta disegnare le forme usando il touchscreen e poi utilizzare lo strumento apposito per ritagliarle.
Naturalmente non manca la personalizzazione del protagonista, punto forte dei giochi Media Molecule: in ogni momento potremo interrompere il gioco per passare alla personalizzazione del nostro messaggero, utilizzando oggetti acquistabili tramite la valuta del gioco (dei coriandoli colorati raccolti durante l’avventura) oppure creando nuovi oggetti tramite l’editor.
La magia di Vallecarta
La magia di Tearaway è però rappresentata dalla realizzazione del mondo di gioco. È qualcosa di indescrivibile: il mondo di Iota e compagni è realizzato in maniera perfetto, nonostante sia realizzato completamente di carta sembra vivo.
Le ambientazioni sono varie e l’attenzione per i dettagli ha un che di maniacale. Si passa da tranquille pianure abitate da marmotte e scoiattoli fino a terrificanti caverne piene di cartacce. Il tutto contornato da animazioni splendide: osservare i fili di erba di carta muoversi al vento oppure le onde del mare che furiose si infrangono sugli scogli è una gioia per gli occhi, per non parlare degli effetti della pioggia o della neve.

Le immagini statiche semplicemente non gli rendono giustizia.
A chiudere il cerchio magico ci pensa anche la colonna sonora realizzata da Brian D’Oliveira e Kenneth Young. Piena di brani che si rifanno al folklore marittimo nordeuropeo, con brani strumentali in cui archi e fisarmoniche la fanno da padrone.
L’incantesimo di Tearaway
Se leggete assiduamente questo blog saprete cosa penso del dualismo arte/videogiochi. Sapete che secondo me l’arte non può essere racchiusa in un numero e quindi per questa volta non voglio utilizzare uno sterile voto numerico. Sappiate comunque che Tearaway è IL gioco per PlayStation Vita.

Il laboratorio, il mio livello preferito.
Come platform in senso stretto fa bene il suo dovere sfruttando appieno l’hardware della console e di conseguenza aggiungendo diversi elementi interessanti ad un genere ormai stagnante da tempo. Come gioco è anche piuttosto semplice da portare a termine, ed in un tempo relativamente breve, tuttavia gode di un discreto fattore rigiocabilità soprattutto se si vogliono scoprire tutti i segreti dei livelli e completare l’avventura al 100%.
Come esperienza invece, Tearaway è un’opera unica che sa intrattenere ed emozionare fino alla fine. Resterete rapiti dall’eccezionalità del mondo di Vallecarta e probabilmente non riuscirete più a guardare i videogiochi con gli stessi occhi che avevate prima di mettere le mani in Tearaway.
Voto personale: innumerevoli coriandoli
Shank Kills Again
(A cura di Wise Yuri)
Sviluppatore: Klei Entertaiment
Distributore: EA
Giocatori: 1-2 (Co-op Locale ed Online)
Genere: Sidescroller Beat’ Em Up
Piattaforme: PSN, XBLA, PC, Steam
Versione Recensita: Steam
(Con controller X-Box 360 per PC)
Dopo la recensione di Machete Kills, quella di Shank 2 (la serie potrebbe benissimo essere chiamata Grindhouse/Machete: The Videogame) pare quasi un ovvia e naturale. Non proprio in tempo, lo ammetto, ma lo “spirito grindhouse” è sempre forte, specialmente vicino a natale! :3
Dopo aver avuto la sua vendetta nell’originale (non credo sia considerabile uno spoiler, pare piuttosto una cosa ovvia), Robert “Shank” Torres torna in azione quando viene attaccato dai cani del governo militare che occupa la sua città natale, e viene subito cercato come alleato da un gruppo di resistenza locale che vuole rovesciare questa oligarchia militare violenta e crudele. Ma come potete immaginarvi, la trama è un pretesto per farvi prendere a colpi di motosega tirapiedi ciccioni e compagnia bella. E come sempre, il livello di gore è altissimo, tra squali che vengono de-mascellati, gente segata e cannibali.
