Se penso che tra un mese, i tre anni della mia vita in Germania potrebbero avere finalmente dato i loro risultati, rabbrividisco. Sono a pochi giorni dalla consegna della tesi, e tra quattro settimane il blog festeggia i 150 numeri, e ci sono una serie di date e scadenze che al sol pensiero, mi trema tutto.
E ciononostante, quest’oggi vi ho scritto il mio tranquillo articolino sulle avventure di Asterix in India, mentre i miei collaboratori (che hanno sfornito articoli sui più svariati videogiochi, tra zombie, americhe e vuoti oscuri) mi hanno trattenuto dal fare il mese con cinque articoli per edizione del nostro settimanale, per non esaurirmi di lavoro. Si, sono un malato a volte…
Buona lettura!
The only good zombie is a BBQ’ed zombie
(A cura di Wise Yuri)
Ogni tanto, tra titoli tripla A, nomi di richiamo e franchise che fanno annualmente cassa per milioni, fa piacere scoprire piccoli titoli come questo, fatti chiaramente con poco budget ma capaci di sorprendere e divertire.
E d’altronde, con un titolo come Little Red Riding Hood’s Zombie BBQ, sapete già che andate sul sicuro. Sviluppato da Gammick Entertaiment e Enjoy Up Games, fu rilasciato su Nintendo DS in versione retail in america, mentre qui in europa è stato reso disponibile in versione digitale come DSiWare (quindi potete prenderlo dal vecchio shop del DSi od anche dall’eShop del 3DS), ed onestamente è meglio così, perchè ciò abbassa il prezzo e lo rende più adeguato all’offerta (visto anche che la versione digitale è identica a quella fisica).
La premessa (nel caso il flamboiante titolo non fosse a sufficienza chiaro) è assolutamente ridicola come vi potete aspettare: il regno delle fiabe ha subito un’invasione di zombie, che hanno trasformato i suoi abitanti in non-morti mangia carne, e tocca ad una Cappuccetto Rosso sorprendentemente formosa (leggesi: sembra un bagascione) e stile anime armarsi di uzi, shotgun e similia (in maniera stranamente simile a Bulleta/B.B.Hood di Darkstalkers, un’altra cappuccetto rosso armata come un commando), aiutata da niente popòdimeno che da Momotaro. Sì, Momotaro, e la cosa ancora più assurda è che in un certo senso ci sta (in quanto viene anche lui da una fiaba), e non è la prima volta che vedo Momotaro armato di mitraglietta sparare a zombi. Un incredibile insieme di assurde coincidenze, lo ammetto.
Cosa vuol dire ciò per voi, il giocatore? Che ci sono zombi da uccidere, tra i quali versione non-morte di famosi personaggi delle fiabe, come un Pinocchio gigante e la nonna di cappuccetto rosso stessa. Avete a disposizione una mitraglietta con proiettili infiniti che è la vostra arma di base, e potete raccogliere altre armi che però richiedono munizioni (di cui il gioco non è così generoso), in totale uno shotgun, un lanciafiamme, un lanciagranate ed un raro raggio laser.
La cosa che contraddistingue il titolo dalla massa è l’uso che fa dei due schermi e del touch screen del Dsi (o 3DS), e si gioca quasi integralmente con il solo touch screen, potete anche giocarlo interamente su touch screen, ma il d-pad è solitamente molto più comodo per muovere Cappuccetto Rosso/Momotaro. A livello di gameplay il gioco è uno shoot’ em -up a scorrimento verticale, molto arcade, ma non pensate di aver di fronte un shoot’ em up con navicelle o qualcosa del genere. Il vostro personaggio si muove su una griglia che gli permette di muoversi a destra e sinistra, lo scrolling verso l’alto (o verso destra nei livelli a scorrimento laterale) avviene invece automaticamente ed è gestito dal gioco, ed il sistema funziona bene.
Altrettanto ben funzionante è il sistema di controllo: potete liberarvi di nemici che vi sono arrivati addosso toccando il personaggio, nello stesso modo potete abbassarvi per evitare proiettili ed attacchi nemici, fare un doppio tocco rapido per lanciare delle specie di “smart bomb”, e per sparare dovete toccare e tener premuto lo stilo sul touch screen, muovendolo per direzionare il fuoco dove volete. Funziona molto bene ed è molto più intuitivo di quanto può sembrare dalla descrizione.