La storia continua a venir raccontata in cutscene animate in stile fumetto, che sebbene funzioni alla grande per il gioco vero e proprio -gli ambienti, fondali ed oggetti dei livelli sono assai ben disegnati in un’ottimo stile fumettoso-, richiederebbe maggior lavoro nei filmati, nei quali continua ad avere un taglio un pò troppo rozzo ed amatoriale, che ha il suo appeal, ma ci vorrebbe maggior valore di produzione, almeno a questo riguardo. Ma considerando che è un titolo di una compagnia piccola, non c’è davvero molto motivo di lamentarsi, quindi la smetterò di fare il puntiglioso a riguardo.
Il gameplay è rimasto fondamentalmente invariato rispetto all’originale, idem per il sistema di controllo, ma sono state fatte diverse correzioni ai difetti del primo, ed alcuni cambiamenti, spesso per il meglio (come la rimozione della guardia, che il più delle volte vi dimenticavate di avere proprio) ma cambiare le armi al volo era molto ganza come cosa (ci sono alcune cose minori rimosse, ma a meno di non venire da poco dall’originale Shank, non le noterete neanche). Il combat system é rimasto fondalmente identico all’originale (il che va bene, vista la estrema fluidità e flessibilità che aveva), ma è stato in parte rivisto e limato. La maggiore aggiunta risiede nel sistema di counter, che potete effettuare premendo il tasto adibito alla presa quando appare un “!” sopra la testa di un nemico, potete fare prese e schivate anche in aria, è semplicemente perfetto e superfluido, potete sempre gestire la situazione in diversi modi, a colpi di pistole incrociate, prese e lanci, e via dicendo. Le prime che vi permettono di uccidere i nemici con la propria arma in un colpo (o danneggiare fortemente i tank), e durante una counter non potete essere colpiti od interrotti, ed ha funzionalità di scudo anche quando vi sparano (e potete usare nemici come scudo umano vero e proprio), quindi sono ottimamente integrate nel combat system, ed aiutano, visto che la difficoltà é bella alta, i nemici incarogniti e intelligenti a sufficienza.
Utili in questo contesto i diversi tipi di armi lasciate cadere dai nemici (che vanno a sostituire l’arma pesante equipaggiata) che dopo un certo numero di colpi si rompono ma possono essere non poco utili (la pala é il perfetto esempio). Ed ogni gioco che vi permette di uccidere un nemico con un merluzzo si merita qualche punto a riguardo, siamo seri. 😀 L’armamentario di Shank si divide nuovamente in tre categorie: le titolari shank per gli attacchi rapidi e deboli, armi pesanti, armi da fuoco per attacchi a lungo raggio e esplosivi da lancio, differenti e comode per diverse situazioni, stavolta anche con elementi gdr come statistiche delle singole armi (danno, velocità, portata, etc.) e i bonus di danno, per esempio la motosega fa il 10 % in più di danno ai nemici grassi. Imparerete giocando che ci sono combinazioni più utili per uno stage od un’altro, o potete trovare la vostra, con un pò di pratica, per esempio lo shotgun è un classico ed un mostro a corto raggio, ma vi rende la vita molto difficile quando arrivano nemici che vi sparano da balconate, ed i macheti sono sì meno potenti della motosega, ma permettono di controllare meglio grossi gruppi di nemici.
Poche le novità a questo riguardo, giusto i coltelli da lancio, le molotov e le mine (con munizioni limitate come le granate nel primo) ed un martello (niente più katana od uzi, ma il nuovo personaggio di Corinne, che controllate in un livello ed ovviamente potete usare in modalità Survival, aggiunge all’armamentario una falce, una spada ed un revolver, quindi sei perdonato, gioco 😀 ). Un nuovo sistema di punteggio, con chiara indicazione a schermo del tipo di bonus che ottenete (per esempio tenendo in aria in nemico con combo otterrete il “Juggle” giustamente), e la possibilità di interagire con elementi dello scenario come un pannello di controllo che rilascia quella jeep sopra il cranio di quel nemico enorme, o di approfittare di quelle comode seghe rotanti a terra per liberarvi di un nemico fastidioso lanciandolo dentro.