Ed il titolo riesce a non diventare mai stantio (nei limiti di un genere e stile un pò ripetitivo per definizione), facendo grande uso della possibilità offerta dal secondo schermo per estendere la visuale dell’azione per mettere nemici nello schermo superiore, o mostrarvi imminenti proiettili od assalti nemici, ed inserendo sempre qualcosa di nuovo, da varietà di nemici ad ostacoli come barriere elettrificate a cui dovete sparare per ridurne la lunghezza e passare oltre senza farvi male, auto che arrivano contro di voi, ed altro. Le highlights sono ovviamente le boss battle, di ottima fattura, con boss tosti dai pattern di attacco che fanno buon uso della visuale estesa creata dai due schermi.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, è decisamente quello che vi potete aspettare da un titolo DS (un pò low budget) del 2008 , con modelli poligonali e sprite da Nintendo 64 (circa) e texture sgranatine, ma d’altronde il DS non era noto per la grafica HD. Più che decente, anzi buono, in prospettiva. Lo stile grottesco e horror/splatter applicato al mondo delle fiabe non è certamente novità, ma funziona bene, ed alcuni redesign di personaggi delle fiabe in salsa “zombi e splatter” sono ben fatti, c’è un’aria trash e quasi grindhouse voluta e gradita.
Il gioco offre 7 aree composte di tre livelli l’una, con l’ultima sempre relegata alla boss battle di fine area. Il gioco ha una buona curva di difficoltà, e può rivelarsi più impegnativo del previsto, se cercate un buon livello di sfida lo troverete. Non dura moltissimo, visto che ci vogliono solo 4 ore circa la prima giocata, ma forse è meglio così, per il tipo di gioco un’esperienza più “compatta” rende meglio, è c’è rigiocabilità, come il “vero finale” che da motivazione per rigiocare a Difficile il tutto. E c’è il contorno di modalità extra tipiche da sbloccare, tra difficoltà “uber”, boss rush e survival mode, niente co-op (magari con una sola scheda) o multigiocatore però.
Commento Finale
Little Red Riding Hood’s Zombie BBQ è un titolo dal nome a dir poco pantagruelico, ma anche uno molto, molto divertente e che fa un’ottimo uso delle caratteristiche del DS per dare (con successo) pepe ad una formula vista e rivista, non è nulla di eccezionale, ma uno shooter 2D a scorrimento più divertente e meglio confezionato di quanto possiate pensare, e la release europea per DSiWare lo rende facilmente accessibile per pochi euro. Se già l’assurdo titolo e/o premessa non vi hanno incuriosito, consiglio di dargli un’occhiata, è trash ma degno di nota, e soprattutto – lo voglio ribadire – molto divertente. E come si può sbagliare con il BBQ? 🙂
Expeditions: Conquistador
(A cura di Alteridan)
Uno dei periodi più cruenti dell’era moderna è sicuramente la conquista delle Americhe da parte degli imperi occidentali, e in particolar modo da parte della Corona Spagnola. Un piccolo team indipendente danese, Logic Artists, ha ben pensato di creare un gioco proprio in questo periodo storico: uno strategico a turni che fonde elementi di generi diversi per offrire un’esperienza di gioc difficilmente riscontrabile in altri titoli.
L’alba di un Nuovo Mondo
Expeditions: Conquistador è ambientato durante i primi anni del 1500, proprio all’alba della nuova era inaugurata dal nostro Cristoforo Colombo. In questo gioco vestiremo i panni di un novello capitano di una spedizione spagnola nel Nuovo Mondo, all’inizio del gioco ci verrà chiesto di customizzare i vari parametri del nostro alter ego propri come se stessimo per iniziare un gioco di ruolo. Una volta creato il capitano della spedizione passeremo subito ad un’altra schermata dove potremo selezionare i pochi membri del piccolo esercito messoci a disposizione dal re, ogni uomo o donna avrà caratteristiche fisiche ben precise, una specializzazione (soldato, medico, dotto, esploratore, cacciatore) e dei tratti distintivi che ne influenzeranno il carattere e di conseguenza la considerazione del capitano derivante dalle nostre scelte: una persona pacifista avrà un comportamento più favorevole nei nostri confronti se cercheremo di evitare scontri inutili, ad esempio.

Villaggi e cittadine indigene saranno spesso fonte di opportunità, o di insidie.