C’é una ottima varietà di nemici (nonostante alcune tipologie vengono comunque riusate con un sprite o costume diverso, tipo le amazzoni identiche a livello di pattern di attacco e mosse alle infermiere od alle bariste, od i tizi grandi che generalmente sono il solito tank, il nemico grosso e forte ma non velocissimo), e certe combinazioni sono davvero bastarde (odierete i nemici “pulce” che tirano molotov), ed anche se magari riuscite a trovare un loop da abusare per i nemici grossi che combattete da soli, non pensate di procedere a suon di button mashing, perchè i gruppi vi ammazzeranno che è un piacere (specialmente a Difficile), o vi metteranno alle strette se gliene darete l’occasione. I boss sono spettacolari e di ottima fattura, tosti e cattivi, una novità ora è il potergli togliere un tot. di vita facendogli abbastanza male e afferrandogli quando sono storditi, partirà una cutscene in-game che vedrà Shank darle di sana ragione al boss di turno, e contro certi, ne avrete bisogno eccome, sono belli tosti.
Come accennato ad inizio articolo, Shank 2 corregge i problemi più evidenti e fastidiosi dell’originale, in primis la a dir poco assurda mancanza di qualsiasi checkpoint a Difficile. Sebbene il gioco non faccia auto save durante un livello (ovvero lo dovete finire tutto se non volete perdere i vostri progressi, il che è fastidioso), ora ci sono alcuni checkpoint, pochi, ma piazzati in maniera sensata e non eccessivamente punitiva (a parte il penultimo livello, che ha un primo segmento davvero difficile e molto esteso). L’altro difetto corretto é minore, visto che ora usate un pulsante dorsale per raccogliere salute, munizioni per gli esplosivi, armi nemiche o per interagire con alcuni elementi dello scenario, invece del tasto dell’attacco leggero, il che può sembrare una piccolezza, ma nell’originale, specialmente a Difficile, era un problema trovarsi a combattere vicino ad una bottiglia di tequila, cercando di attaccare potevate berla per sbaglio, sprecandola quando magari vi serviva DOPO per recuperare la salute persa in combattimento (Ci starebbe un bel crossover Machete X Shadows Of The Damned X Shank, a questo proposito).
Parlando di difficoltà, se avete giocato il primo, consiglio di andare direttamente di modalità Difficile (anche perchè è con un alto livello di sfida che questi giochi brillano o mostrano i loro peggiori difetti, e Shank 2 brilla), ho testato i primi due livelli a Normale, e mi sono sembrati di contralto troppo facili rispetto a Difficile, ci vorrebbe davvero una difficoltà Normale stile vecchia Capcom. Quindi, sì, la recensione si basa quasi in toto sull’esperienza di gioco in modalità Difficile.
Le differenze tra le due difficoltà consistono in nemici dai pattern più aggressivi e difficili, maggior danno subito da Shank, e solo tre checkpoint per livello per il livello Difficile, quindi impegnatevi perchè altrimenti continuerete a fare la sezioni iniziale più volte, ma una volta presa la mano è solo una questione di impegno, ed i checkpoint sono distribuiti in maniera più che accettabile (e troverete quante bottiglie di tequila bastano per non rendervi il gioco impossibile), potevano fare i bastardi gli sviluppatori, ma hanno preferito evitare di calcare troppo la mano. Ovviamente a Normale ci sono diversi checkpoint ed i nemici fanno meno danno e sono meno aggressivi.