Oltre l’interfaccia spartana si nota subito la cura per i dettagli e la profondità strategica delle primissime scelte che dovremo effettuare: il successo della spedizione nelle Americhe dipenderà anche e soprattutto dalla squadra che sceglieremo, avere persone caratterialmente molto differenti tra loro potrebbe essere fonte di malcontenti mentre avere un buon mix di specialisti in ogni campo ci permetterà di essere sempre pronti ad ogni situazione, non si può mai sapere quali insidie nasconda un continente inesplorato.
XCOM of Might & Magic
La prima parte dell’avventura nel Nuovo Mondo si svolgerà a Santo Domingo, una volta approdati al porto della piccola cittadina isolana verremo accolti in maniera tutt’altro che entusiastica da parte del governatore della città: l’isola è infatti alla mercé dei ribelli che stanno tentando di rovesciare il governo della Corona nei territori di oltreoceano, per questo motivo il governatore requisisce la nostra imbarcazione impedendoci di continuare verso il continente e forzandoci ad aiutarlo nella lotta contro gli insorti. Con questo escamotage inizierà un lungo tutorial che ci permetterà di prendere familiarità con il sistema di gioco, un sistema che richiama molto da vicino la serie Heroes of Might & Magic: l’azione si volge a turni su una mappa del mondo su cui potremo far muovere il nostro alter ego (con relativa spedizione al seguito) facendolo interagire con gli edifici e gli NPC che gli daranno missioni o informazioni utili, lo spostamento ad ogni turno dipenderà dai punti di movimento che una volta esauriti dovranno essere ricaricati riposando. Per riposarsi bisognerà montare un campo per la notte: qui entrano in gioco i compagni di avventure e le loro specializzazioni, ad ogni personaggio dovrà essere affidato un compito specifico prima di terminare il turno in corso, un cacciatore potrà andare a cercare della selvaggina nei dintorni mentre un medico potrà preparare delle medicine con le erbe selvatiche.

I combattimenti richiederanno una buona dose di strategia: l’intelligenza artificiale rappresenta una sfida anche ai livelli di difficoltà più bassi.
Parte fondamentale del gioco saranno ovviamente i combattimenti: in questo caso l’azione sarà ugualmente a turni ma si svolgerà su una mappa ridotta su cui dovremo dare ordini a sei membri della spedizione (a nostra scelta). Qui il gioco ricorda un gioco tattico come XCOM: ogni personaggio ha determinate abilità che dipendono dalla specializzazione, delle statistiche che governano le possibilità di riuscita delle azioni e un equipaggiamento che influisce su valori come il danno inflitto dalle armi o assorbito dall’armatura.
Come ai vecchi tempi
La parte più riuscita di Expeditions: Conquistador è sicuramente quella pseudo-ruolistica: man mano che esploriamo Santo Domingo prima e l’America Centrale poi ci imbatteremo in numerosissime quest tutte risolvibili in modi diversi, a patto di avere determinate abilità. Il bello di questo gioco è che ci permette sia di ripercorrere la storia dei conquistadores come la conosciamo, ossia invasori spesso crudeli e noncuranti delle popolazioni indigene, sia di riscrivere quel piccolo pezzo di storia, magari comportandoci in maniera più rispettosa dei legittimi abitanti del Nuovo Mondo. Il punto di forza di questo gioco è sicuramente la possibilità di influenzare in maniera tangibile il corso dell’avventura ed ovviamente il finale con le nostre azioni.

Durante le quest testuali non sarà raro assistere agli interventi dei compagni di spedizione e ogni dialogo potrà avere esiti diversi a seconda delle nostre scelte.
Quasi tutte le quest saranno risolvibili in maniera testuale, come ai vecchi tempi, ed è proprio questo sapore di passato che rende Expeditions: Conquistador un titolo così particolarmente riuscito.
Oro per il Re di Spagna
Il titolo sviluppato da Logic Artists è uno strategico profondo che unisce la componente tattica di titoli come XCOM e Heroes of Might & Magic ad un sistema da gioco di ruolo testuale vecchio stile, inoltre l’ambientazione da conquista del Nuovo Mondo fornisce quel valore aggiunto necessario per farlo spiccare rispetto ad altri titoli dello stesso genere. Non è esente da difetti comunque, più che altro piccoli errori derivanti dall’inesperienza del team di sviluppo: ad esmpio un’interfaccia apparentemente macchinosa, un comparto tecnico non proprio al passo con i tempi e una gestione della telecamera non proprio comodissima.

Alcuni intermezzi sembrano essere usciti dalle pubblicità di un noto amaro.
Al di là di tutto, in ogni caso, Expeditions: Conquistador è l’El Dorado per qualsiasi appassionato di strategia e giochi di ruolo, onore a questa piccola software house danese per aver saputo creare un’opera prima così affascinante e così fresca senza però rinunciare ad un pizzico di sano sapore di passato.
Una piccola nota a margine, in Italia il gioco è distribuito in versione fisica da FX Interactive ed ha un nome differente: Conquistatori del Nuovo Mondo, il gioco è comunque identico a quello reperibile in versione digitale su varie piattaforme di digital delivery come ad esempio Steam. Entrambe le versioni, fisica e digitale, sono completamente tradotte nella nostra lingua, doppiaggio compreso.
Voto personale: 9/10
Le mille e un’ora di Asterix
(A cura di Celebandùne Gwathelen)
Sembrava finire tutto in serena pace alla fine dello scorso albo, con i galli per una volta addirittura a fare festa con la loro “nemesi”, Cesare, ma a quanto pare Uderzo non aveva smesso di voler far viaggiare Asterix in luoghi remoti. E questa volta ha scelto il più remoto di tutti…
Durante la festa tenuta in onore della ricostruzione del villaggio da parte di Cesare, Assourancetourix inizia a cantare ed inizia a piovere. A quanto pare l’arte del bardo è degenerata a tal punto da riuscire ora ad invocare le ire del cielo adesso. Comunque sia, all’improvviso cade dal cielo un piccolo omino, che si presenta come il fachiro Kisarah. Costui stava volando con il suo tappeto sopra il villaggio gallico, quando un assurdo rumore lo ha destabilizzato. Quando Assourancetourix si rimette a cantare, Kisarah ringrazia gli dei di aver finalmente trovato il villaggio che cercava. Presto la situazione è spiegata: nella valle del Gange, da dove proviene, regna una secca da ormai troppi mesi, e sfruutando il malcontento del popolo, il guru Kivalah ha decretato che se entro 1001 ore non pioverà, la viglia del re Kilosah, Rahasete, verrà sacrificata agli dei per far piovere.

Kivalah, il guru avversario a destra, è molto simile ad un altro personaggio creato da Albert Uderzo: Iznogoud!
Kisarah aveva sentito da un soldato romano di questi gallici e delle loro avventure, e si è proposto per la missione. Inutile dire che Asterix accetta di aiutare il loro nuovo ospite, e una volta che Assourancetourix ha dimostrato, nolente, che è davvero lui a far piovere, il gruppo si mette in viaggio per l’India (con qualche sosta di troppo per la fame di Obelix). Il gruppo attraversa il meditterraneo, sorvola Roma e Atene, ma il tutto non senza difficoltà. I continui battibecchi tra i galli, infatti, infastidiscono Kisarah, che li lascia cadere, in una istantanza, mentre una seconda volta il tappeto volante viene colpito da un fulmine, che lo distrugge parzialmente.

Il viaggio di Asterix, Obelix, Idefix, Assourancetourix e Kisarah non è privo di contrattempi
Per fortuna il gruppo è in Persia, dove, proteggendo un villaggio da scorribande Scite, i nostri eroi riescono a recuperare un tappeto di ricambio. In fretta e furia, il gruppo attraversa deserti e montagne, giungendo infine in tempo al palazzo del Rajah Kilosah. Il giorno del gran debutto di Assourancetourix, però, a questo viene a mancare la voce, e il Raja gli prescrive una cura. Inutile dire che il guru Kivalah tenta di eliminare il bardo, portandolo in un cimitero di elefanti, dove i pachiderma lo dovrebbero uccidere schiacciandolo. Asterix, Obelix, Idefix e il fidato addestratore di elefanti del Rajah, Percaritah, però, riescono a salvare Assourancetourix in tempo, portandolo al palazzo dove, pochi secondi prima dello scadere delle 1001 ore di ultimatum, il bardo intona il canto, facendo piovere sul regno del Rajah. E, come sempre, tutto è bene, quel che finisce bene (con Asterix e Obelix che banchettano in India, mentre il resto del villaggio, anche senza sapere della vittoria, banchetta in gallia).

L’intervento di Asterix avviene, come sempre, giusto in tempo!