La campagna principale consiste di 8 livelli, che sebbene sulla carta sembri significare meno “ciccia”, sono all’atto pratico grandi e con maggiore varietà rispetto a prima (anche se un paio in più non avrebbero fatto male), sia per quanto riguarda i nemici che il level design vero e proprio (ed i collezionabili aiutano a dargli una spinta in più sul fattore longevità), per vedere la fine mi ci sono volute 15/16 ore circa, ma questo dipende dalla vostra abilità e perseveranza, a Normale sicuramente ci vuole molto di meno, visti i frequenti checkpoint. Questi collezionabili consistono in casse che nascondono biografie dei personaggi, e ci sono dei trofei/obiettivi cumulativi e non, che sbloccano sempre skins (come nell’originale) per la modalità Campagna, le quali però funzionano come personaggi extra con diversi bonus e malus (come un personaggio che fa più danno con gli attacchi ravvicinati ma recupera meno salute con la tequila) da usare nella modalità Sopravvivenza, giocabile sia in cooperativa locale che online (che fa a sostituire la modalità cooperativa locale del primo Shank, la quale aveva una storia a parte e fungeva da prologo/antefatto alla campagna principale, non presente in Shank 2).
La modalità stessa sembra molto divertente e capace di dare una grande rigiocabilità, tra obiettivi appositi, varie mappe e i diversi personaggi con cui giocare, e non consiste solo nel sopravvivere a diverse ondate di nemici e boss, visto che dovete tener conto di dinamitardi nemici che cercano di sabotare con bombe i vostri obiettivi, e gli dovete difendere a colpi di viulenza, comprando con crediti guadagnati risorse ed armi per aiutarvi a resistere. Nulla di troppo complicato, ma appunto, nulla di troppo cerebrale, perfetto per un pò di azione in cooperativa. Avrei voluto provarla, ma una connessione internet che da una settimana va 3 minuti e smette di funzionare in circolo continuo ha praticamente reso vano ogni mio tentativo di fare una partita (buffo, perchè di solito sto problema ce l’ho su X-Box 360, visto che non uso/pago il Gold). A livello tecnico ho avuto un crash, un glitch grafico che faceva correre un nemico in aria, ed uno un pò più fastidioso che non faceva esplodere una parte del livello (la quale doveva scomparire e formare un burrone), rendendo la situazione più facile per i nemici, ma nulla di più.
Commento Finale
Shank 2 lima e corregge i difetti che affliggevano l’originale, rifinendo ed espandendo il già eccellente combat system e migliorando praticamente tutto, con una nuova modalità cooperativa che garantisce rigiocabilità e longevità, e il solito stile da fumetto grindhouse, con tonnellate di gore ed ultraviolenza. Nel complesso un’ottimo sidescroller action, un beat’em up 2D moderno, peccato che sebbene la totale assenza di checkpoint a modalità Difficile non esista più (problema “castrante” dell’originale), il gioco dà il suo massimo solo alla difficoltà più alta, risultando fin troppo facile a Normale, e non offre una via di mezzo per chi non è esperto, ma vuole comunque un certo livello di sfida, senza però esagerare. Quindi lo consiglio sì, ma più che altro ai giocatori con un pò di esperienza e/o bravura (ed in ogni caso, giocate prima l’originale, lo potete trovare a poco), a cui conviene buttarsi subito sulla difficoltà Difficile, perchè sfida e divertimento ci sono eccome! E visto che ci sarà Machete Kills Again… In Space, andiamo, Klei, tira fuori Shank 3!
P.S. E dopo questo dovrei davvero giocare Mark of The Ninja, uno stealth game 2D (sì, sempre dei ragazzi/e di Klei Entertaiment), per cui il nostro Dunther è riuscito a meritarsi un posto nei crediti/riconoscimenti (ha collaborato per il commento audio italiano del gioco). 😀
Kick-Ass 2 – Part 4
(A Cura di Celebandùne Gwathelen)
Terminiamo questa settimana la mia carrellata di recensioni di Kick-Ass 2. Con il quarto volume si conclude la seconda vicenda con protagonista Dave Lizewski e soprattutto Hit Girl, ma come è ovvio intuire, viene lasciato ampio margine di inserire un futuro (e già annunciato) Kick-Ass 3.
Eravamo rimasti a Times Square, dove i “super”-criminali di Chris “MotherFucker” Genovese affrontano Kick-Ass, Hit Girl ed i loro seguaci accorsi in massa (nonostante la polizia abbia dichiarato fuorilegge chiunque indossi un costume). Sembra però che Kick-Ass e MotherFucker preferiscano a prendersi a insulti piuttosto che lottare, e solo dopo che Hit Girl fa notare loro quanto siano ridicoli in questo momento, Kick-Ass tira un pugno a MotherFucker, iniziando la loro lotta. Lotta che viene presto interrotta dalla polizia, causando la fuga di Genovese.

KickAss e MotherFucker sono decisamente più bravi con le loro parole che con le loro mosse da lotta
La scontro che davvero tutti attendono, ovviamente, è quello tra Hit Girl e Madre Russia; questa afferma di aver visto la piccola combattere online, e le fa notare come si affida troppo alle armi per compensare la statura, e inizia a distruggere le katane della piccola. Hit Girl è messa male, e viene scaraventata attraverso un vetro in un negozio, dove cercano rifugio poco dopo Battle-Guy (l’amico di Dave, Marty) ed Ass-Kicker (altro amico di Dave, Todd). Questo distrae Madre Russia abbastanza da permettere a Hit Girl di reagire e finirla (addirittura decapitandola, per essere certa che fosse morta).
Nel frattempo giunge la polizia, e nel caos che ne segue molti criminali ed eroi vengono trattenuti ed imprigionati. La lotta tra Kick-Ass e MotherFucker si sposta sul tetto di un vicino edificio, dove il figlio mafioso attacca Dave con barattoli di colore e chiodi. Chris ribatte con i suoi manganelli improvvisati e dopo un paio di colpi Chris perde l’equilibrio e cade verso il basso. Dave è esterrefatto, temendo di aver ucciso il ragazzo, ma pare che Chris sia sopravvissuto, seppure con gambe e collo spezzato, e Dave chiama un’ambulanza.

La lotta tra Hit Girl e Madre Russia è particolarmente sanguinosa!
Per permettergli la fuga, Hit Girl attira l’attenzione della polizia e tenta la fuga in un mezzo della NYCPD, ma quando viene fermata dal capo della polizia ad arrendersi, la sua morale da super-eroina ha la meglio, e la giovane si consegna alla polizia (mentre Dave, Marty e Todd fuggono, e assistono a come i cittadini di New York li applaudono). Sotto questo scroscio di applausi, Hit Girl viene presa prigionieria dalla polizia e ringrazia i poliziotti di averli potuti aiutare.
Termina così Kick-Ass 2. Il quarto numero è il più breve dei volumi, e si conclude con una carrellata di immagini promozionali e schizzi preparativi, forse proprio perchè alla Panini Comics sapevano che dovevano in qualche modo riempire l’albo. Ciononostante la vicenda si conclude abbastanza bene, il cliffhanger non è esagerato, e per quanto siamo per lo più davanti a scene di lotta, anche piuttosto crude, l’epilogo soddisfa a sufficienza da regalare un sorriso o due.

Dave chiama l’ambulanza quando si rende conto che Chris è ancora vivo dopo essere caduto dal tetto dell’edificio su cui lottavano
I disegni sono ottimi, come per tutta la serie lo sono stati, e non posso davvero che consigliare la lettura di questa breve saga a chiunque sia interessato a come potrebbero essere scontri tra supereroi e supercriminali, in un mondo in cui superpoteri non esistono. Tranne in Hit Girl, che in qualche modo davvero ridefinisce il concetto di supereroina. E che da sola è il personaggio più carismatico dell’intera serie.
Voto Personale: 8/10
P.S.: Parleremo presto del film, promesso!