Non sono mai stato un fan di questo albo di Asterix e Obelix, e rileggendolo oggi, non ho molto cambiato idea. Il problema principale è un cambio di tono che non si mette in completa sintonia con il resto delle storie del gallico. Il viaggio sul tappeto volante è ancora intrigante; la componente magica in Asterix c’è sempre stata, a partire dalla pozione magica, a tutte le altre stregonerie di Panoramix e altri druidi gallici. Forse questa magia del fachiro è un pò esagerata, ma passiamola. Il brutto è che il viaggio del duo gallico è noioso di per sè! Certo, accadono avvenimentini qui e lì, ma tutto è troppo prevedibile fino al loro arrivo in India e per quanto facciano dei camei luoghi e personaggi conosciuti da altri albi, il tragitto è lungo, ma noioso.
La cosa si fa un pochino più interessante in India quando Assourancetourix non riesce a cantare e viene rapito, ma lì accade una sequenza di Deus Ex Machina che davvero rovina il finale in diversi punti. Forse Uderzo ha un pochino esagerato con questo albo. Un’occasione sprecata, non albo brutto, ma sicuramente uno dei peggiori di Asterix.
Voto Personale: 6,5/10
The Darker The Void…
(A cura di Wise Yuri)
In maniera simile a quanto fatto dalla Capcom nel 2008-2009 con la serie Bionic Commando, cioè con un titolo 2D per le piattaforme digitali (il remake dell’originale sviluppato da Grin, tale Bionic Commando: Rearmed) ed uno in 3D per le home console (un sequel dell’originale titolato semplicemente Bionic Commando), così fece con Dark Void, con un titolo per le home console, ed uno per le piattaforme digitali, quel Dark Void Zero che in realtà fu pensato come pesce d’aprile e parodia del vero Dark Void, e fini per diventare uno spin-off vero e proprio.
Con la differenza che Dark Void è un nuovo IP Capcom, con tutto quello che si può (ed in un certo senso, si deve) dire della Capcom, le va riconosciuto di aver creato nuove serie, oltre a mantenere quelle storiche.
Dopo questa piccola intro/lezione di storia, oggi parliamo di Dark Void, sviluppato da Airtight Games (responsabili anche di Quantum Conundrum e dell’imminente Murdered: Soul Suspect) e pubblicato dalla Capcom nel 2010. La versione recensita è quella X360, ma ho avuto modo di giocare anche quella PS3, e sono identiche, immagino anche quella PC sia pressapoco identica.
Ambientato in 1938 steampunk, venite messi nei panni di Will, un pilota che decide di prendersi carico di una spedizione per una sua vecchia amica, ma l’aereo finisce per schiantarsi nel Triangolo Delle Bermuda (che immagino sia un posto utile per far schiantare aerei in storie di questo tipo), che risulta essere un tunnel per entrare ne Il Vuoto (il titulare “dark void”), nel quale è stata confinata una razza aliena nota come le Sentinelle, che a loro volta stanno cercando un modo per evadere dal Vuoto e tornare sulla Terra (alleandosi pure con le potenze dell’Asse), per vendicarsi dell’umanità e ricostruire la loro civiltà a nostre spese.
E -sì, avete indovinato – sta a voi fare qualcosa per sventare questa minaccia aliena, con l’aiuto di Nikola Tesla (poteva mancare?) che vi equipaggia con un jetpack per esplorare il Vuoto, che sulle prime serve solo a planare, ma una volta potenziato vi permette di volare. Il che ci porta al gameplay.
Dark Void è uno sparatutto in terza persona, ed ha tutto quello che vi potete aspettare da uno shooter moderno di questo tipo, dal sistema di copertura all’inventario limitato a due armi: ve lo aspettate, c’è, e le meccaniche standard fanno il loro lavoro. Quindi non perderò tempo a descrivere l’ovvio, ma andrò a parlare di quello che distingue il titolo dalla massa, cioè un sistema di copertura verticale ed il jetpack.
Appena ottenete il jetpack (il che accade abbastanza presto nel gioco) potete usarlo per planare/restare in aria e saltare più in alto e lontano, e dopo un po’ di missioni verra equipaggiato, permettendovi di volare ed usare delle mitragliette per togliere di mezzo i nemici che vi ostacolano nell’aria. Potete anche rubare gli ufo nemici, e fargli assaggiare i loro stessi raggi laser.