Bounty Hunter Bobba..Cat
(A cura di Wise Yuri)
Sviluppatore: Krome Studios
Distributore: Atari
Giocatori: 1
Piattaforme: PSN, XBLA, Steam, PC
Versione Recensita: XBLA
Nyan! Dai creatori di Ty The Tasmanian Tyger (serie di platform dimenticata e che forse potrei recensire…forse), arriva, o megliò arrivo su X-Box Live Arcade il platform/adventure in salsa animesca Blade Kitten. Basato su un webcomic anime (che ho scoperto esiste solo ora cercando info sul gioco) dello stesso nome, Blade Kitten racconta le disavventure di Kit Ballard, cacciatrice di taglie munita di spada fluttuante, astronave, e selling point come orecchie e coda da gatto. E dei capelli di un color improponibile, da buona tradizione anime.
Partiamo dalla storia, o meglio, partiamo dal fatto che questo gioco è basato su una serie di webcomics, di cui ho scoperto l’esistenza cercando info sul gioco, ed avendo scoperto ciò 3 giorni fa potete capire che non lo sapevo (ed onestamente a giocare il titolo non mi è venuta voglia di leggere il webcomic). Perchè mi sono soffermato prima su questa cosa?
Perchè il gioco (i cui avvenimenti prendono luogo 3 anni dopo gli eventi del webcomic) da per scontato che abbiate già un background sulla serie, e sappiate chi sono chi, che cosa vuol dire quel nome, etc. perchè da ignorante sulla serie, ho avuto proprio questa impressione, che forse avrebbe tutto più senso se avessi letto il webfumetto (dio che termini..). Ma fino ad un certo punto, perchè anche non sapendo o fregandosene del fatto che danno per scontato già sappiate tutto su Blade Kitten, la storia di per sé è un’ammasso di eventi che il più delle volte non sembrano collegati, all’inizio è molto semplice, ma poi cominciate a saltare di posto in posto in maniera arbitraria, ed anche assurda visto che ad inizio l’obiettivo pare chiarissimo, anzi, è chiarissimo, questo continuo saltare di palo in frasca mi fa veramente pensare che avessero creato prima gli stage e poi la storia.
Lasciando perdere poi anche personaggi introdotti alla buona (che di nuovo, immagino ci fossero già nel fumetto, visto quanto rapidamente gli fanno vedere e mostrano qui), o magari che scompaiono del tutto passata la metà gioco, il finale è veramente da mettersi le mani dei capelli e rimanere a bocca aperta, confusi a chiedersi “che cazzo…?!”, perchè evidentemente lo screenwriter si è ricordato di colpo che entro il finale deve cercare di dare un briciolo di senso al tutto, ed il tutto finisce in un tornado di esposizione sparata a raffica tutta insieme, che vi lascerà interdetti e confusi.
Ancora di più, visto che non è neanche un vero finale, in realtà è solo “fine parte 1”, questo gioco doveva essere episodico, presumo almeno in 2 parti, ma la seconda parte (già accennata a fine gioco con un “Continua nell’ Episodio 2”) non vide mai la luce, causa problemi finanziari dell’Atari (distributore del gioco), ed ancora oggi vaga nel development hell. Chissà, magari dopo 15 anni vedremo sta parte 2 pubblicata dalla Gearbox. 😀 Seriamente, un consiglio e monito ad eventuali sviluppatori indie: non usate il formato episodico per questo genere, primo perchè non se ne vede il senso (neanche Asura’s Wrath, per il quale avrebbe avuto più senso vista la sua natura di anime interattivo, ha scelto il formato episodico), secondo perchè se non siete sicuri o coperti da qualche nome più grande che vi finanzia, scegliere di fare un gioco episodico può risultare come un boomerang, come nel caso di Blade Kitten stesso, che rimane un titolo monco, sebbene non per scelte di marketing atte ad avere il gioco al pubblico il prima possibile, fregandosene del resto.
In questo caso, è stata una grossa palata di sfiga per Krome Studios, o forse era meglio scegliere come distributore e finanziatore qualche nome con posizione più solida sul mercato, invece dell’Atari, un grande nome sì, ma che è un miracolo sia riuscita a tirarsi avanti (in condizioni del genere) fino del fallimento, molto più recente di quanto possiate pensare. Pare che voglia ritornare sul mercato mobile, e perchè no, con tutta la spazzatura che c’è su smarthphone, non vedo perchè non potrebbero tornarci classici Atari, magari in versione moderna e reimmaginata.
Tornando al gioco – alla storia, per essere precisi – abbiamo uno script che ha i suoi momenti e non è scritto malaccio,il che aiuta, ma non può salvare il resto del gioco dalla mediocrità assoluta in cui sguazza, ne può l’appeal stile anime (che si nota è quello da “anime occidentale”, ovvero stile anime, ma notabilmente fatto da non-giapponesi, il che onestamente non vedo come problema), che a volte sembra pure fuori posto. Il design del mondo di Hollow Wish e dei suoi personaggi, sebbene parecchio reminescenti di varie opere sci-fi (tipo un venditore di merce mista che fa molto Jar Jar Binks, buoni fan di Star Wars, buoni) e un pizzico generici, non sono male invece. Peccato che alla fine resti davvero difficile affezionarsi a qualsiasi cosa di questo mondo, è come affezionarsi a quel lampione che avete visto passeggiando. Neanche Kit stessa è molto memorabile, ma d’altro canto nessun personaggio è veramente fastidioso o irritante (a parte Justice, che però esce dalla scene con estrema rapidità), anche perchè non puoi realmente odiare qualcuno che non conosci. E di sicuro giocando non conoscerete quasi nulla di rilevante sui personaggi, ne vi interesserà troppo, perchè nulla è realmente memorabile.
Il gioco in sè è un platformer/adventure con enfasi sull’arrampicata e sull’agilità del protagonista, stile Strider per capirci, con grafica 2.5 D in stile cel-shaded da anime, che funziona per il gioco vero e proprio, ma è un po’ più plasticoso del dovuto per le cutscene. Kit è molto agile, può arrampicarsi su muri e soffitti con facilità, scattare, scivolare, fare un doppio salto, e cavalcare dei simil-dinosauri chiamati Noots nelle sezioni apposite. Per attaccare ha con sé la sua fida spada fluttuante, che le permette quindi di attaccare da vicino, da lontano, ed anche quando aggrappata ad un muro, visto che non deve agitarla con le mani, spada che permette di creare uno scudo per difendersi dalle cariche nemiche, Kit può piantare contro superfici altrimenti non scalabili (o di usarla per tenere ferma Kit e non farla volar via da enormi ventilatori situati nei livelli), od usarla per rimuovere gli scudi dei nemici, o portare un nemico vicino a voi, se questo è lontano.
Quindi il gameplay ha buone basi e non c’è nulla che non funziona, nessun problema inerente alle meccaniche di per sé, ma il level design è decisamente ripetitivo, poco ispirato, ed i livelli sono spesso troppo grandi per il loro bene, quando bisogna mettere delle frecce per non far perdere il giocatore nel livello, è un brutto segno, ma nel complesso funziona, anzi, viste le orride premesse, il backtracking richiesto è molto poco, si procede abbastanza bene, nonostante qualcuno debba dire all’addetto al level design che l’esplorazione in un platform/adventure è sì importante, ma anche saper delineare stage grandi e non dispersivi lo è. Non aiuta il fatto che in molti livelli potete anche ignorare il più possibile i nemici, e sfrecciare come Beep Beep, tanto che ve frega. Ho provato, si può fare tranquillamente, non sempre, ma volendo in parecchi livelli sì.