Ad ampliare la libertà di movimento offertovi c’è il sistema di copertura verticale, che consiste nel potervi muovere e coprire mentre scalate/scendete piattaforme e sezioni a più strati, ed unito al jetpack rende le battaglie più dinamiche, con la maggior libertà di movimento a vostra disposizione. Anche se controllo del jetpack non è perfetto.
Quindi, dov’è il problema? Non c’è un vero, grande difetto specifico, è solo che anche con alcune meccaniche interessanti, Dark Void non ha molto da offrire che non sia già stato fatto migliaia di volte (specialmente nella appena passata generazione), e meglio. Non significa che è brutto, ma solo decente, e non aiuta che è sul corto per quanto riguarda la longevità (non cortissimo, ma neanche un esperienza dalla lunga durata), ed è difficile che ve ne importi qualcosa della storia e dei personaggi.
E non sorprende, visto che la trama non è nulla di speciale sia in premessa che in esecuzione, piena di clichè, con personaggi blandi e triti, ed un doppiaggio di vero pino. Di nuovo, è davvero difficile avere un interesse vero e proprio nella trama, c’era qualcosa su cui lavorare, ma si ha come l’impressione che il writer abbia dovuto intuzzare un po’ troppa roba, o rimuoverne altra per tagli al budget, o qualcosa del genere.
A prescindere da ciò, la narrativa sembra convoluta, cercando di inserire quasi alla fine una sottotrama del tipo “una profezia scritta su questo antico wafer dice che”, ed in generale mentre procedete nel gioco, notate che parecchie delle sottotrame iniziate rimangono abbozzate e buttate lì, con il risultato che già da metà gioco…. il vostro interesse per trama e personaggi (se c’era) vola via come un allegro albatross (ALBATROSS!), per dirla in maniera gentile.
A livello tecnico non c’è molto da dire, la musica è ok, idem per i modelli poligonali e texture (e non mi dispiace il design degli alieni, ed il design del Vuoto e delle creature in generale), ma il titolo è un po’ datato a questo riguardo, non sembra un gioco del 2010, questa poteva benissimo essere una release di tardo 2008. Nota invece va fatta per i bugs vari che ho scovato anche dopo l’obbligatorio download dell’ultima patch, ma per lo più sono bug audio e video, come la traccia audio di un personaggio che si incanta per un po’ e va tipo “go-go-go-go-go-good job!”, od una cutscene che si blocca per 10 secondi e poi la traccia video riparte.
Od altri esilaranti come i raggi laser di un ufo che si bloccano a mezz’aria, questo mi è accaduto di continuo in alcuni capitoli finali, buffo. Oltre a questi bug innocui, ne ho incontrato solo uno che intaccava il gameplay, ma uno davvero fastidioso: in un capitolo in cui dovete scortare una navicella ed evitare che venga troppo danneggiata, sono morto, ed una volta ripartito dal checkpoint, il gioco dopo 3 secondi decise che avevo fallito la missione, cosa impossibile perchè la barra di salute della navicella da proteggere era piena per metà. Dopo parecchi tentativi di risolvere il problema ricarindo il checkpoint – che non sono serviti a nulla-, un reset della console ha risolto il problema. Molto fastidioso come bug, ancor più perchè nelle fasi finali del gioco.
Commento Finale
Sebbene con alcune idee interessanti, Dark Void a conti fatti è uno sparatutto in terza persona “solo” decente e qualcosina in più (ed evita la mediocrità solo grazie alle sue meccaniche di jetpack e copertura verticale), con un buon design di creature e macchine, ma personaggi e storia triti ed un po’ blandi, ed un po’ di bugs “sopravvissuti” alle patch, un paio parecchio fastidiosi, ma per lo più innocui.
Non è affatto un brutto titolo, ma è il tipo di gioco che finisce spesso tra gli usati per 10/15 euro, magari in duplice copia (il che di per sé già dice qualcosa), ed a questo prezzo può valere la pena recuperarlo, è un perfetto acquisto low budget, potreste trovarlo godibile, ma nulla di più. Non uno dei migliori risultati nell’outsorcing effettuato dalla Capcom, ma non uno dei peggiori.
Ironicamente, lo spin-off Dark Void Zero – creato per scherzo, letteralmente – è venuto meglio, ma questa è un’altra recensione. Forse.
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Eeeeee fine! Torno a studiare! Ci si legge tra sette giorni! =)
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