Ci sono alcuni tipi di collezionabili, principalmente parecchie casse del tesoro, ma non solo, e visto la natura spesso troppo “free” dei livelli, vi capirà spesso di incontrarli, e per quando assai blandi come collezionabili – specialmente le casse -, ce ne sono altri che sono un pò più divertenti da ottenere e più impegnativi, ed ammetto che giocando spesso preferivo darmi alla ricerca di qualche zona nascosta con collezionabili, piuttosto che proseguire sul percorso principale. La parte però decisamente più debole del gioco è il combattimento, che nonostante gli sviluppatori provino ad “insaporire” con nemici protetti scudi ed alcuni che parano, per la maggior parte l’unica cosa che serve per avere la meglio sui vostri avversari è l’iniziativa d’attacco, e la varietà degli stessi è poca, principalmente orde ed orde dei soliti soldati in armatura rossa. Ci sono anche tre boss battle, nulla di speciale, ma nulla di orribile o barbone, che vi blocca lì per via di punte di difficoltà improvvise.
Ed a suo credito, Blade Kitten non ha punte eccessive di difficoltà, magari usate per bloccarvi in un punto del gioco, ed allungare così la longevità complessiva del titolo, potete sempre procedere in maniera abbastanza fluida, avanzare senza grossi problemi o senza che il gioco ve la renda troppo facile. Parlando di longevità, ci sono circa 19 livelli, e per vedere la fine del gioco ci vorranno circa 4 ore, senza darsi alla ricerca di data-disk, creature e le moltissime casse del tesoro. Per il prezzo a cui è venduto su X-Box Live Arcade (meno di 5 euro) e per la qualità del gioco, il rapporto longevità-prezzo è adeguato, un pò meno su Steam e PSN, che richiedono 8 cucuzze.
Commento Finale
Blade Kitten è un sidescroller/platformer reminescente di Strider, con buoni valori di produzione ed una protagonista molto agile che rende esplorare ed arrampicarsi divertente, ma oltre l’appeal anime ed un buon comparto tecnico, c’è un gioco dal mediocre level design, con livelli spesso inutilmente dispersivi (tanto da richiedere l’utilizzo di frecce per far capire da che parte andare), scontri con i nemici blandi e molti collezionabili talmente ovvi che quasi non ha senso siano collezionabili.
Ed una storia e personaggi che non stimolano interesse, anche perchè il titolo dà per scontato che abbiate già letto il webcomic su cui è basato, e già sappiate chi sono questi personaggi, queste razze, etc. Una storia che (presa per quello che è) comunque risulta messa insieme alla bell’emmeglio, con arbitrarie scampagnate che allontanano da quello che sembra essere un’altrimenti semplice filo narrativo, e con un finale che cerca all’ultimo secondo di dare un senso al tutto, lasciando il giocatore più confuso di prima, e lasciandolo con un “Continua nell’Episodio 2”, in quanto il tutto era stato inteso come una serie episodica, ma di cui la 2°a parte non è mai arrivata, causa problematiche del distributore del gioco, cioè l’Atari, lasciando il giocatore con un prodotto monco, in pratica.
Nel complesso, un titolo mediocre, dimenticabile, ma nulla di osceno, c’è molto di peggio, ma onestamente è più divertente da recensire che da giocare, e non lo consiglio, ma se volete comunque soddisfare la vostra curiosità (o le catgirls vi solleticano) su XBLA costa poco, solo sappiate che potevate farne anche a meno, o scaricare Strider dalla Virtual Console per Wii, piuttosto.
5/10. Mediocre. Buone basi e agilità felina della protagonista, ma gameplay e level design molti generici e dimenticabili, per quello che sembra un gioco PS2 conservato fino ad ora in una capsula temporale.
Ci rivediamo settimana prossima per l’ultimo numero del 2013!
19 marzo 2015 alle 17:15
[…] tempo fa recensii Blade Kitten, un action platfomer dagli sviluppatore di Ty The Tasmanian Tiger, The Legend Of Spyro e Star Wars: […]